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23/04/2023 – Tre funzionari dell’Ufficio Difesa del Suolo, Geologia ed attività estrattive della Regione Basilicata e due imprenditori sono stati raggiunti da misura cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Potenza su disposizione della Procura ed eseguita dai Carabinieri Forestali del Nucleo investigativo Ambientale Agroalimentare e Forestale di Potenza. Per uno dei funzionari è stato disposto l’arresto ai domiciliari, per gli altri due il divieto di dimora nella regione Basilicata. Arresti domiciliari anche per i due imprenditori.
Gli indagati sono indiziati, a vario titolo, dei reati di tentata concussione, corruzione e falso ideologico. Le indagini, iniziate nel 2021 e condotte dalla Procura potentina con il supporto del Nucleo Investigativo, hanno permesso di accertare grazie anche all’uso di intercettazioni telefoniche ed ambientali, “un allarmante e pervasivo sistema di vero e proprio addomesticamento delle funzioni pubbliche di controllo proprie dei funzionari regionali, di cui, sulla base del quadro indiziario emerso, a fronte di diversi tipi di regalie e vantaggi economici, beneficiavano alcuni imprenditori dediti alla coltivazione mineraria di cave ubicate in Basilicata consentendo loro, di fatto di evitare di porre in essere le previste (ed ovviamente onerose) attività di ripristino ambientale a valle dell’attività estrattiva; di evitare che la Regione Basilicata escutesse le fideiussioni bancarie che i titolari di cave sono tenuti ad apprestare proprio a garanzia del corretto adempimento delle predette attività di ripristino”. – [CONTINUA SU FONTE]
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23/04/2023 – Era considerata una preside antimafia, dirigente scolastica della scuola intitolata al Giudice Falcone, nel quartiere Zen di Palermo, ma ora è stata arrestata dai Carabinieri con le accuse di peculato e corruzione, ed è ai domiciliari. D. Lo V. – che nel 2020 divenne Cavaliere al merito della Repubblica “per l’impegno dimostrato durante la pandemia” – secondo le accuse, supportate da intercettazioni, si sarebbe appropriata, con la complicità del vice preside D. A., anche lui arrestato, di cibo per la mensa dell’istituto scolastico, computer, tablet e iphone destinati agli alunni e acquistati con i finanziamenti europei.
In 14 mesi di indagine la Procura europea avrebbe accertato la gestione irregolare di fondi di spesa pubblici dell’Unione, stanziati per diversi progetti scolastici.
Per la donna è stato disposto “il provvedimento di sospensione immediata” da parte del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che sottolinea come “in tempi brevi sarà nominato il reggente”. Il Ministero fa sapere che “saranno inviati degli operatori psicopedagogici, a supporto di tutta la comunità scolastica nell’elaborazione di quanto accaduto oggi”.
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10/11/2022 – Divieto di dimora e interdizione dai pubblici uffici per il sindaco di Rende M. M. e interdizione per il vice sindaco A. A. e 72 indagati tra soggetti con cariche istituzionali e funzionari, dipendenti del Comune di Rende, imprenditori e professionisti.
E’ quanto emerso dall’operazione condotta dai militari del Comando provinciale e della compagnia di Rende dei carabinieri e del Gruppo di Cosenza della guardia di finanza che hanno arrestato e posto ai domiciliari tre persone, eseguendo un divieto di dimora, otto interdittive della sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio e 12 divieti di esercitare attività professionale ed imprenditoriale.
Le accuse, a vario titolo, sono corruzione, rivelazione di segreto di ufficio, falso in atto pubblico, turbativa d’asta, frode, peculato e abuso d’ufficio. I provvedimenti sono stati disposti dal Gip di Cosenza su richiesta della Procura. Ai domiciliari è finito, invece, l’ex assessore P. M.. I sigilli sono stati apposti a sei società, manufatti e somme di denaro depositato in conti bancari. In tutto gli indagati sono 72 e otto le società oggetto di approfondimento. L’indagine condotta in un arco temporale ampio, ha avuto inizio da accertamenti relativi ad alcuni pubblici eseguiti sul territorio del Comune di Rende per poi estendersi ad ulteriori aspetti come noleggi di mezzi; affidamento diretto di lavori urgenti; occupazione abusiva di un parco pubblico; gare d’appalto per la gestione di strutture come il Centro diurno per minori, “Madre Teresa di Calcutta” e il centro Centro Anziani; servizio di trasporto a supporto di persone con disabilità. Le indagini hanno riguardato anche la ricostruzione dei rapporti economici fra gli indagati, la gestione di società, finalizzata al trasferimento di valori ed utilità economiche. – [ANSA] VIDEO CORRELATI:
20/07/2022 – Arrestata R. T., sindaca di Terracina, con l’accusa di corruzione. In questi giorni è scattata l’operazione dei carabinieri a seguito di indagini della Procura di Latina riguardanti le concessioni balneari e la gestione in generale del demanio marittimo. Le misure cautelari hanno riguardato 5 persone finite ai domiciliari, tra cui la Sindaca di Fratelli d’Italia, il presidente del Consiglio Comunale e due assessori. Sette persone sono state interdette dai pubblici uffici. In tutto sarebbero coinvolte almeno 50 persone tra funzionari, altri assessori e dirigenti comunali.
Nello specifico la Sindaca deve rispondere di turbata libertà degli incanti e falso. Alla prima cittadina è stato contestato un episodio riguardo la gestione dell’arenile comunale per cui avrebbe favorito una irregolare aggiudicazione della gara di appalto. I fatti risalgono al 2019 e coinvolgono anche l’allora vicesindaco P. M., già arrestato nel gennaio scorso.
L’indagine L’indagine che ha portato all’arresto della Tintari è iniziata nell’agosto del 2019. A condurla la Guardia Costiera e i carabinieri. Oltre alle misure cautelari è stato sequestrato un camping, un ristorante e i beni di un’associazione esistenti presso l’Arena del Molo di Terracina, l’area oggetto di una serie di controlli delle autorità nell’ambito delle attività Mare sicuro 2019, volte a verificare la correttezza delle concessioni demaniali. La Procura scrive: “Nell’agosto dell’anno 2019 è emersa una pluralità di fatti di rilievo penali connessi alla gestione dei servizi relativi alla balneazione, ad illegittime sanatorie riguardanti opere e manufatti insistenti sul pubblico demanio marittimo, a lavori ed opere pubbliche eseguite e commissionate dal Comune di Terracina nonché alla illegittima acquisizione e gestione di fondi economici strutturali”. Un’indagine “in un arco temporale di circa 12 mesi e consistita in numerose ispezioni, acquisizioni documentali, testimonianze, pedinamenti, intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche ha consentito di disvelare e documentare condotte di pubblici funzionari, all’interno del Comune di Terracina, che appaiono finalizzate al perseguimento di interessi personali e non coerenti, dunque, con i compiti istituzionali”.
Le accuse Le indagini hanno consentito di accertare reati connessi alla gestione dei servizi relativi alla balneazione e al demanio marittimo. Nello specifico nel mirino sono finiti “la realizzazione di un ponte ciclopedonale attraverso l’indebita percezione di fondi europei strutturali FEAMP e FLAG con conseguenti danni erariali”. Quindi i reati contestati sono di falso, turbata libertà negli appalti riguardanti l’affidamento in gestione di spiagge e servizi connessi alla balneazione, e anche frodi, indebite percezioni di erogazioni pubbliche e rilevazioni del segreto d’ufficio.
10/05/2021 – La Guardia di Finanza, delegata dal dr. Gregorio Capasso, Procuratore della Repubblica di Tempio Pausania, ha dato esecuzione all’ordinanza applicativa di misure cautelari personali e reali emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale gallurese che ha disposto gli arresti domiciliari per i fondatori di un noto complesso immobiliare.
Con la stessa ordinanza è stato disposto anche il sequestro preventivo di beni mobili ed immobili del valore stimato in circa 60 milioni di euro. I Finanzieri hanno apposto i sigilli a terreni, campi da calcio e tennis, un centro nuoto, un palasport, un albergo, una club house ed aree urbane ed uffici in tre diverse torri. Disposto, inoltre, il sequestro delle partecipazioni che gli indagati avevano in altre società.
Questo l’esito delle complesse indagini svolte dalle Fiamme Gialle di Olbia che hanno svelato gli accordi e le collusioni finalizzati a turbare l’asta fallimentare per consentire a soggetti falliti di rientrare in possesso del compendio.
I soggetti colpiti dalla misura cautelare degli arresti domiciliari, padre e figlio, noti imprenditori olbiesi legali rappresentanti di diverse società, attraverso accordi con un pubblico ufficiale, Direttore Generale di un’associazione di enti pubblici locali, e con la mediazione di un importante professionista romano, avrebbero tentato di rientrare in possesso del patrimonio di società fallite.
Dalle attività è emerso come gli indagati avrebbero agito anche approfittando della situazione emergenziale venutasi a creare con la pandemia da nuovo coronavirus. Gli stessi avrebbero provato ad accedere perfino a finanziamenti agevolati e garantiti da fondi governativi.
Gli indagati hanno in pratica ristretto, anzi azzerato, la platea dei possibili concorrenti, attraverso contatti clandestini ed accordi che gli avrebbero consentito, con la costituzione di una new company con sede un paese extra UE, di continuare a gestire le attività.
L’importante quadro probatorio emerso dalle indagini è frutto dell’attività dei finanzieri del Gruppo di Olbia e della Sezione di Polizia giudiziaria di Tempio Pausania, dipendenti dal Comando Provinciale Sassari, che hanno operato sotto il coordinamento della Procura della Repubblica.
L’odierna attività di servizio conferma il costante impegno della Guardia di Finanza nel contrasto agli illeciti economico-finanziari ed in particolare ai reati contro la Pubblica Amministrazione. – [FONTE]
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01/04/2021 – Nell’ambito di articolate attività di indagine coordinate dalla Procura della Repubblica di Catania, i militari del Comando Provinciale della Guardia di finanza di Catania hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari, emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale, nei confronti di 4 soggetti sottoposti a indagine per reati fallimentari ed evasione fiscale.
È stato inoltre disposto il sequestro preventivo delle quote societarie e dell’intero complesso aziendale di due società (una avente sede a Catania, l’altra a Roma ma operante nella zona industriale di Catania), oltre alle relative disponibilità finanziarie, per un valore di circa 18 milioni di euro.
Nel dettaglio, le indagini, svolte dagli appartenenti al Nucleo di polizia economico-finanziaria di Catania, hanno riguardato il rilevante dissesto, per oltre 20 milioni di euro, di una società operante nel settore dei trasporti, con sede a Santa Venerina.
Gli amministratori della società, già in dissesto a partire dal 2015 e non in grado di fare fronte al rilevante debito nei confronti dello Stato:
da un lato, non hanno provveduto alla copertura delle perdite nel tempo maturate e anzi hanno resistito alla istanza di fallimento presentata dalla Procura della Repubblica; dall’altro, hanno proseguito nella gestione della società, acquistando nuovi mezzi e distraendo ingenti somme di denaro (nel caso di specie, effettuando trasporti non fatturati e senza riscuotere i relativi crediti commerciali), aggravando così il dissesto e determinando un debito nei confronti dell’Erario di oltre 14 milioni di euro oltre che distrazioni per oltre 5 milioni e 600 mila euro.
In particolare, sono state evidenziate le condotte dell’amministratore di diritto e quelle degli amministratori “di fatto”, tutti catanesi, i quali – oltre ad aggravare il dissesto della società nei termini sopra illustrati – hanno a vario titolo, tra l’altro, sottratto i libri contabili in modo tale da ostacolare la ricostruzione del patrimonio della società fallita e commesso rilevanti reati tributari, non avendo presentato la dichiarazione ai fini IVA per l’anno 2019 relativa a operazioni commerciali del valore di oltre 5 milioni di euro e avendo inoltre omesso il versamento delle ritenute e dell’IVA, per una evasione complessiva di oltre 2 milioni di euro.
Rilevante anche la condotta del sindaco unico e revisore legale della predetta società fallita, residente a Ischia, il quale, pur consapevole dell’ingente posizione debitoria dell’impresa, ha attestato il piano di risanamento della società in cui sono state esposte false informazioni circa la correttezza della contabilità, sopravvalutando voci dell’attivo del relativo bilancio societario e sottostimando le componenti negative, concorrendo in questo modo ad aggravare il fallimento della stessa società.
Per quanto sopra, in esito all’attività investigativa del Nucleo PEF della Guardia di finanza di Catania, il Giudice per le indagini preliminari presso il locale Tribunale – su richiesta della Procura della Repubblica di Catania – ha disposto misure personali restrittive nei confronti dei citati 4 soggetti, tutti posti agli arresti domiciliari.
Sono stati inoltre sottoposti a sequestro:
le quote societarie e l’intero complesso aziendale di due imprese, una con sede legale a Santa Venerina e l’altra con sede legale a Ciampino (Roma) ma operante a Catania; disponibilità finanziarie in capo agli amministratori “di fatto” e di diritto, derivanti dalla commissione dei reati tributari, per un valore complessivo di circa 18 milioni di euro.
L’attività si inserisce nel più ampio quadro delle azioni svolte dalla Guardia di finanza di Catania a tutela dell’economia – oggetto anche di uno specifico protocollo d’intesa lo scorso anno – con lo svolgimento di complesse indagini che hanno l’obiettivo:
da un lato, di proteggere le imprese sane del tessuto economico catanese dalla concorrenza sleale di soggetti che pongono in essere reati economico-finanziari sempre più sofisticati; dall’altro, di difendere l’interesse pubblico e garantire il recupero degli illeciti proventi delle attività criminali, da destinare, una volta definitivamente acquisiti alle casse dello Stato, anche a importanti interventi economico e sociali. – [FONTE]
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19/03/2021 – La Guardia di Finanza, nell’ambito delle indagini dirette dal Sostituto Procuratore Roberto Valli e coordinate dal Procuratore aggiunto Mario Venditti, sta eseguendo, sin dalle prime luci dell’alba, 4 arresti domiciliari disposti dal GIP Maria Cristina Lapi, nonché perquisizioni e sequestri di apparati informatici in diverse aree geografiche del Paese (Lombardia, Marche, Lazio e Sicilia) per i reati di turbativa d’asta e frode nelle pubbliche forniture. I militari della Compagnia di Vigevano hanno scoperto numerose irregolarità nel bando di gara indetto dalla ASST di Pavia nel 2017, per l’affidamento dei servizi di trasporto in ambulanza svolti da una cooperativa di Pesaro per gli ospedali di Voghera, Vigevano, Mede, Mortara, Casorate Primo, Broni e Stradella.
La cooperativa dopo essersi aggiudicata un appalto del valore di circa 2 milioni di euro ha spesso mancato di garantire, già dai primi mesi di operato, il servizio richiesto dall’appalto, creando numerosi e continui disservizi uniti a sensibili ritardi e mancate prestazioni sanitarie, spesso confermati anche da molte segnalazioni pervenute dai pazienti trasportati e dai medici in servizio presso i citati presidi ospedalieri, facendo presuppore l’utilizzo di un numero di autoambulanze e automediche inferiore a quello che era stato contrattualmente previsto. Durante la partecipazione al bando di gara la cooperativa ha potuto presentare all’ASST di Voghera un’offerta anomala, talmente fuori mercato (perché quanto offerto non copriva neanche i costi del servizio) da impedire la partecipazione di tutte le altre associazioni presenti nella provincia di Pavia che per anni avevano svolto lo stesso servizio in convezione.
Le fiamme gialle hanno accertato che la base d’asta dell’appalto era stata fissata illegalmente ad una soglia inferiore alle tariffe regionali, causando, di fatto, l’esclusione automatica degli altri operatori sanitari che non avrebbero mai potuto accettare lecitamente un’offerta cosi svantaggiosa. E la cooperativa indagata come ha potuto far fronte a un ribasso di oltre il 25% rispetto alle tariffe indicate da Regione Lombardia? Semplicemente la società che ha vinto l’appalto ha indicato costi del lavoro dei propri dipendenti, ben inferiori ai minimi salariali previsti dal contratto collettivo nazionale, costringendo, altresì, i propri lavoratori a prestare anche attività come volontari, traendone un vantaggio che ha consentito loro di presentare un’offerta palesemente anomala per aggiudicarsi l’appalto.
Inspiegabilmente però i vertici di ASST Pavia (Direttore e RUP), pur consapevoli della palese anomalia dell’offerta e dell’illiceità del ricorso alla manodopera volontaria, aggiudicavano ugualmente l’appalto alla cooperativa e, successivamente, a fronte delle numerose violazioni contrattuali acclarate già durante il periodo di prova, omettevano di procedere alla doverosa revoca dell’aggiudicazione stessa, consentendo alla vincitrice di ottenere un illecito profitto.
Molte sono state le violazioni contrattuali e sanitarie di cui la cooperativa pesarese si è resa responsabile: ritardi e disservizi sin dai primi mesi dell’aggiudicazione dell’appalto, mancanza di luoghi attrezzati in cui ricoverare i propri mezzi, lasciando le ambulanze a fine turno parcheggiate sulla pubblica via, e soprattutto, rendendo impossibile effettuare non solo la regolare sanificazione dei veicoli ma anche la stessa pulizia delle ambulanze al termine del trasporto di ogni paziente. In tal modo il servizio veniva espletato, nel pieno della pandemia in corso, in condizioni igienicamente precarie e pregiudizievoli per la salute degli ammalati, in spregio alle più elementari norme sanitarie imposte dalla normativa anti Covid-19. La cooperativa indagata è parte di un consorzio più ampio con sede a Messina nel quale sono presenti altre cooperative operanti nel settore del trasporto sanitario. Le attività investigative in corso si inquadrano nel comparto delle attività svolte a tutela della regolarità delle procedure ad evidenza pubblica e della salute pubblica in relazione anche al momento emergenziale dovuto al COVID-19. – – [FONTE]
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23/02/2021 – Induzione indebita a dare o promettere utilità, istigazione alla corruzione, turbata libertà nella scelta del contraente, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio, falsità ideologica, turbata libertà degli incanti e tentato peculato.
Sono questi i reati contestati, a vario titolo, agli indagati nell’ambito dell’operazione “Acqua Fresca” che ha portato all’emissione di 25 misure.
Tra i destinatari della misura cautelare, firmata dal giudice per le indagini preliminari Maria Proia, l’ex parlamentare del Pdl e di Fi e attuale vicesindaco F. P. e il sindaco FdI di C. S. S. che è stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere.
Nell’operazione sono coinvolti amministratori e funzionari del comune, liberi professionisti e imprenditori residenti nelle province di L’Aquila, Roma, Teramo e Pescara. I domiciliari sono stati disposti anche per altri sei indagati tra cui un costruttore, il segretario comunale, tre dirigenti comunali, e un libero professionista. Per quindici indagati – tra imprenditori e liberi professionisti – il giudice ha emesso il divieto di esercitare la professione, per una assessore e un consigliere comunale il gip ha disposto l’obbligo di presentazione alla Polizia Giudiziaria.
L’indagine, diretta dai pubblici ministeri Roberto Savelli e Lara Seccacini, è stata avviata nel 2018 con gli accertamenti dei militari dell’Arma, ed era emersa l’indebita percezione ed erogazione di fondi comunali a liberi professionisti e imprenditori operanti nella Marsica. Secondo il gip, le indagini hanno rivelato “l’esistenza di un sistema clientelare, fondato su amicizie, conoscenze ed interessenze con alcuni imprenditori o cittadini, in totale dispregio dei criteri di imparzialità, trasparenza e buon andamento della Pubblica Amministrazione, piegando, di fatto, l’interesse pubblico a quello di pochi”. Sono state denunciate in totale 56 persone.
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Secondo gli investigatori, gli amministratori e i dirigenti comunali hanno pilotato l’affidamento di appalti per l’esecuzione di lavori, progettazioni e servizi o frazionato gli appalti per procedere con affidamenti diretti sotto soglia, a favore di soggetti predeterminati, per lo più imprenditori e liberi professionisti locali, spesso ricorrendo alla falsificazione di atti pubblici.
Il totale dei fondi pubblici destinati alle 30 procedure turbate, ammonta a circa 13 milioni di euro, suddivisi in 11 milioni di euro per l’esecuzione di lavori, un milione e mezzo di euro per le progettazioni e 500.000 euro per gli affidamenti dei servizi. Tra le procedure turbate vi sono anche lo spostamento di una scuola media in altri locali, i lavori di realizzazione di un parco giochi, una gara per il servizio di custodia, manutenzione e assistenza all’uso dei campi sportivi, l’affidamento dell’esecuzione dei lavori di riqualificazione urbana, sociale, e culturale di alcune aree degradate, l’affidamento della progettazione di una scuola, di un parco e di un parcheggio, la realizzazione e organizzazione del premio letterario “Vittoriano Esposito”; concorsi pubblici per l’assunzione di impiegati e dirigenti comunali. – [FONTE] CONTINUA A LEGGERE >>
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10/02/2021 – Brescia, un professionista e due pubblici funzionari in manette per corruzione ed accesso abusivo alle banche dati istituzionali
Il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di finanza di Brescia, coordinato dalla locale Procura della Repubblica, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un professionista, quale privato corruttore, già in carcere nell’ambito della recente Operazione “Nuova evasione continua”, nonché due misure degli arresti domiciliari nei confronti di due funzionari pubblici, dipendenti uno dall’INPS e l’altro dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
Dalle indagini di polizia giudiziaria, sono emersi ripetuti scambi di favori indebiti consistenti nel ricevimento di benefit di varia natura, a fronte della commissione di atti contrari ai doveri d’ufficio, quali ripetuti accessi abusivi alle rispettive banche dati istituzionali e rivelazione di informazioni attinenti a pendenze tributarie e previdenziali di numerose società. Il professionista corruttore si è prestato consapevolmente a fornire le proprie conoscenze e il proprio servizio in favore di terzi, anche al fine di commettere frodi fiscali grazie ai “favori” ottenuti dai pubblici ufficiali.
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Auto, motorini e promesse di posti di lavoro. La maxi-inchiesta Leonessa, nel settembre 2019 69 persone in manette per, a vario titolo, mafia, corruzione, indebite compensazioni, fatture false, ha un nuovo filone. Ieri, altri tre arresti per corruzione. La misura è scattata per M. R., 55enne commercialista bresciano, già in carcere per Leonessa e ed Evasione continua due. Sono ai domiciliari, invece, il funzionario dell’Inps G. V. e il collega del Fisco S. B., nei guai pure per accesso abusivo alle banche dati riservate. Stando alla tesi del pm Antonio Bassolino, accolta dal gip Carlo Bianchetti, i due dipendenti pubblici tra marzo 2018 e novembre 2019 avrebbero passato informazioni a R. su società e clienti con contenziosi aperti. Vitrano su Emmegi srl, Tec System finiture srl, ricevendone in cambio una Jeep Compass nuova di zecca, scontata del 40%. Ciò grazie alla pesante intercessione del commercialista, il quale avrebbe fatto pure pressioni sui concessionari invitandoli a “mandar giù il rospo” dello svantaggio economico.
Quanto a B., avrebbe girato a R. informazioni su Nuova Palafer, Gdfer srl e un privato. In cambio, avrebbe spuntato un motociclo gratis, o al massimo pagato mille euro, e la promessa di posto di lavoro per il figlio. “Sei un santo”, lo ha ringraziato su Whatsapp R.. E ancora, L. ieri ha anche incassato 12 condanne (dai 2 ai 7,5 anni) per altrettanti imputati del filone fiscale (associazione finalizzata all’emissione di 230 milioni di fatture false, frodi e riciclaggio) a dibattimento. La più pesante è stata inflitta all’imprenditore G. F.. Otto le assoluzioni. – [FONTE] CONTINUA A LEGGERE >>
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29/01/2021 – L’inchiesta su alcune procedure fallimentari è coordinata dalla procura di Potenza: in carcere il giudice G. G., altri due sono indagati a piede libero. In totale sono 21 le persone finite sotto inchiesta, ai domiciliari la presidente provinciale dell’Ordine degli Ingegneri A. F., che è anche delegata del ministero dei Trasporti nel Comitato d’indirizzo della Zes interregionale Adriatica.
Soldi su soldi grazie le cause di risarcimento del danno, nell’ordine delle centinaia di migliaia di euro, in cui erano coinvolti giovanissimi deceduti in incidenti stradali o un bambino disabile a causa di una malformazione seguita a una presunta colpa medica. Con queste ed altre accuse il giudice civile G. G., in servizio al Tribunale di Brindisi, è stato condotto in carcere in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare emessa dal Tribunale di Potenza nei confronti anche di altre 5 persone, tra cui la ex moglie F. S., finita ai domiciliari. L’inchiesta conta un totale di 21 indagati, tredici dei quali per associazione a delinquere. In carcere sono finiti anche l’imprenditore M. B. e il commercialista O. P. M.. Ai domiciliari invece, oltre a S., l’imprenditore F. B. e la presidente provinciale dell’Ordine degli Ingegneri A. F., che è anche delegata del ministero dei Trasporti nel Comitato d’indirizzo della Zes interregionale Adriatica. Altri due magistrati sono indagati a piede libero: si tratta di Francesco Giliberti e Giuseppe Marseglia.
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G. risponde di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari in una inchiesta in cui sono ipotizzati anche altri reati: abuso d’ufficio, riciclaggio, emissione di fatture per operazioni inesistenti. Quanto ai ristori del danno, si parla di due giudizi in particolare: una causa del 2007 sulla morte di una ragazza di 23 anni, e una causa riguardante un bambino nato con traumi permanenti per colpa medica. Nel primo caso 300mila euro sarebbero stati messi a disposizione del giudice attraverso il conto intestato alla ex suocera, indagata a piede libero. Nel secondo, circa 150mila euro. La ex moglie, Federica Spina, avvocatessa, sarebbe stata tra l’altro nominata, a seguito di “minacce” di Galiano, come legale patrocinante in alcuni procedimenti, oltre che erede testamentaria da parte di presunti corruttori. – [Continua su FONTE] CONTINUA A LEGGERE >>
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