29/09/2024 – Ogni mattina, un indagato che è stato interrogato da un giudice, si sveglia e sa che quello potrebbe essere il giorno del suo arresto. Oppure no.Succede da una settimana all’amministratore unico della società pubblica umbra di rifiuti “So.Ge.Pu. Spa”, Cristian Goracci. Lui, con altri due coindagati in un’inchiesta per corruzione della Procura di Perugia, vive con una spada di Damocle sulla testa. Finirà in carcere oppure no? Quello che lo riguarda è, infatti, uno dei primi casi di “contraddittorio preventivo”. Si tratta della norma, prevista dalla riforma Nordio, in base alla quale in caso di pericolo di reiterazione del reato ed esclusi alcuni delitti, l’indagato – sul quale pende una richiesta di misura cautelare – deve essere sentito prima della decisione del giudice. È successo a Goracci di essere interrogato, ma anche ad altri. Ieri non c’era la decisione. E questo perché la norma appena varata manca di un termine entro il quale il Tribunale è obbligato ad esprimersi. Non c’è un limite. Come invece era previsto, ad esempio, dall’articolo 294 del codice di procedura penale: qui si stabiliva che, dopo la misura cautelare, il giudice doveva sentire l’arrestato non oltre 5 giorni dall’inizio dell’esecuzione della custodia.
Ora con il nuovo corso del governo Meloni tutto è ribaltato: in determinate situazioni viene prima l’interrogatorio e poi l’eventuale arresto. Ovviamente ciò non è previsto per una serie di reati (mafia, estorsioni, terrorismo, rapine, violenze sessuali, stalking) o nel caso in cui vi sia pericolo di fuga o di inquinamento probatorio: qui l’arresto è ancora a sorpresa. Non lo sarà più però per altri delitti, come la corruzione (sempre qualora vi sia il solo pericolo di reiterazione del reato). Che poi sono le tipiche inchieste che coinvolgono colletti bianchi e politici. C’è dunque il caso di Goracci e degli altri indagati dell’inchiesta perugina. Il 5 settembre si sono visti recapitare un invito a presentarsi all’interrogatorio dal giudice Natalia Giubilei. Goracci “soggetto incaricato di pubblico servizio, in quanto amministratore unico della società ‘So.Ge.Pu. Spa’” è accusato, con altri, di corruzione. Secondo i pm – per citare un capo di imputazione – “riceveva indebitamente” 750 mila euro circa da Antonio Granieri, “legale rappresentante della società privata Ece srl, esercente l’attività di ‘recupero per il riciclaggio di rifiuti solidi e biomasse’, per la messa a disposizione delle proprie funzioni”.
Il denaro sarebbe stato corrisposto a Goracci tramite consulenze per i pm “mai effettuate” in favore della Ece srl. In questo “accordo corruttivo”, secondo i pm, Goracci “agevolava la partecipazione di Ece srl” in un bando di gara, vinto poi da “Sog. Eco. Srl” (51 per cento Ece srl, 49 per cento So.Ge.Pu Spa). L’indagato per difendersi da queste accuse (per le quali è stato chiesto il suo arresto) era stato convocato a rendere interrogatorio il 19 settembre. Da quel giorno attende la decisione del giudice.
Una misura cautelare, essendo un provvedimento importante che limita la libertà delle persone, non si può scrivere in pochi giorni perché i giudici devono studiare, spesso, centinaia di atti. Sono decisioni importanti e delicate. E così la norma voluta da Nordio ha due effetti: da una parte aumenta il rischio del pericolo di fuga, come sottolineato da molte toghe; dall’altra, per i tribunali, si traduce in un ulteriore aggravio di lavoro, su un sistema già ingolfato da anni. Con gli indagati che ora attendono, giorno dopo giorno, senza neanche l’esistenza d’un termine stabilito, il loro destino. – [da IlF.Q. di Valeria PACELLI]
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