Ambiente e salute

Padula (SA) – Per dire NO alle trivellazioni in Val D’Agri. Oggi consiglio della Comunità Montana del Diano.

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January 21, 2014

Petrolio all’italiana: alle compagnie i profitti, a tutti gli altri i costi, ambientali e non solo. La storia insegna che il petrolio, in Basilicata,non ha creato nè occupazione nè ricchezza, ma solo disoccupazione e inquinamento, nonostante le royalties. Le ambiguità della riforma al Titolo V della Costituzione.

21/01/2014 Padula (SA) – Prevista per oggi alle 18, presso la sede della Comunità montana del Vallo di Diano una seduta consiliare per discutere del nuovo pozzo petrolifero “Pergola 1” previsto dall’Ente nazionale idrocarburi (Eni) nell’omonima località di Marsico Nuovo, in provincia di Potenza, a pochi chilometri di distanza dal Vallo di Diano.

Alla seduta consiliare, oltre ai sindaci del comprensorio, parteciperanno i rappresentanti delle autorità di bacino regionale Campana Sud e interregionale per il bacino idrografico del fiume Sele, l’onorevole Simone Valiante, i consiglieri regionali Donato Pica, Antonio Valiante, Luigi Cobellis, Gennaro Mucciolo e Giovanni Fortunato, nonché il consigliere provinciale e sindaco di Polla Rocco Giuliano.

Inoltre, al consiglio dell’ente montano parteciperanno anche gli esponenti del comitato “No al petrolio nel Vallo di Diano” per ribadire la loro contrarietà al nuovo pozzo petrolifero previsto, peraltro, a ridosso della catena montuosa della Maddalena, posta a spartiacque tra la regione campana e quella lucana, e caratterizzata da un fitto reticolo di acque risorgive che vanno ad alimentare, tra gli altri, l’Agri e il Basento, i due maggiori fiumi lucani per ricchezza d’acque. FONTE

Basilicata colonizzata. Con queste amare parole, il corrispondente in Italia Guy Dinmore, per il quotidiano inglese  Financial Times, racconta la storia di una regione, la Basilicata, bella e dannata. Una regione ricca di storia, bellezze e risorse naturali ma ormai, da tempi immemorabili, vittima di una colonizzazione senza fine. Perché solo di colonizzazione si può parlare quando un territorio viene occupato, sfruttato e annientato.  Quando si permette, a differenza che in altri Paesi, di trivellare in una terra abitata senza considerare le gravissime conseguenze sulla salutedella popolazione. Bisognerebbe prendere come punto di riferimento gli Stati Uniti dove, il sottosuolo di New York, Boston e non solo, è ricco di petrolio ma, ciononostante, è assolutamente impensabile qualsiasi attività di estrazione petrolifera, proprio per tutelare la salute della popolazione.

Inquinamento e impoverimento. Un territorio, la Basilicata, in cui le perforazioni petrolifere portano ricchezza alle società estrattive e non solo ma, di certo, non alla popolazione locale, costantemente in fuga alla ricerca di un lavoro o, in alternativa, costretta ad assistere impotente all’avvellenamento e impoverimento della propria regione. Un coro unanime, quello degli abitanti della Val d’Agri, ci racconta questa storia vergognosa. Un contadino, con la voce rotta dal pianto, narra la sua vita da immigrato in Svizzera, alla ricerca di un lavoro che gli permettesse di costruire, dopo tanti sacrifici, la sua casa nella Val d’Agri, una casa che adesso non vale niente. La zona è inquinata, l’agricoltura in crisi, non c’è lavoro, non ci sono prospettive, le persone emigrano, le aule scolastiche sono vuote. Chi investirebbe comprando un’alloggio in questa zona? Una donna di mezza età racconta di una «patina oleosa» che, negli ultimi anni, si forma sui pomodori e di come le piante secchino a causa dell’inquinamento. I coltivatori non riescono più a vendere i propri prodotti perché si teme che siano contaminati. Tutti dicono che l’aria è irrespirabile ma, secondo i dati ufficiali, l’area non è a rischio. Peccato che questi dati sull’inquinamento provengano dallo stesso soggetto controllato, vale a dire l’Eni.

Tumore e tremore. Da quando sono iniziate le trivellazioni petrolifere in Basilicata, circa dieci anni fa, la Regione detiene un triste primato nazionale, quello di morti per malattie tumorali. Secondo i dati statistici, tra gli anni ‘80 e ‘90 i tumori, in Italia, sono stati una delle cause principali di morte. Successivamente se n’è registrata una diminuzione. Non in Basilicata però, dove l’incidenza delle neoplasie maligne è superiore anche rispetto a quella delle regioni industrializzate del Nord. Dati, questi, che sembrano trovare conferma nelle storie di vita, come quella della signora Donata che possedeva dei terreni vicino a Corleto Perticara dove, nel 1994, trivellarono dei pozzi inquinando con fanghi e fluidi perforanti il terreno e causando la morte degli animali che brucavano l’erba. Di lì a due anni sono morti di tumore il padre della signora Donata e un suo vicino di casa, di appena 43 anni. Di fronte a questi dati sconcertanti, di fronte a queste tragiche storie di vita, non si può non temere per la propria salute, non si può non tremare. Tremano i lucani, non solo per la paura delle malattie, ma anche per i colpi delle trivellazioni che perforano il terreno. Trivellazioni che, come scosse di terremoto, lasciano il segno nei muri e nei terreni attraversati da crepe profonde; e sono proprio le trivellazioni ad accrescere il rischio di scosse telluriche in una delle aree italiane a maggior rischio sismico.

I piani di Eni e Total Nei piani di Eni e Total ci sarebbe l’idea di raddoppiare la produzione a quasi 200.000 barili al giorno. L’Eni con il partner Royal Dutch Shell produce 85.000 barili di petrolio al giorno; una capacità che potrà essere aumentata a 104.000 in Val d’Agri. Shell possiede anche un altro giacimento (Tempa rossa) insieme con la Total e la giapponese Mitsui, che entro il 2016 riuscirà a tirar fuori 50.000 barili al giorno. In ogni caso se il petrolio lucano riuscirà ad essere estratto, secondo i piani, la produzione totale in Italia sarà di 200.000 barili al giorno, con un aumento del 68% (rispetto alle estrazioni del 2012). Non è poco, ma non è nemmeno tanto. Sta di fatto che la geologica del nostro territorio ha voluto così. Là sotto infatti, vi sarebbero circa 1,4 miliardi di barili di petrolio, ciò significa che se utilizzassimo solo quel petrolio per la nostra sopravvivenza ne avremmo per circa 3 anni. È vero che le risorse ancora da scoprire dicono che vi sarebbe almeno un altro miliardo di barili, ma la situazione non cambia di molto. Certo il gas e il petrolio inquinano, tutti vorremmo energia a non finire senza alterare l’ambiente, ma ad oggi degli idrocarburi non se ne può fare a meno. E dunque sarebbe stato buona cosa avere maggiori riserve di idrocarburi visto che siamo leader nelle tecnologie di perforazione. Un esempio? L’Eni ha messo a punto una tecnologia di trivellazione che oggi è tra le migliori al mondo e che viene richiesta un po’ ovunque. Si tratta della “slim production”, un sistema che permette di perforare un pozzo petrolifero fino a 7 km di profondità con un diametro estremamente limitato. Questo significa limitare enormemente la quantità di acqua da usare durante la perforazione, significa ridurre la quantità di terra estratta che poi deve essere gestita in qualche modo e significa un risparmio sulla quantità di cemento da usare per rivestire i pozzi. Ma tutto questo deve essere fatto in casa di altri perché da noi le ridotte quantità di petrolio e le limitazioni imposte sulla ricerca e sull’estrazione degli idrocarburi non ne permettono un importante utilizzo.

Risparmio su bolletta petrolio L’Italia spende qualcosa come 60 miliardi di euro per il petrolio. L’aumento di produzione in Basilicata potrebbero farne risparmiare almeno 5 di miliardi e creare 20.000 posti di lavoro. Il nostro Paese – secondo i dati del 2012 dell’Energy information administration degli Stati Uniti – produce circa 101.000 barili al giorno, pari al 7% del consumo totale, che provengono soprattutto dalla Basilicata e da alcuni pozzi onshore e offshore in Sicilia.