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Elezioni, il boom di Matteo Salvini sporcato dai sospetti

By admin

March 06, 2018

06/03/2018 – È il giorno di Matteo Salvini. “Il Capitano” che ha conquistato il centrodestra. E poco importa in questa giornata di giubilo leghista se incombe già un’ombra decisamente inquietante. Ombre che si allungano dal Sud, proprio il territorio dove Salvini ha scomesso di più in questa campagna elettorale.

Si tratta della denuncia di un rappresentante di lista di Potere al Popolo presente al seggio della scuola Levi-Alpi del quartiere Scampia di Napoli. Rione che non ha bisogno di molte presentazioni, roccaforte di clan spietati e potenti. Ebbene proprio qui, durante la giornata elettorale alcuni sgherri della camorra avrebbero fatto mercanzia di voti.

L’esponente del partito di sinistra ha segnalato la vicenda alla digos di Napoli. Nella sua denuncia ha spiegato nei dettagli quanto accaduto e la leader Viola Carofalo lo conferma all’Espresso: «Il nostro rappresentante ha assistito a una vera e propria compravendita fin alla mattina, ma è continuata anche dopo. Lui ha segnalato il fatto alle autorità competenti presenti al seggio ed è stato minacciato da questi personaggi con atteggiamento camorristico. Purtroppo non ci stupiamo, sono dinamiche che si ripetono ad ogni elezione».

Stupore no. Ma i fatti riportati dal rappresentante della lista sono gravi. E meritano di essere approfonditi. Anche perché proprio nelle zone da cui proviene la segnalazione la Lega sfiora il 3 per cento al Senato. Un successo se confrontato allo 0,15 del 2013 nel comune di Napoli.

Intanto Matteo Salvini si gode il successo. L’exploit elettorale è certamente frutto di voto nordico, ma le percentuali al Sud che queste prime ore di scrutini ci restituiscono sono decisamente notevoli per un partito che fino all’altro ieri era d’origine padana al 100 per cento.

Con la Lega primo partito, la coalizione con Silvio Berlusconi vira decisamente a destra. Anche perché se si aggiungono i voti raccolti da Giorgia Meloni, Lega e Fratelli d’Italia insieme sfondano quota 20 per cento. Tra sovranismo, toni razzisti, antieuropeismo, la coppia Salvini-Meloni è una forza paragonabile al Front National di Marine Le Pen. Tanto che proprio Le Pen è stata una delle prime a congratularsi con l’amico Matteo, l’ex padano doc. La ricetta di Matteo Salvini ha funzionato.

Togliere dal simbolo il “Nord” e trasformare il Carroccio in un partito nazionale sta dando i primi frutti. Non solo. Si rafforza anche in territori in cui il Pd era abituato a raccogliere consensi bulgari, vedi Emilia Romagna. Salvini ha costruito una Lega nazionale. Ha archiviato il periodo degli scandali e dei processi creando nuove alleanze strategiche sotto Roma. Lo ha fatto imbarcando nel partito politici navigati del Sud. Ha pescato al centro, tra gli autonomisti siciliani, e a destra in Calabria e Campania. Elezione quasi certa, per esempio, per Angelo Attaguile, candidato al Senato con la Lega, Attaguile è stato esponente di punta della Dc, poi del Movimento per l’autonomia di Raffaele Lombardo, presidente dell’istituto case popolari e del Catania calcio, assolto dalla corte d’appello di Messina per una tentata concussione. Con l’ex governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo, sono compaesani, entrambi del paesone di Grammichele, feudo elettorale del primo e ancor prima del padre di Angelo Attaguile, Gioacchino, che dell’ex governatore è stato padrino politico.

L’esponente della Lega di Sicilia si porta dietro una gloriosa eredità politica: il babbo è stato tre volte senatore Dc, sottosegretario alle Finanze nei governi Rumor e Colombo, infine ministro della Marina Mercantile. Angelo ha dato il massimo per non tradire la storia politica di famiglia. Da ragazzo è stato presidente dei giovani democristiani, nel 2005 Giuseppe Pizza lo nomina suo vice nella nuova Dc. Poi milita con gli autonomisti e nel 2013 viene eletto alla Camera grazie a un posto sicuro in quota Lombardo nelle fila del Pdl, due settimane dopo migra nel gruppo Lega Nord-Autonomie. Alcuni giorni fa, quasi alla vigilia del voto, Attaguile si è lasciato andare a una battuta: «Se vince il centrodestra potrei fare il ministro». Di padre in figlio. Insomma, un leghista scudocrociato.

Altro seggio quasi sicuro per Alessandro Pagano, da San Cataldo, provincia di Caltanissetta. Berlusconiano della prima ora, assiduo pellegrino a Medjugori, fedele ultratradizionalista della congrega Alleanza cattolica. Il primo incarico di rilievo è del ‘96, assessore alla Sanità nel governo regionale del chiacchierato Giuseppe Provenzano. Quattro anni più tardi si alternerà tra Finanza e Beni Culturali nella prima giunta Cuffaro. Nel 2013 da deputato Pdl transita con Angelino Alfano nel Nuovo centro destra, da cui divorzia per giurare amore eterno alla Lega-Noi con Salvini. E da quel momento per i nisseni Pagano diventa “Il Padano”.

Più dura l’elezione per Filippo Drago, anche se non impossibile. sindaco di Aci Castello l’ha seguito. Udc, Noi Sud, Pdl, Mpa, e infine candidato numero due per la Lega in uno dei collegi plurinominale del Catanese. Suo padre, Nino Drago è stato otto volte sottosegretario oltreché sindaco di Catania. Un fuoriclasse del consenso, andreottiano, all’epoca di Salvo Lima. Uscito indenne da un’inchiesta. Come il suo erede, Filippo, assolto per la voragine di bilancio lasciata nelle casse del comune di Catania dalla giunta Scapagnini. «Nun semu tutti i stissi». Non siamo tutti gli stessi, slogan che nel 2008 ha reso celebre il rampollo di Nino. Pure in Calabria, la Lega, rischia di elegere parlamentari. Per esempio Domenico Furgiuele, candidato al primo posto al proporzionale. Su di lui, uomo della destra sociale, pesa una parentela ingombrante: il suocero è sotto i riflettori dell’Antimafia, che gli ha sequestrato i beni. Non solo. Lo stesso Furgiuele è finito, non da indagato, in un’informativa della polizia relativa a un caso di omicidio del 2012: i killer hanno dormito gratis nell’hotel del suocero di Furgiuele, a pagare le stanze sarebbe stato proprio il leghista calabrese.

In Campania tra chi probabilente verrà eletta con la Lega c’è Pina Castiello di Afragola. Inizia in Alleanza nazionale, poi passa al Pdl, casa politica in cui ha stretto un solido rapporto sia con Nicola Cosentino che con la famiglia Cesaro, due saghe politiche inquinate dai clan. A Napoli seggio quasi certo per Gianluca Cantalamessa. Napoletano e candidato alla Camera nel collegio uninominale Campania 11. Le simulazioni danno la sua elezione pressoché certa.

La Lega è stata per lui un approdo, ma casa sua resta la destra sociale. E finchè suo padre era ancora in vita guai a parlare di autonomia e secessione. Antonio, il papà, era un nostalgico del Duce, della patria indivisibile. Antonio Cantalamessa, infatti, è stato tra i più importanti esponenti dell’Msi. E forse oggi si troverebbe anche lui a sposare il sovranismo padano di Matteo Salvini, detto “il Capitano”.

Tuttavia anche su Cantalamessa junior incombe un’ombra del passato: da imprenditore è stato socio, fino al 2004 in un’azienda in cui tra i consiglieri compariva Valerio Scoppa. Il fratello di Scoppa ha sposato la figlia del boss Angelo Nuvoletta, morto nel 2013, mentre stava scontando l’ergastolo per l’omicidio del cronista del Mattino Giancarlo Siani. – FONTE (L’ESPRESSO) CONTINUA A LEGGERE >> Dal momento che sei qui…. … abbiamo un piccolo favore da chiedere. Più persone stanno leggendo il nostre le nostre notizie selezionate dai maggiori media locali e internazionali, ma le entrate pubblicitarie attraverso i media stanno calando rapidamente. Vogliamo mantenere la nostra rassegna stampa più aperta possibile. Quindi Se tu e tutti coloro che stanno leggendo questo avviso donaste 5€, potremmo permetterci di far crescere lonesto.it negli anni a venire. Puoi farlo anche con una donazione tramite Paypal cliccando sul tasto: (Donazione Minima 5€), si accettano eventuali proposte di collaborazioni: