23/11/2024 – Il progetto del governo italiano di mandare i migranti in Albania non è stato chiuso, ma sicuramente è congelato: la forza lavoro nei centri albanesi è ridotta al minimo, nell’attesa che ci sia un giudice che dica che mandare i migranti che volevano approdare in Italia nei campi di Shengjin e Gjader sia compatibile con il diritto europeo. Il problema è che l’appuntamento su cui il governo ha investito – quello del 4 dicembre, quando la Corte di Cassazione dovrà pronunciarsi sulla mancata convalida del trattenimento dei primi 18 migranti mandati dall’altra parte del Mediterraneo – potrebbe rivelarsi un flop.
La Suprema corte, infatti, potrebbe anche decidere di non decidere, nell’attesa che a pronunciarsi sia il giudice europeo. E intanto, mentre pende anche il rischio che il governo sia accusato di danno erariale, per i tanti (troppi, per l’opposizione) milioni spesi per il progetto albanese, che si fa? Si manda a casa una buona parte degli operatori. E si bloccano quelli che erano prossimi alla partenza. L’ultimo caso – ne ha scritto qui il manifesto – riguarda gli operatori della cooperativa Medihospes, incaricata della gestione dei centri italiani in Albania a Shengjin e Gjader. Alcuni sono rientrati. Altri, scrive il quotidiano, dovrebbero
rientrare nel weekend. Perché? Perché i centri sono vuoti e non c’è ragione di tenere il personale lì, Sul sito della cooperativa, però ci sono ancora offerte di lavoro per il progetto albanese.
Le posizioni aperte – rivolte sia a cittadini italiani che albanesi, con tanto di annuncio nella doppia lingua – riguardano 89 operatori “con e senza esperienza nel settore dell’accoglienza agli immigrati”, 5 profili amministrativi, 3 informatici, 36 operatori sociali, 12 psicologi, 119 mediatori e, ancora, autisti, addetti alle pulizie, informatori legali, medici. Centinaia di persone, insomma, che al momento in Albania non saprebbero cosa fare.
Un discorso simile riguarda gli operatori delle forze dell’ordine. Dei 45 agenti penitenziari previsti per controllare un carcere con capienza massima di 20 (eventuali) detenuti, in Albania ne sono arrivati una quindicina: “Due o tre a turno hanno qualche giorno per tornare a casa” spiega ad HuffPost Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa polizia penitenziaria. Questi agenti, argomenta De Fazio, alloggiano ancora “nei prefabbricati e nessuna risposta è arrivata alle mie richieste di chiarimento”. Il riferimento è alla differenza di trattamento tra gli agenti penitenziari e quelli della Polizia di stato.
Per questi ultimi – come aveva raccontato HuffPost – erano stati collocati in resort di lusso, con una spesa per lo stato di circa 9 milioni.
Anche il contingente di Polizia, però, è al momento ridotto rispetto ai piani iniziali. Su trecento poliziotti che il governo ipotizzava di mandare, hanno messo piede in Albania 220 persone. Per cinquanta di queste, già 15 giorni fa, è stato pianificato il rientro. Ulteriori riduzioni non possono essere escluse nelle prossime settimane. Un discorso simile può essere fatto per il personale amministrativo, destinato ad altre attività.
Come se non bastasse, oggi si è levata anche la voce dei medici. “La selezione dei migranti a fini amministrativi non è un processo di cura”, fa sapere la Federazione degli Ordini dei Medici e degli Odontoiatri rispondendo alle segnalazioni di organizzazioni umanitarie sulle modalità per la selezione delle persone non vulnerabili da trasferire nei centri in Albania. “Il medico – spiega ancora la federazione – ha un solo fine: curare senza alcuna discriminazione” e “dovrà essere perseguito in tutti i percorsi del protocollo Italia-Albania che coinvolgono i medici”.
Il governo, però, come ha spiegato ieri il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, non ha intenzione di abbandonare il progetto: “Noi restiamo convinti di aver individuato gli obiettivi giusti e siamo determinati a portarli avanti, non faremo marcia indietro”. Oltre alla sentenza della Cassazione, attesa “con interesse”, il governo si fa scudo dell’interesse dell’Unione europea per il progetto Albania. Parlando all’Ansa, la commissaria agli Affari Interni Ylva Johansson ha detto che il protocollo Italia-Albania non la turba affatto. Perché, ha spiegato, “le domande di asilo avvengono in base al diritto italiano e che sia l’Organizzazione Internazionale per la Migrazione (Iom) che l’agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) “sono state coinvolte” per supervisionare i centri. Una sponda, quella di Bruxelles, che per l’esecutivo italiano è molto importante. Soprattutto in vista dell’avvio della nuova formazione della commissione europea e della piena entrata in vigore del Patto asilo e immigrazione.
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