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Coronavirus a Napoli, medico senza paura: ventila “a mano” 40enne e lo salva dalla morte

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27/03/2020 – Non ha avuto paura di infettarsi. Non ci ha pensato due volte. Gennaro Sulipano, medico 60enne di Ercolano, ha così salvato la vita di un paziente di 40 anni in insufficienza respiratoria durante la corsa in ospedale. Gli ha praticato una ventilazione a mano correndo enormi rischi.

A raccontare la storia è il Mattino. Giovedì scorso, alle 20, al 118 arriva la segnalazione di un probabile caso di coronavirus. Si tratta di un 40enne in isolamento domestico, diabetico, con due figli e una moglie. Era in fase di peggioramento. “Dopo essermi cambiato, non senza difficoltà per la vestizione complessa – spiega il medico – l’ho esaminato. Lui era cosciente e preoccupato, ti aiuto, gli ho detto. È stato collaborativo, l’ho sedato e intubato. Non c’era tempo da perdere, l’ossigenazione era scarsissima”.

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Dopo l’arrivo dell’esito del tampone, che lo dà positivo, si opta per il trasferimento a Maddaloni,in provincia di Caserta, perché lì c’è disponibilità per un posto di terapia intensiva. “Durante l’attesa dell’ambulanza ho continuato a ventilarlo – continua il dottore -. La preoccupazione c’era, ma guai a farsi prendere dalla paura perché la paura confonde, bisogna mantenere il sangue freddo”. Una volta arrivata l’ambulanza “ho continuato a ventilarlo a mano perché il ventilatore in dotazione non era sufficiente”. In pratica si aggiunge un dispositivo al tubo inserito nel cavo orale del paziente. Si sta in contatto diretto con la bocca e il naso del paziente. I rischi sono altissimi.

Piano piano il giovane si riprende. “Avrebbe potuto morire ma io sono felice di averlo consegnato vivo al Covid Center”, racconta Sulipano. “Non potevo accettare di perderlo, ha tutta la vita davanti”. Sulipano, come altri anestesisti e rianimatori sono i medici impegnati ogni giorno a salvare i pazienti dal blocco respiratorio. Sono i soggetti più esposti al rischio di contagio. Al momento dell’intubazione tracheale rischiano tanto per l’espulsione di particelle attraverso la tosse. La paura c’è, ma la stragrande maggioranza dei dottori accetta i pericoli del mestiere per salvare ogni giorno una vita in più.
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Covid-19, l’Oms lancia raccolta fondi

Si chiama Solidarity response fund.  Come donare: Per donare al Solidarity Response Fund, potete andare sul sito http://who.int e cliccare sul bottone arancione “Donate” in cima alla pagina.

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Così la Cina ha colonizzato l’Africa in meno di 10 anni senza violenza

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25/01/2019 – Diversi paesi africani hanno combattuto lunghe guerre sanguinose dagli inizi del XV secolo fino agli inizi del XIX secolo per ottenere l’indipendenza e dopo il 1994, quando il Sudafrica divenne l’ultimo paese africano ad ottenere l’indipendenza, sembrava che l’Africa avesse ormai superato il peggio. In meno di dieci anni, però, la Cina ha colonizzato con successo l’Africa senza sparare un solo proiettile.

Fino al 2010, la conquista dell’Africa da parte della Cina è stata silenziosa, ma tutto è cambiato nel 2012, quando la Conferenza di Pechino ha avuto luogo senza clamore e da allora la Cina è diventata lo sceriffo in città e l’Africa è effettivamente diventata una provincia cinese de facto. Dal 2010 la Cina ha impegnato oltre 100 miliardi di dollari per lo sviluppo di progetti commerciali in Africa e da allora la colonizzazione finanziaria dell’Africa da parte del paese asiatico è solo aumentata.

Durante il vertice 2018 del Forum per la cooperazione tra Cina e Africa (FOCAC), il presidente Xi Jinping ha annunciato un nuovo fondo comune da $ 60 miliardi per lo sviluppo dell’Africa come parte di una serie di nuove misure per rafforzare i legami tra Cina e Africa.

Secondo uno studio condotto dalla China-Africa Research Initiative presso la Johns Hopkins School of Advanced International Studies, la Cina ha prestato un totale di 143 miliardi di dollari a 56 nazioni africane messi a disposizione principalmente dall’Export-Import Bank of China e dalla China Development Bank.

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Per settore, circa un terzo dei prestiti era destinato a finanziare progetti di trasporto, un quarto all’energia e il 15% destinato all’estrazione di risorse, compresa l’estrazione di idrocarburi. Solo l’1,6% dei prestiti cinesi è stato dedicato ai settori dell’istruzione, della sanità, dell’ambiente, alimentare e umanitario, a conferma che tutto ciò che interessava alla Cina era costruire un gigantesco polo di approvvigionamento commerciale e militare.

Solo sette paesi – gli strategicamente importanti Angola, Camerun, Etiopia, Kenya, Repubblica del Congo, Sudan e Zambia- rappresentano i due terzi del totale dei prestiti cumulati nel 2017 dalla Cina, con la sola Angola ricca di petrolio che rappresenta una quota del 30% o $ 43 miliardi (il 35% del PIL dell’Angola 2017). Secondo uno studio dell’Fmi dell’aprile 2018, a partire dalla fine del 2017, circa il 40% dei paesi dell’Africa subsahariana a basso reddito sono ora in difficoltà di indebitamento o valutati come ad alto rischio di difficoltà di indebitamento, tra cui l’Etiopia, la Repubblica del Congo e Zambia.

È solo ora che i paesi africani stanno iniziando a rendersi conto di quanto siano debitori verso la Cina e rischiano di perdere la loro indipendenza per cui hanno tanto combattuto.
Secondo un rapporto di Confidential Africa intitolato Bills, Bonds and even Bigger Debts, lo Zambia è in trattativa con la Cina per una possibile acquisizione della società elettrica del paese, ZESCO, dopo l’inadempienza nel rimborso del prestito. Non è solo lo Zambia che potrebbe diventare la prima vittima dell’Africa nell’acquisizione della Cina dopo il mancato pagamento del prestito, ma un paio di altri paesi africani.

Il Kenya potrebbe perdere il porto di Mombasa, una delle sue infrastrutture chiave che raddoppia anche diventando il più grande porto dell’Africa orientale, cedendolo al governo cinese se la Kenya Railways Corporation (KRC) non dovesse effettuare il pagamento di 22 miliardi di dollari dovuti alla Exim Bank of China.

Anche Gibuti è destinato ad assumere debiti pubblici pari a circa l’88% del Pil totale del paese, di 1,72 miliardi di dollari, con la Cina che ne detiene la maggior parte, secondo un rapporto pubblicato a marzo dal Centro per lo sviluppo globale. Anche l’Angola ha raggiunto un accordo sui prestiti per il petrolio, con Pechino che lega efficacemente la futura produzione petrolifera del paese alle spedizioni in Cina per coprire il crescente debito infrastrutturale del paese.

Sembra che il più giovane continente al mondo abbia rapidamente dimenticato la sua lunga e sanguinosa storia per ottenere l’indipendenza e abbia deciso di saltare dalla padella alla brace. – FONTE
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[VIDEO CORRELATI]:



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Poliziotto aggredito a morsi da un nigeriano alla stazione di Torino Porta Nuova [VIDEO]

22/12/2018 – Un telefonino riprende la scena nell’androne della stazione ferroviaria, poco lontano dai binari. Cinque uomini trattengono a terra un cittadino di colore. Sono due militari dell’esercito e tre poliziotti. Un gruppo di ragazzi, inquadrati sulla destra della scena, si rivolgono alle forze dell’ordine dicendo: «Ricordatevi che è un essere umano anche lui». La replica è immediata: «Certo, ma ha visto cosa e successo». Il video è stato pubblicato sulla pagina Facebook del centro sociale Gabrio di Torino.

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Questo il commento: «I poliziotti, oltre ad un uso illegittimo e ingiustificato della forza, innervositi da coloro che riprendevano la scena hanno iniziato a prendersela con chi chiedeva spiegazioni». Cosa è successo? È la stessa questura di Torino a spiegare, più tardi, il motivo del fermo. Durante un controllo di polizia, un ragazzo nigeriano è stato notato nei pressi della fermata della metropolitana. Alla richiesta dei documenti, ha opposto resistenza e ha aggredito uno degli agenti. È intervenuta la Polfer che è stata costretta a placcare l’uomo, 26 anni.

Senza fissa dimora, su di lui pendeva già un ordine di espulsione del questore di Torino. Già a terrà, il cittadino nigeriano ha morso alla gamba uno degli agenti intervenuti. È lo stesso poliziotto che si vede rivolgersi, verso la fine del filmato, alla ragazza che sta eseguendo le riprese. «Perché non fai vedere quello che ha fatto davvero?» Ultimato l’arresto, sono stati tre gli operatori finiti all’ospedale per le cure necessarie: l’agente della polizia ferroviaria e due colleghi del commissariato Madonna di Campagna. Il ventiseienne è accusato di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. – [LaStampa.it]
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Riforma della prescrizione, Davigo: ‘Se i delitti non si prescrivono più, i processi durano meno’

08/11/2018 – “Abbiamo un sistema giudiziario in cui un imputato condannato in primo grado fa appello per avere ridotta la pena, ma sperando in realtà di non scontare alcuna pena, neppure ridotta, perché tanto arriverà la prescrizione.”

Lo ha detto Piercamillo Davigo, ex pm di Mani pulite, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati e attuale componente del Consiglio superiore della magistratura, in un’intervista per il Fatto Quotidiano.

Davigo, ha ribadito che la riforma della prescrizione non lede gravemente i diritti dei cittadini, anzi “intervenendo sulla prescrizione i tempi si accorciano. I processi in Italia durano tanto perché ce ne sono troppi” e perché “ci sono troppi appelli e ricorsi in Cassazione, fatti in attesa che arrivi la prescrizione.

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Altra causa è che alcuni comportamenti che ridurrebbero la durata dei dibattimenti non sono attuati, perché per gli imputati e loro avvocati è più conveniente puntare sulla prescrizione del reato.”

Nel momento in cui gli viene fatto notare che le cifre mostrano che solo il 20 per cento dei processi si prescrive dopo la sentenza di primo grado, e che dunque la riforma non interverrebbe sull’80 per cento delle prescrizioni, Davigo ha affermato: “Il problema è che da noi la prescrizione non parte da quando il pm acquisisce la notizia di reato, ma da quando il fatto è avvenuto. Così le procure della Repubblica scoprono molti casi che sono successi magari 4 o 5 anni prima, che si prescrivono in 7 anni e mezzo e con solo 2 anni e mezzo per fare le indagini e celebrare tre gradi di giudizio.”

“Impossibile. Sarebbe lavoro inutile, – ha continuato – così le Procure li lasciano prescrivere per dedicarsi a inchieste più utili. Poi c’è comunque un imbuto tra Procura e Tribunale: a Roma la Procura ha 60mila processi pronti da mandare a giudizio, ma il Tribunale di Roma ne può accettare soltanto 12mila l’anno. Capisce che così il sistema non funziona.”
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Medici di famiglia, 14 milioni di italiani resteranno senza: ecco la situazione

22/02/2018 – Quasi 34.000 dottori smetteranno di lavorare. Se la formazione post laurea continuerà a essere gestita dalla Regioni, e non dalla Università, ne subentreranno solo 11 mila.
Il problema del numero insufficiente dei medici di medicina generale sta esplodendo in tutta Italia. Nei prossimi 10 anni quasi 34.000 di essi andranno in pensione, circa il 70% di quelli in servizio. Tutte le regioni saranno penalizzate da questo esodo, ma soprattutto Sicilia, Lombardia, Campania e Lazio. Il problema è già da tempo attuale e drammatico nei centri più piccoli, ma anche le grandi città saranno presto in difficoltà. A Milano Città Metropolitana ci sono, nella corrispondente Agenzia di Tutela della Salute (ATS), 868 medici di medicina generale, con un’età media di 59 anni. Ogni anno non meno di 30-40 in media lasceranno la professione per aver raggiunto il limite di età di 70 anni, senza tenere conto dei possibili pre-pensionamenti.

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Formazione e remunerazione
Ovviamente, questi medici dovrebbero essere sostituiti dalle nuove leve che escono delle Università. Ma non basta laurearsi per poter fare il medico di medicina generale, è necessario partecipare ed essere resi idonei in corsi gestiti dalle Regioni: durano tre anni e offrono ai medici selezionati borse di studio di 800 euro al mese. Le scuole di specializzazione delle Università, che danno il titolo necessario per lavorare negli ospedali, durano 4-5 anni, e garantiscono una remunerazione mensile di 1800 euro. È quindi assai più probabile che il giovane laureato preferisca partecipare alle selezioni nazionali per l’ammissione alle scuole di specializzazione che ai concorsi regionali per i pochi posti disponibili per diventare medico di medicina generale.

Interventi indispensabili
Seconda la Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale), l’organizzazione sindacale e associazione professionale dei medici di famiglia, se il numero delle borse di studio regionali rimarrà circa 1100 come ora, tra 10 anni saranno rimpiazzati solo 11.000 medici, con un saldo negativo di oltre 22.000. Le dimensioni di questo problema richiedono un intervento tanto urgente quanto drastico, che a mio avviso dovrebbe avvenire a livello dei Ministeri della Salute e dell’Università, non solo delle Regioni: potrebbe essere l’occasione per cambiare l’attuale modello di formazioni professionale dei medici di medicina generale, attraverso la creazione di scuole di specializzazione universitarie.



«Modello» europeo
In quasi tutti i Paesi dell’Unione Europea la formazione dei medici di medicina generale avviene, come per ogni altra specialità medica, nelle scuole universitarie di Medicina e Chirurgia. Questa soluzione è particolarmente necessaria se si considera il cambiamento demografico, già in corso nel nostro e altri Paesi europei, dovuto all’aumento dell’aspettativa di vita e quindi all’invecchiamento delle popolazioni. L’assistenza all’anziano non può essere centrata sull’ospedale, come avviene purtroppo nella maggior parte delle regioni Italiane, con rare eccezioni. La formazione universitaria degli specialisti in Medicina Generale dovrebbe prioritariamente essere coordinata da discipline olistiche come la Medicina Interna e la Geriatria, e dalla Pediatria per la formazione di pediatri di famiglia (di libera scelta), con il contributo didattico e pratico delle varie discipline specialistiche.


Sistema da riformare
Nel complesso, mi sembra evidente l’inadeguatezza quantitativa e qualitativa dell’attuale sistema dei corsi regionali di formazione in medicina generale, e la necessità di valorizzare questa figura medica con l’evoluzione in disciplina universitaria e la nuova costituzione di scuole di specializzazione. Questa trasformazione avrebbe il vantaggio di enfatizzare la professionalità del medico di medicina generale e il ruolo cardine che ha nella gestione territoriale dell’anziano con più patologie, favorendo una reale integrazione con l’ospedale, ed evitando quella frammentazione di approccio che porta a gravi inconvenienti come l’inadeguatezza gestionale e prescrittiva degli anziani. Questo nuovo modello di cure primarie per affrontare la transizione epidemiologica è sostenuto anche dall’Associazione italiana giovani medici (Sigm. Aumenteranno forse i costi per il Ministero della Salute, ma diminuirebbero quelli assegnati alle Regioni per l’attuale inadeguata formazione. – FONTE
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55.930 stranieri ultra 65enni godono in Italia dell’assegno sociale senza nemmeno aver lavorato un giorno.

02/11/2017 – Purtroppo il caso del 79enne originario del Marocco, indagato per truffa dalla Guardia di Finanza di Trento, dopo aver percepito per sei anni un assegno sociale di 580 euro al mese dichiarando di vivere in città, mentre invece era già tornato nel suo paese natale non è isolato in Italia.

In totale il marocchino avrebbe indebitamente incassato dall’Inps, dal 2010 al 2016, 49 mila euro. Ill caso è stato portato alla luce da una indagine della GdF sui falsi residenti stranieri che, vivendo in condizioni disagiate, fanno richiesta di assegno sociale che viene concesso previa verifica dello stato patrimoniale.(qui l’articolo). Purtroppo il caso emerso in Trentino dopo l’indagine della guardia di Finanza non è certo isolato.

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Solo un mese fa sempre la guardia di finanza ha scoperto una truffa da 10 milioni di euro ai danni dell’Inps. In questo caso sono state denunciate 370 persone straniere per aver incassato l’assegno sociale dell’istituto previdenziale nonostante fossero residenti all’estero. Ricordiamo che il beneficio, di circa 450 euro al mese per 13 mensilità, spetta solo a chi è indigente e risiede in Italia. L’Inps ha subito sospeso i pagamenti, prevedendo un risparmio annuo di oltre 2,6 milioni di euro.

L’assegno sociale è uno dei cosiddetti “strumenti di protezione” erogati dall’Istituto di previdenza. È destinato ai cittadini italiani, comunitari ed extracomunitari (con permesso di soggiorno di lungo periodo), che abbiano compiuto 65 anni e si trovino in condizioni economiche disagiate. Le 370 persone denunciate dalle Fiamme gialle per indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato avevano ottenuto l’assegno, ma una volta trasferiti all’estero – prevalentemente in Sud America e nell’Est Europa – non l’hanno comunicato e hanno anzi certificato falsi redditi, in modo da farli risultare sempre inferiori alla soglia prevista dalla legge per il conseguimento del beneficio.

Spicca il caso di una coppia di anziani coniugi di origine tunisina, residenti per finta nella provincia di Firenze: non solo i due hanno incassato in totale 120mila euro, ma gli inquirenti hanno accertato movimenti di capitali verso il Principato di Monaco per 370mila euro. Un altro caso accertato dalle Fiamme gialle è quello di due coniugi italiani, ottantenni, che risultavano abitare nella provincia di Potenza ma che in realtà si erano trasferiti in Venezuela dal 1955: i due hanno beneficiato indebitamente di assegni per 156mila euro

Tra le persone denunciate c’è anche un’altra coppia formata da marito e moglie italiani di 73 e 72 anni, residenti fittiziamente nella zona di Frosinone, che dopo il trasferimento definitivo all’estero ha continuato a percepire l’emolumento per 55mila euro. L’operazione della Guardia di finanza, chiamata “People out“, ha permesso di accertare complessivamente 479 casi irregolari. Oltre a sospendere gli assegni, l’Inps ha anche avviato il recupero di quanto indebitamente percepito dai responsabili. In alcuni casi è stato scoperto che chi godeva dell’assegno sociale possedeva nel proprio paese anche 3 o 4 appartamenti intestati.



Insomma, italiani brava gente verrebbe da dire, visti i regali confezionati fatti di assegni sociali mensili a stranieri over 65 che non hanno mai lavorato nel nostro Paese e neanche ci hanno abitato se non per breve tempo. In Italia sono ben 55.930 gli stranieri ultra 65enni che godono dell’assegno sociale. Ogni immigrato, che ha ottenuto la residenza con l’istituto del ricongiungimento familiare, proprio perché in età avanzata per lavorare, ha diritto a vedersi versato dall’Inps un sussidio di cinquemilaottocentottanta euro l’anno. Il che si traduce in 327.190.500 euro che ogni anno l’Italia spende per garantire la pensione agli stranieri troppo in avanti con gli anni per lavorare: è la legge.

La truffa, diffusa tra gli stranieri soprattutto albanesi, marocchini e cubani grazie al passaparola, è stata già smascherata da poliziotti, carabinieri e guardia di finanza in varie regioni da quattro anni a questa parte. In Italia, infatti, di 4.700.000 stranieri con regolare permesso di soggiorno, il 17 per cento – e cioè 799.000 – hanno superato i 65 anni. Tanti, ed in costante aumento, quanti arrivano in Italia in età pensionabile con la scusa dell’istituto del ricongiungimento familiare.

Di questi 799.000, il 7% (e cioè 55930) gode di una pensione che si aggira intorno ai 487euro al mese. Un’entrata di un certo peso per uno straniero, se si considera che in Albania un professore guadagna in media 200euro al mese. L’immigrato – così come prevede la normativa – gode della pensione versata dall’Istituto di Previdenza Sociale pur non avendo mai lavorato né versato contributi nel nostro Paese. Uno specchietto per le allodole che ha attirato tanti furbetti improvvisamente malati di nostalgia per i parenti residenti in Italia. Sono già tanti gli immigrati sorpresi ad intascarsi la pensione sociale dal loro paese d’origine.


L’unico requisito richiesto dalla legge per ottenere l’assegno è infatti la residenza effettiva e abituale in Italia: basta così farsi accreditare i soldi ogni mese in un conto corrente cointestato con parenti o amici e ripartire senza comunicare nulla allo Stato, continuando a percepire la pensione dall’estero. Eppure la normativa, consultabile su internet al sito: www.laleggepertutti.it, è chiara: «Qualora lo straniero abbia ottenuto la misura assistenziale e fuoriesca dall’Italia per un periodo superiore a un mese, l’erogazione dell’assegno è sospesa, salvo che dimostri che la sua assenza dal territorio italiano è dipesa da gravi motivi di salute.Dopo un anno di sospensione, se l’interessato è ancora all’estero, l’assegno viene revocato definitivamente». Ma come si dice: fatta la legge, trovato l’inganno. Ed ed ecco le residenze fittizie, i permessi di soggiorno contraffatti,le utenze fantasma, insomma tutti gli escamotage per far credere alle autotirà che il «vecchietto» furbetto vive nel nostro Paese. Indagini, felicemente e puntualmente andate a segno, sono state fatte a Camerino – dove i finanzieri hanno denunciato venticinque immigrati – a Novara, a Salerno, a Terni, in Toscana, in Friuli, nel Veneto e in Emilia. – FONTE

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Boeri ci riprova: “L’Italia ha bisogno di più immigrati regolari, senza di loro i conti peggiorerebbero”

21/10/2017 – ”Senza immigrati i conti dell’Inps peggiorerebbero. Gli immigrati di fatto impediscono che la popolazione italiana sparisca in futuro“. Intervenendo alla presentazione del settimo Rapporto annuale sull’economia della migrazione, il presidente dell’Inps Tito Boeri è tornato a ribadire un suo cavallo di battaglia: l’Italia ha bisogno di più immigrati regolari.

Boeri ha ricordato che l’Istat prevede un calo della popolazione italiana da qui al 2070 pari a sei milioni di persone, “con un forte calo già nei prossimi 20 anni: 3 milioni e mezzo di persone in meno da qui al 2040”.

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“L’evoluzione si spiega da una parte con il calo della natalità – il tasso di fecondità italiano è tra i più bassi nell‘area Ocse – ma ci sarà anche un calo dell’immigrazione. Se guardiamo al di là degli effetti transitori del fenomeno dei rifugiati, abbiamo assistito a un calo dei flussi di immigrazione economica e la proiezione nel futuro ci porta a una riduzione del contributo positivo che gli immigrati danno alla crescita della popolazione italiana”.

Per il presidente dell’Inps gli immigrati sono “coloro che impediscono che la popolazione italiana cali in misura ancora più forte. Nel 2015 la popolazione italiana sarebbe calata di 300mila unità se non ci fossero stati i flussi di immigrati: come se Pordenone fosse sparita nell’arco di un anno. Le implicazioni delle nuovo proiezioni dell’Istat sono un reddito nazionale più basso e per quello che interessa di più l’Istituto che io dirigo un peggioramento sostanziale dei conti previdenziali“. – FONTE



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