Ambiente e salute

Castelvetrano, il paese del boss latitante Messina Denaro dove nessuno paga le tasse

By admin

January 28, 2018

28/01/2018 – Tributi non pagati, mancata riscossione, concessioni edilizie e convenzioni a canoni risibili di cui hanno giovato anche i favoreggiatori del boss: Castelvetrano, la città di origine dell’ultimo grande latitante della mafia, Matteo Messina Denaro, si è trasformata in una zona franca: negli ultimi cinque anni non c’è tassa comunale che non sia stata evasa in massa. Aziende, commercianti e cittadini hanno causato un’emorragia fiscale senza paragoni, ora individuata dai commissari straordinari spediti a Castelvetrano, in provincia di Trapani, dal ministero dell’Interno dopo lo scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. Il buco fiscale è di 42 milioni di euro (35,5 milioni di entrate tributarie; 7,3 milioni di extra tributarie) e si riferisce alle imposte comunali su rifiuti, immobili, servizio idrico e imposte pubblicitarie non versate dal 2012 al 2017, durante l’amministrazione guidata dal sindaco Felice Errante. Cifre mai riscosse.

“Evasione legalizzata” «Nell’ultimo quinquennio il Comune – dice Salvatore Caccamo, presidente della Commissione straordinaria che amministra il Comune – ha avuto una mancata riscossione pari al 65%. Più della metà non pagavano. La lotta all’evasione, come emerge dagli accertamenti sulle caselle esattoriali, si è assestata all’1,50%. Questo significa che l’evasione era legalizzata». «Le ingiunzioni fiscali andavano in prescrizione dopo 5 anni e questo è avvenuto regolarmente. A volte tornavano indietro – continua Caccamo – perché il destinatario, era sconosciuto o incerto, oppure perché la postalizzazione non raggiungeva gli obbiettivi che doveva raggiungere. Anche la riscossione coattiva è stata deficitaria, sempre per gli stessi motivi». A dicembre 2017 stavano per scadere 1.400 cartelle esattoriali ma stavolta la Commissione le ha nuovamente notificate interrompendo così la prescrizione.

Le società maxi debitrici I debitori più corposi sono tre aziende: Saiseb, che ha costruito l’impianto di depurazione (deve 1,7 milioni), Gemmo, che ha realizzato la rete dell’illuminazione pubblica (1,8 milioni) e Trapani Servizi, ente gestore della discarica (700.000 euro). Con tutti e tre è stato stipulato un piano di rientro. Per la restante parte invece è stato definito un piano di rateizzazione (che prima non esisteva) per cui sono già arrivate istanze di pagamento per 1,5 milioni di euro. «È un segnale che adesso è ora di riscuotere», dice Caccamo che è coadiuvato nella commissari Elisa Borbone e Maria Concetta Musca. A pensarci sarà una società esterna, di Lucca.

I soldi da restituire allo Stato Ma ci sono anche i meccanismi di elusione con escamotage fiscali: dal cambio dell’assetto societario al trasferimento di gestione ad altri soci, passando per la cessione di rami d’azienda o i contratti di comodato gratuito attraverso i quali veniva trasferita la conduzione dell’attività ad altri familiari. Per tenere in piedi i conti, come emerge dal bilancio consuntivo del 2016, il Comune nel quinquennio ha ricevuto 32 milioni dallo Stato, che ora dovranno ritornare indietro: 3,5 milioni come anticipazioni di tesoreria; 8,7 milioni dalla Cassa depositi e prestiti; 12,7 milioni di debiti per mutui; 17,2 milioni per altre spese correnti. Per fermare l’emorragia adesso i Commissari hanno ottenuto un’anticipazione di 6,3 milioni riservati ai Comuni sciolti per mafia e utili per pagare gli stipendi e iniziare a pagare una parte dei debiti pregressi. Nel 2017 invece le tasse da riscuotere equivalgono a 12 milioni di euro: 1,3 di entrate tributarie; 1,2 di addizionale Irpef; 6,7 di Tari e igiene ambientale; 1,6 i Tarsu; 115.000 euro di Tosap; 100.000 di pubblicità; 25.000 di affissioni pubbliche.

Concessioni a privati a costo zero I commissari sono arrivati a Palazzo Pignatelli, sede del Comune, dopo il caso del consigliere comunale Lillo Giambalvo, arrestato con l’accusa di aver favorito la mafia in base a intercettazioni di elogio e di aneddoti sul capomafia latitante, e poi assolto. E dopo un anno di gestione commissariale del solo consiglio comunale, affidato all’ex capo della Procura di Palermo, Francesco Messineo. Controllando le concessioni e le convenzioni, i commissari si sono imbattuti in vari casi singolari. In uno di questi il Comune paga una locazione alle Ferrovie dello Stato per un bene, che poi viene concesso a un soggetto privato a costo zero. «Episodi come questo – continua Caccamo – creano un doppio danno erariale concreto». Negli anni novanta un collaboratore di giustizia Francesco Geraci, riferì che, riguardo all’acquisto di un terreno, «sentii Messina Denaro parlare con Sansone (imprenditore vicino a Riina) del fatto che avrebbero edificato su di esso un palazzo acquistato per creare Castelvetrano 2», iniziativa ispirata al modello di “Milano 2”. Adesso verificando le concessioni edilizie rilasciate negli anni e incrociando i dati dei beneficiari si arriva ai favoreggiatori del boss. «Molto spesso i permessi per costruire sono stati concessi come favore nei confronti di soggetti vicini alla criminalità. La periferia di Castelvetrano – sottolinea Caccamo – ha avuto un’espansione urbanistica impressionante. Molte lottizzazioni sono camuffate. Abbiamo riscontrato delle lottizzazioni abusive e stiamo provvedendo alla revoca di alcune concessioni, alcune perché scadute da tempo, altre perché non sono mai state rispettate». L’hotel su un’area non edificabile Una di queste è quella del “Triscina Mare”, un hotel residence turistico di Michel Giacalone, 70enne presunto favoreggiatore di Messina Denaro, e padre di Angela Giacalone, assessore al Turismo durante l’ultima consiliatura. La concessione era stata rilasciata in un’area di assoluta inedificabilità e imponeva la demolizione di 3 villette realizzate, mai eseguita. Giacalone – originario di Tunisi – nel 1996 venne arrestato e poi condannato per mafia, anche per aver ospitato i fratelli Giuseppe e Benedetto Graviano nelle camere del “Triscina Mare”. Oggi la Direzione distrettuale antimafia di Palermo e le Squadre mobili di Palermo e Trapani indagano su di lui per «procurata inosservanza di pena» e continuano a ritenerlo vicino alla famiglia mafiosa di Castelvetrano tanto che lo scorso dicembre, nell’ambito di una serie di perquisizioni per stanare il latitante, sono andati a cercarlo anche nel suo residence. Al quale adesso è stata revocata la concessione. FONTE CONTINUA A LEGGERE >> Dal momento che sei qui…. … abbiamo un piccolo favore da chiedere. Più persone stanno leggendo il nostre le nostre notizie selezionate dai maggiori media locali e internazionali, ma le entrate pubblicitarie attraverso i media stanno calando rapidamente. Vogliamo mantenere la nostra rassegna stampa più aperta possibile. Quindi puoi capire perché dobbiamo chiedere il tuo aiuto. Diventa sostenitore L’Onesto clicca mi piace sulla pagina facebook Puoi farlo anche con una donazione tramite Paypal cliccando sul tasto: (Donazione Minima 5€), si accettano eventuali proposte di collaborazioni: