Ambiente e salute

Manager pubblici, dichiarazioni dei redditi 2011. Chi sono i paperoni di Stato

By admin

January 28, 2014

Un milione di euro per l’ad di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti, 772 mila euro per il numero uno dell’Agenzia delle Entrate, 817 mila euro per il numero uno dell’Anas Pietro Ciucci. Solo alcune delle dichiarazioni dei redditi milionarie rese pubbliche, per legge, dai manager di Stato e rilanciate oggi da Il Fatto quotidiano.. Numeri da capogiro, frutto però non solo dello stipendio pubblico, ma di tutte le fonti possibili di reddito.

Domenico Arcuri (amministratore delegato di Invitalia) nel 2011 ha portato a casa 1 milione e 214 mila euro superando il presidente dell’Enel Paolo Andrea Colombo, che si ferma a un milione 193 mila euro. Non poteva mancare Antonio Mastrapasqua, il presidente dell’Inps ha dichiarato un milione 174 mila e 308 euro, (il direttore generale dell’Inps Paolo Nori si ferma a 227 mila euro) nonostante abbia dovuto rinunciare a qualcuna delle sue cariche nel 2011. Mastrapasqua non ha subito variazioni nel suo patrimonio che comprende tre immobili a Roma e quindi non dichiara nulla in merito. Andrea Monorchio, presidente della Consap, dichiara invece un milione e 292 mila e 413 euro e cede piccoli pacchetti di BPER, Intesa, Enel, Banca Popolare di Vicenza e Snam. In compenso si è comprato una casa a Roma. L’amministratore delle Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti, dichiara un milione e 46 mila euro mentre il presidente Lamberto Cardia si accontenta di 896 mila euro. Il presidente di Fintecna Maurizio Prato arriva a un milione 50 mila e 770 euro. Entrambi allegano le dichiarazioni delle mogli, ferme a 30 mila euro ciascuna.

L’elenco è lunghissimo, e include anche Giuseppe Bonomi (864 mila euro), Franco Bassanini (540 mila), l’ex presidente di Ansa Ciucci (817 mila). A noi Mastrapasqua, capo dell’Inps, non ci ha fatto nulla di particolare. Non crediamo nemmeno debba andare a casa per quell’inchiesta giudiziaria a suo carico. Mastrapasqua, come altri manager delle aziende di Stato, che poi vedremo, ha sulle spalle un macigno etico mai rimosso. Ha altri incarichi in altrettante società, banche, varie ed eventuali. Si porta in banca, ogni anno, centinaia di migliaia di euro. Non va bene.

In tempi di tagli se ne doveva andare anni fa, invece di cumulare altri incarichi. Diciamo meglio: ci voleva qualcuno che glielo ricordasse o lo dimettesse dagli incarichi. Occasioni non sono mancate.

Mastrapasqua è avvezzo a far venire il coccolone ai pensionati e a chi deve andare in pensione. Spesso, si alza alla mattina e dice che i conti non tornano (l’ultimo caso è stato qualche mese fa: nel giro di un’ora ha dovuto smentire il suo catastrofismo, rinfrancato dal ministro dell’Economia Saccomanni al quale i conti tornavano): si può governare una cassaforte come l’Inps e navigare a vista? Un po’ prima, aveva fatto splash sugli esodati. Ancora oggi non si conosce la cifra esatta. E poi: i centinaia di migliaia di precari, subordinati, parasubordinati pagano cifre sostenute di previdenza e gli viene taciuto il loro futuro pensionistico. O peggio. Gli viene detto: pagate (che così coprite i vari buchi previdenziali della casse di enti delle varie caste dalle pensioni sonanti) ma è probabile che di pensione non avrete nulla. Pensate, un ente che non riesce dare certezze e futuro è un ente destinato a fallire, è nel suo dna.

Avremmo qualcosa da ridire anche sul funzionamento dell’ente stesso (proprio perchè pensiamo che la leadership esprime valore se riesce a riversarla a tutti i livelli). Nel range global-glocal riporto, mi scuserete, un caso personale. E’ capitato un domino burocratico allucinante. Per diversi motivi avevo (ho) in sospeso l’allocazione dei contributi previdenziali del 2008: soldi miei, già versati ma che non apparivano nel mio estratto conto. C’era una questione irrisolta, poi risolta, nel corso degli anni con la società che aveva pagato i miei contributi. Ma l’Inps, ancora oggi, non ha sistemato la mia posizione. Motivi? Mille. Le varie sedi Inps, anche nello stesso comune, Milano, non comunicano tra loro. Poi hanno cambiato sede. Poi ancora, questo uno dei motivi portanti, non hanno il programma, il software del Pc adatto, per inserire i contributi. Morale: ancora oggi, soldi miei, non so dove sono e nemmeno so quando la vicenda terminerà. Dopo aver mandato decine di mail, soprattutto posta certficata, con esiti fallaci (tempo infinito per le risposte, e poi quando rispondono e spesso via mail non si riesce risolvere nulla: perchè?) mi sono arreso.

Chiuso il flash personale, ma che serve a rendere l’idea (ad esempio perché per risolvere le mie questioni Inps devo recarmi per forza nella sede di pertinenza stabilita dalla via del comune dove abiti? Si faccia come l’Agenzia delle Entrate: ognuno si può recare in qualsiasi sede delle Entrate d’Italia. Così almeno se trovo intoppi – spesso derivati anche da dipendenti un po’ stralunati – o code all’inverosimile – a Milano occorre prendersi una settimana di ferie-), dicevo, chiuso il flash personale ritorniamo a Mastrapasqua che, come tutti i manager di Stato, dietro la sua nomina, si porta una serie di storie, nomee, protezioni che danno fastidio. Protetto da Tizio, nominato da Caio, inamovibile perché conosce Tizio, Caio e Sanpronio. Sarà vero? Sarà vero a metà? Non sarà vero?

A breve ci sarà il rinnovo di diverse cariche nelle aziende di Stato. Servirebbe più spazio per dettagliare e analizzare il merito; dovremmo far riferimento ad un’ampia letteratura in proposito, soprattutto quella che analizza la classe dirigente nelle aziende in questi anni. Il loro valore (aggiunto). L’operatività. La capacità organizzativa. E la visione del futuro. C’è stato chi ce l’ha fatta – parliamo di aziende pubbliche e private – e chi proprio non è il suo mestiere. Ma malgrado quello si è sempre intascato lauti guadagni. Ritengo che molto della discussione sulla capacità di generare lavoro e fare impresa (e quindi scovare nuovi mercati) dipenda da una classe manageriale (e in generale imprenditoriale che include anche i proprietari, famigliari, d’azienda) zoppicante, che ha fatto il suo tempo, cresciuta a basata su modelli vecchi come il cucco.

Basta, fine. Qualcuno dica loro: a casa.

A casa, vale comunque per tutti coloro che occupano oggi cariche top executive dentro le aziende di Stato. A casa anche coloro che hanno fatto benino (bene è troppo: ci sono aziende che per il prodotto che generano sarebbe capace di gestirle anche il ragioniere di Casalpusterlengo).

A casa perché non ci piace i criteri con cui sono stati nominati. A casa perché sono professionisti della poltrona: molti sono passati da una azienda di Stato all’altra senza criterio, ma comunque con poltrona garantita e straordinarie prebende. A casa perché non possiamo più sopportare stipendi, bonus, benefit da urlo. Le aziende di Stato devono dare l’esempio. Se non lo danno loro pace e amen. E i manager futuri devono eliminare stipendi stratosferici anche nei quadri dirigenziali intermedi, in alcuni casi inamovibili con contratti di ferro e garantiti (vedi il caso Rai). A casa perché non sono indispensabili. Il loro stipendio è spropositato rispetto ai risultati e agli obiettivi. A casa perché dopo un po’ si perpetuano dentro le aziende delle modalità di governo tipiche degli amichetti della parrocchietta. Sarà un paradosso che grandi società di peso si comportino come l’aziendina artigianale di Canicattì. Ma è così. Ad esempio, apriamo il fronte delicato delle sponsorizzazioni, per eventi e iniziative e compagnia bella. Non lasciatevi abbindolare dai vari comitati interni di vaglio e scelta. Sono di facciata. Giusto per fare contenta la ‘responsabilità sociale dell’azienda’. Al contrario il portafoglio ricco delle sponsorizzazioni spesso si muove con criteri naif che lasciano margini enormi di spazio per dare aiuti, aiutini o aiutoni a iniziative amiche, o per scambi di piaceri. Fraterni. Non va bene. Intanto i criteri di gestione, gli indirizzi guida delle aziende dovrebbe trovare la sua ispirazione dal Ministero dell’Economia. Anche per le sponsorizzazioni. Basta poco: turn over per gli eventi e per enti e fondazioni sponsorizzati; in particolare attinenza delle iniziative con le mission operative delle aziende, ecc ecc. Si può fare.

Renzi, se ci sei batti un colpo. Ci appelliamo al rottamatore nella scelta dei futuri manager. Perché ci vuole un taglio netto. Fuori dai circolini ristretti che operano da sempre. E poi non si sforzi troppo a trovare superman. Superman e Goldrake non ci stanno. Tutta questa aurea di manager straordinari è costruita, si confà al sistema che ha generato in questi anni. Per governare aziende di Stato bastano persone capaci, etiche, che non hanno avuto legami, lacci e lacciuoli con le chiese che contano. Dei Renzi mignon. Per questo chiediamo a Renzi che faccia sentire la sua voce su questi temi delicati che riguardano le cassaforti di Stato.

Una nuova frontiera che sarà di speranza per i tanti studenti, o operatori economici che nel loro piccolo lavorano fanno, si danno da fare.

Sarà un banco di prova al quale presteremo molta attenzione e non avremo remore a criticare a più non posso ritualità e liturgie dal sapore vecchio.

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