Ambiente e salute

Pre e post-impresentabili: editoriale di Marco Travaglio

By admin

November 17, 2017

17/11/2017 – «Ci vorrebbe Mario Brega, il mitico caratterista dei primi film di Verdone, per rispondere all’ultima scempiaggine di Renzi. “È Nostro Signore, santa Madonna! Manco le basi der mestiere te ricordi, ma che cazzo, Arfiooo!”, diceva Brega in Un sacco bello a don Alfio che non ricordava il nome di Gesù Cristo. Ora Renzi si avventura sull’impervio terreno degli impresentabili (altrui): “Un candidato siciliano alle Regionali è stato arrestato. Non lo avete letto con enfasi nei social o sul sacro blog perché è un candidato grillino. A parti invertite si sarebbe già alzato l’urlo: Impresentabili! Onestà! Per noi quel cittadino è innocente. Siamo garantisti, sempre, noi. Peccato che i grandi opinionisti non diano spazio alla contraddizione di questa cultura barbara del M5S che grida allo scandalo per un avviso di garanzia degli avversari e minimizza sulle indagini per omicidio colposo o per falso quando toccano i propri amministratori… Giustizialisti a giorni alterni”. Difficile infilare tante fesserie in poche righe. Mario Brega potrebbe liquidarle alla sua maniera: “Impresentabile de che, santa Madonna! Manco le basi der mestiere te ricordi, ma che cazzo, Matteooo!”.

Dinanzi a cotanto analfabetismo, è bene ripartire dal vocabolario: chi è “impresentabile”? È un candidato che per motivi penali, o etici, o politici, o di opportunità, o di prudenza non andrebbe presentato a un’elezione o a una carica pubblica, anche se nessuna legge lo vieta. I confini dovrebbe fissarli ogni forza politica in base all’art. 54 della Costituzione, che impone due doveri in più a chi ricopre pubbliche funzioni rispetto ai comuni cittadini: “Disciplina e onore”. A prescindere dalle regole processuali, tipo la presunzione di non colpevolezza fino a condanna definitiva. Si può violare l’obbligo di disciplina e onore anche da incensurati, o rispettarlo da pregiudicati: dipende dai comportamenti, non dalle eventuali indagini o condanne. In Sicilia due aspiranti governatori (Cancelleri del M5S e Fava della Sinistra) hanno escluso tout court dalle liste gl’indagati, a prescindere dai reati, mentre Micari e soprattutto Musumeci imbarcavano di tutto. I 5Stelle, in Sicilia come ovunque, chiedono a chi vuol candidarsi la prova di non avere condanne definitive (il casellario giudiziale immacolato) né indagini in corso (il modulo con le iscrizioni nel registro degli indagati che ogni cittadino, in base all’art. 335 del Codice di procedura, può ottenere dalle Procure). È il massimo che si possa fare, anche se il rischio di brutte sorprese è sempre in agguato: il “335” può non registrare indagini segretate.

Ne sa qualcosa Virginia Raggi, che nominò l’assessora Paola Muraro e il dirigente Raffaele Marra perché esibivano un “335” pulito e poi scoprì che l’una era indagata (ma in segreto) e l’altro finì sotto inchiesta poco dopo e infine arrestato (per fatti di quattro anni prima). E lo sa bene anche Cancelleri, che mise in lista un ex carabiniere e poi scoprì che aveva una condanna a 2 mesi dal tribunale militare per violata consegna (abbandonò un posto di blocco senza permesso): trattandosi di pena lieve con la non menzione, il “335” non la registrava e l’interessato l’aveva nascosta ai 5Stelle. Che, quando lo scoprirono, non potevano più “scandidarlo” e allora lo espulsero e invitarono gli elettori a non votarlo. Fecero bene? Sì, ma non per la condanna; bensì per averla nascosta. Si può essere buoni amministratori anche con un’eventuale condanna per condotte non infamanti, come: una violata consegna in caserma, una dichiarazione controversa su una nomina (caso Raggi), un’imputazione colposa per una disgrazia in piazza (caso Appendino), il dissesto di una municipalizzata ereditato dai predecessori (caso Nogarin), il licenziamento di un addetto stampa (caso di Enzo Bianco, sindaco Pd di Catania, appena indagato per abuso d’ufficio). Tutto diverso il caso di Fabrizio La Gaipa, primo dei non eletti M5S, arrestato l’altro giorno per estorsione e oggetto della demenziale dichiarazione di Renzi: il suo “335” era bianco perché i pm avevano segretato la sua iscrizione per non metterlo sull’avviso. Quando Cancelleri lo candidò, non era affatto impresentabile: lo è ora che non si presenta più, dopo che si erano prese tutte le precauzioni: un “post-impresentabile” col senno di poi. Proprio come Edy Tamajo, neodeputato siciliano alleato del Pd Micari: intonso prima del voto e subito dopo indagato per associazione a delinquere e corruzione elettorale. L’esatto opposto di Cateno De Luca, candidato da FI nonostante un processo per concussione e abuso (forse proprio per questo) e arrestato appena eletto per associazione a delinquere ed evasione fiscale. Il che fra l’altro la dice lunga sull’assurdità delle polemiche sulla “giustizia a orologeria” a ogni iniziativa giudiziaria prima del voto: i partiti seri dovrebbero pretenderla, non condannarla. Se La Gaipa fosse stato arrestato prima delle elezioni, i 5Stelle non l’avrebbero candidato. Centrosinistra e centrodestra possono dire lo stesso per Tamajo e De Luca? No di certo. Infatti non chiedono il casellario né tantomeno il 335 a nessuno: non saprebbero che farsene, visto che candidano fior di indagati, imputati e condannati (FI persino arrestati).

A proposito: ieri il sottosegretario Pd alle Infrastrutture Umberto Del Basso de Caro ha ricevuto dai pm di Benevento un avviso di chiusura indagini per concussione e voto di scambio. Un altro post-impresentabile? Magari: quando Renzi lo nominò, De Caro era indagato a Napoli per Rimborsopoli; poi fu prosciolto e reindagato a Benevento, infatti Gentiloni lo confermò, con gli altri inquisiti De Filippo, Lotti e Castiglione. Tutti pre-impresentabili.» FONTE (www.pressreader.com) Diventa sostenitore di L’Onesto clicca mi piace sulla pagina facebook