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Riforma giustizia, ministro Bonafede: “Prescrizione: niente melina. Disposto a incontrare Renzi”

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30/09/2019 – Il Ministro che è rimasto dov’era doveva ripartire da lì, dalla sua riforma della giustizia: “Uno dei motivi per cui Matteo Salvini ha fatto saltare il governo è stato quello di fermarla”. Venerdì scorso, il Guardasigilli Alfonso Bonafede, numero due di fatto del MoVimento 5 Stelle, si è ritrovato a Palazzo Chigi con un altro alleato di governo, il Pd, a misurare la distanza su prescrizione e riforma del Csm. Mentre quello rimasto fuori, Matteo Renzi, gli ricordava che dovranno comunque passare da lui per varare qualsiasi legge.

Uscendo da Palazzo Chigi, lei si era mostrato molto soddisfatto sull’incontro con i dem. Ma poi il Pd ha diffuso comunicati critici sulla sua riforma della prescrizione. Spiazzato?

Non esiste alcun problema sulla prescrizione. Noi e il Pd partiamo da posizioni differenti sul tema, ma quelle sono norme già approvate, che entreranno in vigore a gennaio. Io e gli esponenti democratici siamo stati invece pienamente d’accordo sul varare una legge delega per una riforma che dimezzerà i tempi dei processi penali e civili. Tanti dem hanno parlato contro la prescrizione: il problema esiste. Non capisco perché se ne continui a parlare. E comunque io non accetto che qualcuno possa fare melina sulla riforma per poi magari dire a dicembre che esiste un nodo sulla prescrizione. Lavoriamo per ridurre i tempi dei processi.

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Conferma che la riforma verrà spacchettata in due leggi delega?

Potrebbe accadere, per permettere al Parlamento di valutare tutto nel modo giusto. La riforma penale e del Csm e quella civile partirebbero in contemporanea in due rami differenti del Parlamento. Ma la priorità sarà approvare entro il 31 dicembre la riforma penale.

Prima della prescrizione, perché non si sa mai…

Guardi, un fatto che nessuno ricorda mai è che i primi effetti processuali della riforma sulla prescrizione entreranno in vigore non prima di quattro anni. Con le nuove norme elimineremo un’isola di impunità, innanzitutto per i colletti bianchi, ed è doveroso nei confronti di persone come i familiari delle vittime della strage di Viareggio.

La nuova prescrizione non piace neanche a Renzi. Non lo avete invitato al tavolo, ma con lui dovrete parlare.

Intendo incontrare gli addetti ai lavori e tutte le forze di governo, prima che la riforma della giustizia arrivi in aula. Per esempio mi interessa molto confrontarmi con Pietro Grasso di LeU.

È disposto a incontrare anche Renzi?

Certamente.

La riforma della prescrizione non convince neanche il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura David Ermini. Soprattutto, è assolutamente critico al sorteggio per i membri del Csm. E venerdì su questo le ha detto no anche il Pd.

E suo diritto esprimere perplessità, ma il punto principale è che la riforma del Consiglio non è contro i magistrati, bensì contro le degenerazioni del correntismo. Io ho difeso le istituzioni e la magistratura quando è scoppiato lo scandalo del Csm, e dal vicepresidente mi aspetterei un atteggiamento positivo, perché è innegabile che ci siano cose da cambiare.

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Sul sorteggio sono critici anche tanti addetti ai lavori. E, insisto, il Pd. Lei stesso ha parlato di “divergenze”.

I democratici sollevano un problema di legittimità costituzionale del sorteggio. So che questo aspetto è stato posto da altri, e lo valuteremo assieme. Continuo a pensare che sia una misura giusta, ma l’essenziale è riformare il Csm, cancellando le porte girevoli tra politica e magistratura. E un pacchetto di norme molto ambizioso, e chi lo ostacola rischia di difendere un sistema malato.

Lei è in un governo di cui fa parte Luca Lotti, al centro del caso del Csm. Non è un problema politico che la pone a disagio?

Non parlo di inchieste o di singoli elementi di altre forze politiche. Io valuto quello che mi arriva sul tavolo. Il Pd era consapevole del patto di governo sottoscritto con il MoVimento 5 Stelle, dove tra i punti c’è anche l’esigenza di interrompere i rapporti tra politica e magistratura. I democratici non possono avere dubbi su questo. Anzi,la riforma della giustizia rappresenta un’occasione per eliminare qualsiasi tipo di equivoco sull’argomento.

Invece il Renzi che difende Berlusconi che equivoci genera? Ha detto che a Firenze 10 hanno indagato senza prove. Grave, non pensa?

Non mi interessa rispondere a un singolo senatore. Da quando sono Ministro però ripeto che la politica deve rispettare la magistratura, a maggior ragione quando si tratta di magistrati che indagano su mafia e terrorismo, mettendo a rischio la propria vita per servire lo Stato.

Torniamo alla trattativa con 11 Pd. Lei ha bloccato la riforma delle intercettazioni del precedente Ministro della Giustizia, quell’Andrea Orlando con cui ora deve trattare. Un problema in più?

Ma no. Venerdì non abbiamo parlato di questo, ma ci confronteremo. Le intercettazioni sono uno strumento fondamentale per la lotta alla corruzione e alla criminalità. Vanno tutelati tutti gli interessi in gioco, a partire da quello alla privacy, e quella riforma pregiudicava per esempio il diritto alla difesa e la qualità delle registrazioni perché i magistrati venivano estromessi nella prima parte delle indagini.

Promettete da tempo il carcere per i grandi evasori. Darete corpo alle promesse, e come?

Certamente, anche se dobbiamo ancora decidere lo strumento. Di certo verranno rideterminate le soglie di punibilità, abbassandole.

Manettari, diranno. E magari hanno ragione…

L’intenzione è colpire persone condannate in via definitiva. Chi sbaglia deve pagare.[FONTE]
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Elezioni Umbria, “Penale di 30mila euro per chi abbandona il partito”. Il Pd copia il M5s per evitare fughe verso Renzi

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29/09/2019 – Trentamila euro per chiunque cambierà casacca, passando dal Partito democratico al nuovo partito di Renzi o a qualsiasi altro gruppo, prima della fine della legislatura. È la penale che dovranno pagare, in caso di elezione, i candidati dem al consiglio regionale dell’Umbria, che i cittadini sono chiamati a rinnovare il prossimo 27 ottobre, dopo l’inchiesta sui concorsi truccati all’ospedale di Perugia che ha decapitato i vertici del Pd umbri e quelli dello stesso presidio. Lo riporta Il Messaggero. La decisione, che ricorda quella presa da Luigi Di Maio per gli iscritti al Movimento 5 stelle, è stata presa direttamente dal commissario scelto da Nicola Zingaretti per guidare il partito dopo lo scandalo di concorsopoli, Walter Verini e dal nuovo tesoriere, il manager Paolo Coletti, chiamato a mettere in ordine i conti.

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Secondo quanto riporta il quotidiano romano, venerdì sera tutti i dem in corsa per il Consiglio regionale, sono stati convocati nello studio di un notaio, a Perugia, non solo per firmare le candidature, presentate ieri in Corte d’Appello, ma anche per stipulare un “contratto con tanto di penale”. Gli eletti, appunto, che decideranno cambiare gruppo prima della fine del quinquennio, dovranno versare alla segreteria regionale 30mila euro. Il motivo è semplice: la segreteria regionale si finanzia proprio con i contributi degli eletti in Regione che in questa tornata elettorale rischiano di essere veramente pochi. Il patto tra i candidati e il partito prevede il versamento, in caso di elezione, di mille euro al mese dei 7mila previsti come stipendio per i consiglieri regionali. Facendo i conti: 1000 al mese per cinque anni sono 60mila euro. In pratica il partito ne chiederebbe indietro la metà, in caso di abbandono.

Alle elezioni Movimento 5 stelle e dem si presenteranno insieme, dopo aver chiuso, quasi al limite il “patto civico”. Il nome scelto come governatore candidato è quello di Vincenzo Bianconi, albergatore di Norcia e presidente di Federalberghi, primo nome rossogiallo della storia. Ma nella lista del Partito democratico, tra i favoriti, secondo il Messaggero, ci sarebbero tre o quattro nomi vicini a Matteo Renzi e a Italia Viva. Si tratta di Donatella Porzi, la più votata fra i dem alla scorsa tornata, con 8700 preferenze, Marco Guasticchi e Giacomo Leonelli, che hanno, nella loro storia politica, diversi collegamenti, rispettivamente, con i renziani Luca Lotti e Maria Elena Boschi. Ma non solo, anche il viceministro Anna Ascani, originaria di Città di Castello, ha messo in lista un paio di uomini fidati. Insomma, i possibili “cambi di casacca” non sono pochi. – [IlFattoQuotidiano.it]
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M5s: “Pedicini eletto, siamo prima forza politica in Campania”

28/05/2019 -“Ci sentiamo estremamente gratificati dai risultati ottenuti anche in queste elezioni europee considerando che, nel Sannio, esprimono un dato inconfutabile e, ancora una volta, dopo le Politiche dello scorso anno, scardinano il sistema di potere legato alla vecchia politica di Pd e Forza Italia, che sono dietro di noi e quasi doppiati. Il Movimento 5 Stelle si conferma primo partito in Campania e secondo nel Sannio solo per poche decine di voti, ma mantiene la leadership in città. Il nostro europarlamentare uscente Piernicola Pedicini, riconfermato a furor di popolo, supera di gran lunga la candidata mastelliana che, ricordiamolo, era sostenuta da Sindaco, 9 assessori e più di 20 consiglieri comunali oltre che dalla senatrice forzista.

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Lo stesso Pedicini è primatista assoluto in termini di preferenze anche considerando la provincia, lasciandosi dietro sia la candidata leghista che quella mastelliana, supportata in questo caso dal presidente della Provincia e da una trentina di sindaci del territorio. L’evidente disfatta di Mastella e del suo stile di fare politica ormai lontano dalla realtà, è dimostrata dalla sconfitta subita anche nella sua Ceppaloni (dove la candidata leghista ha superato di oltre 100 preferenze la Chiusolo). Lo stesso dicasi per Del Basso De Caro e il Pd che, nel Sannio, registra 8 punti sotto il dato nazionale.

La lettura attenta dei risultati nazionali e locali mostra ancora un elevato gradimento per il governo in carica ma è anche evidente che i beneventani e i sanniti hanno sonoramente bocciato il modello imposto in città e in provincia manifestando una tangibile insofferenza verso i rispettivi rappresentanti. Il risultato nazionale, fermo restando l’ottimo risultato del Movimento al Sud e nelle Isole, impone comunque una riflessione che nei prossimi giorni verrà sicuramente avviata. La stessa riflessione che noi sollecitiamo venga fatta anche da coloro i quali, numeri alla mano, sono stati sfiduciati nonostante mesi di autocelebrazioni e autoreferenzialità. Adesso, com’è nel nostro stile, è necessario ritornare a lavorare per continuare in quella rivoluzione che il Movimento ha avviato 9 mesi fa”. – [FONTE]
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Elezioni Europee 2019: M5S in testa nelle Circoscrizioni Sud e Isole, Lega primo partito

27/05/2019 – Le Elezioni Europee 2019 hanno avuto un risultato sorprendente anche per quel che concerne la Circoscrizione Italia Meridionale, che raggruppava i cittadini residenti in Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria.

Il risultato delle elezioni europee 2019 è chiaro: ha vinto la Lega di Matteo Salvini. Dai risultati che arrivano dalle cinque circoscrizioni emergono molti altri dati interessanti. I 73 seggi del Parlamento europeo assegnati all’Italia sono ripartiti su base nazionale con metodo proporzionale tra liste concorrenti che abbiano conseguito sul piano nazionale almeno il 4% dei voti validi espressi. Dopo aver determinato, a livello nazionale, il numero dei seggi spettanti a ciascuna lista, si procede alla successiva distribuzione nelle singole circoscrizioni. Mandano propri esponenti al Parlamento europeo Lega, Pd, M5s, Forza Italia e Fratelli d’Italia. Le altre liste in tutte le altre circoscrizioni elettorali italiane non approdano all’Europarlamento non avendo superato il 4%: Più Europa, la Sinistra, Europa Verde, CasaPound, Forza Nuova non ce l’hanno fatta.

Risultati elezioni europee Circoscrizioni Nord-ovest e Nord-est
La Lega domina tanto nella Circoscrizione Italia Nord Occidentale quanto nella Circoscrizione Nord-est: è evidente nel settentrione il tracolo del Movimento 5 stelle. Con 15.850 sezioni scrutinate su 15.988, secondo i dati forniti dal Viminale nella Circoscrizione Italia Nord Occidentale la Lega vola da sola al 40,6%. La segue, con quasi la metà dei voti, il Pd al 23,4%. Terzo è M5s con un magro 11,1%. E quindi Forza Italia all’8,7% e Fratelli d’Italia è al 5,6%. Con 11.574 sezioni 11.652, secondo i dati del Viminale, la Lega nella Circoscrizione Nord-est si attesta al 41% contro il 23,8% del Pd che è il secondo arrivato. Mentre i Cinque Stelle non vanno oltre il 10,3%, Forza Italia si ferma al 5,8%, Fdi raggiunge il 5,6%. Curiosità: un veneto su due ha votato Lega.

Risultati elezioni europee Circoscrizione Centro Italia
Significativo il risultato delle regioni centrali: le “regioni rosse” non esistono più. La Lega primo partito anche nel Centro Italia con i dati di 11.792 sezioni su 11.823: il Carroccio ha il 33,4% dei voti. Il Pd è al 26,8%. M5s scivolano al 15,9%. Fratelli d’ Italia (6.9%) nel centrodestra sorpassa Forza Italia (6,2%).

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Al primo posto delle preferenze di chi si è recato alle urne domenica 26 maggio, infatti, troviamo il Movimento 5 Stelle, ma con un risultato inferiore alle attese e a quanto totalizzato poco più di un anno fa alle elezioni politiche. I Cinque Stelle, infatti, ottengono il 29,3% dei consensi e si collocano al primo posto fra i partiti più votati, precedendo a sorpresa proprio la Lega di Matteo Salvini. Il partito del vicepresidente del Consiglio, che ha nel simbolo il riferimento a “Salvini premier”, ottiene il suo massimo storico al Sud con un clamoroso 23,1% e oltre 1,2 milioni di voti.

In ribasso il Partito Democratico di Nicola Zingaretti, che si ferma al 18,2% dei voti e scende sotto il milione di consensi. Discreto rispetto al dato nazionale il risultato di Forza Italia, alleata anche con l’Unione di Centro, che ottiene il 12,1% dei voti totali. Molto positivo il riscontro di Fratelli d’Italia, che ottiene il 7,5% dei voti, dato oltre il risultato nazionale. In linea col dato nazionale +Europa, al 3,2%, mentre La Sinistra ottiene il 2% ed Europa Verde l’1,7% dei voti.

Risultati elezioni europee Circoscrizione Sud Italia
A scrutinio praticamente ultimato (14.482 sezioni su 14.973) nella Circoscrizione Italia Meridionale i Cinque Stelle restano la lista più votata con il 29,2%. Seconda forza diventa invece la Lega con il 23,2%. Terzo è il Pd al 17,9%. Forza Italia è al 12,2% e Fdi al 7,6%. 3

Risultati elezioni europee Circoscrizione Isole
Il Movimento 5 stelle “tiene” soltanto in Sicilia e Sardegna. Quando sono state scrutinate 7.107 sezioni su 7.140 il M5s mantiene il primato delle elezioni politiche con il 29,8%. Li insegue la Lega che arriva al 22,4%. Mentre il Pd è solo terzo con il 18,5%. Davanti a Forza Italia (14,6%) e Fdi (7,2%). Ma nella sola Sardegna in realtà è sorpasso, la Lega lì è primo partito: 27%, contro il 25% dei pentastellati.

I candidati più votati della circoscrizione Italia Meridionale
Tra i candidati della circoscrizione Italia Meridionale del Movimento 5 Stelle spiccano Maria Chiara Gemma, Laura Ferrara (uscente) e Mariano Peluso; per la Lega boom di Salvini e ottimo risultato di Casanova e Caroppo. Per il Partito Democratico buona affermazione di Franco Roberti, capolista, di Giosi Ferrandino e di Andrea Cozzolino. Berlusconi il più votato di Forza Italia, seguito da Patriciello e Martusciello.

Affluenza flop in Sardegna e Sicilia: al voto meno di 4 elettori su 10
Alle elezioni Europee in Italia ha votato il 56,1% degli aventi diritto: 2,5% in meno di cinque anni fa quando per l’Europarlamento votò il 58,6% degli aventi diritti. Il dato pubblicato è pressochè definitivo: si riferisce a 7914 su 7915 Comuni, manca cioè un solo Comune.

Ma in Sicilia e Sardegna l’affluenza è stata ancora più bassa. In Sardegna l’affluenza alle urne per le europee alle 23 si chiude al 36,25%. Il dato più alto si registra nella Città Metropolitana di Cagliari (17 comuni) con il 39,11%, segue la Provincia di Sassari con il 36,10%, poi quella di Oristano con il 35,10%, Sud Sardegna con il 34,36% e Nuoro con il 34,36%. A Cagliari città, che sarà chiamata alle urne per l’elezione del Sindaco il 16 giugno prossimo, sono andati a votare 27.244 uomini, 29.618 donne, per un totale di 56.862 elettori. La percentuale totale raggiunge il 44,05%.

Affluenza flop anche in Sicilia dove è andato al voto solo il 37,5 per cento egli elettori. Oltre il 5 per cento in meno delle scorso Europee. La città con l’affluenza più alta è stata Palermo, con il 39,48 per ceno dei voti, quella con l’affluenza più bassa Caltanissetta con il 34,3 per cento. – [Fanpage.it]
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Sicilia, i ballottaggi premiano i 5 Stelle. Sconfitti i candidati di Salvini

13/05/2019 – La “zampata” del Movimento cinque stelle, lo stop per la Lega, le vittorie del centrodestra moderato a Gela e del candidato gradito al governatore Musumeci a Monreale. E’ questa la fotografia dei ballottaggi in Sicilia.

Al voto un solo capoluogo: Caltanissetta è andata al candidato grillino Roberto Gambino. Una vittoria importante, non solo perché ottenuta nella città del leader siciliano del Movimento, Giancarlo Cancelleri, ma anche perché fa il paio con il successo arrivato nelle stesse ore a Castelvetrano, dove Enzo Alfano ha stravinto contro Calogero Martire.

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Successi che fanno dimenticare le sconfitte del primo turno nei Comuni che erano stati conquistati in passato dai grillini come Bagheria e Gela.

La Lega non “sfonda”. E nei due comuni dove era in corsa perde, seppur con scarti non molto ampi. I candidati del Carroccio a Mazara del Vallo (Giorgio Randazzo) e Gela (Giuseppe Spata) hanno perso rispettivamente contro Salvatore Quinci (centrosinistra, ma sostenuto anche da liste civiche e moderati) e Lucio Greco (sostenuto da Forza Italia e da liste civiche). A Monreale, invece, Alberto Arcidiacono, sostenuto da liste civiche e da Diventerà Bellissima batte l’uscente Piero Capizzi. – [LivesIcilia.it]
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Sardegna: Al voto un milione e 470mila elettori

24/02/2019 – Sardi al voto per le Regionali. Calano gli elettori rispetto alle consultazioni del 2014.

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Amministrazione Antropoli, appalti a ditte riconducibili a Francesco Zagaria. Decisivi i collaboratori di giustizia

04/02/2019 – I carabinieri di Caserta hanno arrestato Carmine Antropoli, sindaco di Capua per due mandati consecutivi (dal 2006 al 2016) per concorso esterno in associazione mafiosa. In manette è finito anche Francesco Zagaria, imprenditore di Casapesenna e affiliato al clan dei Casalesi. Secondo gli inquirenti, il gruppo criminale avrebbe condizionato lo svolgimento delle elezioni amministrative per il Consiglio comunale di Capua, tenutesi il 5 giugno 2016.

Negli anni in cui e’ stato sindaco di Capua (2006-2016), Carmine Antropoli avrebbe garantito l’assegnazione di alcuni appalti alle ditte riconducibili all’imprenditore Francesco Zagaria, ritenuto organico al clan guidato dal boss ominimo Michele Zagaria. E’ quanto emerge dall’ordinanza di arresto che oggi ha portato in carcere l’ex primo cittadino Antropoli, chirurgo dell’ospedale Cardarelli, in passato coordinatore provinciale di Forza Italia, e appunto l’imprenditore Zagaria.

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Nel provvedimento non si da’ conto pero’, nello specifico, degli appalti andati alle ditte del clan, ma si parla solo genericamente di un sistema di affidamenti a senso unico. Tra gli indagati figura inoltre l’ex consigliere comunale nonche’ assessore Marco Ricci, che alle elezioni del 2016 prese parecchi voti; per la Dda – pm Sandro D’Alessio e Maurizio Giordano – il boom di preferenze sarebbe stato il frutto del patto stretto da Antropoli con il clan dei Casalesi. Determinanti per le indagini le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, alcuni ex uomini di Michele Zagaria.

Sono stati i carabinieri di Capua ad eseguire l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Napoli, su richiesta della Dda. Le indagini sono cominciate nell’anno 2015 e terminate nel luglio 2018. Alla base del provvedimento odierno ci sono anche diverse testimonianze di collaboratori di giustizia.

Nell’ordinanza di custodia cautelare, i giudici, tra l’altro, scrivono: ” …grazie alla forza di intimidazione di Francesco Zagaria, affiliato al clan “dei casalesi” (fazione Zagaria), Carmine Antropoli, all’interno del suo studio medico, con percosse a cui ha dato luogo materialmente lo Zagaria, ha indotto un avversario politico a ritirare la candidatura alla carica di consigliere comunale.

Inoltre, Carmine Antropoli è risultato gravemente indiziato di avere stretto un patto con Francesco Zagaria e con Martino Mezzero (altro affiliato al clan dei casalesi) per assicurare dei voti ad altro candidato, pure appartenente al gruppo politico di Antropoli”

Per i giudici, Francesco Zagaria meglio noto come “Ciccio ‘e Brezza” e “sentenza”, ha assunto ruolo di elemento apicale del clan “dei casalesi” – fazione Zagaria. Francesco Zagaria nel 2017 era stato già arrestato per i reati per concorso esterno in associazione di tipo mafioso e intestazione fittizia di beni, nonché di un provvedimento di sequestro preventivo di due società a lui riconducibili, operanti nel settore dell’edilizia e in quello caseario.

Era diventato anche l’uomo di fiducia del capo clan Michele Zagaria, “il quale lo impiegò con funzioni di ausilio nell’esecuzione del duplice omicidio di Sebastiano Caterino e Umberto de Falco, commesso a Santa Maria Capua Vetere il 31 ottobre 2003. – [Repubblica.it]
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Berlusconi candidato alle europee, l’ideologo di Forza Italia Giuliano Urbani: “L’Italia non gli crede più, sarà un fallimento totale”

18/01/2019 – Il 18 gennaio 1994, nello studio del notaio romano Francesco Colistra, veniva depositato l’atto costitutivo del movimento politico Forza Italia. Soci fondatori sono Silvio Berlusconi, Antonio Tajani, Luigi Caligaris, Antonio Martino e Mario Valducci. La mente, il cervello politico dell’operazione, è però Giuliano Urbani, politologo, professore universitario. Suo era il compito di stendere il programma e infondere nel nuovo partito quelle idee liberali cui il Cavaliere diceva di ispirarsi. Sono passati 25 anni.

Un’operazione che non ha alcun senso politico. Lo dico con amarezza, ma ormai l’ex premier ha esaurito la sua funzione storica. Ha dato le carte per vent’anni, è durato anche più del previsto, ora basta. La sua ridiscesa in campo sarà un insuccesso totale. Gli italiani non gli credono più.

Secondo lei, perché lo fa?
Siamo di fronte a una persona con un ego smisurato. Per lui, gli altri è come se non esistessero. Credo voglia dare sfogo alla sua ambizione personale: pensa ancora di poter contare qualcosa sulla scena politica. E forse di poter difendere meglio le sue aziende.

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La stessa motivazione del 1994, quando scese in politica per salvare le aziende.
Di sicuro questo elemento era presente, ma salvando se stesso e le sue aziende, Berlusconi pensava anche di salvare il Paese e di cambiarlo in senso liberale. Poi, purtroppo, col tempo ha prevalso l’interesse personale su quello collettivo. Come molti imprenditori, Berlusconi era liberale nel senso che voleva essere libero di fare come gli pareva. Gli imprenditori, diceva Luigi Einaudi, hanno una visione mefistofelica del liberalismo.

Per questo fallì la famosa rivoluzione liberale?
Sì, ma anche perché nel centrodestra s’imbarcarono personaggi che non avevano nulla a che fare con quelle idee: Fini, Bossi, Casini… Poi Berlusconi fece due errori clamorosi.

Quali?
Innanzitutto non si adoperò mai per una legge elettorale umana, in senso maggioritario, come il doppio turno di collegio. Poi, nonostante la lotta politica con la sinistra, avrebbe dovuto costruire dei ponti con alcuni suoi leader per avviare un dialogo sulle riforme che poteva essere decisivo. A fine anni 90, per intenderci, a fare il commissario europeo si doveva mandare Giorgio Napolitano, non Emma Bonino.

Cosa ricorda dei giorni della discesa in campo?
Un grande entusiasmo, la voglia di fare qualcosa di utile per il Paese, di salvarlo dalla vittoria annunciata della sinistra; la consapevolezza di voler costruire un movimento del tutto nuovo e diverso dagli altri. Vi ho aderito con assoluta lucidità. E ho continuato a crederci, fino al 2005. Poi me ne sono andato.

Lei lasciò la poltrona da ministro dei Beni culturali nel 2005 (secondo governo Berlusconi). Il suo posto fu preso da Rocco Buttiglione.
Non mi sentivo più parte di quel modo di fare politica. Il progetto del grande partito liberale di massa era fallito. Berlusconi e Gianni Letta provarono a convincermi a restare, senza successo.

Oggi Forza Italia, seppur molto indebolita, resiste intorno al 10%…
Perché, di fronte a un sempre più ridotto elettorato di centro che guarda a destra, ha ancora una veste presentabile, a differenza della Lega che, solleticando gli istinti più beceri e populisti, presentabile non è. A parte questo, dal 1994 è rimasto solo il nome: ormai è un partito morto, finito. Senza Berlusconi, si sgretolerebbe in due ore.

Non ha trovato un delfino.
Perché Berlusconi non l’ha mai voluto: lui vuole comandare in totale solitudine. E si è circondato solo di yesmen. Ma poi, guardi, in realtà Berlusconi detesta la politica: la vita di partito, la competizione sul territorio, la gestione delle alleanze, sono cose che lo annoiano moltissimo. Per questo FI è una creatura a sua immagine e somiglianza che finirà con lui. – [IlFattoQuotidiano.it]
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Elezioni Regionali Basilicata, Tar boccia voto a maggio

13/01/2019 – In Basilicata, per il rinnovo della presidente della Giunta e del consiglio regionale di sarebbe dovuto votare a novembre 2018.
“Non contemplando nè la legge regionale di riferimento nè quella statale di cornice n 165 del 20014 alcuna previsione che imponga la celebrazione delle elezioni regionali in concomitanza con quelle del Parlamento europeo-scrive il Tar- risulta preclusa l’eterointegrazione di tale quadro disciplinare con quanto previsto dal ripeturo articolo 7 del dl 98 del 2011 derivandone l’illegittimità del decreto di indizione dei comizi elettorali che di tale ultima disposizione ha fatto diretta applicazione, travalicando gli stretti limiti temporali imposti dalle norme effettivamente applicabili”.

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“La Regione- scrivono ancora i giudici del Tar -intimata dovrà provvedere a convocare nel termine utile di venti giorni dalla comunicazione della presente decisione i comizi per le elezioni del Presidente della Giunta regionale e del Consiglio Regionale della Basilicata da tenersi nella data utile più ravvicinata”. Data che dovrebbe essere individuata tra il 17 e il 30 marzo prossimi.

Il Tar della Basilicata ha accolto i ricorsi con cui era stato impugnato il decreto del vice presidente della Regione, Flavia Franconi, con funzioni di presidente, per l’indizione delle elezioni regionali il 26 maggio in accorpamento alle Europee. Il tribunale amministrativo ha stabilito che i comizi elettorali dovranno essere indetti entro 20 giorni. C’era molta attesa per questa decisione con cui di fatto è stato bocciato l’orientamento della Regione di accorpare le elezioni lucane alle prossime Europee.

Soddisfatto Antonio Mattia, candidato presidente del Movimento 5 Stelle, che ha presentato uno dei ricorsi. ”La Regione ha avuto torto – ha commentato – e dovrà indire i comizi elettorali entro 20 giorni. La data del voto dovrebbe essere fissata entro fine marzo. Chi ci ha trascinato in questa situazione dovrà dare conto alla Corte dei Conti per i danni economici che ha prodotto e alla Procura della Repubblica per gli aspetti penali”. [ADNOKRONOS]
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Il terrorista Cesare Battisti è scomparso il giorno dopo l’elezione di Bolsonaro in Brasile

14/12/2018 – A Cananeia tutti lo conoscono. Lui è Cesare Battisti, ricercato dalla magistratura italiana che lo ha condannato a quattro ergastoli e da 36 anni gli dà la caccia in giro per il mondo, soprattutto in Brasile dove ha goduto della protezione dei governi socialisti. Ma ora che Luis Ignacio Lula da Silva, eroe e simbolo del partito dei lavoratori, è in carcere e il nuovo presidente è il leader dell’ultradestra Jair Bolsonaro, Battisti è sparito. Da domenica, giorno delle elezioni.
In un servizio dalla cittadina brasiliana in cui l’ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo si era rifugiato, il quotidiano La Stampa racconta dell’auto grigia posteggiata davanti alla villetta che si è fatto costruire nel quartiere di Carijo, a cinque minuti dal centro, ma anche del fatto che in questo quartiere residenziale Bolsonaro ha preso il 115 voti e Fernando Haddad, candidato della sinistra, solo 59. E che in tutta la città il divario è stato lo stesso: 4.197 contro 1.944.

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Ma che ne è stato di Battisti? “Era preoccupato” raccontano nel bar che frequentava. E aveva ragione di esserlo: Bolsonaro ha sempre detto che uno dei suoi primi atti sarebbe stata l’estradizione del terrorista e il figlio del neo-presidente aveva risposto a un tweet di Salvini anticipandogli un ‘regalo’ dal Brasile. Un vicino di casa che fa il vigilante notturno ha raccontato che ultimamente c’è stato molto movimento: una coppia straniera con un bambino. Dalla descrizione dovrebbe essere Valentine, la figlia maggiore di Battisti, che oggi ha 33 anni e fino ad ora era venuta solo due volte a visitarlo in Brasile. Un meccanico che frequenta abitualmente casa Battisti ammette di aver votato Bolsonaro in odio al Pt ma avverte: “Non chiedetemi dove sia Battisti, scopritelo da soli”.

Al baretto dove compra le ricariche telefoniche almeno due volte a settimana non lo vedono da dieci giorni. Al tribunale di Cananeia il direttore Anderson Nascimento conferma che su di lui non c’è nessuna misura cautelare in vigore. “Il braccialetto elettronico è stato tolto in aprile, il mese dopo è caduto anche l’obbligo di firma una volta al mese”. Facce sorprese al commissariato della Policia Civil, dove non sapevano nemmeno che avesse traslocato. All’ambasciata italiana confermano che Battisti non può uscire dal Brasile, ma che è libero di circolare in tutto il Paese. E dato il momento politico, le autorità brasiliane sono state allertate sul rischio di fuga, ma a Cananeia nessuno ha notato la presenza di una sorveglianza particolare. Il caso Battisti è all’esame di un giudice della Corte suprema, Luis Fux, ma è possibile che sia troppo tardi. E gli amici del quartiere raccontano due versione diverse: secondo alcuni era arrabbiato per l’elezione di Bolsonaro “e preoccupato per il suo futuro”; secondo altri sarebbe “pronto ad affrontare le conseguenze, stanco di scappare”. – [AGI.IT]
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