Ambiente e salute

Sclerosi multipla, studiosi d’accordo: la Ccsvi può avere un ruolo nell’insorgenza di alcune malattie neurologiche

By admin

August 05, 2018

05/08/2018 – La pubblicazione dello studio Brave Dreams, coordinato dal professor Paolo Zamboni (Unife), non ha esaurito i filoni di ricerca sull’oggetto della sperimentazione: il rapporto tra Ccsvi (la sindrome identificata dallo stesso Zamboni) e la sclerosi multipla con l’ipotesi di una terapia (l’angioplastica) che potrebbe funzionare in alcuni casi. «Ulteriori analisi dei dati dello studio Brave Dreams (BD) dimostrano che nei malati di sclerosi multipla con Insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI) la probabilità di essere senza nuove placche è di 5 volte superiore quando l’angioplastica con pallone ha correttamente ripristinato il flusso nelle vene giugulari». Lo scrive l’associazione “Assi.SM onlus” sintetizzando l’articolo “Extracranial Veins in Multiple Sclerosis: Is There a Role for Vascular Surgery?” pubblicato dall’ultimo numero dalla rivista scientifica “European Journal of Vascular and Endovascular Surgery”, nel quale Zamboni espone le sue osservazioni le osservazioni in un confronto serrato con Robert Zivadinov, neurologo dell’Università di Buffalo (Usa).

«Le posizioni dei due illustri ricercatori prendono le mosse dai risultati di Brave Dreams, lo studio clinico multicentrico, randomizzato e in doppio cieco finanziato dalla Regione Emilia Romagna i cui risultati sono stati recentemente pubblicati sulla rivista Jama Neurology – scrive “Assi.SM”, associazione per le persone con Sclerosi Multipla, che sostiene il Centro diretto dal neurologo Fabrizio Salvi all’Ospedale Bellaria di Bologna, professionista che ha avuto un ruolo preminente nell’arruolamento dei pazienti per la sperimentazione – e dall’analisi di quanto emerge dalla letteratura scientifica che nell’ultimo decennio ha intensamente indagato la relazione tra malattie neurodegenerative e disfunzioni venose extracraniche».

Nell’articolo Zamboni sostiene che Brave Dreams «aveva lo scopo di analizzare l’efficacia e la sicurezza dell’intervento di angioplastica con palloncino (PTA) nelle principali vene extracraniche come terapia innovativa della sclerosi multipla (SM)» e che i risultati «sono stati condizionati dal sottopotenziamento dello studio che ha arruolato solo 130 pazienti invece degli oltre 600 previsti e dalla inefficacia emodinamica della PTA in circa la metà dei pazienti trattati», ricorda l’associazione.

«Va sottolineato – prosegue l’associazione – che al momento dell’arruolamento non si conoscevano ancora quali tipi di malformazione delle giugulari avrebbero risposto positivamente alla PTA e che un frutto di questa ricerca è anche quello di identificare un sottogruppo di pazienti che possono beneficiare dell’intervento, e, parallelamente, a quali pazienti invece non consigliarlo». Zamboni riporta quindi i dati, finora mai pubblicati, di ulteriori analisi dei dati fatta sul sottogruppo di pazienti in cui l’intervento di PTA aveva corretto efficacemente, a un anno dell’intervento, il flusso nelle vene giugulari operate. Il gruppo degli 81 pazienti (recidivanti remittenti e secondari progressivi, RR e SP: si tratta di alcune forme con cui si presenta ala malattia) sottoposti al trattamento di PTA in Brave Dreams è stato diviso in due sottogruppi: quello di coloro che presentavano, a 12 mesi dall’intervento, il flusso venoso ripristinato, e quello di coloro che invece avevano assenza di flusso.

I due gruppi sono stati quindi messi a confronto in rapporto al numero di nuove lesioni cerebrali (placche) misurate mediante Risonanza magnetica ed è emerso «che nel gruppo di pazienti con flusso ripristinato il 91% non aveva nuove placche, contro il 65 % dei pazienti con assenza di flusso (P FONTE CONTINUA A LEGGERE >>

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