L’ex paladino dell’antimafia Antonello Montante, condannato a 14 anni

11/05/2019 – Si chiude con una condanna a 14 anni di carcere, quasi 4 anni più della pena richiesta, la parabola discendente dell’ex paladino dell’antimafia Antonello Montante, l’ex presidente degli industriali siciliani accusato di avere ordito un vero e proprio sistema di spionaggio con la complicità di alti funzionari delle forze dell’ordine. La sentenza è stata emessa in serata, dopo quasi due ore di Camera di consiglio, dal gup del tribunale di Caltanissetta Graziella Luparello nel processo abbreviato. Per Montante la procura aveva sollecitato la condanna a 10 anni e sei mesi di carcere. L’ex comandante della Guardia di Finanza di Caltanissetta Gianfranco Ardizzone è stato condannato a 3 anni, per lui la Procura aveva chiesto 4 anni e sei mesi di reclusione. Quattro anni a Marco De Angelis, ex funzionario della Questura di Agrigento per il quale la Dda aveva chiesto sei anni e undici mesi. E poi un anno e quattro mesi per il questore di Vibo Valentia Andrea Grassi, assolto per altri due capi, per il quale erano stati chiesti due anni e otto mesi di reclusione. Diego Di Simone, responsabile security di Confindustria ed ex poliziotto è stato condannato a 6 anni e 4 mesi. Per lui chiesti sette anni e un mese di carcere. Infine, assoluzione per Alessandro Ferrara, funzionario Regione siciliana. Accolta così la richiesta della Procura.

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Secondo l’accusa, rappresentata dai pm Stefano Luciani e Maurizio Bonaccorso, Montante, che dopo avere trascorso quasi un anno in carcere si trova adesso agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico, avrebbe cercato di ottenere notizie riservate sui profili di alcune persone di suo interesse. In media, come spiegato dai pm durante la requisitoria, sarebbero stati effettuati nove accessi abusivi ogni tre mesi per un arco di 7 anni per cercare informazioni anche su alcuni collaboratori di giustizia, sull’ex presidente dell’Irsap Alfonso Cicero, parte offesa e parte civile, e il magistrato ed ex assessore regionale Nicolò Marino. Per la procura di Caltanissetta la catena di fuga di notizie sarebbe stata alimentata da alcune talpe istituzionali, appunto gli imputati. ”Mentre noi lavoravamo di giorno, qualcuno di notte disfaceva le indagini”, aveva denunciato il pm Luciani durante la requisitoria fiume. I difensori, durante le arringhe difensive, gli avvocati Carlo Taormina e Giuseppe Panepinto, avevano detto invece che Montante “ha operato all’insegna dell’antimafia quasi per 10 anni e mezzo e pare che la pubblica accusa si sia ispirata a questo concetto: dieci anni e mezzo hai governato, dieci anni e mezzo stai in galera”. ”Qui c’è anzitutto da prendere atto – ha detto ieri Taormina – che da un punto di vista di implicazioni di carattere mafioso non ce ne sono assolutamente. Si tratta poi di capire se all’interno di questo percorso ci possano essere state delle situazioni che non siano andate secondo quello che avrebbe voluto la legge e questo sarà oggetto di accertamento”. Per Taormina, Antonello Montante resta comunque il simbolo dell’antimafia. Anche se resta indagato, in un altro filone, per concorso esterno in associazione mafiosa.

”Rivendichiamo la titolarità in capo a Montante di essere stato e di essere ancora il vessillo dell’antimafia e chi lo vuole abbattere è il potere mafioso che è riemerso, purtroppo allineato a quello giudiziario che inconsapevolmente sta dando un forte contributo alla sua vittoria”. Prima di concludere le arringhe difensive, c’è stato anche lo spazio per una polemica a distanza tra il difensore di Montante, Giuseppe Panepinto, e il presidente della Commissione nazionale antimafia, Nicola Morra. Panepinto, fuori dall’aula, durante una pausa del processo, ha detto: “E’ semplicemente vergognoso che il presidente della Commissione nazionale antimafia nel momento in cui c’è un processo ancora in corso, venga fuori con esternazioni sulla stampa su vicende che riguardano il processo, perché queste cose possono condizionare il processo”. Nei giorni scorsi Nicola Morra aveva annunciato che la Commissione si occuperà del processo e in una intervista aveva detto che “in questo processo sono evidenti le trame torbide di interi pezzi di Stato che hanno tradito, e naturalmente sono molto preoccupato che la procura rimanga isolata, anche perché il ministero dell’Interno non si è costituito parte civile, un segnale grave”. Ma l’avvocato non ci sta e denuncia: “La Commissione nazionale antimafia nel rispetto delle istituzioni ha la possibilità di fare tutte le indagini che vuole, ma non può pubblicare due giorni prima della sentenza esternazioni sul processo. Questi sono fatti molto gravi”. Anche in aula, davanti al gup Luparello, Panepinto ha parlato di “pressioni sul processo”. E prima della sentenza, ha detto: “Non mi aspetto niente di buono…”. Un presentimento. In serata è arrivata la condanna, pesantissima, per Montante. “Il dispositivo della sentenza da largamente conto della fondatezza dell’accusa e dello straordinario lavoro che l’ufficio della Procura di Caltanissetta ha svolto in questi anni e fa giustizia di alcune affermazioni che ho sentito durante il processo”, ha commentato Bertone. Mentre il legale di Montante, Giuseppe Panepinto dice: “I 14 anni sono perfettamente in linea con il clima che si respirava…”. “Considerando che 14 anni con l’abbreviato sono 20 anni di base vale quanto un omicidio…”. E annuncia già ricorso. – [Continua su FONTE]
Precisazione e rettifica del 13/02/2020
Scarcerato Antonello Montante, l’ex presidente degli industriali siciliani, condannato nel maggio scorso a a 14 anni di carcere, tre anni e mezzo in più rispetto alla richiesta della pubblica accusa, nell’ambito del processo che lo vedeva accusato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo a sistema informatico. Montante ha avuto l’obbligo di dimora ad Asti, dove ha sede una delle sue attività imprenditoriali. – [Continua su FONTE]
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