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Processo alle invenzioni, Caso Palamara e le riunioni clandestine, cosa si nasconde!

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21/06/2020 – Non so quante migliaia fra articoli e talk show siano stati dedicati allo scandalo Palamara. Eppure, salvo pochi intimi, nessuno ha capito esattamente quale sia il problema: non i giochi di corrente per far promuovere o punire dal Csm il giudice Tizio e il pm Caio (ci sono sempre stati e purtroppo sempre ci saranno se non cambiano l’ordinamento giudiziario e il sistema elettorale del Csm); non le parole in libertà del pm romano e dei suoi interlocutori su Salvini e altri (ciascuno in privato dice ciò che vuole); ma le riunioni clandestine fra Palamara e due estranei alle nomine giudiziarie, i deputati renziani Luca Lotti (Pd) e Cosimo Ferri (allora Pd e ora Iv), mai espulsi né sanzionati dai loro partiti. Allo stesso modo, non so quante migliaia di articoli e talk show siano stati dedicati al caso Di Matteo-Bonafede, mischiato con questioni totalmente diverse, dalle scarcerazioni al caso Palamara, in un frittomisto tanto appetitoso quanto fuorviante incredibilmente approdato in Antimafia. Eppure, salvo pochi intimi, nessuno ha capito esattamente quale sia il problema istituzionale che dovrebbe interessare la commissione parlamentare: non la nomina a capo del Dap di Basentini anziché di Di Matteo (scelta politica opinabile e, secondo noi, sbagliata del ministro Bonafede, ma discrezionale, legittima e insindacabile); non le scarcerazioni di centinaia di mafiosi, malavitosi e presunti (decise dai giudici di sorveglianza, non dal Dap); ma un’inquietante eventualità, mai esplicitata ma fatta balenare da Di Matteo il 3 maggio nella telefonata a Giletti e poi da molti pelosi alleati dell’ultim’ora: che cioè Bonafede non l’avesse nominato perché i boss al 41-bis non lo volevano.

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Il miglior modo per disinformare la gente è imbottirla e intontirla con notizie che sembrano coerenti e invece c’entrano come i cavoli a merenda, in un gran polverone che fa perdere il filo e dimenticare il punto di partenza: è ciò che han fatto Giletti e la sua corte di mitomani per sei puntate di “Non è l’Arena, è Salvini”, con la collaborazione di molti giornali e del Parlamento (question time, sfiducia a Bonafede e Antimafia). Noi abbiamo pazientemente seguito le audizioni di Bonafede, Di Matteo e un esercito di dirigenti del Dap in Antimafia, a prezzo di terribili emicranie e a rischio di labirintite. E abbiamo scoperto ciò che già tutti sapevamo.

1) Bonafede offrì gli Affari Penali o il Dap a Di Matteo (18 giugno 2018) quando conosceva da 10 giorni le proteste dei boss e se ne infischiò.

2) Di Matteo ha sempre smentito che Bonafede avesse deciso su input o per paura dei boss (anche sospetta pressioni di“qualcuno”, pronome che non si addice a un pm).

3) L’ha ribadito in Antimafia: “Se avessi pensato che Bonafede non mi aveva più dato il Dap a causa di pressioni dei detenuti mafiosi, avrei denunciato la cosa in Procura”. Così chiarita la sola questione rilevante per la commissione che indaga su mafia e politica, il presidente Morra&C. avrebbero dovuto congedarlo. Invece han trasformato l’Antimafia nella succursale del Giletti Show (fortunatamente in ferie), facendolo parlare altre 4 ore del più e del meno nel disperato tentativo di resuscitare un caso morto prima di nascere: tipo che Di Maio lo voleva al Viminale (embè?), o che Napolitano nel 2012 voleva far la pace coi pm della Trattativa tramite Palamara. Una non-notizia, visto che Palamara era presidente dell’Anm e quel racconto era già uscito nel mio Viva il Re! (2013).

Intanto è stato sentito pure il dg uscente del Dap Giulio Romano, autore della circolare del 21 marzo che, per la vulgata dei mitomani, “ha scarcerato 500 mafiosi col pretesto del Covid”. Questi, carte alla mano, ha dimostrato che: Bonafede nel dl Cura Italia del 23.2 escludeva i mafiosi dalla liberazione anticipata; la circolare del 21.3 non faceva cenno a scarcerazioni e si limitava a chiedere i nomi dei detenuti con le patologie gravi indicate dai medici come concause mortali da Covid; era stata chiesta dai Tribunali di sorveglianza in base alla legge penitenziaria del 1976, al Dpr 230/2000 e a vari ordini di servizio dei precedenti capi- Dap; queste vecchie norme hanno prodotto le scarcerazioni, non la circolare (atto amministrativo che non può ordinare nulla ai giudici); senza la circolare, in caso di detenuti morti con o per Covid, l’intero Dap sarebbe finito alla sbarra (i Radicali avevano già denunciato Bonafede e Basentini per procurata epidemia, ma i morti sono stati solo 4 su 61 mila); molte scarcerazioni sono state disposte prima della circolare e molte successive non fanno alcun cenno alla circolare, ma a norme vigenti da decenni alla luce delle direttive dell’Oms e dell’Iss sul Covid; dei 498 detenuti “pericolosi” scarcerati al 7 maggio, quelli usciti per l’emergenza Covid sono 223 (e 50 sono già tornati dentro dopo il decreto anti-scarcerazioni), di cui 121 pregiudicati e 103 in custodia cautelare (presunti non colpevoli), e fra questi solo 4 erano al 41-bis, di cui 3 estranei alla circolare; il quarto è Zagaria, scarcerato da un giudice che cita la circolare, ma scrive che l’avrebbe messo fuori comunque; l’unico errore del Dap fu la risposta al giudice di sorveglianza per Zagaria sull’email sbagliata, infatti Basentini e Romano si sono dimessi. Sperando che siate sopravvissuti fin qui, azzardiamo una domanda: ma voi avete capito di che minchia stanno parlando? – [di Marco Travaglio – Il Fatto Quotidiano]
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Riforma giustizia, ministro Bonafede: “Prescrizione: niente melina. Disposto a incontrare Renzi”

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30/09/2019 – Il Ministro che è rimasto dov’era doveva ripartire da lì, dalla sua riforma della giustizia: “Uno dei motivi per cui Matteo Salvini ha fatto saltare il governo è stato quello di fermarla”. Venerdì scorso, il Guardasigilli Alfonso Bonafede, numero due di fatto del MoVimento 5 Stelle, si è ritrovato a Palazzo Chigi con un altro alleato di governo, il Pd, a misurare la distanza su prescrizione e riforma del Csm. Mentre quello rimasto fuori, Matteo Renzi, gli ricordava che dovranno comunque passare da lui per varare qualsiasi legge.

Uscendo da Palazzo Chigi, lei si era mostrato molto soddisfatto sull’incontro con i dem. Ma poi il Pd ha diffuso comunicati critici sulla sua riforma della prescrizione. Spiazzato?

Non esiste alcun problema sulla prescrizione. Noi e il Pd partiamo da posizioni differenti sul tema, ma quelle sono norme già approvate, che entreranno in vigore a gennaio. Io e gli esponenti democratici siamo stati invece pienamente d’accordo sul varare una legge delega per una riforma che dimezzerà i tempi dei processi penali e civili. Tanti dem hanno parlato contro la prescrizione: il problema esiste. Non capisco perché se ne continui a parlare. E comunque io non accetto che qualcuno possa fare melina sulla riforma per poi magari dire a dicembre che esiste un nodo sulla prescrizione. Lavoriamo per ridurre i tempi dei processi.

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Conferma che la riforma verrà spacchettata in due leggi delega?

Potrebbe accadere, per permettere al Parlamento di valutare tutto nel modo giusto. La riforma penale e del Csm e quella civile partirebbero in contemporanea in due rami differenti del Parlamento. Ma la priorità sarà approvare entro il 31 dicembre la riforma penale.

Prima della prescrizione, perché non si sa mai…

Guardi, un fatto che nessuno ricorda mai è che i primi effetti processuali della riforma sulla prescrizione entreranno in vigore non prima di quattro anni. Con le nuove norme elimineremo un’isola di impunità, innanzitutto per i colletti bianchi, ed è doveroso nei confronti di persone come i familiari delle vittime della strage di Viareggio.

La nuova prescrizione non piace neanche a Renzi. Non lo avete invitato al tavolo, ma con lui dovrete parlare.

Intendo incontrare gli addetti ai lavori e tutte le forze di governo, prima che la riforma della giustizia arrivi in aula. Per esempio mi interessa molto confrontarmi con Pietro Grasso di LeU.

È disposto a incontrare anche Renzi?

Certamente.

La riforma della prescrizione non convince neanche il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura David Ermini. Soprattutto, è assolutamente critico al sorteggio per i membri del Csm. E venerdì su questo le ha detto no anche il Pd.

E suo diritto esprimere perplessità, ma il punto principale è che la riforma del Consiglio non è contro i magistrati, bensì contro le degenerazioni del correntismo. Io ho difeso le istituzioni e la magistratura quando è scoppiato lo scandalo del Csm, e dal vicepresidente mi aspetterei un atteggiamento positivo, perché è innegabile che ci siano cose da cambiare.

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Sul sorteggio sono critici anche tanti addetti ai lavori. E, insisto, il Pd. Lei stesso ha parlato di “divergenze”.

I democratici sollevano un problema di legittimità costituzionale del sorteggio. So che questo aspetto è stato posto da altri, e lo valuteremo assieme. Continuo a pensare che sia una misura giusta, ma l’essenziale è riformare il Csm, cancellando le porte girevoli tra politica e magistratura. E un pacchetto di norme molto ambizioso, e chi lo ostacola rischia di difendere un sistema malato.

Lei è in un governo di cui fa parte Luca Lotti, al centro del caso del Csm. Non è un problema politico che la pone a disagio?

Non parlo di inchieste o di singoli elementi di altre forze politiche. Io valuto quello che mi arriva sul tavolo. Il Pd era consapevole del patto di governo sottoscritto con il MoVimento 5 Stelle, dove tra i punti c’è anche l’esigenza di interrompere i rapporti tra politica e magistratura. I democratici non possono avere dubbi su questo. Anzi,la riforma della giustizia rappresenta un’occasione per eliminare qualsiasi tipo di equivoco sull’argomento.

Invece il Renzi che difende Berlusconi che equivoci genera? Ha detto che a Firenze 10 hanno indagato senza prove. Grave, non pensa?

Non mi interessa rispondere a un singolo senatore. Da quando sono Ministro però ripeto che la politica deve rispettare la magistratura, a maggior ragione quando si tratta di magistrati che indagano su mafia e terrorismo, mettendo a rischio la propria vita per servire lo Stato.

Torniamo alla trattativa con 11 Pd. Lei ha bloccato la riforma delle intercettazioni del precedente Ministro della Giustizia, quell’Andrea Orlando con cui ora deve trattare. Un problema in più?

Ma no. Venerdì non abbiamo parlato di questo, ma ci confronteremo. Le intercettazioni sono uno strumento fondamentale per la lotta alla corruzione e alla criminalità. Vanno tutelati tutti gli interessi in gioco, a partire da quello alla privacy, e quella riforma pregiudicava per esempio il diritto alla difesa e la qualità delle registrazioni perché i magistrati venivano estromessi nella prima parte delle indagini.

Promettete da tempo il carcere per i grandi evasori. Darete corpo alle promesse, e come?

Certamente, anche se dobbiamo ancora decidere lo strumento. Di certo verranno rideterminate le soglie di punibilità, abbassandole.

Manettari, diranno. E magari hanno ragione…

L’intenzione è colpire persone condannate in via definitiva. Chi sbaglia deve pagare.[FONTE]
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Versiliana 2019, Di Matteo: “Perché mi candido al Csm? Voglio provare a cambiare le cose. Rifiuterò opportunismi di corrente”

01/09/2019 – “In quasi 30 anni di carriera non avevo mai neppure ipotizzato di potermi candidare per il Consiglio superiore della magistratura“, a parlare è Nino Di Matteo, rispondendo alle domande di Marco Lillo durante uno degli incontri organizzati nell’ambito della festa per i 10 anni del Fatto Quotidiano al Parco della Versiliana (Marina di Pietrasanta).

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“In questi ultimi decenni il Csm e l’Anm spesso hanno lasciato soli i magistrati più impegnati nell’attività giudiziaria – ha continuato -, questo non è giusto che si verifichi. La funzione del Csm è altissima. Proprio nel momento in cui è emerso lo scandalo (Palamara ndr), ho pensato che fosse il momento di cambiare le cose”. E, ha spiegato: “La mia non è una candidatura di sistema, non sono iscritto alle correnti, non intendo iscrivermi, voglio rappresentare una figura autonoma e indipendente, al Csm vorrei fare il giudice, quello che si si studia le cose, valuta le cose per come stanno, respingendo al mittente ogni opportunismo personale o di gruppo”.
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“Subito salario minimo”, Di Maio accelera

17/06/2019 – Un gruppo “compatto”, riunito per fissare le “priorità dell’agenda di governo”. E’ quanto trapela dalla riunione del vicepremier Luigi Di Maio e i ministri M5S, a Palazzo Chigi. Avanti, sarebbe stata la conclusione, con il conflitto d’interessi, l’abbassamento delle tasse e il salario minimo, considerato “il prossimo passo” per “restituire dignità a circa 3 milioni di lavoratori sottopagati – ha detto Di Maio -. È una legge presente in tanti Paesi europei e l’Italia non può restare a guardare”.

Dopo aver fissato le priorità dell’agenda, secondo quanto si apprende da fonti del M5S, il vicepremier accelera sul salario minimo e convoca nel pomeriggio una nuova riunione con la senatrice Nunzia Catalfo, prima firmataria della proposta di legge targata 5S, la viceministra all’Economia Laura Castelli e i tecnici al lavoro sul dossier.

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Intanto “il decreto dignità non si tocca” ha detto il vicepremier, dopo la riunione della mattina, stoppando così l’avanzata della Lega, emersa nelle ultime ore, per ammorbidire la stretta sui contratti a termine. “Chi rivuole ampliare la portata dei contratti a termine, sottopagando i lavoratori e altro, può rivolgersi a Renzi. Il ‘Jobs Act’ è stata una delle peggiori legge mai fatta negli ultimi 20 anni”.

E sulla tenuta dell’esecutivo: “Il governo va avanti – ha detto ancora -, noi non tradiamo la parola data ai cittadini. Siamo leali e dobbiamo completare punto dopo punto tutto il contratto di governo”. Poi la flat tax, “si farà e sarà rivolta al ceto medio.

L’abbassamento delle tasse è indispensabile e vogliamo rilanciare la nostra economia – ha detto Di Maio -. Quindi su questo punto avanti come un treno”.

Durante la riunione, il vicepremier ha quindi portato sul tavolo una prima proposta sulla riduzione del cuneo fiscale da inserire nella prossima legge di bilancio. “Bisogna restituire dignità a milioni di lavoratori sottopagati, ma al contempo occorre aiutare anche le imprese uccise dalle tasse”, ha detto Di Maio durante la riunione. Le due proposte, sul salario e sulla riduzione del cuneo, saranno dunque parallele. – [ADNOKRONOS]
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Scandalo Csm, Boschi difende Lotti: “va rispettato”

16/06/2019 – Alta tensione nel Pd dopo il varo della nuova segreteria di Nicola Zingaretti e l’autosospensione di Luca Lotti dai Dem per il caso Csm. Con l’ex ministro si schierano i renziani a partire da Maria Elena Boschi: “Sono arrivati più attacchi a Lotti – dice – dall’interno del Pd che dagli avversari politici. Autosospendendosi ha fatto una scelta che non era scontata e dovuta, di grande generosità verso la comunità del Pd e va quindi rispettato“.

Intervenendo oggi ad Assisi al primo incontro nazionale della mozione “Sempre Avanti” guidata da Roberto Giachetti e dalla deputata democratica umbra Anna Ascani, la deputata dice la sua in merito alle evoluzioni dell’inchiesta che sta travolgendo le procure e che ha portato in questi giorni al passo di lato dell’ex sottosegretario del governo Renzi. La Boschi ha proseguito con l’augurio che in “una comunità come il Pd, vista anche la disponibilità di Lotti, ci si possa parlare guardandosi negli occhi. E non con interviste che sparano addosso ai compagni del proprio partito”.

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Ma non si è trattenuta dal commentare la nomina dei nuovi componenti della segreteria di Zingaretti, come si legge su Corriere, aggiugendo appigli alla polemica interna che intanto ha ripreso vigore proprio per l’esclusione dei cosiddetti renziani:”Dentro il Pd ci sono tante anime che speriamo possano essere ascoltate e anche valorizzate il nostro segretario ora è Zingaretti, rispettiamo il suo lavoro ma ci aspettiamo di avere qualche proposta nuova”. La segreteria ha detto a tal proposito che “esprime il segretario ed è scelta legittimamente tra chi lo ha sostenuto.

Da toscana, visti i risultati che abbiamo riportato alle europee e alle amministrative, mi sarebbe piaciuto qualche toscano in segreteria ma auguro buon lavoro ai colleghi che dovranno impegnarsi. Però noi ci siamo e tante persone nel Pd possono dare una mano. Anche Renzi c’è visto che sta facendo il suo lavoro da senatore, sta lavorando in Parlamento e ha fatto campagna elettorale per i nostri sindaci anche a Firenze”.

Ricordiamo che Luca Lotti voleva silurare il pm che indagava sulla famiglia Renzi. E’ l’elemento che emerge dall’inchiesta di Perugia, contenuto in un servizio pubblicato dalla ‘Verità’, da cui risulta che l’ex ministro si rivolse al consigliere del Csm Luca Palamara per allontanare da Firenze Giuseppe Creazzo, il magistrato che si occupava delle indagini su Tiziano Renzi e della moglie Laura Bovoli.
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Scandalo Csm, le intercettazioni: “Non arrestano Siri per trattare con Salvini”

16/06/2019 – C’è un Cd. Un cd conservato nella cassaforte di Palazzo dei Marescialli che poteva contenere le accuse contro Paolo Ielo. Atti segreti che l’ex ministro Luca Lotti voleva “far arrivare” direttamente al Quirinale per portare avanti la campagna di delegittimazione della gestione Pignatone alla procura di Roma che l’aveva inquisito sul caso Consip e far passare la nomina del procuratore generale di Firenze, Marcello Viola a scapito di Giuseppe Creazzo e Franco Lo Voi.

“Allora vi ripongo la domanda… cosa deve arrivare al presidente della situazione di Roma…” chiede Lotti. Gli risponde Luigi Spina, il consigliere del Csm indagato da Perugia per rivelazione di segreti d’ufficio e favoreggiamento per aver spifferato a Palamara l’iscrizione a suo carico per corruzione a Perugia.

L’uomo che insieme agli altri togati del Csm prendeva parte alle riunioni in notturna registrate grazie al trojan installato sul cellulare dell’ex presidente dell’Anm: “… poco perché formalmente noi ancora poco sappiamo perché c’è quel cazzo di Cd che sta in cassaforte…”.

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Qualche attimo prima, alle 00.20 del 9 maggio, sempre Lotti aveva sostenuto di essere andato da Mattarella: “Io ci sono andato e ho detto Presidente la situazione è questa e gli ho rappresentato quello che voi mi avete detto più o meno, cioè Lo Voi…”.

Lotti ieri ha confermato l’incontro, smentito dal Quirinale (“è falso”). Ma torniamo a maggio: è notte fonda nell’albergo di Roma dove si svolge l’incontro delle polemiche tra Palamara, Lotti, Spina, il deputato Pd Cosimo Ferri e quattro consiglieri del Csm (Corrado Cartoni, Antonio Lepre, Gianluigi Morlini e Paolo Criscuoli) ai quali la procura generale della Cassazione ha già inviato l’atto di incolpazione. Lotti scalpita. “La roba di… di… che c’è in prima (Commissione ndr), Luca… su Roma… è pesante… sia il Qurinale, sia David (Ermini, ndr) lo vogliono affossare”. E aggiunge: “Io non è che ce l’ho… non è che ce l’ho a morte perché… è su di me”. Ma “nulla mi toglie dalla testa che c’è stato uno scambio sulla nostra pelle Luca… la mia soprattutto e la nostra intesa come (inc)”. Secondo l’ex ministro “Ielo ha detto a Pignatone… tu lasciami stare su questa roba, io te mando avanti Consip”.

Ovvero gli atti inviati a Perugia contro Palamara, nell’ambito dell’indagine sull’imprenditore Fabrizio Centofanti, in cambio di Consip. La rivelazione dell’iscrizione di Palamara ha fatto scattare una caccia alle streghe. Nelle conversazioni si susseguono accuse, veleni e probabilmente una buona dose di millanterie. “Ma tu la bastonata, tu giustamente dici, a te t’hanno ammazzato sulla vicenda Consip… a me sai benissimo quello che ho sofferto con questa cosa… la fortuna che cosa ha voluto? Che uscisse fuori Stefano nel momento giusto”. Il riferimento è a Stefano Fava, pm di Roma che ha già depositato un esposto contro Ielo al Csm e vorrebbe inviarlo anche alla procura di Perugia. Una possibile arma in mano a Palamara.

“Tu forse non hai capito – dice sempre rivolto a Lotti – … lui li vuole denunciare penalmente (a Pignatone e Ielo)… intanto gli rompi il cazzo… io mi acquieterò quando Pignatone mi chiamerà e mi dirà che cosa è successo perché la vicenda Consip la so io… il rapporto con lui… lui si è seduto a tavola con te… lui ha voluto parlà con Matteo… lui ha voluto fa quelle cose… lui crea l’affidamento… mi lascia con il cerino in mano a me. Io mi brucio… loro si divertono”.

Nel mirino della coppia Lotti-Palamara infatti ci sono i procuratori di Perugia (Luigi De Ficchy) e Roma (Pignatone). “Non aver paura di niente – lo rassicura il magistrato – loro sono palloni gonfiati punto”. Lotti: “Che pure c’hanno fatto male”. È allora che Palamara fa riferimento all’inchiesta sull’ex sottosegretario leghista Armando Siri, indagato per corruzione dalla procura di Roma. “La vicenda Siri (inc) fidate! … perché in condizioni… Siri veniva arrestato in condizioni normali! … De Vito (ex presidente grillino dell’Assemblea capitolina) è stato arrestato per molto meno!… è una trattativa che vogliono fare con Salvini fidati… io non mi sbaglio”. Lotti non sembra convinto: “Rischierebbero troppo Luca”. Palamara: “E perché non viene arrestato Siri?”. Lotti: “Non c’erano le condizioni (inc) mi piace spiegarla così”. Palamara: “Vabbè vediamo”. – [Quotidiano.net]
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Capitano Ultimo dalla Gruber: “Magistrati limpidi, poi chi sbaglia paga” [VIDEO]

16/06/2019 – Così è apparso il “Capitano Ultimo” alias Sergio De Caprio ora Colonnello della Forestale nella trasmissione di Lilli Gruber Otto e Mezzo collegato dalla sede dell’attività di volontariato che gestisce alla periferia di Roma, presente in studio il giornalista Giovanni Bianconi e in esterno Pino Corrias autore del volume “Fermate il Capitano Ultimo!” (Chiarelettere Editore). Il tema erano le intromissioni della Politica nelle elezioni dei magistrati nel plenum del CSM.

Su questo argomento il Capitano è stato chiaro: “Ho lavorato con magistrati limpidi e ho massima fiducia nella magistratura. Poi chi sbaglia paga”. “È una novità – ha sottolineato Bianconi – rispetto al passato perché i tentativi di influenza ci sono sempre stati ma ora li abbiamo appresi in diretta ascoltando le registrazioni. Pezzi di correnti dei giudici che si incontrano con i rappresentanti di un partito interessato alle nomine dei magistrati nelle località dove ha vicende giudiziarie in corso. Per la prima volta ascoltiamo gli attori mentre si muovono nel loro teatro naturale”.

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Sulla sua vicenda personale Ultimo ha commentato: “Perdendo la mia battaglia, perché ho visto che il mio team investigativo è stato smembrato e miei uomini trasferiti, ho capito che ho vinto. La nostra cultura e la nostra preparazione è stata schiacciata dal Potere. Certo è facile prendersela con dei poveri carabinieri.” Alla domanda se avesse qualcosa da rimproverarsi Ultimo ha risposto: “Di quello che è accaduto rimprovero soprattutto me stesso, perché sono stato percepito come una minaccia, un pericolo. Rifarei tutto quello che ho fatto perché nella professione di carabiniere ho dato tutto quello che potevo mettendoci l’anima. Ho catturato Salvatore Riina in sei mesi, ed era ricercato da 23 anni. Ma se dovessi cominciare una vita ex novo farei il contadino come i miei nonni. Io sono vicino a quelli che non hanno una casa, non hanno i soldi per vivere, gli ultimi. Io combatto per il popolo”.

Sulla vicenda della mancata perquisizione del covo di Salvatore Riina dopo l’arresto ha chiarito la sua posizione: “Fu una mia idea, volevo seguire alcuni sodali del latitante per smantellare l’organizzazione precisamente i fratelli Sansone una cui parente poi si è rivelata avere contatti con Matteo Messina Denaro anni dopo. A quelli che continuano a sostenere che fu data la possibilità ai mafiosi di spostare documenti con segreti inconfessabili chiedo sempre dove pensano che possano essere finiti e perché non sono mai stati usati. I vecchi capi mafiosi sono morti al carcere duro”.

Corrias ha sottolineato come le dimissioni di Lotti dal Pd siano state innanzitutto “tardive” e ha rimarcato come il politico fiorentino appartenga alla schiera delle “meteore della politica” destinate a bruciare in un arco di tempo molto breve e del quale sappiamo molto poco in realtà”.

Ultimo rimane ammantato nell’epica del suo passato, inchiodato a una scrivania della Forestale da processi nei quali è stato assolto e rumors falsi che gli attribuiscono anche indagini alle quali mai ha partecipato come quella della Consip. Quando si è sviluppata lui era operativo nei Servizi. – [AffariItaliani.it]
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Scandalo tra i magistrati ma nessuno molla la poltrona

08/06/2019 – È una tempesta perfetta quella che si sta scatenando sul Csm. Ormai da settimane non passa giorno senza che nuovi veleni tra le toghe arrivino all’attenzione della cronaca. L’ultimo episodio in ordine di tempo è quello che, forse sottovalutato da molti, sta agitando la magistratura. A scontrarsi, infatti, sono state la corrente di Magistratura Indipendente (MI), considerata da sempre quella di destra delle toghe e che al momento è maggiormente intaccata dal caso Palamara, con la rivale e opposta Area. Un botta e risposta inatteso che ha visto la sezione di Mi della Cassazione partire all’attacco a testa bassa con un solenne invito rivolto ai propri consiglieri, Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli e Antonio Lepre, a “porre immediatamente termine alla propria autosospensione e a riprendere senza indugio le attività consiliari”.

I tre, lambiti dall’inchiesta di Perugia ma che non risultano indagati, devono tornare al Csm per “eliminare il gravissimo vulnus alla rappresentatività dell’organo di governo autonomo della magistratura” che ne deriverebbe dal fatto di dover lavorare a ranghi ridotti e, soprattutto, operando “in composizione non rispondente agli orientamenti espressi dagli appartenenti all’ordine giudiziario nelle elezioni del luglio 2018”.

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Un comunicato che ha lasciato molti spiazzati ma non i rivali di Area che, con una replica affidata al proprio segretario Cristina Ornano, hanno preso posizione in modo chiaro e altrettanto duro: “Lobby trasversali composte da politici disinvolti e spregiudicati imprenditori, alcuni pure indagati da una di quelle stesse Procure e con il coinvolgimento di magistrati, hanno messo a punto un condizionamento esterno dell’autogoverno per le nomine di alcune nevralgiche Procure della Repubblica”. Non solo, in questo scontro a distanza e consapevole di quanto affermato dai colleghi di MI, il segretario Ornano, come aveva già affermato David Ermini, ha sentenziato: “Chi ha sbagliato ferendo l’onore e la credibilità dell’Istituzione deve fare un passo indietro e dimettersi”.

LA POSTA IN PALIO. Che la posta in gioco al Csm sia altissima è chiaro a molti. Del resto in questi giorni l’organo di autogoverno delle toghe avrebbe dovuto effettuare diverse nomine, non ultima quella alla Procura di Roma al posto dell’uscente Giuseppe Pignatone. Nonostante ciò per capire la mossa di Magistratura Indipendente è necessario fare un ulteriore passo in avanti. La corrente di destra, infatti, aveva ben 5 consiglieri di cui 3 si sono autosospesi. In questo modo è di fatto diminuito il suo peso politico all’interno dell’organo.

Ma c’è di più perché per continuare le proprie attività, il Csm è stato costretto a modificare le proprie commissioni. In particolare la Quinta Commissione che che si occupa delle nomine ai vertici degli uffici giudiziari e che da ieri sarà presieduta dal togato di Area, Mario Suriano, in sostituzione dell’autosospeso Morlini. Si tratta di spostamenti e riorganizzazioni che non cambiano il numero di consiglieri delle differenti correnti ma che sicuramente spiegano il nervosismo di MI che perde poltrone importanti.

PALAMARA SI DIFENDE. La vicenda che sta terremotando il mondo ovattato della magistratura ha avuto origine dall’inchiesta sul pm Luca Palamara (nella foto). L’ex vertice Anm ed ex consigliere del Csm è accusato dai colleghi della Procura di Perugia di corruzione nella vicenda sui presunti condizionamenti politici nella nomina dei vertici delle principali Procure d’Italia. Un’inchiesta in cui sono indagati per favoreggiamento anche il collega Stefano Rocco Fava e il consigliere Luigi Spina. Nelle novanta pagine della memoria difensiva, Palamara ha sostanzialmente spiegato: “Non sono e non sarò mai un corrotto. Non ho mai ricevuto favori, tantomeno i famosi 40mila euro”. Poi in relazione agli incontri con l’ex ministro Luca Lotti ha puntualizzato: “Non sono mai stato collaterale a nessun politico”. – (di Davide Manlio Ruffolo – lanotiziagiornale.it)
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Spopola in rete il Video di Cossiga contro Palamara: “Non capisce nulla di diritto” [VIDEO]

07/06/2019 – E’ il 2008. Luca Palamara, in questi giorni coinvolto in un’indagine per corruzione, è Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati. Ospite di Sky Tg24, commenta la vicenda giudiziaria che in quelle ore occupa la scena politica italiana: le dimissioni del ministro della Giustizia Clemente Mastella per un’inchiesta nella quale erano coinvolti lui e la moglie. All’improvviso nello studio televisivo irrompe la voce di Francesco Cossiga.
Dall’altra parte della cornetta il presidente emerito non risparmia insulti e critiche nei confronti di Palamara: “E’ un magistrato che o non capisce nulla di diritto o è molto spiritoso”.

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La giornalista Maria Latella gli chiede il perché di questo giudizio: “Ha la faccia da tonno – prosegue Cossiga – I nomi esprimono realtà. Lui si chiama Palamara come il tonno. La faccia intelligente non ce l’ha assolutamente”. Un monologo che Cossiga conclude così: “L’associazione nazionale magistrati è un’associazione sovversiva e di stampo mafioso”. Palamara resta in silenzio durante la telefonata, contesta i toni eccessivi dell’ex Capo dello Stato e dice soltanto: “E’ una polemica dai bassi toni. Prevalga la buona educazione”. -[SkyTG24.IT]
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Bufera sulle Procure, ‘incontri in hotel per decidere le nomine’

06/06/2019 – Incontri notturni in albergo per decidere le nomine degli uffici giudiziari di Roma, Perugia e Brescia. E’ quanto ricostruisce un’informativa della GdF nell’inchiesta sulle Procure in cui è indagato per corruzione Luca Palamara. Con l’ex presidente dell’Anm avrebbero partecipato i parlamentari del Pd Lotti e Ferri, i consiglieri del Csm Spina (che si è dimesso), Cartoni, Lepre, Criscuoli e Morlini (autosospesi).

Per il presidente dell’Anm Grasso, ‘è uno dei più gravi momenti di crisi della magistratura della storia repubblicana’ e l’autosospensione non basta: ‘Chi avesse davvero partecipato a un tale sviamento di funzioni, dovrebbe seriamente pensare alle dimissioni’.

Secondo i giornali che hanno reso nota l’informativa, ‘Palamara avrebbe trascinato nelle trattative anche il presidente della Lazio Lotito: è suo amico, promette e dà biglietti per le partite’.

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“Nessuno si permetta di dire una volta di più che io minimizzo. Sono giorni che mi riscopro colto da una rabbia nera che mi incupisce, che oscura ai miei occhi la luce di giornate altrimenti luminose”: così il presidente dell’Anm Pasquale Grasso ha risposto alle critiche che gli sono state mosse anche dall’interno del sindacato delle toghe. Si è trattato di un intervento articolato concluso da un lungo applauso, il che sembra sventare il rischio di una crisi della giunta.

Non concorreranno a uffici direttivi o semi direttivi prima che sia trascorso un anno dall’uscita del Csm: è l’ impegno assunto da tutti i consiglieri togati di Palazzo dei marescialli “in un’ottica di responsabilità e con l’intenzione di contribuire a ristabilire un clima di fiducia” nei confronti della magistratura, sull’onda della bufera che ha investito il Consiglio superiore. In sostanza i consiglieri hanno deciso di applicare una norma che era stata abrogata nel 2018, anno in cui era stato cancellato ogni vincolo per loro. – [ANSA]
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