Ambiente e salute

Torino, operaio disoccupato riceve sfratto: si impicca al balcone di casa

By admin

December 20, 2013

TORINO 19/12/2013 – Aveva perso il lavoro, anche la precaria sicurezza di quell’ultimo contratto, l’ennesimo, a tempo determinato. Operaio, a 50 anni, si era ritrovato senza soldi per pagare l’affitto. Non sapeva come fare, si era rivolto anche a banche e finanziarie. Ma quelle hanno i rubinetti chiusi, e nessuno gli aveva fatto credito. Si è ucciso quando gli è arrivata l’ingiunzione di sfratto. Senza lavoro né casa, quest’operaio di 50 anni ha preferito impiccarsi con una corda al balcone del suo monolocale.

E’ accaduto a Torino, in zona Parella. La polizia gli ha trovato in tasca l’ingiunzione che gli era stata notificata con l’obbligo di lasciare l’appartamento in cui viveva entro 30 giorni. Fonte

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Sempre più casi di suicidio in Italia. “Il fenomeno è aumentato del 12% nel triennio 2009/2011 rispetto al periodo 2006/2007 per un numero totale di circa 3.900 suicidi ogni anno, causando 100 morti in più rispetto agli incidenti stradali. A scegliere questo atto estremo sono soprattutto uomini attorno ai 45 anni residenti nel Nord-Nord Est. Ma anche la Sardegna è un territorio molto a rischio”. Nella sola Capitale, poi, i suicidi che si registrano sono circa 200/250 l’anno, mentre sono 700 quelli che si contano nell’intero Lazio. A scattare la fotografia è Maurizio Pompili, direttore del Servizio per la prevenzione del suicidio dell’ospedale Sant’Andrea di Roma, oggi nella sede della Regione Lazio, durante un incontro in occasione della ‘Giornata mondiale per la prevenzione del suicidio’.

Pompili, oltre a delineare uno scenario estremamente critico, propone anche delle soluzioni, spiegando: “Sarebbe opportuno che come per gli incidenti stradali, ad esempio, potesse essere applicata una strategia pubblica in termini di informazione e campagne mirate alla prevenzione del suicidio, dove invece a vincere è ancora lo stigma”. A proposito poi del rapporto tra suicidi e congiuntura economica, continua Pompili, “non possiamo stabilire una correlazione immediata o univoca, poiché le ragioni che possono aver contribuito a determinare il gesto del suicidio possono essere più complesse. Tuttavia il monitoraggio che stiamo conducendo da tempo conferma che per l’Italia negli anni della crisi stia succedendo quanto osservato in precedenza in frangenti di pesanti difficoltà economiche in America”.

Le strategie di prevenzione soprattutto nel campo dell’assistenza ai problemi di salute mentale richiedono un impegno importante di risorse umane, a partire dalla formazione: “Bisogna ammettere che sono necessarie risorse aggiuntive a quelle esistenti per fronteggiare un fenomeno complesso come il suicidio – aggiunge Paolo Girardi, professore ordinario di Psichiatria presso La Sapienza di Roma e direttore dell’Unità operativa complessa di Psichiatria dell’azienda ospedaliera Sant’Andrea – Gli individui in crisi devono poter avere un’assistenza nelle 24 ore; maggiori programmi di formazione e informazioni sono necessari poiché spesso gli operatori della salute sono impreparati ad accogliere l’individuo in crisi. Nella società lo stigma verso questi individui conduce a quel rifiuto che spesso conferma la solitudine e l’inevitabilità dell’atto”.

Ad esaminare il problema suicidio, riflettendo anche sugli sforzi che dovrebbe fare la politica, insieme alla società civile per prevenire questo flagello – che ogni anno nel mondo intero fa contare circa un milione di vittime – è Rodolfo Lena, presidente della Commissione Salute del Lazio. Secondo Lena “il grave problema del suicidio è affrontato in maniera eccellente dal Sant’Andrea, insieme al quale la Regione Lazio vuole creare percorsi virtuosi. Quando si parla di suicidi – continua Lena – sento una grossa responsabilità. La politica deve tornare a dare delle risposte. Abbiamo il dovere di ridiventare un punto di riferimento importante”. E questo lo si può e lo si deve fare attraverso “una maggiore attenzione al territorio – aggiunge Concettina Ciminiello, assessore alle Pari opportunità della Regione Lazio – Dobbiamo prestare maggiore attenzione all’adolescenza, entrando nelle scuole e nelle famiglie”.

L’isolamento, “la frammentazione del tessuto sociale, l’ambito familiare sempre più problematico ci rendono più fragili, e creano quell’humus in cui si innestano facilmente i disagi mentali – spiega monsignor Andrea Manto, direttore per la Pastorale della Salute del Vicariato di Roma – Per spezzare il cerchio di isolamento che stringe chi medita di togliersi la vita c’è bisogno del concorso di tutti, poiché è la prospettiva con cui guardiamo al disagio che deve cambiare. Lo sguardo da rivolgere a questo tipo di sofferenza è quello della misericordia e del prendersi cura, mentre la relazione della società con questo tipo di disagio è purtroppo contrassegnata dalla paura e dallo stigma. I dati epidemiologici sul suicidio indicano che le persone che soffrono di un disturbo psichiatrico hanno una mortalità più alta di dieci volte rispetto alla popolazione generale e pertanto necessitano di una sorveglianza attenta e di risorse necessarie per poterla attuare”.

“L’atteggiamento di evitamento dettato dallo stigma tende a nascondere questa realtà e a sottostimare i messaggi di richiesta di aiuto. Prova di questo – prosegue Manto – la troviamo nel fatto che il 45% di coloro che vanno incontro a un suicidio ha avuto almeno un contatto col proprio medico di medicina generale nelle 4 settimane precedenti senza un qualche intervento attivo di prevenzione: ciò purtroppo significa che il paziente a rischio di suicidio non viene riconosciuto. E’ necessaria una migliore sorveglianza, che deve essere anche successivamente estesa a tutta la famiglia, vittima di una morte difficile da accettare, spesso colpevolizzante, complessa da elaborare e soprattutto vissuta sentendo sulla propria pelle lo stigma dell’intera comunità”. (AdnKronos)