Ambiente e salute

L’idea del Padron di Mivar: ‘Se assumete 1200 italiani vi affitto gratis la mia azienda’

By admin

March 08, 2014

“Se assumete 1200 italiani affitto gratis la mia Mivar“. Carlo Vichi, proprietario dell’azienda che produceva televisori fondata nel 1945 e chiusa nel 2013, lancia la sua offerta. Il desiderio per l’imprenditore di 90 anni è di veder ripartire l’economia e per farlo mette a disposizione i 120mila metri quadri di azienda che ha costruito per i suoi dipendenti. Azienda che non è mai entrata in funzione, con la vendita di televisori italiani stracciata dalla concorrenza coreana e cinese. Valentina Conte su Repubblica riporta le parole di Vichi:

“Ho un sogno. Poter dire ricominciamo a quanti ho detto: è finita”, ripete ora Carlo Vichi. “E per farlo, un’idea c’è. Se una società di provata serietà accetta di fare televisori in Italia, io gli offro la mia nuova fabbrica, pronta e mai usata, gratis. Non voglio un centesimo. Ma chiedo che assuma mille e duecento italiani, abbiatensi, milanesi. Questo chiedo. Veder sorridere di nuovo la mia gente”.

La fabbrica, seconda sede della Mivar, è pronta: “Due piani, 120 mila metri quadri totali, parcheggi, grande mensa, presidio medico. “Insuperabile, qui ci possono lavorare in 1.200, tutto in vista senza ufficetti. Vede com’è luminosa?” dice a Domenico Iannacone, giornalista e autore dei “Dieci comandamenti”, la fortunata serie di inchieste e storie italiane che riparte questa sera su Raitre proprio dalla Mivar (ore 23,15). La fabbrica è finita ormai da dieci anni. Costruita senza mutuo, costata milioni di euro, mai inaugurata”. Ma la crisi e la concorrenza non gli ha permesso di aprirla, anzi a Natale anche la sede principale della Mivar ha chiuso.

Un’avventura di una vita che Vichi ha condiviso con i suoi dipendenti: “Eravamo in novecento e facevamo 5.460 televisori al giorno, un milione all’anno. Ora è tutto vuoto, solo qualche scrivania. I grossi colossi c’hanno calpestato”, riflette amaro Rocco. “Ho disegnato televisori per venticinque anni. Anche se il vero designer è il signor Vichi, io la mano. È rimasto sempre in trincea, al suo tavolo con le rotelle in mezzo a noi, la sua morsa, le sue idee, il suo compasso. Lavorando anche di sabato e domenica”. “E in tutte le feste comandate, Natale e Pasqua, la sua casa è la fabbrica, da sempre”, aggiunge Anna Vichi, la moglie. “Abbiamo iniziato da sposini, in una cameretta. Avevamo 18 anni e Carlo, geniale meccanico, progettava notte e giorno sopra un banco, in un angolo che ci stava appena appena. Poi ha cominciato ad assumere. Si è preso tutti quelli delle case popolari”. Lei è fiero di questa fabbrica?, chiede Iannacone a Vichi. “Beh insomma, questo sono io”. FONTE