Sequestrati beni per circa 40 milioni di euro ad un imprenditore vicino alla criminalità organizzata campana.
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08/05/2023 – Il provvedimento scaturisce da complesse indagini condotte nei confronti di un imprenditore edile di Melito di Napoli (NA), già condannato in primo grado a quattro anni di reclusione per aver riciclato denaro proveniente da truffe assicurative poste in essere da un soggetto contiguo a vari clan camorristici (quest’ultimo a sua volta destinatario di un sequestro di beni nel mese di dicembre u.s.).
L’imprenditore destinatario della misura di prevenzione patrimoniale è inoltre attualmente imputato per una grave vicenda di lottizzazione abusiva e di truffa aggravata in danno del Comune di Melito (c.d. speculazione del Parco Primavera). Operazione posta in essere procurandosi un ingiusto ed ingente profitto, dato dalla trasformazione di una zona commerciale in zona residenziale, e agevolando l’operatività del clan D.L., poi clan degli scissionisti, operante prevalentemente nella zona settentrionale di Napoli e provincia.
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Le indagini economico-patrimoniali eseguite sull’imprenditore melitese e sui componenti del suo nucleo familiare avrebbero acclarato l’esistenza di redditi dichiarati del tutto irrilevanti e decisamente incongruenti rispetto agli investimenti finanziari, patrimoniali e societari eseguiti nel periodo 2020-2021.
Su queste basi, in applicazione delle disposizioni del “Codice Antimafia”, sono stati sottoposti a sequestro 103 immobili siti a Melito di Napoli, 7 rapporti finanziari, 1 autovettura, 2 compendi aziendali e le quote di 2 società riconducibili, direttamente o indirettamente, al proposto. – [FONTE]
Mafia in Germania: almeno mezzo milione di affiliati, max inchiesta 46 arresti
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04/05/2023 – La mafia allunga i suoi tentacoli in Germania. E’ quanto risultato dall’operazione antimafia “Ultra” che ha portato all’arresto di 46 persone tra Italia e Germania. I reati contestati sono, a vario titolo: associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e allo smercio di stupefacenti, estorsioni, corruzione aggravata dall’aver favorito l’associazione mafiosa, detenzioni di armi da fuoco. L’operazione, condotta dai carabinieri del Ros e del comando provinciale di Enna, ha portato anche al sequestro di beni per oltre un milione di euro.
Sono aumentate, dall’inizio del 2019, le azioni di polizia contro i gruppi mafiosi in Germania. Qui i clan conterebbero circa 500.000 membri. Si tratta di famiglie e gruppi etnici, presenti in Germania da qualche decina d’anni. Vengono dal Libano, dalla Turchia, dall’Albania, dal Kosovo o dalla Cecenia. “Hanno in comune il fatto di essere sottoculture che rivendicano il loro sistema di norme e valori, rigettando categoricamente il sistema legale tedesco, vivendo da un lato, utilizzando i sistemi sociali tedeschi e, dall’altro, mantenendo un alto tenore di vita attraverso atti criminali”. Lo ha detto a Deutschlandfunk (una radio pubblica tedesca) Sebastian Fiedler, vicepresidente federale dell’associazione degli investigatori criminali tedeschi.
Soldi alla mafia
Aveva fatto scalpore l’affermazione choc del quotidiano tedesco Die Welt, il quale lo scorso aprile, insinuò che i soldi di Bruxelles per fronteggiare il coronavirus sarebbero finiti nelle mani della mafia. “Dovrebbe essere chiaro che in Italia – dove la mafia è forte e sta adesso aspettando i nuovi finanziamenti a pioggia di Bruxelles – i fondi dovrebbero essere versati soltanto per il sistema sanitario”. E non “per il sistema sociale e fiscale”. Inoltre, anche in tal caso “gli italiani devono essere controllati da Bruxelles e usare i fondi in modo conforme alle regole”. Secca la replica del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che definì le accuse del Die Welt “un’affermazione vergognosa e inaccettabile”. Oggi, l’operazione dei carabinieri getta luce sulla radicata presenza della mafia in Germania e dei suoi rapporti con l’Italia. – [FONTE]
Operazione Consequence:87 indagati per maxi frode fiscale da 30 milioni di euro con utilizzo di fatture false
21/04/2023 – L’indagine “CONSEQUENCE”, condotta dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza e dalla Squadra Mobile della Questura di Reggio Emilia, è il naturale sviluppo di una tranche dell’operazione Billions, che già aveva smantellato a metà del 2020 un sodalizio criminale dedito alla commissione di reati fiscali (grazie al coinvolgimento di 28 società cartiere), riciclaggio e bancarotta fraudolenta per un giro illecito di oltre 240 milioni di euro, per la quale sono stati condannati in primo grado – lo scorso dicembre – 61 imputati.
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Il sodalizio, operante nel reggiano ma con proiezione nazionale, era specializzato nel mettere a disposizione , in modo professionale e massivo, a favore di aziende operanti in molte regioni italiane servizi finanziari illegali – in particolare attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti – e nell’assicurare le attività connesse e collaterali di monetizzazione del denaro sottratto al controllo del fisco, ovvero di movimentazione del medesimo denaro in modo da dare parvenza, quantomeno dal punto di vista del pagamento, della effettività dei rapporti e di permettere al beneficiario delle fatture false di garantirsi il profitto illecito caratterizzato dal risparmio d’imposta.
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Il provvedimento di sequestro odierno è stato emesso dall’Autorità Giudiziaria nei confronti di 87 società utilizzatrici, aventi tutte sede fuori dal circondario reggiano – e di altrettanti soggetti risultati essere nel tempo loro rappresentanti legali e/o amministratori – dislocate sul territorio nazionale ed attive in diverse attività d’impresa, alcune particolarmente note sul mercato. – [Artic. Completo su:]
GdF Rimini, operazione Free Credit. Sequestrati agli indagati altri 2,6 milioni
06/01/2023 – A nemmeno un anno dalla scoperta della maxi frode da 440 milioni di euro sui bonus introdotti nella fase più acuta dell’emergenza sanitaria da Covid-19 per aiutare le imprese e i commercianti in difficoltà, la Procura della Repubblica di Rimini ha emesso l’avviso di conclusione indagini nei confronti di 43 indagati con la richiesta di giudizio immediato per altri 10 componenti del sodalizio criminale considerati tra i maggiori responsabili della truffa, a conferma della solidità del quadro indiziario raccolto dalle Fiamme Gialle riminesi.
Al contempo, prosegue l’aggressione patrimoniale degli specialisti del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria nei confronti degli indagati, con nuovi sequestri per altri 2,6 milioni di euro, che vanno ad aggiungersi al 97% dell’ammontare della frode già recuperato.
Tra i beni oggetto di sequestro figurano disponibilità finanziarie presso istituti bancari sammarinesi, un’abitazione di pregio ubicata in prossimità delle principali attrazioni storiche di Rimini e altre 3 unità immobiliari, oltre a gioielli, Rolex e borse Louis Vuitton acquistati con i soldi della frode milionaria e nascosti in buona parte all’interno di alcune cassette di sicurezza nella disponibilità degli indagati, dislocate tra le province di Rimini, Roma, Brescia e Reggio Emilia.
Il sistematico ricorso a prestanomi e vari passaggi societari non ha impedito la ricostruzione delle molteplici movimentazioni di denaro e cessioni di immobili realizzate dagli indagati, che avevano pensato di spogliarsi “sulla carta” di parte del patrimonio provento dei reati commessi cedendolo fittiziamente a familiari e a soggetti compiacenti, pur mantenendone di fatto la titolarità.
Ad attirare l’attenzione delle Fiamme Gialle riminesi è stato, in particolare, lo stratagemma contabile ideato da uno degli indagati che, per timore di vedere sequestrato parte del suo patrimonio, aveva ceduto fittiziamente, secondo l’ipotesi investigativa, la proprietà di un suo immobile in un’azienda intestata ad un prestanome, simulando un conferimento per aumento di capitale sociale.
L’operazione di servizio testimonia il ruolo fondamentale della Guardia di Finanza nell’azione di contrasto patrimoniale alla criminalità economico finanziaria, finalizzata a restituire allo Stato e alla collettività i profitti illecitamente accumulati strumentalizzando l’emergenza sanitaria a vantaggio personale. – [FONTE]
Corruzione, 30mila euro a funzionario “amico” per aggiudicarsi appalti
10/11/2021 – Un sistema corruttivo che, sfruttando l’aiuto di un funzionario “amico”, avrebbe permesso a due imprenditori – uno romano e l’altro nato a Modena, ma residente nella Capitale – di vincere appalti per la fornitura di apparecchi in dotazione alla polizia penitenziaria. Un investimento per i due impresari che, per avere quel canale preferenziale compiacente, hanno sborsato 30mila euro.
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L’obiettivo, secondo quanto emerso, sarebbe stato quello di vincere tre gare. I bandi, infatti, invece che essere raggruppati in un’unica gara che avrebbe superato la soglia economica che li avrebbe trasformati in una competizione europea, erano stati frazionati in tre gare tra i 130 e i 140 mila euro permettendo così la partecipazione solo a imprese nazionali. Non solo.
ll funzionario “amico”, sotto compenso che secondo gli inquirenti si aggirerebbe intorno ai 30mila euro, avrebbe dato ai due imprenditori indicazioni per vincere le gare. Le attività investigative del Nucleo Speciale Anticorruzione, effettuate anche attraverso intercettazioni telefoniche e acquisizioni documentali, hanno portato a ritenere “sussistente un grave quadro indiziario relativo ad accordi collusivi tramite i quali alcuni contratti pubblici sarebbero stati affidati a imprenditori compiacenti”, spiegano i finanzieri.
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Secondo gli inquirenti, durante le indagini “sono state evidenziate irregolarità nella gestione e aggiudicazione di alcune procedure di gara bandite dal dipartimento dell’amministrazione penitenziaria per l’acquisto di apparecchiature per la rilevazione di telefoni cellulari e relativi codici IMSI e IMEI da fornire in dotazione alla polizia penitenziaria”. Apparecchi che permetto di carpire se nelle carceri ci sono cellulari attivi, e quindi agire di conseguenza sequestrandoli.
I militari del Nucleo Speciale Anticorruzione, su delega della Procura della Repubblica di Roma, hanno oggi dato esecuzione ad una ordinanza di applicazione di misure cautelari degli arresti domiciliari, nei confronti del funzionario pubblico e dei due imprenditori. – [FONTE]
VIDEO CORRELATI:
Gdf Rimini: Operazione Popilia. Infiltrazione della criminalità organizzata in riviera romagnola.
09/09/2021 – I finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Rimini, con la collaborazione dei Comandi Provinciali di Cosenza e Taranto, hanno dato l’avvio, stamane, alle prime luci dell’alba, ad una vasta operazione di polizia denominata “POPILIA”, in Emilia Romagna ed in contemporanea in Calabria ed in Puglia, che ha disarticolato il tentativo di soggetti di origine calabrese, quasi tutti pregiudicati, di insinuarsi nel settore turistico – ricettivo delle province di Rimini, Forlì-Cesena e Siena.
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50 militari della Guardia di Finanza, coordinati e diretti dalla Procura della Repubblica di Rimini, hanno dato esecuzione oggi nelle provincie di Rimini, Forlì-Cesena e Taranto – a n. 20 perquisizioni e ad un’ordinanza emessa dal GIP presso il Tribunale di Rimini che ha disposto misure cautelari nei confronti di 8 persone (5 agli arresti domiciliari e 3 obblighi di firma alla p.g.) per i reati di estorsione, detenzione e porto illegale in luogo pubblico di un’arma comune da sparo calibro 7,65 e intestazione fittizia di beni, che vedono a vario titolo coinvolte 8 persone; i reati di estorsione sono aggravati, per taluni di loro, dal fatto di aver minacciato la parte offesa con un’arma e di aver evocato la loro appartenenza alla ‘ndrangheta.
Nel contempo le Fiamme Gialle hanno eseguito un Decreto con il quale lo stesso G.I.P. ha ordinato il sequestro preventivo, nelle province di Rimini e Forlì – Cesena, delle quote sociali e dei beni aziendali di ben 6 società, fittiziamente intestate a soggetti prestanome, operanti nelle province di Rimini, Forlì-Cesena e Siena nel settore turistico ricettivo ed in quello collegato degli allestimenti fieristici.
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Le investigazioni svolte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Rimini hanno permesso di far emergere l’esistenza di un gruppo di persone stabilmente stanziato nella provincia riminese, composto da soggetti di origine calabrese, che dall’anno 2018 hanno gestito in forma occulta n. 5 hotels, un locale pubblico sull’arenile e una società operante nel settore degli allestimenti fieristici e che hanno affermato il proprio ruolo attraverso la repressione violenta dei contrasti interni sorti con i soci che non aderivano al disegno criminoso e con i dipendenti che richiedevano gli emolumenti a loro spettanti per l’attività lavorativa stagionale svolta.
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Accanto a costoro, è stato individuato un secondo livello costituito da soggetti di origine campana e pugliese, che si sono prestati nell’attività illecita di interposizione fittizia, reclutati all’occorrenza per ragioni di parentela o vicinanza dai singoli indagati.
Le indagini hanno reso possibile documentare le fasi evolutive del gruppo, che in breve tempo, è riuscito a:
– infiltrarsi nell’economia legale della Romagna, controllando diverse attività economiche;
– commettere estorsioni con l’uso delle armi ed evocando la loro appartenenza all’ ’ndrangheta;
– intestare a terzi ingenti patrimoni e attività commerciali.
In particolare, è emerso che gli indagati, nonostante un apparente situazione reddituale, insufficiente a soddisfare i fabbisogni primari, in realtà manifestavano un’elevata disponibilità economica, derivante – come chiarito dalle intercettazioni telefoniche e ambientali – dalla loro partecipazione occulta in numerose società operanti nel lucroso settore turistico ricettivo, intestate a prestanome, e dalle estorsioni commesse. – [FONTE]
Truffa Fisco Bologna: Operazione Speed, maxi-sequestro da 50 milioni.
22/07/2021 – Nell’ambito di una vasta operazione convenzionalmente denominata “SPEED”, i militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Bologna hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa del G.I.P. del locale Tribunale – Dott.ssa Francesca ZAVAGLIA, consistente nell’arresto in carcere di 3 persone, di cui 2 coniugi domiciliati in provincia di Salerno, e nel sequestro preventivo di 11 società e beni per un valore complessivo di oltre 50 milioni di euro.
L’attività, condotta dalle Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Bologna e coordinate dalla locale Procura della Repubblica, nelle persone del Procuratore Aggiunto – Dott. Francesco CALECA e del Sostituto Procuratore – Dott.ssa Manuela CAVALLO, ha preso le mosse dall’analisi di numerose e raffinate operazioni finanziarie e societarie, tra cui il fittizio trasferimento della sede legale dalla provincia di Salerno a quella Bologna di un’importante cooperativa operante nel settore del trasporto merci – gravata da debiti erariali per oltre 25 milioni di euro – avvenuto poco prima del fallimento.
Gli accertamenti, che hanno richiesto anche l’esecuzione di complesse indagini tecniche (tra cui l’installazione da remoto di trojan nel dispositivo mobile di uno degli indagati) e l’approfondimento di segnalazioni di operazioni sospette, hanno portato alla luce i collegamenti della società poi fallita con altre imprese, anch’esse amministrate di fatto dai soggetti arrestati, che hanno indebitamente beneficiato di ingenti crediti di imposta creati ad hoc attraverso fatturazioni infra-gruppo prive di reali giustificazioni economiche.
Come evidenziato nell’ordinanza del G.I.P., il modus operandi prevedeva il cambio di denominazione dell’ente, lo spostamento della sede sociale, la cessione delle quote societarie e l’affidamento delle cariche relative all’amministrazione e alla liquidazione a soggetti compiacenti, a dimostrazione dell’esistenza di una vera e propria associazione a delinquere esperta nel portare a compimento operazioni fraudolente ai danni dell’Erario.
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Durante i riscontri investigativi sono stati inoltre ricostruiti i collegamenti degli indagati con un gruppo imprenditoriale salernitano – operante nei settori dei trasporti, della logistica e dello smaltimento di rifiuti – riconducibile a una famiglia a sua volta indiziata di legami stretti con la criminalità organizzata campana e calabrese.
In particolare, uno degli arrestati è stato destinatario, nel 2007, di un provvedimento restrittivo della libertà personale eseguito nel corso di un’operazione che ha portato alla cattura di un latitante facente parte del sodalizio camorristico “Nuova Famiglia” operante nella provincia di Salerno.
Oltre ai 3 soggetti attinti dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere, sono indagate ulteriori 13 persone resesi responsabili del reato di associazione per delinquere (art. 416 c.p.) finalizzato al trasferimento fraudolento di valori (art. 512 bis c.p.), all’autoriciclaggio (art. 648 ter 1 c.p.), alla sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 del D. Lgs. n. 74/2000), alla bancarotta fraudolenta e alla bancarotta semplice (artt. 216 e 217 della Legge Fallimentare).
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Quanto accertato all’esito delle indagini, durate quasi due anni, ha condotto, oltre all’arresto dei principali artefici dei fatti illeciti, all’esecuzione di provvedimenti di natura reale consistiti nel sequestro “impeditivo” delle quote di 11 società, il cui compendio aziendale ha un valore stimato in 25,5 milioni di euro circa, in quanto ricomprendente ben 90 immobili (ubicati nelle province di Salerno, Napoli, Bari, L’Aquila e Reggio Emilia) e 634 veicoli e natanti di valore (tra cui una Ferrari F430 e una Porsche Macan, nonché uno Yacht di 16 metri).
Il G.I.P. del Tribunale di Bologna ha inoltre disposto il sequestro finalizzato alla confisca diretta del profitto del reato di risorse finanziarie rinvenute sui conti delle società coinvolte e degli amministratori di fatto delle stesse per 19 milioni di euro, di una villa con piscina del valore di 500 mila euro e di un impianto di recupero rifiuti ubicato a Nocera Inferiore (SA), la cui titolarità è stata fittiziamente attribuita dai coniugi arrestati a un prestanome “incensurato” e, quindi, in possesso dei requisiti “formali” per poter ottenere le autorizzazioni necessarie a operare nel particolare settore.
L’esecuzione dei provvedimenti ha richiesto l’impiego di 80 militari della Guardia di Finanza che hanno operato tra la Campania, l’Emilia Romagna, la Lombardia e la Puglia. – [FONTE]
Truffa milionaria all’Asl di Ferrara: 6 persone rinviate a giudizio
11/05/2021 -Con gli avvisi di garanzia notificati nei confronti di sei indagati ed il conseguente rinvio a giudizio degli stessi, si sono concluse le indagini coordinate dal Sostituto Procuratore della Repubblica di Ferrara, dott. Andrea Maggioni e condotte dai finanzieri del Comando Provinciale di Ferrara, relative ai lavori affidati dall’Azienda Sanitaria Locale ad una Cooperativa forlivese in occasione dell’emergenza sanitaria avvenuta nel Comune di Codigoro per un focolaio di influenza “aviaria” presso un allevamento avicolo nell’ottobre del 2017.
Gli indagati dovranno rispondere, a vario titolo, dei reati di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (c.d. reato di “caporalato”), truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e sub-appalti non autorizzati. Si tratta, in particolare, del presidente, vice-presidente e direttore di cantiere della cooperativa forlivese, nonché dei legali rappresentanti delle tre imprese, due venete e una romagnola, alle quali erano stati successivamente concessi in sub-appalto i lavori, senza la preventiva autorizzazione dell’Agenzia Regionale Intercent-Emilia Romagna.
In particolare, le indagini eseguite dai militari della Tenenza di Codigoro, erano state avviate a seguito di un incidente stradale avvenuto nella notte tra il 25 e 26 novembre 2017 sull’autostrada A13, nei pressi del casello autostradale di Ferrara Nord, che aveva coinvolto un furgone finito nella scarpata a lato della carreggiata dopo un tamponamento. A bordo vi erano dodici persone, in maggioranza senegalesi e nigeriani, che insieme ad altri loro connazionali avevano lavorato presso lo stabilimento dell’allevamento avicolo di Codigoro.
Gli accertamenti, eseguiti dai militari della Guardia di Finanza in collaborazione con l’Ispettorato Territoriale del Lavoro e l’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro di Ferrara, consentivano di accertare che i nominativi di questi lavoratori non risultavano presenti nei registri di cantiere tenuti nello stabilimento avicolo dall’impresa appaltatrice.
Peraltro, dalle indagini è emerso che i lavoratori extracomunitari venivano reclutati dalle imprese sub-appaltatrici che, approfittando del loro stato di bisogno, non li retribuivano o li sottopagavano, violando frequentemente la normativa sui turni di lavoro, sul periodo di riposo giornaliero e settimanale. Complessivamente veniva accertato l’impiego di 148 lavoratori “in nero” e 232 “irregolari”, da parte delle tre cooperative, con un’evasione previdenziale pari a 533.963 euro e un imponibile assicurativo non dichiarato di 894.164 euro.
L’attenzione dei finanzieri si è poi focalizzata sull’appalto da quasi 5 milioni di euro affidato, sulla base di una convenzione, dall’Agenzia Regionale Intercent-Emilia Romagna, alla cooperativa forlivese, la quale, a sua volta, aveva indebitamente concesso in sub-appalto tali lavori a tre distinte società cooperative, due con sede a Verona e una di Cesena, per debellare un’emergenza senza precedenti a livello regionale per l’entità dell’allevamento colpito.
A riguardo, gli approfondimenti investigativi permettevano di accertare che l’azienda appaltatrice era ben consapevole che i lavoratori delle cooperative a cui aveva affidato i lavori, non possedevano i necessari requisiti tecnico-professionali (formazione sulla sicurezza sui luoghi di lavoro e uso di dispositivi di protezione individuali) per il regolare e corretto svolgimento delle operazioni di abbattimento, disinfezione e bonifica. Per tentare di lucrare sull’appalto erano state fornite “false” spiegazioni all’Azienda Sanitaria Locale riguardo l’identità del personale impiegato, presentando, per di più, un preventivo di spesa artatamente “gonfiato” (documentato da ore di lavoro mai prestate sul cantiere e da personale non presente o con identità non confermate), riferibile alla quota parte dei costi richiesti dalla cooperativa forlivese e relativi ai sub-appalti delle tre cooperative per un ammontare complessivo di oltre 2.000.000,00 di euro.
L’attività in rassegna rappresenta la tangibile testimonianza del costante impegno profuso dalla Guardia di Finanza, quale forza di polizia economico-finanziaria a tutela della finanza pubblica per garantire l’osservanza delle regole sull’aggiudicazione ed esecuzione di appalti con l’impiego di cospicue risorse pubbliche e interrompere quei disegni criminosi prima che gli stessi abbiano fino in fondo manifestato la propria carica antigiuridica. In questo contesto le fiamme gialle operano trasversalmente, anche a tutela dei diritti dei lavoratori, soprattutto se violati a seguito di comportamenti di “sfruttamento”, al fine di debellare il fenomeno del “caporalato” legato anche ai fittizi rapporti di appalto di servizi affidati ad imprese che provvedono talvolta e solo formalmente, ad assumere i dipendenti senza assolvere ai relativi obblighi fiscali e contributivi. – [FONTE]
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Sequestro patrimoniale per oltre 13 milioni di euro nei confronti di un noto esponente collegato alla ‘ndrangheta
13/02/2021 – La Polizia di Stato e la Guardia di Finanza di Parma hanno eseguito un decreto emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Bologna, ai sensi della normativa antimafia, su proposta congiunta del Procuratore di Bologna Dott. Giuseppe Amato e del Questore di Parma Dott. Massimo Macera, relativo al sequestro di beni mobili, immobili e societari, nonché di conti correnti tutti riconducibili ad un imprenditore 53enne originario della provincia di Crotone, ma operante ormai da anni nel territorio della Provincia di Parma in diversi settori della vita produttiva, con interessi prevalenti nell’impiantistica industriale.
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Titolare e socio di numerose imprese aventi un ingente volume d’affari, in larga parte radicate in Emilia Romagna, il soggetto, pluripregiudicato, era punto di riferimento della consorteria ‘ndranghetistica cirotana, tanto da divenire ad essa organica. Lo stesso risulta sostanzialmente assumere il ruolo di finanziatore del sodalizio mafioso, mettendo a disposizione dell’organizzazione criminale, per il perseguimento degli interessi del sodalizio, le proprie risorse economiche e attività imprenditoriali, assumendo altresì all’interno delle proprie aziende persone selezionale dal “direttorio” della cosca, ciò anche allo scopo di “proteggere” l’attività imprenditoriale da pressioni eversive di altri clan. Il sequestro riguarda diversi e innumerevoli beni, tra i quali una ventina di immobili a Parma, alcuni a Riccione e all’Isola d’Elba, numerosi terreni e immobili in loc.
Crucoli (KR), società e quote di partecipazioni societarie, a Parma e in provincia di Crotone, conti correnti bancari, autovetture e motoveicoli per un valore complessivo che supera i 13 milioni di euro.
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Alla puntuale analisi criminale svolta dai poliziotti della Questura di Parma, è corrisposta un’altrettanta certosina attività investigativa di natura economicofinanziaria svolta dalla Guardia di Finanza. L’ingente sequestro è stato realizzato anche con il supporto del Servizio Centrale Anticrimine della Polizia di Stato che ha seguito le operazioni di acquisizione e di materiale presa in possesso dei beni, unitamente alla Divisione Anticrimine della Questura di Parma e al Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza, operazioni che sono ancora in corso. – [GdF.Gov.it]
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