Il buco del Superbonus? L’edilizia ha fatto il 90% della crescita reale

28/09/2024 – C’era molta attesa per la revisione dei conti nazionali che l’Istat avrebbe diffuso ieri. Attesa alimentata dallo stesso istituto di statistica quando, un paio di settimane fa, aveva annunciato una sensibile revisione al rialzo del livello del “nominale” (che ingloba l’inflazione) per gli anni dal 2021 in poi. Anche il governo aveva deciso di posticipare a dopo il 23 settembre la trasmissione alle Camere del Piano strutturale di bilancio per tener conto delle revisioni. Si trattava di armonizzare la contabilità italiana ai nuovi standard decisi da Eurostat introducendo nuovi e più efficaci metodi di stima su varie tipologie di voci.Il risultato di questo esercizio è stato quello di rivedere al rialzo le stime del Pil, peraltro già rivalutate con la diffusione dei dati del marzo scorso. Le revisioni più significative sono state per gli ultimi tre anni: nel 2021 il Pil nominale è superiore di 1,1 punti (+20,6 miliardi) rispetto a quello calcolato a marzo, nel 2022 maggiore di 1,7 punti (+34,2 miliardi) e nel 2023 di 2 punti (+42,6 miliardi). Anche la crescita “reale” (senza cioè considerare l’aumento dei prezzi) è stata rivista in modo significativo, aumentando quella registrata nel 2021 e nel 2022, che passano rispettivamente da +8,3% e +4,0% a +8,9% e 4,7%, e diminuendo quella del 2023, che si ferma a +0,7% dal +0,9% che era invece stato stimato a marzo.

Con l’aumento della crescita reale e nominale c’è poi l’effetto a cascata sui conti pubblici, che migliorano soprattutto nel rapporto tra debito e Pil. Nel 2023 questo rapporto è tornato al 134,6%, ormai non molto distante da quel 134,2% che era prima che arrivasse la pandemia e che lo facesse esplodere in un solo anno oltre il 150%. È stata infatti la crescita nominale di questi anni a tenere sotto controllo il debito, nonostante questo sia aumentato di ben 452 miliardi dallo scoppio della pandemia, a riprova di come, al di là dei singoli decimali su deficit (ma chi ricorda ancora la bagarre sul 2,4% di deficit che dovette poi essere trasformato in 2,04 nel 2018?), per tenere i conti pubblici in ordine serve un’espansione economica, in assenza della quale qualsiasi obiettivo di disciplina fiscale va a farsi benedire, come l’esperienza dell’austerità di Monti dovrebbe ormai avere insegnato. Così, superata la soglia dei 2.100 miliardi, aggiungendo 324 miliardi di Pil raggiunto nel 2019, anche l’aumento del debito pubblico è pesato decisamente di meno. L’inflazione del biennio 2022/2023, conseguente alla crisi del prezzo del gas, ha sicuramente influito parecchio nella dinamica in termini nominali, ma anche la crescita reale ha dato il suo contributo, tenuto conto della storia di bassa crescita italiana rispetto al contesto dei Paesi più sviluppati. Con i nuovi dati diffusi ieri, il Pil del 2023 è stato superiore del 4,6% (84 miliardi) rispetto al periodo pre-Covid e come ha sottolineato l’Istat: “Per effetto della revisione, il Pil in volume del 2023 si è attestato a un livello per la prima volta superiore al massimo raggiunto prima della crisi finanziaria del 2008”. A conferma di ciò che era già evidente nei dati di marzo, anche quelli diffusi ieri hanno evidenziato un ruolo determinante del settore delle costruzioni nei contributi alla crescita. Se i consumi nazionali e gli investimenti nei mezzi di trasporto sono sostanzialmente gli stessi del pre-Covid in termini reali, le esportazioni nette sono diminuite di 19 miliardi e gli investimenti in costruzioni sono saliti di circa 80 oltre l’inflazione, contribuendo per circa il 93% al totale della crescita reale registrata dall’economia dal 2019.

La stagione dei bonus edilizi, trainati dal Superbonus, si chiude così con risultati in termini di sviluppo economico che vengono rivisti al rialzo ancora una volta e con conti pubblici migliori di quelli ipotizzati qualche trimestre fa, quando ancora si parlava di “voragine senza precedenti nella storia della Repubblica”, per citare il ministro Giancarlo Giorgetti.

Finite poi le revisioni, che fatte per importi così rilevanti rendono prive di significato le analisi condotte sui dati precedenti, ci sarà modo di stimare con precisione quanta attività economica aggiuntiva i bonus sono stati in grado di attivare. Nonostante tutti i difetti e l’abbondanza di risorse impegnate, anche gli ultimi dati la confermano come una stagione di sviluppo. Vedremo cosa verrà dopo. – [IlFattoQuotidiano]

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