09/07/2024 Domenica sera, mentre sulle televisioni scorrevano i primi exit poll dalla Francia, a Palazzo Chigi si sono allarmati. E non solo per la sconfitta di Marine Le Pen, arrivata in testa al primo turno e molto sotto le aspettative al secondo, solo terza. Un fronte popolare anche italiano – seppur con tutte le sue incoerenze – rischia di essere vincente anche da noi, è il ragionamento fatto dai collaboratori della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ieri è partita per Washington per il vertice Nato che inizia oggi e finisce venerdì. Per questo bisogna trovare una soluzione per rendere più difficile questa prospettiva da qui alle elezioni politiche: cambiare la legge elettorale. Il prima possibile. Il progetto dovrebbe essere presentato dalla maggioranza al rientro dalle ferie estive e la premier ha già affidato il dossier al suo consigliere giuridico Francesco Saverio Marini (il vero padre della riforma sul premierato) e al presidente della commissione Affari Costituzionali, Alberto Balboni. Anche la ministra delle Riforme Maria Elisabetta Alberti Casellati vorrebbe occuparsene e ne parla con chiunque ma, come con la riforma costituzionale, leggerà il testo del disegno di legge solo a cose fatte. Nei giorni scorsi ha fatto una dichiarazione spiegando che si parte dal “Mattarellum” – vecchio modello utilizzato dal 1993 fino al Porcellum – ma è sembrato più un modo per addolcire la pillola del premierato al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, padre di quella riforma delettorale.
Un modello preciso ancora non c’è. Se l’obiettivo è quello di evitare che il “fronte popolare” del centrosinistra italiano possa sovrastare la maggioranza di governo, la prima idea è quella di eliminare il ballottaggio: lo aveva proposto, dopo il primo turno delle elezioni francesi, il presidente del Senato Ignazio La Russa. Questo potrà accadere, come sta provando a fare il centrodestra da mesi con diversi tentativi parlamentari, nelle elezioni comunali, che a fine giugno sono risultate ancora una volta negative per la coalizione di governo (basta vedere i casi di Firenze, Perugia e Bari). A livello nazionale, invece, eliminare il ballottaggio sarà praticamente impossibile: il premierato richiede un premio di maggioranza e la Corte Costituzionale boccerebbe qualsiasi legge senza un secondo turno. Per questo l’obiettivo è inserire il ballottaggio con una soglia intorno al 42-43%. Ma la novità riguarderà il modello elettorale: per evitare che le forze di centrosinistra possano unirsi in una “Union sacrée” diversamente dal 2022, l’idea è quella di eliminare i collegi uninominali. In Francia sono stati deleteri, tra desistenze e accordi locali tra i partiti di centrosinistra.
Ieri lo ha proposto il vicepremier Antonio Tajani che, al consiglio nazionale di Forza Italia, ha parlato di un modello simile a quello delle Regioni: collegi plurinominali con preferenze e premio al candidato presidente che prende più voti. Insomma, una sorta di “modello Sicilia”: basta prendere il 40% per essere eletti, senza ballottaggio. A lui si è aggiunto il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri secondo cui in Francia il secondo turno “ha prodotto solo ingovernabilità”. Anche la Lega spinge per eliminarlo.
Fratelli d’Italia invece sa che questo modello è più difficile da raggiungere e potrebbe proporre il cosiddetto “Provincellum” con cui, fino a qualche anno fa, venivano eletti direttamente i presidenti delle province: un modello proporzionale e collegi plurinominali, con premio di maggioranza al candidato più votato.
L’abolizione dei collegi uninominali, però, si porterà dietro il ritorno delle preferenze, che è un pallino della presidente del Consiglio: Meloni, infatti, non vuole dare l’impressione di tornare alle vecchie liste bloccate scelte nelle segreterie dei partiti che riguardano, in parte, anche il Rosatellum con cui si è votato nel settembre del 2022. – [FONTE il FQ]