28/04/2020 – La fase 2 ha accesso un ulteriore scontro tra il governo e le Regioni: in particolare, molti governatori sono rimasti delusi dalle poche riaperture previste nel nuovo Dpcm e annunciate nella conferenza del 26 aprile. Ma quello che potrebbe aver frenato l’esecutivo di fronte a una “cauta riapertura” potrebbe essere il documento del comitato tecnico scinetifico, che rifletteva sui settori a rischio e sulle ricadute a livello epidemiologico. Quello che Conte intende sottolineare è che occorre andare avanti uniti e non ogni Regione per sé: “Chi sbaglia paga”, ha avvertito il premier.
Scontro governo-Regioni sulla fase 2
Il premier Conte di fronte allo scontro con le Regioni e alla delusione degli italiani per la fase 2 assicura: “Abbiamo fatto tutto il possibile per dare e cercare ascolto e avere collaborazione, tant’è che abbiamo scritto il Dpcm dopo un incontro con loro (governatori ndr.)”. Tuttavia, quello che non è piaciuto alle Regioni è stata la mancanza di coraggio nella riapertura delle attività produttive e nell’allentamento delle misure restrittive per i cittadini.
Ma il comitato tecnico scientifico aveva aperto il report spiegando che “alla giornata odierna persistono nuovi casi di infezione in tutto il contesto nazionale che stanno ad indicare la necessità di mantenere elevata l’attenzione“.
Palazzo Chigi rivela che “siamo di fronte a scelte responsabili” e che “chi apre alcune attività senza la copertura del Dpcm, se ne assumerà la responsabilità di fronte ai cittadini. E non sarà una responsabilità solo sanitaria, ma anche penale, civile ed economica”. Il comitato scientifico invita a una sperimentazione di 14 giorni sulla base della quale decidere se attuare un lockdown di ritorno o proseguire con altre riaperture.
Il Ministero degli Affari regionali
Di fronte al balzo in avanti di alcuni governatori, inoltre, fonti autorevoli del governo rivelano che “in teoria quelle ordinanze sono impugnabili”. Dal ministero degli Affari regionali infatti chiariscono: “Le Regioni possono solo restringere le misure restrittive, non mitigarle, dunque non sono ammissibili le ordinanze che non rientrano nei parametri fissati dal Dpcm“. ma un impugnazione arriverebbe troppo tardi.
Dunque il ministero prosegue spiegando come sia “folle che siano le Regioni del Nord, a maggior rischio di ritorno del contagio, ad affannarsi a dimostrare che sono le prime ad allentare la stretta con le ordinanze. Se l’avessero fatto la Basilicata o la Sardegna con qualche cautela l’avremmo capito, ma proprio quelle del Nord no. Ciò che fai oggi di sbagliato ne paghi le conseguenze tra un mese“. – [FONTE]
SITUAZIONE – «Molti cittadini non sono rimasti contenti delle nuove misure. Lo vediamo ed è anche comprensibile, molti volevano tornare alla normalità. Ma non ci sono le condizioni per farlo, ancora. Stiamo attraversando la fase 2, quella della convivenza col virus. Non quella della liberazione dal virus. Un solo paziente, il paziente zero, ha portato l’Italia a questa situazione e oggi siamo a 105mila contagiati. Se affrontassimo questa fase 2 senza prudenza e responsabilità, avremmo la conseguenza di comportamenti imprudenti e irresponsabili e la curva epidemiologica sfuggirebbe di mano. Con questo provvedimento, noi manderemo a lavoro 4,5 milioni di lavoratori e lavoratrici che andranno ad aggiungersi a quelli che già lo stavano facendo. Poi il 18 maggio ci sarà un altro blocco, poi altri a giugno. Secondo voi sarebbe possibile affrontare la fase 2, dopo i tanti sacrifici fatti, diversamente? Non credo, lo dobbiamo alle famiglie delle persone morte e a tutti i cittadini. Noi non cerchiamo consenso, cerchiamo di fare le cose giuste anche se questo dovesse scontentare tante persone. Le nostre sono decisioni fatte nell’interesse di tutti. Prepariamoci e rispettiamo le misure. Abbiamo introdotto qualche allenamento, ma ancora non possiamo mollare. Dal 4 maggio saranno possibili le attività sportive purché si rispetti la distanza. Stessa cosa per l’attività motoria. Cerchiamo di alleviare anche le sofferenze psicologiche che tutti stiamo provando. Ma non buttiamo a mare tutti i sacrifici, dobbiamo continuare ad agire in modo responsabile».
MILANO – «Vorrei essere nelle prossime ore anche nelle altre zone calde: Brescia, Bergamo, Piacenza, Codogno… Adesso posso essere meno d’intralcio a forze sanitarie e dell’ordine, diversamente a quanto sarebbe successo durante la fase 1».
CONGIUNTI – «E’ una formula ampia, generica. Poi lo preciseremo. Non significa che si può andare in giro a casa di altri, a fare feste o cose del genere. Si può andare a trovare i parenti, ma non gli amici. Ricordo che 1/4 dei contagiati arriva da ambienti familiari».
RIAPERTURA CHIESE – «Non vorrei creare rammarico nella Cei e nella chiesa italiana. Ci siamo sentiti col presidente Bassetti, non c’è un atteggiamento materialista o di insensibilità dietro le nostre scelte. Ma anche nella letteratura scientifica, la pratica religiosa è una statistica dei focolai epidemiologici. Lavoreremo per definire un protocollo di massima sicurezza per garantire ai fedeli di partecipare alle celebrazioni liturgiche in sicurezza. Intanto c’è stata apertura per le cerimonie funebri, poi con collaborazione definiremo un percorso per garantire, anche nell’interesse dei parroci, la massima sicurezza».
ZONE ROSSE CIRCOSCRITTE – «Siamo predisposti per misure territorialmente circoscritte. L’idea è avere un piano nazionale, altrimenti non possiamo controllare. Ci deve essere un principio che ci consenta di governare, poi se dovessimo vedere dopo le prime ripartenze che la curva di contagio sfugge dal controllo allora interverremo a chiudere il singolo rubinetto. E’ un piano dettagliato che ci permette di tener conto delle varie realtà territoriali».
BIMBI A CASA – «Abbiamo avuto 2 videoconferenze: con osservatorio per famiglie e con i parlamentari per le misure per l’infanzia. Stiamo studiando altre misure, ci rendiamo conto che avere figli in casa crea disagi a cui non eravamo pronti. Cercheremo di dare sostegno, affronteremo la questione anche in vista dell’estate».
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