Cronaca

REGIONE LIGURIA: RISOLTO “IL MISTERO DELLE MUTANDE”

By admin

January 15, 2014

14/01/2014 -Genova – L’ex vicepresidente della giunta regionale della Liguria, Nicolò Scialfa, è ai domiciliari da questa mattina nell’ambito dell’indagine sulle spese del gruppo dell’Italia dei Valori in Consiglio regionale tra il 2010 e il 2012. I reati a suo carico sono quelli di peculato, falso e truffa aggravata. Perquisite anche le abitazioni di Marylin Fusco (Diritti e Libertà), Stefano Quaini (che nel frattempo si è dimesso da consigliere), Maruska Piredda, unica rimasta del vecchio gruppo dell’Idv, indagati per falso documentale, peculato e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Risolto il “mistero delle mutande”

Dalle carte dell’inchiesta emerge che il “famoso” paio di mutande pagato con i soldi pubblici che spettavano all’Idv va attribuito a Maruska Piredda. Peraltro, per un errore dei contabili come risulta in una gustosa intercettazione tra il professionista e la moglie. Il tesoriere Giorgio De Lucchi (G) telefona alla moglie Alessandra (dipendente dell’Agenzia delle Entrate che gli dà una mano nel suo lavoro di commercialista). E la rimprovera perché ha inserito fra le spese da rimborsare agli esponenti dell’Idv alcuni scontrini impresentabili.

Nicolò Scialfa apre il libro. E lo fa per la prima volta da quando è deflagrato lo scandalo delle spese pazze in Regione, in cui è indagato per peculato. A Scialfa, come ad altri tre consiglieri Idv (Marylin Fusco, con lui passata a “Diritti e libertà”, Stefano Quaini migrato a Sel e Maruska Piredda, rimasta unica dipietrista) è contestato l’impiego di soldi della collettività per spese non compatibili con quelle «connesse ai lavori del consiglio regionale». «Se ho commesso errori – premette ora Scialfa – l’ho fatto in buona fede. Sono una persona perbene, onesta e non mi sono messo in tasca nulla».

Dalle indagini emerge come il vostro commercialista- tesoriere, un esterno, prelevasse pacchi di denaro pubblico e li suddividesse fra di voi, negli uffici della Regione, con regolarità. Soltanto dopo si dovevano presentare i “giustificativi” della paghetta. In un Paese dove si prova a tracciare il contante per contrastare il crimine, non fa un po’ inorridire che un andazzo del genere fosse sposato dal partito della legalità?  «Effettivamente andava così… ».

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