Ambiente e salute

Rapporto Agromafie 2018, i numeri di un business che non conosce la crisi

By admin

February 15, 2019

15/02/2019 – Il business delle mafie nel settore agricolo non conosce crisi: anche nel 2018 il giro d’affari ha visto una crescita enorme – pari al 12,4 per cento – e ha toccato i 24,5 miliardi di euro in totale. È l’organizzazione stessa del sistema mafioso ad evolversi, mettendo le proprie radici in tutti i settori: da quello della produzione e della raccolta, a quello manageriale e della distribuzione, tanto che si può parlare ormai di mafia 3.0. E così, secondo il rapporto Agromafie 2018 elaborato da Eurispes, Coldiretti e dall’Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, nel 2018 sono stati 30mila gli ecoreati registrati tra contraffazioni, sfruttamento lavorativo, reati ambientali e furti.

Perché si parla di mafia 3.0 È un quadro ancora fosco, quello dipinto dalla sesta edizione del rapporto: il volume d’affari complessivo del 2018 delle agromafie è salito a 24,5 miliardi di euro, una crescita che sembra non risentire della stagnazione dell’economia italiana e internazionale. Si tratta, secondo Eurispes, Coldiretti e Osservatorio, di una rete criminale che si incrocia perfettamente con la filiera del cibo, dalla sua produzione al trasporto, dalla distribuzione alla vendita, con tutte le caratteristiche necessarie per attirare l’interesse di organizzazioni che via via abbandonano la parte produttiva per dedicarsi a quella distributiva, riuscendo così a scoprire e meglio gestire i vantaggi della globalizzazione, delle nuove tecnologie, dell’economia e della finanza. Secondo il rapporto, infatti, si può ragionevolmente parlare di mafia 3.0, una versione ormai del tutto evoluta in cui operano persone colte, preparate, plurilingue, con importanti e quotidiane relazioni internazionali al servizio del business mafioso che, proprio grazie a loro, assume e consolida un carattere transnazionale e globale. Il risultato è quello della distruzione di un vero sistema di concorrenza e di libero mercato legale che soffoca l’imprenditoria onesta.

Prezzi più alti, rischi per la salute Il risultato sono la moltiplicazione dei prezzi, che per l’ortofrutta arrivano a triplicare dal campo alla tavola, i pesanti danni di immagine per il Made in Italy sia Italia sia all’estero e i rischi per la salute con 399 allarmi alimentari, più di uno al giorno nel 2018 in Italia. Senza trascurare le conseguenze sull’ambiente con le discariche abusive e le illegalità nella gestione dei rifiuti che fanno registrare oltre 30mila ecoreati all’anno in Italia.

Nel 2018 si è confermata anche l’impennata di fenomeni criminali con furti di trattori, falciatrici e altri mezzi agricoli, gasolio, rame, prodotti (dai limoni alle nocciole, dall’olio al vino) e animali con un ritorno dell’abigeato fatto di veri e propri raid organizzati a livelli quasi militari, strettamente connessi con la macellazione clandestina. A tutto questo si aggiungono racket, usura, danneggiamento, pascolo abusivo, estorsione nelle campagne mentre nelle città, silenziosamente, i tradizionali fruttivendoli e i fiorai sono quasi completamente scomparsi, sostituiti da egiziani, indiani e pakistani che controllano ormai gran parte delle rivendite sul territorio: quasi un “miracolo all’italiana” affiancato però dal dubbio che tanta efficacia organizzativa possa anche essere il prodotto di una recente vocazione mafiosa per il marketing.

Agromafie, l’impatto sulle nostre tavole Più di un italiano su cinque (il 17 per cento) è stato vittima di frodi alimentari nel 2018 con l’acquisto di cibi fasulli, avariati e alterati, con effetti anche sulla salute: sono stati 4 milioni i chili di prodotti sequestrati. I settori agroalimentari più colpiti da truffe e reati sono stati quello vinicolo, con un aumento del 75 per cento nelle notizie di reato, la carne dove sono addirittura raddoppiate le frodi, le conserve con +78 per cento e lo zucchero, dove nell’arco di dodici mesi si è passati da zero e 36 episodi di frode. In un mercato ormai globalizzato, ormai “è necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute”, spiega il presidente della Coldiretti Ettore Prandini.

A proposito di lavoro, dal 1 gennaio al 30 giugno 2018 sono stati 561 i soggetti denunciati all’autorità giudiziaria per il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, vale a dire il caporalato. La quota più consistente di denunce è stata effettuata per il reato di favoreggiamento delle condizioni di illegalità dello straniero (205 soggetti denunciati nel 2017 e 118 nel primo semestre del 2018). Seguono l’impiego da parte del datore di lavoro di stranieri privi del permesso di soggiorno (per un totale di 111 soggetti denunciati tra il 2017 e il primo semestre del 2018) e intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (complessivamente 127 soggetti). Altro aspetto interessante riguarda la nazionalità dei soggetti denunciati: i dati evidenziano la netta prevalenza di italiani con l’80 per cento. – FONTE CONTINUA A LEGGERE >>

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