Cronaca

Ogni azienda è costretta a produrre 4 chilometri di carte, Agricoltura/ Cia: Burocrazia costa 7 miliardi di euro l’anno

By admin

January 24, 2014

L’agricoltura paga dazio alla burocrazia più di 7 miliardi l’anno. E per ogni azienda equivale a due euro ogni ora di lavoro, 20 euro al giorno, 600 euro al mese, 7200 euro l’anno. Un “peso” opprimente che costringe ogni impresa a produrre materiale burocratico cartaceo che messo in fila supera i 4 chilometri. Non basta. Occorrono otto giorni al mese per riempire i documenti richiesti dalla Pubblica amministrazione centrale e locale. In pratica, cento giorni l’anno. Un compito che difficilmente l’imprenditore agricolo può assolvere da solo e che, quindi, nel 65 per cento dei casi è costretto ad assumere una persona che svolge questa attività e per il restante 32 per cento si rivolge a un professionista esterno, con costi facilmente immaginabili. Un dato emblematico che conferma le difficoltà dei produttori davanti al “mostro” burocratico, emerso oggi a Lecce nel corso della VII Conferenza economica, promossa dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori.

La burocrazia rappresenta ormai un fardello molto pesante per l’intero settore agricolo che ogni anno – denuncia la Cia – fa i conti con un pesante aggravio economico, il 30 per cento del quale è addebitabile a ritardi, disservizi e inefficienze della Pubblica amministrazione. Cifre che diventano ancora più macroscopiche se si prende in considerazione l’insieme dell’imprenditoria del nostro Paese, che spende in burocrazia la bellezza di 61 miliardi di euro l’anno. Un costo che, ridotto del 25 per cento, comporterebbe un aumento del Pil dell’1,7 per cento. E questo nonostante negli ultimi anni ci siano state delle semplificazioni a livello amministrativo, unitamente all’avvento di Internet e della digitalizzazione. FONTE

Più la politica è debole dal punto di vista della preparazione per la gestione della res pubblica, più la burocrazia diventa opprimente e condizionante. Il burattinaio che senza assumersi responsabilità dà pareri tecnici che diventano vincolanti e stravolgono a volte la stessa volontà politica. A ciò vanno aggiunti i tempi biblici per la soluzione delle controversie che puntualmente scoppiano tra la società civile e lo Stato. Nell’era di internet, del messaggio in tempo reale, della globalizzazione il nostro Paese si trova ad operare con una burocrazia paralizzante che per auto conservarsi blocca, frena. Se così è sul fronte dell’interpretazione delle leggi, si pensi a cosa può significare avere a che fare con il “pubblico” per quanto concerne bandi di gara, commesse, licenze, liquidazioni di competenze. Il terreno di coltura per atteggiamenti di malcostume, se non di vera e propria delinquenza, è fertilissimo. Attenzione, non vorrei essere frainteso. Dietro un modo di operare spesso non c’è un disegno colpevole, ma una mentalità, una prassi comportamentale basata su tre principi: 1) il tempo non conta. Quello che non si può far oggi si potrà fare dopodomani o ancora domani l’altro; 2) l’assunzione di responsabilità pur minima non è “cosa buona e giusta”. La responsabilità è sempre d’altri, comunque è preferibile farla cadere o a valle o a monte della propria persona. 3) la voglia di fare, d’essere adeguato ai tempi ed alle situazioni cozza con l’andazzo generale e diventa una colpa d’arrivismo che va punita con l’emarginazione. Se ne potrebbero aggiungere altri di punti, ma questi che ho riportato sono i più ricorrenti. Conosco bene gli andazzi descritti perché anch’io sono stato un burocrate. Conosco bene la burocrazia anche dal di fuori, da utente. Nella mia attuale posizione lavorativa mi cozzo ogni giorno con i lacci e lacciuoli del pubblico. Eppure la mia “formazione” (sic) burocratica mi dovrebbe avvantaggiare, aprire strade sconosciute ai poveri normali utenti. Niente da fare. Strumenti di salvaguardia del vivere civile si trasformano in macchine perverse contro chi doveva essere tutelato. Prendete, ad esempio, il D.P.R. 3 giugno 1998, n. 252. – Regolamento recante norme per la semplificazione dei procedimenti relativi al rilascio delle comunicazioni e delle informazioni antimafia. In un caso mi ci sono voluti ben tre anni, alla faccia della semplificazione, per ottenere quel benedetto certificato dopo aver scomodato ministro dell’Interno e Prefetto di Roma. Tre anni che come in un totalizzatore impazzito facevano aumentare i costi delle polizze fideiussorie precludendo alla struttura da me presieduta di poter partecipare ad altri bandi di gara. Si può ben immaginare, in una tale situazione, il rapporto con le banche. Oggi sono alle prese con una questione che non mi dovrebbe minimamente riguardare: la cessazione del rapporto di lavoro per fine contratto di 6 dirigenti su 11dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA). Se il decreto mille proroghe, com’è avvenuto lo scorso anno, non proroga i contratti o non interviene un’altra diavoleria che mantenga in servizio i “licenziati”, sono guai. Parliamo di 4,5 miliardi di euro di erogazioni annue. Parliamo di programmi comunitari di promozione bloccati e via dicendo. Ma è logico andare fuori tempo massimo per affrontare situazioni che ben si conoscono da anni? No, non è logico è…burocratico. fonte