Campania

Fuori il “bunker” di Napolitano

By fabio vitrone

January 05, 2014

Non ricordo un Presidente della Repubblica italiana costretto a rimanere, nella sua città di origine, rinchiuso nel “bunker” lussuoso, che i cittadini gli pagano, per evitare le contestazioni…né ricordo che alcuno, precedentemente, lo abbia mai fatto.

Ma non ricordo neanche un Capo del nostro Stato accusato, dal suo popolo, di aver taciuto su una strage di una intera regione per oltre 16 anni, di aver impedito che si ascoltassero le registrazioni delle sue telefonate in un processo vitale, per la credibilità delle nostre istituzioni, come quello in corso a Palermo sull’accordo Stato-mafia…come non ho memoria di un doppio incarico, espressamente sconsigliato dai nostri padri costituenti, che un solo uomo abbia ricoperto…e mi sfuggono similitudini se cerco, all’indietro nel tempo, uguali intromissioni nella vita politica del paese come quelle di cui si è reso protagonista Giorgio Napolitano.

Napoli, la sua città di origine, attendeva il suo arrivo, per queste feste di fine d’anno…per chiedergli ciò che chiunque, di buon senso, chiederebbe a chi ricopre un ruolo istituzionale di così grande importanza per la vita democratica del nostro paese:…perché hai taciuto…perché, da ministro degli interni, non solo hai messo il segreto di stato sulle dichiarazioni di Schiavone…ma non ti sei adoperato affinché quei territori avvelenati non fossero coltivati…su quelle terre non fossero costruite abitazioni…quei prodotti nocivi, mortali, non fossero distribuiti…perché non hai fatto nulla ?

La lettera, inviata a don Patriciello, è una vera e propria ingiuria all’intelligenza dei campani, un’ offesa alle sofferenze di centinaia, se non migliaia, di famiglie che piangono le vittime di questo scempio…ancor di più il tentativo di placare gli animi con un “risarcimento”…che non ferma le lacrime e la rabbia…di chi non è disposto a pesarle sulla bilancia del denaro.

Non è stato possibile, per le donne e gli uomini di Giugliano e Pianura, raggiungere la Villa Rosebery, dove Napolitano si è rinchiuso per tutti e cinque i giorni della sua permanenza in città, il gruppo di manifestanti voleva consegnare al presidente della Repubblica un dossier di 54 pagine, corredato da foto, sui danni provocati all’ambiente nell’entroterra tra Napoli e Caserta e nel quartiere napoletano di Pianura .

“Questione di ordine pubblico…non è democratico manifestare (con fiaccole e croci) sotto la residenza di nessuno…meno che meno quella del capo dello Stato”…così il nutrito gruppo di poliziotti, carabinieri e digos ha giustificato il suo cordone…a quelle dieci persone che erano accorse lì solo per farsi ascoltare, solo per ricordare, al presidente, le sue responsabilità…e a dirgli che una lettera non cancella 16 anni di silenzio.

Aver calpestato la vita ed il futuro di una intera comunità…per i “rappresentanti delle forze dell’ordine” è democrazia…non lo è se ci si ribella ad un omicidio di massa che colpirà tutti se il cancro che l’ha permesso non verrà estirpato, rimosso…affinché non si riproduca mai più !

Fonte