Immigrazione, la Gabanelli asfalta Boldrini e Kyenge: “Porti chiusi? Si può. Le Ong portino i migranti in Francia

02/07/2017 – “Più metti in opera possibilità di salvataggio e più i trafficanti portano in mare un’umanità disperata e inconsapevole”. A dire basta alla politica dei soccorsi in mare aperto, anche fuori dalle acque italiane, non è un “cattivone” leghista ma Milena Gabanelli, idolo della sinistra chic italiana che però sull’immigrazione e gli sbarchi ha idee chiare. Che, probabilmente, non piaceranno alle fautrici del “c’è posto per tutti” come Laura Boldrini o Cècile Kyenge. Intervistata dal Fatto quotidiano, l’ex conduttrice di Report e oggi è vicedirettore dell’area digital della Rai si dice addirittura disposta a pensare alla chiusura dei porti: “Se le intenzioni di non lasciare l’Italia sola continuano a rimanere intenzioni, qualcosa di concreto andrà fatto”.

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Il problema è l’Unione europea e i partner comunitari: “Sarebbe sufficiente se, da subito, qualche Ong straniera facesse un’azione dimostrativa – è la proposta della Gabanelli -. Medici senza frontiere potrebbe sbarcare migranti a Nizza o il Muos a Malta. Vediamo se il democratico Macron ha il coraggio di dire Qui non li portate”.
La verità è che l’unico obbligo di chi soccorre i migranti in mare aperto è quello di portarli, secondo la Convenzione di Amburgo, nel “primo porto sicuro”. “Dovrebbe essere la Tunisia, che ha firmato quella convenzione, e anche Malta. Ma poiché il flusso è costante, e alcune navi sono dotate di infermeria, potrebbero arrivare anche in Spagna o a Nizza”, aggiunge la Gabanelli. Il capitolo Ong è lungo: “Non ci sono mai state tante navi che si adoperano per il salvataggio e mentre nel 2015 i morti in mare sono stati 2.800, nel 2016 siamo arrivati a 4.300. Più metti in opera possibilità di salvataggio e più i trafficanti portano in mare i migranti”.

L’Italia è l’hub d’Europa per i ricollocamenti di migranti, finora però è stato un fallimento totale. Serve un processo di identificazione vera, a monte: “Chi non ha diritto a restare, deve essere accompagnato al Paese d’origine, che spesso però non lo riconosce come cittadino. Per questo occorre aver fatto prima accordi bilaterali”.



L’accoglienza per ora è emergenza mentre, assicura la giornalista, potrebbe essere una opportunità anche economica: occorre che lo Stato metta a disposizione luoghi (caserme, ex ospedali) e assuma personale qualificato (“Circa 28.000 persone: formatori, medici, psicologi”) perché serve “un sistema di accoglienza dove le cooperative e le associazioni hanno un ruolo di supporto e non più di gestione”. Il costo di questo “paradiso”? “Sarebbe di circa 2 miliardi per la messa in abitabilità, e 2,2 miliardi l’anno per gestione e personale. La ricaduta sarebbe una maggiore percezione di sicurezza, oltre a una maggior disponibilità dei Comuni a farsi carico dell’integrazione”. – FONTE

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