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Nuovo video shock Isis : decapitato reporter Usa Sotloff

By admin

September 03, 2014

L’Isis avrebbe rilasciato un video di 2 minuti e 46 secondi in cui viene mostrato la decapitazione del cittadino americano Steven Sotloff. Sotloff, 31 anni, reporter americano, era stato mostrato al termine del video di James Foley, l’altro giornalista decapitato dai jihadisti dello Stato Islamico. L’Isis aveva minacciato gli Usa che sarebbe stato il prossimo candidato a morire se non fossero cessati i raid sul nord dell’Iraq. I suoi familiari hanno aperto una petizione sul sito della Casa Bianca chiedendo al presidente di salvare la vita al figlio. E proprio una settimana fa la madre di Sotloff ha lanciato un appello all’Isis per la sua liberazione.

Pago il prezzo» per la decisione dell’amministrazione Obama di attaccare obiettivi dell’Isis in Iraq. Sono queste – riporta il New York Times – le parole pronunciate da Steven Sotloff nel video che mostra la sua decapitazione. l boia che avrebbe decapitato il reporter americano Steven Sotloff sarebbe lo stesso responsabile della morte di James Foley. Lo afferma la Cnn. A quanto pare nel video, prima della brutale uccisione di Sotloff, il boia si rivolge alla telecamera dicendo: «Obama, sono tornato». E ancora: «Vattene dall’Iraq»

Era andato in Medio Oriente attirato dalle complessità della regione e dall’educazione ricevuta in una famiglia ebrea sopravvissuta alla Shoah. Steven Sotloff, come il cattolico James Foley, l’altro giornalista americano decapitato dall’Isis, apparteneva a una delle tre fedi della «culla della civiltà» la cui coabitazione sembra ogni giorno che passa diventata più difficile. Sotloff, di cui il sito di intelligence SITE ha diffuso un video che ne mostra la decapitazione, veniva da una famiglia osservante. La madre Shirley, che insegna all’asilo della sinagoga di Pinecrest, un sobborgo di Miami, era «determinata a preservare la memoria dell’Olocausto perchè i suoi genitori erano sopravvissuti alla Shoah», si legge in una breve biografia pubblicata dal tempio. Se però aveva avuto un ruolo nell’educazione di un ragazzo con la passione per lo sport e per il giornalismo, la religione per Sotloff non si era tradotta in politica. «Era affascinato dal mondo islamico, parlava bene l’arabo. Per questo ora lo minacciano di decapitazione», aveva scritto su Twitter Anne Marlowe, una collega, dopo che Steven era apparso in tuta da prigioniero arancione, minacciato da un jihadista dell’Isis, al termine del video della barbara uccisione di Foley. 31 anni, nato e cresciuto in Florida, Sotloff aveva fatto per anni il freelance prima di essere rapito: aveva scritto da Siria, Egitto, Libia, Turchia e Barhain per testate come Time, il Christian Science Monitor, Foreign Affairs e World Affairs Journal. Il suo sequestro, secondo altri colleghi, sarebbe stato frutto di un tragico capriccio del destino: Steven sarebbe stato rapito perchè aveva scelto come collaboratore locale per entrare in Siria una «guida», la cui identità però era stata «bruciata” con i rapitori da un altro reporter straniero, senza esperienza, intenzionato come lui a varcare il confine tra Turchia e Siria. «Steven era un uomo segnato», ha scritto qualche giorno fa sul Daily Beast Ben Taub, freelance e studente di giornalismo, che ha passato le ultime due estati a Kilis, la piccola città turca a sei chilometri dal confine siriano per documentare la vita ai margini del conflitto. Sotloff era stato preso in ostaggio nell’agosto 2013, la guida siriana, rapita con lui, era stata liberata due settimane più tardi.

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