Ambiente e salute

I conti in tasca alla Sea Watch 3: i cosiddetti “volontari” sono ben stipendiati

By admin

June 29, 2019

29/06/2019 – Subito due precisazioni. La prima: i sedicenti «volontari» della Sea Watch 3 percepiscono uno stipendio che oscilla tra i 1.500 e i 2.000 euro per tre settimane di lavoro, quindi sono tutt’ altro che volontari, almeno nell’ accezione corrente italiana. La seconda: la Ong tedesca – armatore del peschereccio trasformato in nave acchiappa migranti nel Mediterraneo – ha un fatturato da piccola e florida azienda di navigazione. Tra il 2017 e il 2018 ha incassato infatti ben 3,5 milioni di euro, provenienti da donazioni e liberalità, coi quali ha finanziato i viaggi e pagato le spese di struttura.

Ancora oggi, sul sito dell’organizzazione non governativa, è aperta una sottoscrizione (a cui si può partecipare versando pure in bitcoin) per «sponsorizzare» nuove spedizioni al largo della Libia: la colletta ha raggiunto 50.000 euro, mentre altri 100.000 sono stati raccolti online per sostenere le spese legali della «capitana» Carola Rackete quando l’autorità giudiziaria le contesterà la violazione delle disposizioni previste dal decreto Sicurezza bis e l’ingresso non autorizzato nelle acque territoriali italiane.

Tra i simpatizzanti che sostengono l’ente ci sono la Chiesa evangelica tedesca; Anton Hofreite (capogruppo dei Verdi al Bundestag); Gregor Gysi (ex leader della Germania Est all’ epoca di Michail Gorbaciov); l’ ex europarlamentare del Pd Elena Ethel Schlein; solo per citarne alcuni.

Gli schemi contabili dell’ organizzazione non governativa raccontano ciò che la narrazione progressista mainstream tenta di ridurre a insignificanti note a piè di pagina e, se possibile, di nascondere del tutto, perché con i numeri le manipolazioni politiche sono impossibili. E allora leggiamole, queste cifre riferite all’ anno appena trascorso. Il monte salari dell’equipaggio è stato di 784.000 euro. Dunque, chi sfida le onde per «salvare i migranti» lo fa dietro compenso. Come un qualsiasi lavoratore dipendente.

Nel 2018 le spese hanno assorbito 1,4 milioni mentre 784.000 euro sono serviti a finanziare l’ organizzazione con sede Berlino. La quale, da qualche tempo, ha allargato la flotta a disposizione con un piccolo velivolo, di solito di stanza a Lampedusa, che viene fatto decollare per localizzare dall’ alto i barconi e i gommoni dei trafficanti di esseri umani dai quali farsi consegnare i migranti. Non tutto è però facile come si immagina.

I contrattempi (giudiziari) sono frequenti, facendo questo tipo di attività (favoreggiamento dell’ immigrazione clandestina) ma non è un grosso problema, almeno dal punto di vista delle coperture finanziare. Per le spese legali sono stati staccati assegni per 31.000 euro mentre le tasse portuali hanno pesato per circa 100.000 euro sui conti della Ong. E per mangiare in mezzo al mare?

Sono stati necessari 36.000 euro. Per le attività tecniche (telecomunicazioni e manutenzione dello scafo) la somma stanziata è stata di 99.000 euro. Il carburante è un’ altra voce di bilancio particolarmente gravosa: l’ anno scorso ha impegnato complessivamente 80.000 euro (il costo di un pieno mensile è di 25.000 euro, invece). Ai fornitori esterni, la Sea Watch ha pagato 102.000 euro mentre per la certificazione di classe di navigazione e di diritti di garanzia per la nave è stato necessario un bonifico di 192.000 euro.

Il rigore nella tenuta contabile e l’ abilità di far quadrare i conti dell’ organizzazione si rispecchiano anche nella pianificazione quasi aziendalistica delle attività.

A terra e in mare. Di solidarietà improvvisata la Sea Watch 3 ha niente. Anche il metodo di reclutamento è estremamente professionale come professionale dev’essere l’ equipaggio che di volta in volta viene imbarcato in occasione delle missioni.

Ogni viaggio dura in media 20 giorni, e il turnover è assai frequente perché le domande sono tante e i posti limitati: appena 22. Le posizioni lavorative aperte, fino ad aprile scorso, riguardavano i ruoli di capitano, ufficiali, ingegneri, elettricisti navali e social media-addetti stampa. Perché la comunicazione ha un ruolo fondamentale nella strategia di questa Ong fondata nel 2014 da Harald Hoppner, piccolo commerciante, nato in una famiglia della sinistra chic di Berlino, che gestisce due negozi di mobili e uno di abbigliamento. Analizziamo proprio la figura del capitano, ad esempio. La Ong richiede ovviamente una particolare preparazione tecnica («specialized skills», sono chiamate sul sito queste abilità) e psicofisica oltre che specifiche attitudini nel coordinamento dei collaboratori e nella gestione delle crisi. Tutto perfetto, solo che una piccola postilla nei requisiti ci ha incuriosito: viene considerato titolo preferenziale per la scelta del candidato la capacità di padroneggiare la lingua italiana.

Una richiesta insolita considerato che l’ inglese è l’ idioma ufficiale che si parla a bordo del peschereccio dove convivono soggetti di diversa nazionalità in costante comunicazione tra loro. Sarà forse perché la sola e unica destinazione dei viaggi della Sea Watch 3 sono sempre le coste del nostro Paese? Sarà forse perché un capitano che parla italiano può agevolmente essere intervistato e accusare di fascismo il nostro governo? – (Simone Di Meo – la Verità) CONTINUA A LEGGERE >> VIDEO CORRELATI:

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