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MatteoComics: a lezione di Fiscal-Compact in Europa

By admin

October 18, 2014

L’avventurosa legge di stabilità del governo Renzi

Se fossimo negli anni ’80, quando l’eco di una finanziaria terminava bruscamente ai confini di un paese, avremmo registrato una legge che trovava il silenzio dei penalizzati (sindacati, mondo del lavoro, enti locali, servizi locali) e il timido plauso degli avvantaggiati (imprenditori, confesercenti e qualche isola di lavoro autonomo). Se fossimo stati invece prima di Lehman Brothers, tra uno dei governi Prodi o Berlusconi, dopo la finanziaria sarebbe partita una trattativa con Bruxelles per aggiustare, con la governance europea, la logica italiana con quella continentale. Come fecero Germania e Francia, ma anche l’Italia, verso la metà degli anni 2000.

Siccome veniano da un’epoca di esplosione di grosse bolle finanziarie, e di “bassa crescita” strutturale dell’economia globale (basta chiedere al FMI) , per andare verso una simile se non peggiore, la legge di stabilità del governo Renzi va letta soprattutto in quest’ottica. Il resto, le reali conseguenze nazionali o sulle singole categorie professionali o sociali, verrà dopo come conseguenza di aggiustamenti o crisi a livello globale. Certo è l’ABC della politica oggi ma è pur sempre vero che questo paese mostra, da tempo, segni di analfabetismo politico. Andiamo quindi subito al mondo reale per capire che accoglienza troverà la finanziaria di Renzi, che deve essere valutata da Bruxelles e votata dalle camere, in alcune testate embedded nei mercati globali. La Frankfurter Allgemeine è chiara: la finanziaria di Renzi comporta “più debiti”, esattamente quello che la Germania non vuole: allargare il mercato delle obbligazioni europee. Solo per motivi di dipendenza dei debiti sovrani europei dalla finanza internazionale ma anche per motivi più, diciamo, mondani: come si è visto alla Borsa di Atene alla prima crisi continentale i capitali fuggono verso Berlino e così la Germania finanzia il proprio debito. Il Financial Times può quindi permettersi di far capire il quadro: “Renzi sfida il giudizio di Bruxelles” per far capire che il giudizio europeo, dettato dal Two Pack (e dalla Germania) può portare al conflitto tra Roma e la governance continentale. La scelta del governo Renzi, nel complesso e al netto delle differenziazioni interne, è chiara: tenere contenuto il deficit, evitando il meno possibile gli strali di Bruxelles, per allargare il debito cercando di ridare fiato all’economia. Ma c’è qualche problemuccio a) allargare il debito significa farselo finanziare dal mercato globale e dalla Bce. Quest’ultima per adesso è bloccata dal veto tedesco, il primo mostra segni di crisi. In poche parole Renzi rischia un ritorno dello spread che potrebbe costargli caro b) Copertura sgravi fiscali. Se esiste allora Bruxelles sarà sostanzialmente contenta, salvo qualche ammonizione di prammatica, ma sarà macello sociale (si legge di almeno 13 miliardi in meno di “sociale” a vario titolo). Se non esiste, o esiste solo parzialmente, gli esiti del conflitto con Bruxelles, e con Berlino, non sono scontati c) Renzi gioca su dumping salariale (detassazione Irap, abolizione articolo 18 (proclamata in conferenza stampa senza che la Cgil abbia poi fiatato), finanziamento neassunti e sgravio contributivo perché “vede” il calo dell’euro in un’ottica orientata all’export. Allo stesso tempo prova ad attirare capitali, gli accordi Italia-Cina sono finiti alla rubrica economica della Bbc, in una sorta di modello Singapore suggerito magari in qualche visita a Londra: massimo possibile di libertà dell’impresa, minimo possibile di rigidità del lavoro. Il punto è se la stagnazione economica globale (vista dal FMI) gira in modo per lui positivo o no. In quest’ottica va giudicata la manovra non in quella delle dichiarazioni di Squinzi.

Considerando che solo in stato di allucinazione, e di quelli vicini al punto di non ritorno, si può considerare seria l’opposizione di Camusso, Fassina, Civati (per i quali è difficile trovare una collocazione che sia diversa da quella di una nuova serie del Muppet Show o di una collocazione nel fantastico mondo di Peppa Pig) resta la questione enti locali. Se le slide di Renzi dicono il vero, e se la legge di stabilità prende questa forma al voto delle camere, per partecipale, enti e servizi locali di base potrebbe anche essere un bagno di sangue. Per non parlare di quei beni comuni, sottoposti a referendum nel 2011, ai quali il governo Renzi non sembra destinare nemmeno la retorica.

E’ quindi partita l’avventurosa gita della prima legge di stabilità del governo Renzi. In un quadro economico e finanziario molto mosso. Perchè se si confermano le indicazioni degli intermediari di borsa, ovvero che a smobilizzare in borsa in Europa sono stati soprattutto gli americani, ne vedremo di ogni come avrebbe detto l’ex igienista dentale di Berlusconi. Già perchè gli Hedge Fund, i fondi speculativi per eccellenza, secondo il Financial Times sono ai minimi di profitto dal 2011. E se sono loro a smobilizzare capitale, per investire altrove, Renzi, che guarda proprio a questo mondo grazie al suo mentore finanziario Davide Serra e al suo guru economico Gutgeld, potrà anche occupare la tv a reti unificate come fa adesso. La tenaglia fatta di ostilità tedesca da una parte e di disinvestimento generalizzato in Europa dall’altra potrebbe ugualmente rivelarsi letale. Ma questi sono solo scenari. Ormai la gita della legge di stabilità è partita. Poi si vedrà. Anche se affrontare ogni genere di percorsi senza essere attrezzati è un problema. Per tutti.

redazione, 16 ottobre 2014

Fonte Senza Soste