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La Lega perde ancora terreno, stabile il gradimento di Conte e del governo

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13/05/2020 – E’ quanto emerge dall’ultimo sondaggio dell’Istituto Ixè su intenzioni di voto e fase 2. Prosegue anche questa settimana, seppure meno accentuato, il calo della Lega, che scende al 24,6%. Non riduce, però, le distanze il PD, che perde lo 0,9%, arretrando al 22%. Consolidano il proprio consenso il Movimento 5 Stelle (16,9%) e, soprattutto, Fratelli d’Italia (14,2%). I livelli di fiducia nei politici vedono una tendenziale conferma del quadro della scorsa settimana: Conte in testa (59%), Meloni la prima inseguitrice (34%) e gli altri indietro. Nell’attuale situazione, il governo conferma ancora il buon gradimento (58%), largamente associato all’apprezzamento della gestione dell’emergenza sanitaria, per cui si registrano tra i cittadini segnali di sollievo sul versante sanitario.

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Rispetto alla fase 2, domina ancora tra i cittadini un atteggiamento di prudenza: per il 62% una corretta gestione richiede controlli severi da parte delle forze dell’ordine e non è sufficiente affidarsi al buonsenso dei singoli. Rispetto alle richieste di anticipare le aperture avanzate da alcune Regioni, poi, la maggioranza degli italiani si schiera col governo, sostenendo l’opportunità di attendere un’altra settimana prima di decidere le riaperture differenziate. Ad una minore preoccupazione sul fronte sanitario corrisponde, però, una crescente preoccupazione per le conseguenze economiche: il 44% degli intervistati dichiara di temere, per sé o per i familiari, la perdita del posto di lavoro.

Per quanto riguarda i livelli di fiducia nei politici, il quadro è tendenzialmente confermato rispetto alla scorsa settimana. Se il premier Conte è saldamente in testa con il 59 per cento dei consensi, dietro si confermano Giorgia Meloni (che però perde 1 punto dal 35 al 34%) e Matteo Salvini (- 2 punti, dal 31 al 29 per cento). A seguire: Nicola Zingaretti al 28% stabile, Luigi Di Maio in crescita di 1 punto al 27% e Silvio Berlusconi che sale dal 22 al 23%. Ultimo, stabile all’11 per cento, Matteo Renzi. – [ADNOKRONOS]
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Fase 2, lo scontro con le Regioni: Zaia definitivo contro Conte, in Veneto riapriamo tutto

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02/05/2020 – “All’interno del Governo c’erano due diverse linee sulla Fase due? No, non esistevano due linee diverse”. Così il ministro per gli Affari Regionali e le Autonomie, Francesco Boccia, durante la registrazione della puntata di ‘Accordi e Disaccordi’. “Però è anche fisiologico, quando si lavora in gruppo, avere sensibilità diverse – ha detto Boccia -. Poi è chiaro che ci sono ministri che hanno pressioni diverse, però non ci sono state due linee. La somma di queste pressioni ha spesso determinato dei confronti tra di noi, però la saggia prudenza del presidente del Consiglio – ha concluso il ministro – ha tenuto insieme tutti”. “La Calabria è il classico caso di una cosa fatta contro una misura nazionale chiara“. “Il governo ha detto che bar, ristoranti, parrucchieri hanno bisogno di linee guida e hanno bisogno di una valutazione ulteriore che faremo dal 4 al 17 maggio – ha detto Boccia -. Cosa succede se un bar apre e poi si ammala un lavoratore, uno chef, un cameriere?“, ha concluso il ministro.

VENETO – “Le ordinanze introdotte dal Veneto non sono in contrasto con il Dpcm ma vogliono portare un principio di buon senso e rispetto nei confronti del cittadino”. Così Luca Zaia, che aggiunge: “le battaglie legali non portano a nulla. Non facciamo ordinanze per cercare prove muscolari o per buttarla in politica. A me sembra che il ministro Boccia, in rappresentanza del Governo, abbia compreso le nostre volontà; penso che per la quasi totalità delle misure oggetto di ordinanza ci sia la possibilità di dimostrare un allineamento col Dpcm per cui non le ritiriamo”.

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“Una delle contestazione – ha spiegato Zaia – è la vendita di abbigliamento per bimbi e quello di fiori e piante ‘open air’ al mercato: non è prevista – ha chiarito -.Ma ho fatto presente che si vendono in fioreria, al garden, nei supermercati. Se la contestazione è questa rispetto alla mole di lavoro che abbiamo fatto – ha concluso – direi che siamo a buon punto”. “Il Veneto può aprir tutto – ha aggiunto -. Ovviamente su base solida di una certificazione che ci dà il Comitato scientifico. Ma noi potremmo, in linea di principio, affrontare qualsiasi tipo di apertura”. Così il presidente del Veneto, Luca Zaia, secondo cui “il tema è capire se tutti noi entriamo nell’ordine delle idee che non è finita e che stiamo convivendo col virus. La mascherina è una delle condizioni sine qua non per fare questa battaglia”. “Penso che la direzione, sentendo i vari colleghi, – ha detto – andrà verso la riapertura differenziata tra le regioni”

“Abbiamo un piano, che speriamo possa diventare operativo a settembre, che viaggia sui 30 mila tamponi al giorno”. Lo ha annunciato il presidente del Veneto, Luca Zaia il quale ha spiegato che l’ambizione sarebbe farne di più e per questo “è stato deciso di acquistare altre tre macchine oltre a quella già esistente a Padova. Macchine che consentono di fare 9mila tamponi giornalieri che saranno messe negli hub di Treviso, Vicenza e Venezia. Se riuscissimo ad acquistarle, potremmo arrivare a fare 50 mila tamponi al dì”.
“Ora – ha aggiunto – abbiamo una capacità di 11-12 mila tamponi quotidiani”. “Speriamo – ha auspicato – che i parametri siano affrontabili. Questo è un aspetto che ho contestato formalmente al Comitato tecnico-scientifico: si parla tanto dei numeri dei contagiati come parametro: ma se uno non fa tamponi, non ha contagiati. Finisce che il virtuoso viene più penalizzato di quello che non li fa. Ora siamo a circa 350 mila. Non ci sono altre realtà che hanno fatto tanti test come noi. A questo si aggiungono i 700 mila test rapidi che stanno tutti andando fuori come attività di screening preparatoria al tampone”.

CAMPANIA – “Voglio insistere su una cosa: dobbiamo essere rigorosi sull’obbligo di indossare mascherine fuori casa e se è possibile rispettare il distanziamento sociale”. Lo chiede ai cittadini campani su Fb, il governatore della Campania Vincenzo De Luca. “E’ indispensabile – ha ribadito – e noi saremo rigorosissimi con un’ altra ordinanza: c’è obbligo di indossare mascherina altrimenti ci sono le sanzioni”.

CALABRIA – La presidente della Regione Calabria Jole Santelli non fa marcia indietro e di fronte alla possibilità che il governo diffidi la Calabria impugnando l’ ordinanza che riapre bar e ristoranti, risponde, in una intervista a La Stampa: “È un atto che il governo legittimamente può fare. Anche se io lo sconsiglierei fortemente. Io non ho riaperto la ristorazione all’interno dei locali, ho solo consentito di mettere qualche tavolo all’aperto. Tutto questo pasticcio per qualche tavolo mi pare eccessivo”. Alla domanda se non prenda in considerazione l’ipotesi di ritirare l’ordinanza, spiega: “No! Penso sia una norma giusta e penso che entro dieci giorni il governo farà lo stesso con un nuovo Dpcm. Io ho seguito un protocollo con precauzioni rigide, non penso di avere fatto nulla di sconvolgente. Se il governo deciderà di impugnare sarà un atto politico, secondo me potrebbe evitare”. “I ristoranti – sottolinea anche sul rischio di una riesplosione dei contagi – li ha riaperti il governo quando ha consentito possibilità di asporto. Le cucine sono aperte. Io ho solo previsto la possibilità di mettere dei tavoli fuori, anche l’ Iss dice che all’ aperto i rischi sono minimi. Ma l’ aumento dei contagi non sarà dato da due tavolini davanti a un bar o a un ristorante. Il rischio è dato da quello che ha autorizzato con il Dpcm, la possibilità di rientrare al Sud per chi era rimasto bloccato al Nord nelle scorse settimane. Io ho dovuto fare un’ ordinanza per chi torna, è il terzo esodo in rientro che siamo costretti a gestire da soli”.

EMILIA ROMAGNA – I calciatori di Spal, Bologna, Parma e Sassuolo, da lunedì, potranno tornare nei rispettivi centri sportivi per allenarsi, sia pure individualmente. E’ quanto prevede l’ordinanza firmata ieri sera dal presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. Le sedute dovranno svolgersi “nel rispetto delle norme di distanziamento sociale e senza alcun assembramento in strutture a porte chiuse”, equiparando gli atleti delle discipline individuali a quelli che praticano sport di squadra.

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SARDEGNA – Anche la Sardegna si prepara alla Fase 2. E’ attesa, infatti, per sabato la nuova ordinanza che prevede aperture anticipate da parte del governatore Christian Solinas. La Sardegna è una delle 12 istituzioni regionali, guidate dal centrodestra, che avevano inviato una lettera al premier e al presidente della Repubblica chiedendo di “normalizzare l’emergenza” e di rispettare le proprie competenze. E ora, dopo le ordinanze di Calabria, Veneto, Sicilia ed Emilia Romagna, Solinas si sta preparando a definire le norme per la seconda fase della pandemia. Nei giorni scorsi il ministro Boccia aveva spiegato che a partire dal 18 maggio, sulla base all’andamento della curva dei contagi nel periodo 4-17 maggio, si sarebbe ragionato su aperture differenziate per Regione. – [ANSA]
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Covid-19, l’Oms lancia raccolta fondi

Si chiama Solidarity response fund.  Come donare: Per donare al Solidarity Response Fund, potete andare sul sito http://who.int e cliccare sul bottone arancione “Donate” in cima alla pagina.

Oppure attraverso il canale Facebook.


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Tasse, il governo è sulla strada giusta per la redistribuzione fiscale. Altro che flat tax

23/01/2020 – La notizia del giorno non è se processare o meno qualcuno: questa è semmai una questione che interessa una parte della casta politica. C’è una notizia molto più importante per la gente comune di cui parlare: il governo giallo-rosso sta riducendo le tasse sui redditi da lavoro dipendente.

Le riduzioni dovrebbero essere così: fino a 1200 euro all’anno per i redditi da 8 a 28 mila euro; riduzioni da 960 a 1200 euro l’anno per i redditi da 28 a 35 mila euro; e 960 euro per i redditi da 35 a 40 mila euro. Finalmente! Avanti così. Credo che sia un primo passo, importante, ma ancora un primo passo. Occorre fare molto di più e si spera che ci sia il tempo di farlo durante questo governo e poi anche in quelli che verranno.

In realtà si tratta di un secondo passo, poiché il primo passo, anche se questo non piace ricordarlo a molti esponenti politici della sinistra e del governo, è stato fatto dal tanto vituperato governo di Matteo Renzi. Parlo dei famosi 80 euro in più al mese per i lavoratori con reddito fino a 1500 euro introdotti nel 2014. I più critici con Renzi dicono che sia l’unica cosa di sinistra che quel governo abbia fatto. Altri dicevano si trattasse solo di un’elemosina, ma elemosina non era e non è stata percepita come tale dai cittadini.

Bisogna riconoscere che una politica di redistribuzione fiscale dei redditi a favore del lavoro non si era mai vista prima di Renzi e la gente glielo riconobbe alle elezioni europee che si svolsero pochi mesi dopo il provvedimento redistributivo. E la gente aveva ragione.

Altro che elemosina. Era una politica seria e sacrosanta a favore delle classi sociali più deboli, quelle che avevano sofferto di più almeno dall’introduzione dell’euro. Tutti lo riconoscevano e ne parlavano, ma mai nessuno aveva fatto prima nulla per loro. Anzi, i governi di centrodestra avevano ulteriormente caricato quei miseri redditi da lavoro di altre tasse: tasse su tasse.

Questa è la riduzione delle tasse che la gente intende quando sente parlare di riduzione del carico fiscale. I cittadini elettori hanno sempre inteso per riduzione delle tasse quella sul lavoro dipendente, non la flat tax per i ricchi, come vuole la destra.

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Da tempo si parlava di ridurre le tasse sul lavoro. I sindacati ne hanno fatto una litania fin dall’introduzione dell’euro al posto della lira. All’epoca veniva richiesta come una parziale compensazione per l’aumento dei prezzi dei beni di prima necessità.

Credo che l’innamoramento degli italiani per Silvio Berlusconi prima e per Matteo Salvini dopo sia dovuto al fatto che quando li sentono parlare di riduzione delle tasse intendono per i poveri, ma il grande equivoco è che quei leader invece pensano ai ricchi.

Ricordo ancora una trasmissione fra il drammatico e il farsesco di Porta a Porta in cui Bruno Vespa avrebbe presentato in anteprima la tanto attesa riforma dell’Irpef del 2003. Quando, dopo una lunga attesa e tanti dibattiti per vaticinarla in trasmissione, alla fine alcuni rappresentanti del governo si presentarono in collegamento per parlarne, si capì subito quale fosse l’equivoco pazzesco. E lo capì subito Vespa con l’intuito politico che ha sempre avuto.

La riforma dell’Irpef del governo Berlusconi prevedeva una riduzione per i redditi più alti e un aumento per i redditi più bassi. Il povero Vespa ripeteva incredulo: “Ci deve essere un errore. Ci deve essere un errore”. La riforma fu ritirata nei giorni successivi e non se ne sentì più parlare.

E i sindacati avevano ragione a chiedere una riduzione delle tasse sul lavoro. In realtà, i redditi da lavoro dipendente sono crollati e con loro la domanda interna, almeno dal 1993, dal Protocollo d’intesa fra sindacati, industriali e governo, firmato sotto la guida di Carlo Azeglio Ciampi, quando era ministro dell’Economia.

Ne ho parlato già in un articolo pubblicato su lavoce.info di qualche anno fa in cui facevo notare che uno dei motivi principali della bassa crescita italiana era la slavina dei redditi da lavoro dipendente, caduti dal 1993 in pochi anni di circa l’11% del Pil. È almeno da allora che si sente dire la frase che le famiglie non arrivano a fine mese.

La riduzione delle tasse sul lavoro l’aveva poi promessa Romano Prodi nel suo governo del 2006, ma, per avere un avanzo di bilancio forse fin troppo alto, elaborò quella che fu presentata alla stampa come la strategia dei due tempi: prima la riduzione del debito pubblico, poi la riduzione del cuneo fiscale. Abbiamo rievocato questo periodo come quello in cui qualcosa si è rotto fra i sindacati, compreso la Cgil, e il centro-sinistra, creando un vuoto politico che è stato poi occupato dal Movimento cinque stelle.

Questa volta si invertono finalmente i due tempi: prima la riduzione fiscale per i redditi da lavoro e poi la riduzione del debito pubblico. In realtà, questi interventi di redistribuzione a favore dei più deboli, che dovrebbero pur sempre essere l’obiettivo prioritario di governi di centro-sinistra, può avere effetti espansivi sui consumi e sulla domanda interna che, negli ultimi due decenni, si è ridotta sempre di più, anche a causa della politica dei redditi. Indirettamente, questo dovrebbe avere un effetto positivo sulla domanda, sulla crescita e quindi anche sul rapporto debito/Pil.

Naturalmente, considerata l’entità modesta dell’intervento, è probabile che l’effetto sarà marginale e per questo dico che resta ancora molto da fare, ma la strada è quella giusta. Le tasse sul lavoro sono state aumentate, anziché ridotte, dai governi di centro-destra che hanno preferito eliminare l’Imu anche sulle case dei ricchi piuttosto che ridurre il peso fiscale sui redditi da lavoro più bassi.

Anzi, riducendo la tassazione sulla proprietà, compresa la tassa di successione, e la flat tax sui redditi da lavoro autonomo, indirettamente, siccome il debito continuava ad aumentare, si andava a pescare sempre di più nelle tasche già mezzo vuote del lavoro dipendente. – [FONTE]
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Ex Ilva, Governo vs ArcelorMittal/ Conte a Taranto accolto dagli applausi. Di Maio: “Rispetti i patti”

09/11/2019 – Ore delicate sul fronte ex Ilva-ArcelorMittal, Governo al lavoro per trovare una soluzione e salvare i posti di lavoro dell’azienda di Taranto. «Non sono un venditore di fumo, né un fenomeno: la soluzione la dobbiamo trovare come sistema Italia», un passaggio delle dichiarazioni del premier Conte durante l’incontro con i lavoratori dell’acciaieria, che hanno esposto preoccupazioni e richieste in questo momento di forte incertezza. Secondo quanto riporta Agi, è in programma lunedì un nuovo incontro tra il premier ed i Mittal, a capo dell’omonima multinazionale: fonti industriali spiegano che «sul tavolo è stato messo di tutto, ma il passo indietro è già fatto e appare difficilmente reversibile». Intervistato da Gr1, Luigi Di Maio è tornato sul capitolo scudo penale: «ArcelorMittal ci ha detto che licenzia 5 mila dipendenti anche con lo scudo penale, quindi questo tema è un distrattore di masse: non esiste che un’impresa che sbaglia i conti fa pagare le cambiali, che ha firmato, allo Stato. Se le paga lei e deve rispettare i patti».

EX ILVA-ARCELORMITTAL, CONTE A TARANTO
Il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha fatto visita come previsto, alle acciaierie di Taranto, l’ex Ilva ora sotto il controllo di ArcelorMittal. Il premier è stato accolto da diverse contestazioni, ma anche da applausi, a conferma di quanto il clima sia teso all’interno di quello che è lo stabilimento siderurgico più grande d’Europa. “Basta chiacchiere – gli ha urlato un operaio – qui sono più i morti che i bambini. Vogliamo la chiusura. Noi vogliamo vivere. Vai in ospedale. Vai a vedere i bimbi fare le chemio”, e ancora “Vogliamo essere difesi, non essere presi in giro”, “via lo scudo per Mittal”, “la vita dei tarantini vale meno di quelli di Genova?”. “Noi vogliamo vivere”. Conte viene accusato, come scrive Fanpage, di non conoscere l’impianto, ma lui replica così: “Sono venuto per questo, sono venuto per ascoltare”. Il minimo comun denominatore sembra essere la salute e la sicurezza: “Lei e il presidente della Repubblica – l’appello di un giovane – dovete assicurare il rispetto della Costituzione, dovete garantire lavoro, ambiente, salute che qui non sono garantiti”. Di nuovo Conte: “Sono venuto a Taranto per conoscere, per rendermi conto della situazione, per dialogare e per capire meglio. Siamo in una situazione di emergenza e non da oggi. C’è una comunità ferita, c’è una tragedia sociale”, poi il premier lancia un messaggio preciso: “A me dello scudo penale non importa nulla”.

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EX ILVA, CRISI ARCELORMITTAL: LA REPLICA DI MOODY’S
Tra nuove cordate e l’ipotesi nazionalizzazione, si accende il dibattito sull’ex Ilva. Nuovi aggiornamenti da Moody’s: la società privata ha confermato il rating Baa3 di ArcelorMittal, modificando l’outlook da stabile a negativo. Come evidenziato in una nota, la revisione riguarda il rapido declino degli utili nel 2019 nel contesto di una domanda calante da parte del mercato finale e di un deterioramento degli spread sull’acciaio. Ma c’è di più: «Ulteriori pressioni al ribasso sul rating potrebbero arrivare dall’incapacità di dare esecuzione senza attrici e in modo tempestivo alla proposta di risoluzione dell’acquisto dell’Ilva». Da registrare tensioni al Governo per quanto riguarda lo scudo penale, con Pd e Italia Viva disposti a fare una norma per la sua reintroduzione. Di parere diverso il M5s, come ha evidenziato il deputato tarantino Giovanni Vianello ai microfoni di Adnkronos: «Noi non voteremo mai una cosa del genere, non vedo perché dobbiamo fare un favore agli indiani contro gli interessi degli italiani e dei tarantini». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)

EX ILVA ARCELORMITTAL, SINDACATI: “ENTRO UN ANNO IMPIANTO SI SPEGNERA’”
Prosegue lo sciopero dei lavoratori presso lo stabilimento ex Ilva di Taranto, e i sindacati denunciano il fatto che ArcelorMittal stia già portando “gli impianti al minimo della capacità di marcia” e, “in queste condizioni”, “entro fine mese ci sarà lo stop totale”. Antonio Talò, il segretario della Uilm, ha poi aggiunto che “Bisogna intervenire presto”. Nel pomeriggio è atteso il presidente del consiglio Giuseppe Conte (in mattinata ad Alessandria per i funerali dei tre vigili del fuoco morti in un’esplosione), e nella serata scadranno poi le 48 ore concesse dal governo al gruppo indiano. La visita del premier all’impianto siderurgico sarà decisamente significativa, anche se al momento non è in programma alcun nuovo incontro fra il governo e i vertici di ArcelorMittal, a meno che non avvenga un vis a vis con l’amministratore delegato dell’ex Ilva, Lucia Morselli. Intanto la questione dell’acciaieria potrebbe rappresentare un grattacapo non da poco anche per il governo Conte 2: secondo il Corriere della Sera, infatti, se non si superasse lo scoglio c’è il serio rischio che l’esecutivo giallorosso cada. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)

EX ILVA, SCIOPERO ALL’ARCELORMITTAL: IL COMMENTO DI DI MAIO
Ex Ilva, prosegue lo sciopero degli operai di Taranto all’ArcelorMittal ma la situazione è sempre più delicata. Come vi abbiamo raccontato, Jindal si è chiamato fuori e il Governo è al lavoro per salvare i 20 mila posti di lavoro. Nelle ultime ore si è parlato molto dell’ipotesi nazionalizzazione, l’esecutivo giallorosso sta tentando in ogni modo di “obbligare” la multinazionale franco-indiana a rispettare il contratto esistente. Intervistata dal Corriere della Sera, il ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova ha commentato: «Il governo ha il dovere di non dare pretesti a ArcelorMittal. Quando questo gruppo ha partecipato al bando sapeva che in Italia la norma prevedeva anche lo scudo penale che era stata richiesto dai commissari perché non riuscivano a trovare persone che potessero lavorare laddove c’era inquinamento, perché l’Ilva era ed è un impianto posto sotto sequestro giudiziario con facoltà d’uso e con il vincolo di risanare e rispettare il piano ambientale. Se tu togli quella norma, col governo precedente, quindi contratti con l’azienda e la rimetti e adesso la ritogli dai il pretesto a Mittal di coprire le sue deficienze». (Aggiornamento di Massimo Balsamo)

EX ILVA, JINDAL: “NON INTERESSATI ALL’ACQUISTO”. ARCELORMITTAL…
Jindal, gruppo indiano, non è interessato a rilevare gli asset dell’ex Ilva dopo che ArcelorMittal ha deciso di ritirarsi. Poco fa è giunto un tweet della stessa azienda, in cui viene smentito qualsiasi interesse nelle acciaierie italiane: “Smentiamo con forza le indiscrezioni di stampa secondo cui “Jindal Steel & Power potrebbe rinnovare il suo interesse per l’acciaieria di Taranto”. Prosegue intanto lo sciopero di 24 ore promosso da Fim, Fiom e Uilm, e che secondo indiscrezioni potrebbe essere solo il primo di una lunga serie, in attesa che la situazione si risolva definitivamente. Sit in di fronte allo stabilimento pugliese di Taranto e in contemporanea è iniziata alle ore 8:30 l’assemblea dei lavoratori dell’ArcelorMittal di Genova, a Cornigliano, con l’obiettivo di stilare le prossime mosse. Intanto sulla vicenda si è espresso nuovamente il ministro degli esteri nonché capo del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, che nel corso del forum Ansa ha ammesso: “Stiamo riparlando di Ilva perché Arcelor Mittal si sta rimangiando l’accordo. Può succedere che un imprenditore sbagli i calcoli ma gli oneri vanno fatti rispettare, le cambiali non vanno fatte pagare allo Stato ma rimangono alle imprese”. Quindi l’attacco alla Lega: “Ogni volta che io provavo a essere duro, la Lega si schierava con Arcelor. Ora ho capito perché: hanno investito in Arcelor e stanno battagliando ancora per la multinazionale e non per i lavoratori. Abbiamo smascherato il finto sovranismo. Abbiamo gli unici sovranisti al mondo che perorano le battaglie delle multinazionali anziché i cittadini e i lavoratori”. (aggiornamento di Davide Giancristofaro)

EX ILVA, INIZIATO LO SCIOPERO ALL’ARCELORMITTAL
E’ iniziato lo sciopero in quel delle acciaierie del gruppo indiano ArcelorMittal, ex Ilva. Dalle ore 7:00 di oggi, venerdì 8 novembre, gli operai dello stabilimento siderurgico di Taranto e degli altri siti della stessa multinazionale indiana, sono in presidio assieme ai rappresentanti sindacali, a seguito delle ultime vicende note. I metalmeccanici, come si legge sul sito de Il Fatto Quotidiano, chiedono “all’azienda l’immediato ritiro della procedura di retrocessione dei rami d’azienda e al governo di non concedere nessun alibi alla stessa per disimpegnarsi, ripristinando tutte le condizioni in cui si è firmato l’accordo del 6 settembre 2018 che garantirebbe la possibilità di portare a termine il piano Ambientale nelle scadenze previste”. Su un binario parallelo il governo sta lavorando affinchè possa trovarsi una soluzione, e dopo l’incontro di ieri con ArcelorMittal l’esecutivo ha concesso 48 ore di tempo per proporre delle soluzioni alternative, evitando la partenza.

EX ILVA ARCELOR MITTAL, LE ULTIME DEL MINISTRO PATUANELLI
Fra le opzioni sul tavolo quella riguardante una possibile nazionalizzazione della stessa azienda ex Ilva, soluzione che secondo molti rappresenterebbe un rischio, ma non stando alle parole del ministro del lavoro e dello sviluppo economico, Stefano Patuanelli: “Non vedo perché parlare di rischio – le sue parole rilasciate ai microfoni di Repubblica – credo sia stato storicamente un errore privatizzare il settore della siderurgia, che era un fiore all’occhiello e di cui oggi rimane un unico stabilimento. In questo momento – ha aggiunto Patuanelli – la priorità del governo è far sì che ArcelorMittal rispetti gli impegni presi. Questo è il piano A, il piano B e il piano C e per questo ho richiamato il Parlamento, le forze sociali e tutte le componenti istituzionali del Paese a un senso di responsabilità che deve far percepire all’imprenditore la presenza massiccia del sistema Italia”. L’esponente dell’esecutivo ha poi specificato che la questione dello scudo è ormai superata, visto che il governo ha dato la disponibilità all’azienda di reinserirlo: “Ma ArcelorMittal – ha concluso il ministro – ha detto che anche se risolvessimo, oltre a quella, le altre questioni collaterali, la banchina e l’altoforno 2, la produzione sarebbe comunque di 4 milioni di tonnellate annue. Con 5 mila esuberi. E’ inaccettabile”. – [FONTE]
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Gozi uno e trino: “Le Monde” scopre un contratto con Malta

23/10/2019 – Non bastava andare a lavorare per il governo francese. Ora si scopre che l’ ex missino, ex prodiano, ex renziano, ora macroniano, Sandro Gozi, ha addirittura un contratto con il governo maltese.

A rilevare l’ ingombrante incarico è il quotidiano francese Le Monde. “Ama vantare il suo ‘approccio transnazionale’”, scrive il giornale francese che si chiede: “Questo significa spingersi fino a lavorare simultaneamente per diversi governi?”. Gozi, infatti, dopo l’ incarico di sottosegretario agli Affari europei diventa, piuttosto irritualmente, consulente del governo francese guidato da Edouard Philippe. L’ allora vicepremier Luigi Di Maio lo aveva etichettato come “traditore dell’ Italia”.

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Ora si scopre che oltre all’ incarico francese esiste un contratto di consulenza con Joseph Muscat, che guida il governo di Malta. La notizia è stata diffusa dal quotidiano maltese Times of Malta, partner di Le Monde. Il portavoce di Muscat conferma che Gozi, insignito dell’ Ordine nazionale al Merito nel 2016, lavora per il premier maltese dal giugno 2018.

L’ incarico prevede la consulenza “su tutte le istituzioni e priorità europee nel ruolo, identico o simile, che ha avuto o ha con governi e istituzioni europee”.

Nel frattempo, però, Gozi è diventato consulente anche del governo francese. E dopo essere arrivato ventiduesimo alle elezioni europee nella lista francese En Marche!, si prepara a divenire eurodeputato non appena l’ uscita della Gran Bretagna dall’ Unione europea lascerà liberi gli scranni inglesi a Strasburgo. Interpellato da Le Monde, Gozi ha cambiato più volte versione sull’ argomento dicendo prima che tra i due incarichi “non c’ è conflitto di interessi”.

Qualche ora più tardi, però, rettifica spiegando che il contratto maltese è stato sospeso in seguito all’ elezione europea con una lettera scritta a Muscat. A Le Monde, poi, ha assicurato che il premier Philippe era a conoscenza di tutto, ma poco dopo spiega: “Gli avevo detto di avere delle consulenze, ma non i dettagli su questo contratto”.

Ora i francesi hanno acceso i riflettori. Si tratta di capire se Gozi possa finire nel mirino dell’ Autorità per la trasparenza della vita pubblica. Va anche sottolineato che recentemente i rapporti tra Macron e Muscat sono molto migliorati sia sul fronte delle politiche migratorie sia su quello politico generale. E questo, nonostante la disinvoltura fiscale della piccola isola o scandali più rilevanti come l’ omicidio di Daphne Caruana Galizia. Ma “l’ approccio transnazionale” di Gozi, per natura, non ha limiti. – [FONTE]
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Il governo trova l’intesa sul carcere ai grandi evasori. Si tratta sulla flat tax per le partite Iva

22/10/2019 – Sono servite oltre due ore e mezzo di vertice e diversi incontri bilaterali per sciogliere alcuni dei nodi ancora aperti, ma alla fine il governo giallorosso sembra aver trovato una quadra sul Dl fisco. Dopo l’approvazione del Cdm la scorsa settimana ‘salvo intese’, nella notte è arrivato il disco verde, e nei prossimi giorni si valuteranno gli ultimi elementi della legge di bilancio.

Posticipate a luglio 2020 sia le multe sul mancato uso del Pos – nell’attesa di un accordo sull’abbassamento dei costi delle commissioni delle carte di credito e dei dispositivi per il pagamento – sia le nuove norme per la riduzione della soglia sul contante. Questo slittamento, viene spiegato, è dovuto ai tempi tecnici per la creazione di una piattaforma informatica dove dovranno confluire tutti i dati utili al funzionamento di tutto il pacchetto anti evasione.

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Si lavora anche alle misure sul cashback. In manovra dovrebbe arrivare il ritorno del 19% delle spese effettuate tramite pagamenti con carte di credito e bancomat. Si sta cercando, fanno sapere fonti di governo, di ampliare l’elenco dei settori interessati, si andrà dai ristoranti al parrucchiere, dall’ estetista all’elettrauto. Si punta inoltre ad allargare anche ai dentisti e ai medici.

Fonti di governo spiegano che occorre a questo proposito creare un sistema informatico in grado raccogliere i dati dei vari circuiti di carte di credito e inviarli a una sorta di centrale che calcolerà quanto il possessore della carta vedrà tornare indietro attraverso il sistema del cashback.

Il carcere ai grandi evasori e la confisca per sproporzione trovano spazio nel decreto fiscale e “ambedue le norme entreranno in vigore dopo la conversione in legge da parte del Parlamento. D’ora in avanti chi evaderà centinaia e centinaia di migliaia di euro sarà finalmente punito con il carcere. Colpiamo i pesci grossi”, scrive il ministro Luigi Di Maio su Facebook al termine del vertice di maggioranza a Palazzo Chigi.

Secondo quanto trapela da fonti della presidenza del Consiglio, il premier Conte si è detto soddisfatto per l’accordo raggiunto. È previsto il carcere da 4 a 8 anni per chi evade più di 100 mila euro. Il decreto contiene anche la confisca per sproporzione.

Resta da risolvere il tema della flat tax per le partite Iva. Se da un lato è stato trovato l’accordo per evitare l’introduzione del calcolo analitico per le partite Iva con fatturato sotto i 65 mila euro restano da risolvere alcuni dettagli a partire dal limite relativo ai beni strumentali. – [AGI – di Elisa TRINCIA]
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Reddito di cittadinanza, ecco cosa potrebbe cambiare con il nuovo governo

21/09/2019 – La manovra per il 2020 porterà, con tutta probabilità, una stretta sul reddito di cittadinanza. A cambiare potrebbero essere le regole che riguardano le revoche del sussidio in presenza di un rifiuto dell’offerta di lavoro. Due le possibili correzioni in senso restrittivo: da un lato, l’introduzione della sospensione del beneficio in caso di contratti a termine, il che significherebbe che nel caso vengano proposti non sarebbe possibile rifiutarli, perché, una volta conclusi, ripartirebbe ugualmente; dall’altro, la previsione della cancellazione del sostegno dopo il secondo no e non più come ora dopo il terzo.

Non a caso è lo stesso premier Giuseppe Conte a insistere: “Non dobbiamo distogliere l’attenzione dal reddito di cittadinanza, dobbiamo lavorare all’aspetto della formazione e a quello occupazionale perché solo così quel provvedimento non avrà carattere assistenzialistico”.

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La conferma per gli anni a venire della misura-chiave del programma grillino non è mai stata in discussione e lo stesso ministro del Lavoro, Nunzia Catalfo, lo ha spiegato a più riprese, avvisando che semmai ora si tratta di passare alla fase due, quella delle politiche attive, dopo l’attribuzione del reddito a circa 960 mila destinatari e oltre. Il nodo da sciogliere, però, è rilevante e riguarda innanzitutto il potenziamento dei servizi per l’impiego, anche con la piena operatività dei navigator: un passaggio che richiederà mesi. In attesa della cosiddetta attivazione dei titolari del sussidio, nel governo stanno lavorando per stringere le maglie sulle possibilità di rifiutare le opportunità di lavoro offerte.

Una delle innovazioni in cantiere la spiega direttamente il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, regista di tutta l’operazione: “Un miglioramento ci è stato chiesto sul reddito, relativamente alla possibilità di interromperlo per il lavoratore che ha un rapporto di lavoro temporaneo, al massimo di tre mesi.

Poi riprenderebbe il reddito. Sarebbe un incentivo a far accettare un lavoro anche se breve”. Per il resto il governo, che in genere chiede all’Inps di fare simulazioni, “non ha chiesto niente su possibili modifiche” su Reddito e Quota 100. La novità indicata si collegherebbe alla previsione della decadenza dal beneficio dopo il secondo rifiuto dell’offerta di lavoro, senza che sia richiesto di attendere la terza per non poter più dire no, pena la perdita del sussidio.

Sulla distribuzione del reddito emerge un nuovo report di Demoskopika: sono 960mila le domande accolte fino al 4 settembre (per 2,3 milioni di persone coinvolte) e coprono il 52,7% delle famiglie italiane in povertà assoluta (1,8 milioni). Nella ricerca si evidenzia “una correlazione” tra la richiesta del reddito di cittadinanza e il lavoro irregolare: nelle regioni nelle quali si registrano il numero più alto di beneficiari e la copertura maggiore del reddito rispetto al tasso di povertà assoluta, infatti, c’è anche il tasso maggiore di lavoro irregolare. – [FONTE]
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Di Battista attacca il Pd: “Partito più ipocrita d’Europa, non vi fidate”

19/09/2019 – “In uno dei primi interventi che feci in Parlamento dissi: ‘il malaffare ha rovinato questo Paese ma è l’ipocrisia che uccide la speranza’. Ecco io reputo il Pd il partito più ipocrita d’Europa. Ed io che ho molti difetti ma non sono ipocrita vi dico che nelle ultime 48 ore è accaduto tutto ciò che temevo sarebbe accaduto. Prima Renzi ha formato i suoi gruppi parlamentari (stando attento, sia chiaro, a lasciare ancora qualche suo ‘palo’ nel Pd); poi il Partito Unico Lega-Fi-Pd-Fdi ha salvato l’ennesimo deputato votando contro una richiesta d’arresto da parte dei giudici di Milano dopo aver votato no persino sull’utilizzo di intercettazioni contro di lui”.

Così Alessandro Di Battista in un post su Facebook, dove avverte: “Non vi fidate”. “Sono sempre stato contrario – prosegue – ad un governo con il Pd. Non è un segreto. Ho sempre reputato il Pd il partito del sistema per eccellenza, quindi il più pericoloso. Il Pd è un partito ‘globalista’, liberista, colluso con la grande imprenditoria marcia di questo Paese, responsabile (paradossalmente più della destra che ho sempre ugualmente contrastato) delle misure di macelleria sociale che hanno colpito i lavoratori italiani”.

“Sono stati soprattutto gli uomini e le donne del Pd – aggiunge Di Battista – a svendere i gioielli di Stato ai loro amici; loro hanno regalato le autostrade ai Benetton; loro hanno spinto affinché si bombardasse la Libia dando il La alla destabilizzazione della regione e al conseguente aumento dei flussi migratori. Loro, soprattutto loro, hanno impedito che venisse approvata una legge sul conflitto di interessi”, dice.

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“Non vi fidate del Pd derenzizzato, Renzi ci ha lasciato dentro decine di ‘pali’. Non vi fidate – l’avvertimento – dei giornali che per la prima volta vi apparecchiano interviste più morbide. Il loro obiettivo è la ‘normalizzazione’ del Movimento (come se aver lottato contro questo sistema fosse anormale). Non vi fidate delle smielate parole di Franceschini. Franceschini vuole fare il presidente della Repubblica e sta già in campagna elettorale parlamentare…”, continua Di Battista elencando in otto punti altrettante ragioni per non fidarsi dell’alleato di governo del M5S.

“Non vi fidate – prosegue – delle false aperture del Pd sulla revoca delle concessioni ai Benetton. Salvini non ha voluto togliergli le concessioni per codardia e pavidità, il Pd cercherà di non farlo per contiguità. Non vi fidate dell’Europa (e sia chiaro, io non sono affatto un anti-europeista), in cambio di un po’ di flessibilità in più chiederanno all’Italia le ultime chiavi di casa rimaste. Non vi fidate della Lagarde, chiedete ai disgraziati greci e argentini ciò che ha fatto. Non vi fidate delle notizie che arrivano dal Medio Oriente, al contrario lavorate per la Pace. Ne va dell’interesse del popolo iraniano, saudita e yemenita e di quello di un mucchio di imprese italiane che hanno sempre lavorato bene con Teheran. Non vi fidate dei ‘nuovi ambientalisti’.

Costoro sono i più sporchi, sono quelli che reputano il rispetto dell’ambiente solo uno spazio politico da occupare o che vorrebbero far pagare la lotta all’inquinamento ai poveracci e non a chi inquina davvero”.

E ancora: “Fidatevi di chi soffre, di chi cerca un posto letto in ospedale, di medici e infermieri che lavorano in condizioni disperate, dei pensionati che rovistano, dei ricercatori che fuggono, di chi vuole solo una casa o la possibilità di metter su famiglia, di chi guadagna una miseria o si mette in tasca una miseria per pagare le tasse. Fidatevi di loro, di ciò che dicono, di quel che gridano. Mischiatevi con loro, è la sola ‘normalizzazione’ che ci è consentita”.

“Io, da fuori, farò le mie battaglie. Lo dico fin da subito. Non voglio destabilizzare nulla e nessuno, voglio solo esprimere le mie idee e sono sempre le stesse…”, aggiunge. – [ADNKRONOS]
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Conte atteso alle 9.30 da Mattarella per ricevere l’incarico e sapere quanto tempo avrà per formare la squadra

29/08/2019 – È il giorno di Giuseppe Conte. Alle 9.30 è convocato al Quirinale per ricevere da Sergio Mattarella l’incarico di formare un nuovo governo, retto dalla maggioranza tra M5s e Pd. All’ultimo giorno di consultazioni, Cinquestelle e democratici hanno trovato l’accordo, con il segretario Pd Nicola Zingaretti che per primo ha informato il Capo dello Stato di aver “accettato la proposta” pentastellata di “indicare in quanto partito di maggioranza relativa il nome del presidente del Consiglio dei ministri”. Ora all’avvocato Conte spetta il compito di formare la squadra di governo e di sciogliere i nodi ancora sul tavolo della trattativa. Ecco perché il Quirinale dovrebbe concedergli almeno tutta questa settimana per svolgere le sue consultazioni.

La prima questione ancora da risolvere resta il ruolo che avrà Luigi Di Maio nel prossimo esecutivo. Nel discorso al Colle che ha dato il via libera definitivo al Conte 2, Di Maio ha confermato che Salvini e Lega gli avevano offerto “di fare il premier“. “A me interessa il meglio per il Paese, non per me”, ha specificato.

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La sua rivendicazione del ruolo di vice però non è mai caduta, nonostante i democratici insistano nel chiedere “uno schema diverso” con un solo vicepremier: Conte è in quota 5 stelle e non più super partes, quindi serve un suo vice del Pd, è il ragionamento. Anche per una ragione di “discontinuità“. I Cinquestelle hanno fatto quadrato intorno al capo politico, ma poi sono arrivate la parole del garante Beppe Grillo: “C’è un po’ di poltronofilia, ora i ministri siano scelti tra personalità competenti. Ruolo politico ai sottosegretari”. È un rilancio del progetto di Gianroberto Casaleggio “del governo dei migliori“, ma anche un duro invito a non perdere tempo nel discutere dei posti da ministro. Che dovranno rispettare anche la “parità di genere“, è l’altra indicazione arrivata a Conte da Zingaretti. Infine, per il futuro premier come per tutto il governo, c’è il l’incognita del voto su Rousseau che per il M5s deve avere l’ultima parola. – [IlFattoQuotidiano.it]
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Armando Siri è fuori dal governo: il premier Giuseppe Conte gli ha revocato l’incarico da sottosegretario

09/05/2019 – Armando Siri è fuori dal governo. Il premier Giuseppe Conte gli ha revocato l’incarico dopo un consiglio dei ministri durato due ore e mezza. L’ormai ex sottosegretario della Lega è indagato per corruzione da parte della procura di Roma. Nessuna conta al tavolo di Palazzo Chigi. Il decreto di revoca, a quanto si apprende, è stato adottato dal premier, sentito il Consiglio dei ministri, dopo una lunga discussione. “Ci sarà un decreto per la revoca di Armando Siri. Al presidente della Repubblica arriverà lo schema di decreto per la revoca. Abbiamo anche acquisito il parere del Cdm che ha ribadito la fiducia nel mio operato e ha preso atto di questa nostra iniziativa. Dopo una discussione franca e non banale, c’è stata piena fiducia sul mio operato e il governo ha preso la decisione più giusta. Andiamo avanti con la fiducia dei cittadini, consapevoli che senza questo fattore non potremmo mai sentirci il governo del cambiamento”, ha spiegato il premier alla fine della riunione del governo.

Conte al Cdm: “Ho la fiducia di tutti?” – Durante la discussione le due parti sono rimaste sulle loro posizioni. Da una parte il premier nei panni del pubblico ministero, sostenuto dagli esponenti del Movimento 5 stelle. Dall’altra la ministra della Pubblica Amministrazione, Giulia Bongiorno, a rappresentare la Lega nella difesa di Siri. Anche i due leader, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, sono intervenuti durante la discussione. Conte ha esposto la sua proposta di revoca e alla fine ha chiesto: “Ho la piena fiducia di tutti? Questo è un passaggio di alta valenza politica e sia chiaro che ci deve essere la piena condivisione del metodo e anche della soluzione che oggi porto”. Il presidente del consiglio ha fatto presente ai suoi ministri che “altri casi simili si possono presentare anche in futuro e io rivendico il metodo adottato oggi anche per il futuro, rivendico di poter discernere – senza alcun condizionamento e senza alcun automatismo né favorevole né contrario – caso per caso. Se perdiamo al fiducia dei cittadini non potremmo più averli al nostro fianco e non potremo agire come governo del cambiamento”. Alla fine tutti i ministri – anche quelli della Lega – hanno ribadito la loro”fiducia” al presidente del consiglio.

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Di Maio: “Dal governo segnale di discontinuità” – Subito dopo la fine della riunione del governo, Luigi Di Maio ha convocato una conferenza stampa. “Grazie a quello che abbiamo proposto come M5s il Consiglio dei ministri ha deciso di avviare la procedura di revoca dell’incarico di sottosegretario a Siri, perché quando si parla di inchiesta di corruzione e mafia la politica deve agire prima della giustizia. Per me è un grande orgoglio di fare parte di questo governo e della decisione presa da tutti quanti insieme”, ha detto il leader del M5s. “In una giornata come quella di oggi in cui l’Italia è scossa da inchieste su temi che riguardano la cosa pubblica, per me è altrettanto importante che il governo oggi abbia dato un segnale di discontinuità rispetto al passato”, ha aggiunto il vicepremier. Che ha sottolineato: “Non è una vittoria del M5s, non sono qui per esultare, è una vittoria degli italiani onesti, in un Paese che ha la corruzione più alta d’Europa. La legge sulla corruzione sta dando i suoi risultati ma la responsabilità politica è delle singole forze”.

Lega: “Fiducia in Conte” – Di Maio ha anche detto “che bisogna convocare subito un vertice di governo su salario minimo e flat tax, e chi le propone porta anche le coperture. Il mio obiettivo è non aumentare Iva e abbassare le tasse agli italiani. Lotta all’evasione seria e spending review sono i due obiettivi che ci dovremo dare”. Una risposta a fonti della Lega. Dal Carroccio hanno definito quella del Cdm come una “discussione civile e pacata” e alla fine hanno ribadito “fiducia nel premier ma convinta difesa del sottosegretario Armando Siri, innocente fino a prova contraria come tutti i 60 milioni di Italiani”. Poi dal Carroccio aggiungono: “Basta coi litigi e con le polemiche, ci sono tantissime cose da fare: flat tax per famiglie, imprese e lavoratori dipendenti, autonomia, riforma della giustizia, apertura dei cantieri, sviluppo e infrastrutture: basta chiacchiere, basta coi No e i rinvii”.

Salvini: “Raggi indagata da anni ed è al suo posto” – Dopo le dichiarazioni di Conte e Di Maio, però, fonti della Lega specificano anche altro. “In Cdm delibera del presidente per revoca Siri ma nessun voto. La Lega ha espresso contrarietà alla decisione e prende atto della facoltà del presidente del consiglio di chiedere la revoca del sottosegretario. La Lega difende un principio: non può esserci un automatismo tra indagini e colpevolezza. È un principio di civiltà giuridica che vale per tutti. Lega e 5 stelle”, dicono da ambienti leghisti. Che ripetono: “L’apertura di un’inchiesta non può coincidere con la chiusura o la condanna. Siamo dell’opinione che chi ha incarichi istituzionali deve pagare il doppio se colpevole, ma contrari al principio di colpevolezza senza processo”. Quindi è stato direttamente Salvini a parlare in conferenza stampa. “Prendo atto del fatto che la Raggi è indagata da anni ed è al suo posto. I nostri candidati sono specchiati. Se ci sono colpe di serie A e colpe di serie B, presunti colpevoli di serie A e di serie B…. a casa mia se uno vale uno, inchiesta vale inchiesta”, ha detto il ministro dell’Interno. I processi si fanno tribunale, credo nell’Italia e negli italiani, credo in un’Italia di 60 milioni di presunti innocenti. Se qualcuno ritiene che in Italia ci sono 60 milioni di colpevoli che devono dimostrare loro la loro innocenza, stiamo tornando indietro. Ma nessunomi fa cambiare idea sul fatto che l’Italia abbia bisogno di un governo”, ha aggiunto Salvini. Che sull’inchiesta sulle tangenti a Milano ha detto: “Noi abbiamo nessun problema, la questione morale riguarda altri. Mi dispiace che qualcuno si stia sporcando la bocca su Attilio Fontana”. Fontana è indagato per abuso d’ufficio. – [IlFattoQuotidiano.it]
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