Ambiente e salute

Da Linate a Gatwick: negli aeroporti ci metteremo la faccia, spesso sacrificando la privacy

By admin

November 17, 2019

17/11/2019 – NON DOVREMO più mostrare il biglietto, lo smartphone, il passaporto o la carta d’identità. Basterà il nostro volto ad aprire tutte le porte, fino al portellone dell’aereo. È quanto promettono gli aeroporti hi-tech di domani, grazie al riconoscimento facciale, che ci consentirebbe di superare tutti i controlli di terra e arrivare all’imbarco, senza ingombri tra le mani. Mettendoci solo la faccia. Un assaggio potremmo averlo a Linate che, grazie a un investimento da 27 milioni di euro, nel 2021 dovrebbe essere dotato di sistemi di riconoscimento facciale e/o delle impronte digitali. Primi test previsti tra il 2019 e il 2020. Comodo, vien da pensare. Ma la tecnologia, se implementata in un certo modo, ha notevoli controindicazioni.

Da Linate a Bangalore: tutti pazzi per il riconoscimento facciale in aeroporto Linate non è il solo aeroporto al mondo a puntare su questa tecnologia. Nelle scorse settimane Gatwick, nel Regno Unito, ha annunciato che dopo una fase di test – condotta con EasyJet nel 2018 – si servirà in modo permanente del riconoscimento facciale per l’imbarco dei passeggeri. Anche l’India lo ha adottato con l’obiettivo di velocizzare l’accesso ai gate. In una intervista al Times of India dello scorso anno, il ministro indiano dell’aviazione Suresh Prabhu aveva dichiarato che la procedura sarebbe stata in funzione da febbraio 2019 negli aeroporti di Hyderabad e Bangalore e a partire da aprile negli scali di Calcutta, Pune, Varanasi e Vijayawada. “È il futuro del viaggio”, ha detto Gloria Guevara, presidente dell’International Air Transport Association, organizzazione internazionale di compagnie aeree con sede a Montreal. La procedura non richiede più di 20-30 secondi, promettendo di accelerare di gran lunga il tempo destinato ai controlli e al check-in.

Il sistema in uso in alcuni aeroporti europei e italiani Ci sono rischi per la privacy? Per quel che riguarda Linate, dipende dal modo in cui la tecnologia verrà implementata: se le compagnie aeree custodiranno le informazioni raccolte, per quanto tempo, e se i dati acquisiti saranno condivisi e confrontati con dei database a disposizione delle forze dell’ordine. Al momento, il riconoscimento facciale sfruttato in alcuni aeroporti europei e italiani – come Roma e Napoli – prevede che il volto inquadrato al varco dalla telecamera sia confrontato con le informazioni custodite all’interno del chip contenuto nel passaporto biometrico, che viene scansionato. In questo caso non c’è il confronto con alcun database esterno, il sistema ha margini di errore molto bassi e non pone particolari rischi per la privacy.

Il caso Usa Diverso è quanto avviene in alcuni aeroporti Usa, dove la tecnologia è stata adottata da molte compagnie aeree, in seguito a un ordine esecutivo firmato da Donald Trump diretto a potenziare l’uso del sistema in tutti gli scali a stelle e strisce. Qui il riconoscimento facciale viene usato per confermare l’identità dei viaggiatori, confrontando il viso del passeggero in partenza con le informazioni collezionate dal dipartimento della sicurezza interna degli Stati Uniti all’arrivo. I cittadini Usa e i detentori di una carta di residenza permanente possono scegliere di non partecipare al programma. Ma l’operazione non è semplice e le compagnie sono tutt’altro che trasparenti in materia, come denunciato dall’associazione Fight For Future che per aiutare i viaggiatori ha messo a disposizione Airline Privacy: un sito internet in cui vengono elencate le aziende che impiegano la tecnologia. “Governi, corporazioni e forze dell’ordine possono tracciare ogni tuo movimento senza consenso – si legge -. La diffusione del riconoscimento facciale negli aeroporti ci rende meno sicuri e non più sicuri”.

I rischi per la privacy “In un contesto del genere, oltre ai rischi di abuso, perdita e furto di dati, il rischio principale è di trasformare lo strumento in una forma di controllo sociale”, spiega Bruno Saetta, avvocato ed esperto di diritti digitali. Il tutto ad opera di una tecnologia che, come dimostrato da numerosi studi, è tutt’altro che infallibile. Un esempio arriva da Londra, dove il riconoscimento facciale testato dalla polizia per prevenire i crimini ha dimostrato di avere un margine d’errore dell’80%. A farne le spese sono, soprattutto, persone dalla pelle nera, donne e – più in generale – tutte le minoranze che non sono equamente rappresentate nei database scelti per allenare gli algoritmi di intelligenza artificiale alla base di questi sistemi. Il risultato è una discriminazione sistematica. “Immaginate per esempio di essere erroneamente associati a un terrorista durante un controllo aeroportuale”, avverte Saetta. I limiti posti dal Gdpr Uno scenario che, però, secondo l’avvocato, non potrebbe verificarsi all’interno dell’Unione Europea, se non a determinate condizioni. “Il Gdpr pone dei limiti. Nel caso in cui il riconoscimento facciale venga usato dalle compagnie aree per velocizzare i check-in, sarebbe necessario il consenso dei viaggiatori e le informazioni acquisite non potrebbero essere utilizzate a fini di sicurezza. Mentre se a sfruttarlo fossero le autorità, sarebbe necessaria una normativa ad hoc, che dovrebbe essere valutata dal garante”.

Cittadini in rivolta contro la tecnologia Ma gli aeroporti non sono l’unico luogo in cui viene impiegato il riconoscimento facciale. La tecnologia sta diventando invasiva nella nostra vita quotidiana, tanto che San Francisco e altre città statunitensi ne hanno vietato l’utilizzo (divieto che, però, non si applica agli aeroporti e alle strutture federali). E non mancano le ribellioni dei cittadini. In un video che ha fatto il giro del mondo si vedono i ragazzi in rivolta di Hong Kong tirare giù un palo della luce su cui erano installate delle telecamere. Mentre nei giorni scorsi hanno fatto sentire la loro voce i tifosi del Cardiff City e del Swansea City. Hanno deciso di protestare, indossando una maschera, contro la decisione della polizia di impiegare la tecnologia in occasione del match, con l’obiettivo di individuare le persone a cui è stato vietato l’ingresso negli stadi. “Migliaia di fan innocenti, che non hanno mai commesso un crimine in vita loro, e persino i bambini, avranno i loro dati collezionati dalla polizia. Si tratta di una misura ingiustificata e sproporzionata”, ha dichiarato Vince Alms, un portavoce dei tifosi. – [FONTE] CONTINUA A LEGGERE >> Ordina subito la tua carta Revolut gratuita.

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