Ambiente e salute

Evasione fiscale da mezzo miliardo di euro, 86 indagati fra cui un monsignore

By admin

February 18, 2020

18/02/2020 – La Guardia di Finanza di Brescia – con il coordinamento della locale Procura della Repubblica e con il supporto del Servizio Centrale Investigativo Criminalità Organizzata (SCICO) di Roma – ha individuato, presso uno studio commercialista bresciano, una vera e propria “fabbrica” di evasione fiscale. L’indagine vede coinvolti, a vario titolo, un centinaio di persone (di varie province italiane, ovvero Brescia, Bergamo, Milano, Roma, Parma, Mantova, Perugia, Lodi, Modena, Reggio Emilia, Torino, Bari, Vicenza, Pavia, Napoli Verona) e ha per oggetto circa mezzo miliardo di euro di “false” operazioni (tra fatture per operazioni inesistenti e crediti fiscali fittizi) che hanno consentito al sodalizio di guadagnare circa 80 milioni di euro.

Le Fiamme Gialle stanno procedendo in queste ore a dare esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal GIP di Brescia: arresti nei confronti di 22 responsabili (17 in carcere e 5 ai domiciliari, dimoranti prevalentemente nelle province di Brescia, Bergamo, Milano e Roma) di svariati reati, tra cui, in particolare l’associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalità, finalizzata alla frode fiscale e al riciclaggio di denaro. Notificate anche 2 misure interdittive dalla qualità di imprenditore amministratore di società commerciale.

Presso il citato “laboratorio” bresciano di evasione fiscale, i “colletti bianchi” – supportati da altri sodali, anch’essi prevalentemente dimoranti a Brescia e con precedenti penali specifici nei reati tributari – erano dediti a produrre “pacchetti evasivi”.

Il sodalizio, schematicamente, aveva quattro finalità. La prima finalità consisteva nel “produrre” servizi tributari illeciti, attraverso centinaia di società “di comodo” (sia nazionali che estere) e prestanomi. Lo scopo prioritario era la produzione di crediti fittizi (da utilizzare indebitamente in compensazione), nonché di fatture per operazioni inesistenti.

La seconda finalità era quella di vendere tali “servizi” attraverso una rete di distribuzione. I “colletti bianchi” individuavano i soggetti a cui “piazzare” i loro “prodotti” attingendo tra gli imprenditori loro clienti desiderosi di abbattere le imposte.

La terza finalità consisteva nello sviare eventuali attività di controllo, attraverso il “traffico di influenze illecite” e le intimidazioni ad eventuali soggetti che volessero collaborare con la Guardia di Finanza.

Nello specifico, infatti, gli indagati, percepita l’attenzione degli investigatori a fronte di acquisizioni documentali effettuate dai Finanzieri presso le società cartiere da loro gestite, si rivolgevano a “faccendieri” – conosciuti tramite “reti di relazioni” – al fine di ottenere informazioni privilegiate sui controlli in corso.

Tra i “faccendieri” remunerati per la loro millantata attività di “intermediazione” – rivelatasi del tutto inefficace – emergono un (falso) appartenente alle Forze dell’ordine, nonché un (falso) appartenente ai servizi segreti nazionali.

Non sono mancati i tentativi di intimidazione nei confronti di chi potesse fornire informazioni utili alle indagini. Tentativi, tuttavia, risultati vani anche grazie all’intervento preventivo degli investigatori che hanno attivato appositi dispositivi di tutela.

Ultimo scopo del sodalizio era quello di ripulire il denaro frutto dell’evasione fiscale, immettendolo nel mercato e trasformandolo in “potere d’acquisto” apparentemente lecito da reinvestire in nuove attività.

Lo spessore professionale dei soggetti coinvolti consentiva di ideare svariati e “raffinati” meccanismi di “lavaggio”, ovvero:

L’indagine ha, dunque, consentito di ricostruire le fasi, i ruoli, i trasferimenti e i passaggi di denaro dell’associazione per delinquere, permettendo di smantellare il gruppo criminale e di recuperare i patrimoni illeciti con il sequestro del “maltolto”. – [FONTE] CONTINUA A LEGGERE >> Ordina subito la tua carta Revolut gratuita.

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