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Vaccinazioni Covid, ancora caos in Lombardia per mancato invio degli sms.

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22/03/2021 – Non c’è pace a Cremona: la campagna vaccinale continua a subire disagi, dopo il caos di ieri causato dal mancato invio degli sms da parte del sistema Aria Lombardia. Deserto, ancora una volta come già accaduto ieri e in parte pure venerdì. Seggiole vuote anche questa mattina al centro vaccinale di Cremona, allestito nella zona fieristica cittadina. Colpa, di nuovo, del portale Aria di Regione Lombardia che gestisce le prenotazioni per l’inoculazione del siero anti-Covid. “Avevamo 58 prenotazioni su un potenziale di 500/600 vaccinazioni – confida a ilfattoquotidiano.it il direttore sanitario dell’Azienda socio-sanitaria territoriale Rosario Canino -. Ci siamo messi a telefonare agli over 80 registrati al portale”. Attorno alle 13 la gente in Fiera è arrivata e le vaccinazioni stanno proseguendo in modo tutto sommato regolare. “Ieri – aggiunge Canino – nonostante i disguidi abbiamo vaccinato 1100 persone, il numero più alto da quando è stato allestito il centro vaccini”. Un grazie, afferma, va a operatori e volontari. E ai nostri concittadini che – sottolinea – “hanno voglia di vaccinarsi”. Non si è registrato, infatti, alcun rifiuto verso il siero AstraZeneca.

Il sindaco porta i vaccinandi col pulmino
Ieri si sono mossi anche alcuni sindaci, ieri, per coprire i buchi causati dal malfunzionamento del sistema Aria. Fra loro, Giuseppe Papa, primo cittadino di San Bassano, paese di 2.000 abitanti a nord del capoluogo: mentre nell’hub di CremonaFiere si contavano 80 presenti invece dei 600 attesi per la dose, Papa, che è stato a lungo responsabile della Protezione Civile, si è precipitato in municipio, ha aperto gli elenchi degli ultraottantenni residenti, è andato a prenderli a casa e li ha portati a
Cremona per coprire il buco delle prenotazioni e non mandare sprecate le dosi, trasformando cosi un pasticcio in una opportunità per gli anziani del suo paese. Venti gli ultraottantenni rintracciati e poi Papa, con al fianco l’attuale presidente del gruppo Anai della Protezione Civile, Marco Mazzolari, è passato personalmente a prenderli casa per casa e li ha portati al polo vaccinale su due pulmini messi a disposizione da Fondazione Vismara: “Appreso che esisteva la possibilità di vaccinare alcuni nostri anziani residenti, abbiamo pensato fosse giusto sfruttarla e non abbiamo perso un secondo”.

L’inghippo di oggi è lo stesso che ieri aveva creato il caos: il mancato invio degli sms da parte di Aria, un problema al sistema di avviso agli utenti che si erano prenotati sulla piattaforma.
A differenza di ieri, però, quando l’Azienda socio sanitaria territoriale di Cremona aveva invitato attraverso messaggi whatsapp la popolazione over 80 e il personale scolastico a recarsi a fare la vaccinazione, oggi il messaggio è stato opposto: nessuno deve raggiungere la Fiera senza prenotazione. Asst ha quindi gestito in prima persona le chiamate, sulla base dei nominativi di chi aveva aderito alla campagna, e alla fine è riuscita comunque a vaccinare oltre 600 cittadini. In particolare, alle ore 17 le persone già vaccinate erano 603, con altre cento in attesa della somministrazione e quindi nessuna dose sprecata.

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Romano PD, accuse sessiste: ha detto a Businarolo (M5S) che non può presiedere perché incinta

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17/07/2019 – Tutto accade durante le proteste del Partito Democratico, che da martedì sera sta facendo ostruzionismo per il rifiuto di Matteo Salvini di riferire in Parlamento sull’affaire dell’hotel Metropol di Mosca. I deputati si alzano, si avvicinano al banco della presidenza protestando per il mancato spazio di parola – 5 minuti per gruppo e per emendamento, decisi nell’ufficio di presidenza – e inizia il caos. In quel momento, Romano avrebbe attaccato Businarolo: “Sei incinta, non puoi presiedere”. A sentire l’esponente dem di Livorno sarebbero stati sia il pentastellato Giuseppe Brescia che il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni.

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Toninelli: “Ecco come il Pd reagisce quando si fanno notare le vergognose affermazioni di uno dei loro deputati, secondo cui una collega non potrebbe e non dovrebbe presiedere una commissione parlamentare perché in gravidanza. Sì, avete capito bene. E’ una reazione che fa capire come siano tutti d’accordo con lui e con quelle frasi. Ma sono d’accordo anche le donne del Pd? Mi aspetto una presa di posizione, almeno da loro, nei confronti dei loro colleghi maschi del Partito (sedicente) democratico.”

“Vergognose e sconcertanti le parole di quel deputato Pd secondo cui le donne incinte non dovrebbero presiedere una commissione parlamentare. E questa sarebbe la cultura della sedicente sinistra? Loro ci allontanano dal mondo civile. Spero che i presidenti delle Camere consentano presto alle colleghe di portare i loro piccoli in aula e magari di poterli pure allattare. Il M5S coltiva e difende la parità nei fatti, non a chiacchiere.”


L’episodio, che sarebbe avvenuto durante l’ostruzionismo dem per il rifiuto di Salvini di riferire in Aula sull’affaire russo, viene negato dal deputato dem: “Ho detto che ha presieduto male, non dando al Pd lo spazio di parola. E lo confermo. C’è il tentativo di farmi dire ciò che non ho detto né, da padre di quattro figli, mai l’avrei pensato. È una totale falsità”. La pentastellata: “Pregiudizi duri a morire, spiace non si sia scusato”
“Sei incinta, non puoi presiedere”. Cinque parole, un attacco sessista, che almeno in tre persone sostengono di aver sentito, ma il diretto interessato nega bollandolo come una “totale falsità”. Sotto accusa finisce Andrea Romano, deputato del Pd, perché avrebbe pronunciato quella frase a Francesca Businarolo, presidente della commissione Giustizia, durante i lavori della congiunta con gli Affari Costituzionali che stava affrontando il decreto Sicurezza Bis. Quanto accaduto, dice la pentastellata, “dimostra come i pregiudizi sessisti siano duri a morire se vivono nelle Aule parlamentari”. La vicenda, aggiunge, “non mi rattrista personalmente ma fa riflettere sugli atteggiamenti di uomini che guardano l’altra metà del mondo, il mondo femminile, con superiorità e arroganza. Dispiace che non abbia voluto scusarsi”.CONTINUA A LEGGERE >>



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Scandalo Csm, Boschi difende Lotti: “va rispettato”

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16/06/2019 – Alta tensione nel Pd dopo il varo della nuova segreteria di Nicola Zingaretti e l’autosospensione di Luca Lotti dai Dem per il caso Csm. Con l’ex ministro si schierano i renziani a partire da Maria Elena Boschi: “Sono arrivati più attacchi a Lotti – dice – dall’interno del Pd che dagli avversari politici. Autosospendendosi ha fatto una scelta che non era scontata e dovuta, di grande generosità verso la comunità del Pd e va quindi rispettato“.

Intervenendo oggi ad Assisi al primo incontro nazionale della mozione “Sempre Avanti” guidata da Roberto Giachetti e dalla deputata democratica umbra Anna Ascani, la deputata dice la sua in merito alle evoluzioni dell’inchiesta che sta travolgendo le procure e che ha portato in questi giorni al passo di lato dell’ex sottosegretario del governo Renzi. La Boschi ha proseguito con l’augurio che in “una comunità come il Pd, vista anche la disponibilità di Lotti, ci si possa parlare guardandosi negli occhi. E non con interviste che sparano addosso ai compagni del proprio partito”.

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Ma non si è trattenuta dal commentare la nomina dei nuovi componenti della segreteria di Zingaretti, come si legge su Corriere, aggiugendo appigli alla polemica interna che intanto ha ripreso vigore proprio per l’esclusione dei cosiddetti renziani:”Dentro il Pd ci sono tante anime che speriamo possano essere ascoltate e anche valorizzate il nostro segretario ora è Zingaretti, rispettiamo il suo lavoro ma ci aspettiamo di avere qualche proposta nuova”. La segreteria ha detto a tal proposito che “esprime il segretario ed è scelta legittimamente tra chi lo ha sostenuto.

Da toscana, visti i risultati che abbiamo riportato alle europee e alle amministrative, mi sarebbe piaciuto qualche toscano in segreteria ma auguro buon lavoro ai colleghi che dovranno impegnarsi. Però noi ci siamo e tante persone nel Pd possono dare una mano. Anche Renzi c’è visto che sta facendo il suo lavoro da senatore, sta lavorando in Parlamento e ha fatto campagna elettorale per i nostri sindaci anche a Firenze”.

Ricordiamo che Luca Lotti voleva silurare il pm che indagava sulla famiglia Renzi. E’ l’elemento che emerge dall’inchiesta di Perugia, contenuto in un servizio pubblicato dalla ‘Verità’, da cui risulta che l’ex ministro si rivolse al consigliere del Csm Luca Palamara per allontanare da Firenze Giuseppe Creazzo, il magistrato che si occupava delle indagini su Tiziano Renzi e della moglie Laura Bovoli.
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Scandalo Csm, le intercettazioni: “Non arrestano Siri per trattare con Salvini”

16/06/2019 – C’è un Cd. Un cd conservato nella cassaforte di Palazzo dei Marescialli che poteva contenere le accuse contro Paolo Ielo. Atti segreti che l’ex ministro Luca Lotti voleva “far arrivare” direttamente al Quirinale per portare avanti la campagna di delegittimazione della gestione Pignatone alla procura di Roma che l’aveva inquisito sul caso Consip e far passare la nomina del procuratore generale di Firenze, Marcello Viola a scapito di Giuseppe Creazzo e Franco Lo Voi.

“Allora vi ripongo la domanda… cosa deve arrivare al presidente della situazione di Roma…” chiede Lotti. Gli risponde Luigi Spina, il consigliere del Csm indagato da Perugia per rivelazione di segreti d’ufficio e favoreggiamento per aver spifferato a Palamara l’iscrizione a suo carico per corruzione a Perugia.

L’uomo che insieme agli altri togati del Csm prendeva parte alle riunioni in notturna registrate grazie al trojan installato sul cellulare dell’ex presidente dell’Anm: “… poco perché formalmente noi ancora poco sappiamo perché c’è quel cazzo di Cd che sta in cassaforte…”.

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Qualche attimo prima, alle 00.20 del 9 maggio, sempre Lotti aveva sostenuto di essere andato da Mattarella: “Io ci sono andato e ho detto Presidente la situazione è questa e gli ho rappresentato quello che voi mi avete detto più o meno, cioè Lo Voi…”.

Lotti ieri ha confermato l’incontro, smentito dal Quirinale (“è falso”). Ma torniamo a maggio: è notte fonda nell’albergo di Roma dove si svolge l’incontro delle polemiche tra Palamara, Lotti, Spina, il deputato Pd Cosimo Ferri e quattro consiglieri del Csm (Corrado Cartoni, Antonio Lepre, Gianluigi Morlini e Paolo Criscuoli) ai quali la procura generale della Cassazione ha già inviato l’atto di incolpazione. Lotti scalpita. “La roba di… di… che c’è in prima (Commissione ndr), Luca… su Roma… è pesante… sia il Qurinale, sia David (Ermini, ndr) lo vogliono affossare”. E aggiunge: “Io non è che ce l’ho… non è che ce l’ho a morte perché… è su di me”. Ma “nulla mi toglie dalla testa che c’è stato uno scambio sulla nostra pelle Luca… la mia soprattutto e la nostra intesa come (inc)”. Secondo l’ex ministro “Ielo ha detto a Pignatone… tu lasciami stare su questa roba, io te mando avanti Consip”.

Ovvero gli atti inviati a Perugia contro Palamara, nell’ambito dell’indagine sull’imprenditore Fabrizio Centofanti, in cambio di Consip. La rivelazione dell’iscrizione di Palamara ha fatto scattare una caccia alle streghe. Nelle conversazioni si susseguono accuse, veleni e probabilmente una buona dose di millanterie. “Ma tu la bastonata, tu giustamente dici, a te t’hanno ammazzato sulla vicenda Consip… a me sai benissimo quello che ho sofferto con questa cosa… la fortuna che cosa ha voluto? Che uscisse fuori Stefano nel momento giusto”. Il riferimento è a Stefano Fava, pm di Roma che ha già depositato un esposto contro Ielo al Csm e vorrebbe inviarlo anche alla procura di Perugia. Una possibile arma in mano a Palamara.

“Tu forse non hai capito – dice sempre rivolto a Lotti – … lui li vuole denunciare penalmente (a Pignatone e Ielo)… intanto gli rompi il cazzo… io mi acquieterò quando Pignatone mi chiamerà e mi dirà che cosa è successo perché la vicenda Consip la so io… il rapporto con lui… lui si è seduto a tavola con te… lui ha voluto parlà con Matteo… lui ha voluto fa quelle cose… lui crea l’affidamento… mi lascia con il cerino in mano a me. Io mi brucio… loro si divertono”.

Nel mirino della coppia Lotti-Palamara infatti ci sono i procuratori di Perugia (Luigi De Ficchy) e Roma (Pignatone). “Non aver paura di niente – lo rassicura il magistrato – loro sono palloni gonfiati punto”. Lotti: “Che pure c’hanno fatto male”. È allora che Palamara fa riferimento all’inchiesta sull’ex sottosegretario leghista Armando Siri, indagato per corruzione dalla procura di Roma. “La vicenda Siri (inc) fidate! … perché in condizioni… Siri veniva arrestato in condizioni normali! … De Vito (ex presidente grillino dell’Assemblea capitolina) è stato arrestato per molto meno!… è una trattativa che vogliono fare con Salvini fidati… io non mi sbaglio”. Lotti non sembra convinto: “Rischierebbero troppo Luca”. Palamara: “E perché non viene arrestato Siri?”. Lotti: “Non c’erano le condizioni (inc) mi piace spiegarla così”. Palamara: “Vabbè vediamo”. – [Quotidiano.net]
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Il generale Franco Angioni: “Dopo Gheddafi il caos, in Libia abbiamo aperto le porte all’Isis. L’Europa deve affrontare il problema”

23/01/2019 – Il generale Franco Angioni, già comandante del contingente italiano nella missione di pace “Libano 2” e tra i massimi esperti italiani di geopolitica, analizza in un’intervista ad Affaritaliani.it la complessa situazione legata alla Libia.

Generale Angioni, gli arrivi di migranti dalla Libia sono tornati ad aumentare. Bisogna pagare più soldi ai libici per bloccare gli arrivi?
L’Italia non ha pagato, ha stipulato degli accordi, alcuni dei quali risalgono ancora al periodo di Gheddafi, grazie ai quali si faceva in modo che eventuali processi migratori avvenissero in maniera corretta e concorde. Con la caduta di Gheddafi è successo che la Libia è diventato un territorio frastagliato e molto pericoloso. La Libia oggi si è scomposta in tre grossi agglomerati, ognuno dei quali vuole comandare: Fezzan, Tripolitania e Cirenaica. L’assenza dello Stato in Libia si è fatta sentire.

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Colpa della caduta di Gheddafi?
Con Gheddafi in Libia c’era un assetto dittatoriale ma che quantomeno manteneva l’ordine, in particolare nella parte settentrionale del Paese, quella più vicina all’Italia. Oggi ci sono diverse fazioni contrapposte e in questa confusione si è molto sviluppata la delinquenza. A questo aggiungiamo che la Libia è geograficamente la sponda naturale dalla quale si prendere il mare per arrivare verso l’Europa e abbiamo un quadro molto preoccupante.

Che cosa dovrebbero fare Italia ed Europa per migliorare la situazione in Libia?
Bisognerebbe sostenere lo sviluppo di una forma di benessere nell’Africa centrale e settentrionale per incentivare le popolazioni a rimanere lì e ridurre l’emigrazione disordinata, delinquenziale, clandestina. Il processo era iniziato con il ministro Minniti, che aveva cercato di chiudere accordi per destinare importanti risorse economiche a questi Paesi. Ma ora la situazione è peggiorata sui due fronti: da una parte un’Europa attenta alle elezioni europee e non al trovare una soluzione per l’Africa e dall’altra parte un’Africa, in particolare una Libia, più disordinata. Siamo tornati indietro di 4-5 anni, bisogna ritornare al più presto a questo processo.

Ma l’Europa sta andando in questa direzione oppure no?
No, non ci sta andando. Coinvolgere tutti gli Stati membri è complicato e ci sono altri temi aperti, dalla Brexit alle elezioni europee. Insomma, il clima non è favorevole alla soluzione del problema. Ma l’Europa dovrebbe rendersi conto che la situazione è sempre più disperata e non migliorerà. Credere che non aiutare l’Africa a svilupparsi porti un risparmio di soldi è un grande errore perché ci ritroveremo in una situazione sempre peggiore che richiederà ancora più soldi. Ce ne accorgeremo quando vedremo masse di disperati arrivare in massa.

Quanta responsabilità ha l’Europa, e in particolare la Francia, sull’attuale situazione che si è creata in Libia?
L’Europa e in particolare la Francia hanno certamente delle colpe. Eliminare un dittatore come Gheddafi può sembrare un fatto positivo in linea di principio. Ma dopo aver eliminato un dittatore bisogna capire chi ne prende il posto. Al suo posto potrebbe arrivare un nuovo dittatore o, ancora peggio, crearsi il caos. La Francia è colpevole di aver eliminato una gestione sì dittatoriale ma che allo stesso tempo garantiva ordine.

Come si risolve il caos Libia? Chi è l’interlocutore con il quale interfacciarsi?
Prima di tutto busogna decidere che cosa si vuole e come lo si vuole ottenere. Si vuole garantire l’unità della Libia in un unico Stato sovrano? Oppure si vuole avere il coraggio di accettare la divisione della Libia in tre diverse entità statali? L’Europa deve avere il coraggio di darsi una risposta e seguire questo processo, non imporlo. Seguire il problema della Libia è necessario per aiutare a garantire una qualche forma di stabilità che in questo momento non c’è. Con la confusione che si è creata dopo Gheddafi abbiamo aperto le porte all’Isis, che ha messo radici soprattutto nella parte centromeridionale del Paese. L’Europa deve capire che il problema va affrontato perché rinviarlo non significa annullarlo, anzi significa peggiorarlo. – [di Lorenzo Lamperti per Affaritaliani.it]
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Francia, rivolta contro il caro benzina: Paese nel caos | Una vittima tra i “gilet gialli”, oltre 400 feriti: 6 gravi

18/11/2018 – Il bilancio della giornata dei gilet gialli si aggrava, secondo cifre diffuse questa mattina dal ministero dell’Interno francese: un morto, 409 i feriti, di cui 14 gravi, 282 gli arresti. Per il ministro Christophe Castaner «siamo di fronte a una disorganizzazione totale, hanno tentato di entrare nelle prefetture, ci sono state azioni di grande violenza». Intanto, 3.500 gilet gialli sono rimasti in azione tutta la notte. Stamattina i blocchi sono già 40 sulle autostrade.
Ieri un’onda di quasi 300.000 donne e uomini in gilet giallo, quelli catarifrangenti obbligatori in auto, ha investito la Francia. Una protesta senza capi né portavoce, partita dalle campagne più povere colpite dal caro-carburante e finita sotto le finestre dell’Eliseo, circondato dai manifestanti che cantavano la Marsigliese e gridavano «Macron, dimettiti».

Tanta la tensione ai 2.400 blocchi stradali, su autostrade, rotatorie, statali, cavalcavia. Sporadiche le violenze, soprattutto contro Prefetture e Comuni, come accaduto a Troyes e Quimper L’ordine impartito ai 4.000 gendarmi e poliziotti di rinforzo alle forze dell’ordine regolari in oltre 2.000 punti di tensione era di evitare qualsiasi incidente, anche soltanto immagini di violenze che potessero finire sul web.

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A manifestare non erano né sindacati né partiti, ma gente esasperata dalle tasse, abituata a vivere e lavorare duramente nelle campagne, persone che spendono una parte sempre più importante del loro stipendio per fare il pieno. Molte le donne, anche non giovani, le famiglie con i figli. Chiara l’intenzione di tutti di manifestare pacificamente la loro rabbia profonda. Se ne è avuta la dimostrazione alla Concorde, quando la tensione ha raggiunto il suo punto più alto per qualche centinaio di gilet gialli determinatissimi a raggiungere l’Eliseo.

Di fronte ai segnali di aggressività di gruppi di giovani, ai quali si erano mescolati black bloc di estrazione «metropolitana», i gilet gialli si sono dati la mano e hanno formato un cordone per «proteggere» la polizia. La cartina della Francia dei blocchi ha visto due zone di forte densità, nel nord e nel sud, in Savoia, proprio dove si è registrata l’unica vittima. Era una donna di 63 anni, finita sotto le ruote di una automobilista di una cinquantina d’anni, presa dal panico insieme alla figlia che stava accompagnando dal medico. L’auto era stata circondata dai manifestanti che avevano preso a battere sul tetto e sul cofano.

Un incidente che il ministro dell’Interno, Christophe Castaner, ha addebitato al fatto che il blocco stradale – come la maggior parte di quelli di oggi – non fosse stato annunciato nè autorizzato. La prefettura non aveva autorizzato neppure la manifestazione di Parigi, che ha preso forma verso il primo pomeriggio, quando dal peripherique, la tangenziale, i manifestanti si sono spostati verso gli Champs-Elysees, con le loro auto, molti in moto e scooter. Appena sbarcati sulla grande avenue, la polizia ha chiuso gli Champs-Elysees alla circolazione e il centro della capitale si è tinto di giallo.

Alla Concorde sono affluite diverse centinaia di manifestanti, l’avanguardia determinata a raggiungere il vicino Eliseo. Sulla rue du Faubourg Saint-Honoré, la residenza presidenziale è stata accerchiata da destra e sinistra, i manifestanti sono arrivati fino a un centinaio di metri dal portone principale. Avvicinarsi di più era impossibile, la strada era completamente blindata dai furgoni con le griglie di ferro estraibili, alte 20 metri e in grado di incollarsi ai muri. I gilet gialli hanno cantato a squarciagola la Marsigliese, fra i cori che chiedevano con insistenza le dimissioni di Macron. Molto lentamente, e fra qualche tafferuglio di troppo, i manifestanti hanno lasciato Parigi in serata, dandosi appuntamento per i prossimi giorni, alcuni irriducibili addirittura a domani, per non dare tregua.

È dall’Eliseo accerchiato che si attende ora un segnale, una forma di risposta di Macron a questa mobilitazione che, se non numerosa come ci si attendeva, certamente di forte impatto politico. Dal caro-carburante, la rivolta è diventata quella della Francia che lavora duro e che alla fine del mese si ritrova a secco, contro la Francia «parigina» e dei centri metropolitani, dei ricchi, di chi può fare il pieno di benzina senza soffrire troppo. [IlMessaggero.it]
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Caos alla Camera. Forza Italia occupa i banchi del governo. FdI chiama in causa Fico [VIDEO]

08/11/2018 – Alta tensione alla Camera sulla prescrizione, dove la maggioranza ha approvato in commissione l’emendamento che inserisce il tema della sospensione della prescrizione dei processi nel ddl anti corruzione. Alla sala del Mappamondo, dove da giorni sono riunite congiuntamente le commissioni Affari Costituzionali e Giustizia, si è addirittura sfiorato lo scontro fisico tra i rappresentanti dell’opposizione, che hanno rumorosamente contestato la regolarità della votazione sull’allargamento del perimetro del ddl anticorruzione, e gli esponenti della maggioranza. La protesta si è trasferita in aula, dove Forza Italia ha occupato i banchi del governo.

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Successivamente Pd, Fi, Leu e Fdi hanno preso la parola e hanno continuato a protestare per le modalità con le quali si è svolta la votazione in Sala del Mappamondo. E’ stata chiesta l’immediata convocazione della conferenza dei capigruppo. “Penso che la convocazione immediata della Conferenza dei capigruppo – ha dichiarato il vicepresidente del Gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia Tommaso Foti intervenendo in aula alla Camera – non possa essere rinviata, così come non è ammissibile che nessun esponente del governo si presenti in quest’aula almeno per comunicare la propria opinione a riguardo perché sull’emendamento eventualmente ammesso si deve pronunciare anche il governo.

Non si puo lasciare il Parlamento in questa situazione di totale sbando”. “In questa aula ci sono state delle affermazioni molto gravi: si è detto che c’è stata un’aggressione a funzionari. A me sembra che queste parole – che sono pietre quando vengono pronunciate qui dentro – non possano vedere un presidente della Camera che fa lo gnorri. Il presidente Fico venga in quest’aula o diversamente convochi la Conferenza dei capigruppo, ma così non si può andare avanti. Ne va del buon andamento dei lavori”, ha concluso Foti. – [IlSecolodItalia.it]
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La tassa sugli insetti scatena una sanguinosa guerra tra le tribù del Congo


03/03/2018 – In Europa gli insetti sono la nuova frontiera alimentare. Seppur con scetticismo, giorno dopo giorno gli amanti del «novel food» (scorpioni, grilli, lombrichi) sono in aumento. In Asia e Sudamerica fanno, invece, parte da anni della dieta alimentare di milioni di persone. In Africa, addirittura, sono considerati una leccornia, tanto da ammazzarcisi per il controllo della raccolta e della vendita. Nella regione di Tanganyika, Nord-Est della Repubblica Democratica del Congo, l’entomofagia non è una scelta cool, bensì una delle uniche forme per aggiungere proteine al precario sistema alimentare. Fritti, bolliti, essiccati in salsa di pomodoro, i lombrichi vengono mangiati da milioni di congolesi, sia nelle zone rurali del Paese, che nei ristoranti chic della capitale Kinshasa. Un alimento che non solo riempie gli stomaci, ma che garantisce anche entrate alle migliaia di venditori ambulanti messi in ginocchio da un’economia al collasso dopo oltre trent’anni di guerre civili.

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La posta in palio è alta. Lo hanno capito i Luba, etnia bantu che vive nella regione del Tanganyika, decisi ad arricchirsi con il minimo sforzo. «Raccogli vermi fin da piccolo e da grande sarai ricco» dice un proverbio locale. Ma non sono i soli. Nella stessa area, grande quanto Valle d’Aosta, Liguria e Piemonte messe insieme, vivono i Twa, volgarmente detti pigmei, considerati selvaggi e primitivi dagli stessi congolesi, e soprattutto rinomati per essere divoratori di deliziosi spiedini di lombrichi, unica fonte di approvvigionamento dato che vivono isolati nella foresta.

In passato, oltre a mangiarne, vendevano ai Luba parte di quello che rimaneva per guadagnare qualcosa. Fino a quando, l’etnia bantu, ha deciso di imporre la «Caterpillar (lombrico in inglese) tax», un’imposta illegale sul territorio, che costringe i pigmei a dare una percentuale della vendita ai bantu. C’è da dire che tra le due etnie non è mai corso buon sangue, così, i Luba, che considerano i pigmei invasori della loro terra, hanno deciso unilateralmente che non si possono permettere di mangiare e vendere lombrichi senza pagare dazio.



Una decisione che ha portato allo scontro totale ed alle prime vittime. Secondo l’organizzazione per i diritti umani Human Rights Watch, dal 2016 ad oggi i morti sarebbero almeno 250 senza contare le migliaia di persone in fuga dalle proprie case. «Il numero delle vittime potrebbe essere superiore – ha scritto in un rapporto Human Rights Watch – ma le autorità locali stanno ostacolando il nostro lavoro di ricerca cercando di negare il terribile massacro che si sta compiendo».

Il mancato intervento ha trasformato una disputa in una vera e propria guerra e delle più crudeli, come spesso avviene a queste latitudini d’Africa. Due esattori bantu sarebbero stati trafitti dalle frecce avvelenate dei pigmei. Immediata la rappresaglia dei Luba che hanno attaccato ed incendiato numerosi villaggi. Decine di persone sono state fatte a pezzi con asce e machete. Una scia di sangue proseguita con assalti e imboscate in una serie infinita di ritorsioni reciproche che hanno portato il bilancio delle vittime a crescere giorno dopo giorno.


«Ero nella capanna assieme ai miei due figli quando ho sentito urlare mio marito: “scappa, scappa!”. Ho capito subito cosa stava succedendo, così ho preso i bambini e sono fuggita nella foresta. Da lì ho visto degli uomini con indosso amuleti circondare mio marito, hanno infierito più volte su di lui fino a tagliargli i genitali e a farlo a pezzi» ha raccontato una donna pigmea a Human Rights Watch, una delle poche organizzazioni impegnate a documentare le violenze che stanno sconvolgendo il Tanganyika.

Una regione già al collasso per le migliaia di sfollati che, negli ultimi anni, ha dovuto accogliere dal Nord e Sud Kivu, dove si è combattuta tra il 1998 e il 2003 la «Seconda guerra del Congo», una conflitto che ha causato 6 milioni di morti. – FONTE
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Raggi: «Colpa Lorenzin per i bimbi cacciati da scuola». (VIDEO)

02/02/2018 – A Roma i bambini non vaccinati restano a scuola. E’ la decisione del Comune, comunicata dalla sindaca di Roma a tutte le istituzioni coinvolte dopo l’approvazione all’unanimità dell’Assemblea Capitolina che indica la necessità di rispettare “la continuità didattica ed educativa per tutti gli alunni non ancora vaccinati”. La sindaca Raggi ha scritto, per informarli, al ministro della Salute Beatrice Lorenzin , al ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli, al presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e al presidente dell’Anci Antonio Decaro.

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“L’intera Assemblea Capitolina – si legge nella lettera – ha ritenuto la mancata vaccinazione non ostativa al prosieguo e alla continuità dell’attività e del percorso educativo considerando quest’ultimo (stesso insegnante, stesso contesto educativo, stessa aula, stessa rete di relazioni socio-affettive) una condizione psicodidattica da garantire a tutti in totale certezza ed assoluta equità”.

La mozione approvata in consiglio impegna la sindaca a farsi promotrice di un’azione verso il governo, la Regione Lazio, l’Anci e ogni altro ente interessato affinché sia rispettata la continuità didattica ed educativa con particolare evidenza verso i bambini regolarmente iscritti all’asilo nido e alla scuola dell’infanzia (fascia 0-6 anni), i cui genitori non avessero ancora assolto l’obbligo di vaccinazione.Nella lettera la sindaca fa notare come la legge condanni “con una multa i genitori dei bambini non vaccinati, in proporzione all’entità della mancanza, ma, almeno nella scuola dell’obbligo e a differenza della scuola dell’infanzia, non obbliga all’allontanamento del loro bambino.



Come se non fosse il contagio la preoccupazione principale del legislatore, quanto piuttosto la sanzione amministrativa da comminare ai genitori colpevoli di omissione. Ma se è così, appare ancor più cogente la necessità di rispettare la continuità didattica ed educativa per tutti i bambini, se è proprio la legge per prima a spostare l’attenzione sulla sanzione invece che sul possibile esito contagioso. Ciò quindi, induce a ritenere molto fondata la richiesta formulata dall’Assemblea Capitolina, che la Sindaca di Roma in questa nota vi rappresenta con profondo convincimento”. – Fonte



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Elezioni, Scanzi vs Mulè: “Fi? Record di impresentabili”. “M5s non ha indagati perché sono assoluti nullafacenti”

01/02/2018 – Botta e risposta a Otto e Mezzo (La7) tra Andrea Scanzi, firma de Il Fatto Quotidiano, e Giorgio Mulè, ex direttore di Panorama e candidato alla Camera per Forza Italia. Il dibattito è incentrato sul record di candidati impresentabili presentati dal partito di Berlusconi. Scanzi non esprime alcun stupore: “Non ho mai pensato al centrodestra berlusconiano come il partito o la coalizione della questione morale al primo posto. Lo dico con ironia triste da elettore: la cosa bella del centrodestra è che 20 anni dopo sono esattamente gli stessi.

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E se ne fregano altamente di quello che è successo nel mezzo. Abbiamo ancora Berlusconi leader, anche se non è più candidabile ed è condannato. Abbiamo una quarta gamba” – continua – “con le stesse persone che secondo me hanno per lo più affossato questo Paese. Abbiamo ancora delle elezioni dove sono decisivi Cesa, Mastella, Formigoni, Fitto. Le uniche novità del centrodestra sono, a parte quella della candidatura di Mulè, che per me è una delle migliori, il nutrizionista di Bruno Vespa, Lotito, Galliani e qualche tronista”. Mulè non è d’accordo: “Io non ci trovo nulla di male nel candidare gente che sta da 20-30 anni in politica, come Cesa. Sugli impresentabili, bisogna dire che sono tutte indagini in corso, quindi trarre giudizi affrettati ci porterebbe a non candidare quasi nessuno.

Guai se si guarda ai magistrati come ai guardiani della moralità di questo Paese”. Scanzi replica: “Segnalo che c’è una forza, pur criticabilissima, come il M5S, che almeno su questo è inattaccabile: non candida persone indagate”. “I 5 Stelle?” – ribatte Mulè – “Ma sai perché non sono indagati? Perché non hanno mai fatto niente in vita loro, quindi non c’è anche pericolo essere indagati per qualcosa. Sono assoluti nullafacenti e degli assoluti senza reddito”. “Mi sembra una generalizzazione un po’ brutale”, commenta il giornalista del Fatto





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