“Fedeli vai affanc…, va a studiare, prenditi una laurea” la Ministra Addams brutalizzata dagli studenti mentre è in visita all’Università
22/11/2017 – Studenti scatenati all’Università Bicocca di Milano, dove il ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, inaugurava l’anno accademico. Alcuni ragazzi hanno cercato di fare irruzione nell’aula dove parlava la ministra e successivamente, per evitare guai, sono stati fatti entrare e a uno di loro è stata data la parola.
Durissimo l’attacco alla ministra senza laurea: “Siamo studenti, che il ministero ha deciso di sfruttare con l’alternanza scuola-lavoro. L’alternanza è l’utilizzo di manodopera gratis all’interno delle aziende e non si può dire che questo è colpa delle singole scuole perché se il ministero non riesce a creare barriere di tutelaallora il ministero dell’Istruzione ha fallito. Se alternanza scuola lavoro deve essere percorso formativo perché ci mandate in aziende non idonee?”.
Nel mirino dei contestatori anche i cosiddetti licei brevi: “Questa deriva porterà la scuola a un modello nozionistico che non sviluppa l’aspetto fondamentale: la capacità di analizzare criticamente il presente”. A prendere parte alla protesta il collettivo Ccs, Rete Studenti e Casc. “A lavorare gratis non ci stiamo – hanno scandito al megafono – non vogliamo sfruttamento ma formazione. Chiediamo che il ministro Fedeli esca dall’università”.
La situazione ha rischiato di degenerare, tra urla e pugni sulle porte anti-panicod’ingresso. Un ragazzo che ha fatto irruzione in aula è stato portato vaia di forza. Dunque una giovane, che ha iniziato ad insultare la Fedeli quando è entrata nell’aula: “Vai a laurearti. Un bel vaffanculo alla ministra Fedeli. Finisca il liceo lei anziché non farlo finire a noi”. Infine, anche uno striscione con la scritta: “Marcio come i vostri accordi”. L’accoglienza alla Fedeli è servita. FONTE
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GIOVANNA KIFERLE a Perugia ci parla degli aspetti psico-sociali nelle dinamiche immigratorie
Un bell’incontro quello di sabato scorso a Perugia, promosso dal Movimento 5 Stelle di Perugia, con la Dottoressa Giovanna Kiferle, psicoterapeuta e formatrice, che ha illuminato la sala parlando dei problemi psicologici dell’immigrato e dell’integrazione.
Riprese/editing: Fabio Berardi TV
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Albinen, il Paese svizzero che lotta contro lo spopolamento: “Chi viene a vivere qui sarà pagato”
22/11/2017 – Se vi piacciono le verdi vallate, l’aria pura di montagna e i panorami mozzafiato, allora Albinen, piccolo paese svizzero nel Canton Vallese, potrebbe essere il posto giusto per voi. Se ancora non siete convinti, vi basti pensare che postreste addirittura essere pagati per trasferirvici.
Il 30 novembre, infatti, i 248 abitanti voteranno la nuova proposta del consiglio comunale, quella di offrire una sovvenzione in denaro – 25mila franchi per adulto e 10mila per ogni bambino – a chi decide di costruire casa ad Albinen. Una cifra non indifferente: per una famiglia di 4 persone sono 70mila franchi una tantum, ovvero 60mila euro. Potrebbe essere una soluzione allettante per le famiglie con problemi economici.
Le condizioni, tuttavia, devono essere rispettate alla lettera. Chi è interessato alla proposta deve avere meno di 45 anni e, soprattutto, deve garantire di restare nel piccolo paese per almeno 10 anni.
Il motivo è chiaro: Albinen, come tanti altri paesi, è vittima dello spopolamento. I più giovani preferiscono vivere nelle grandi città, utilizzando le case natali come seconde abitazioni, da sfruttare durante le feste o le vacanze. Negli ultimi anni tre famiglie hanno lasciato il paese e la scuola, perdendo otto bambini, è stata costretta a chiudere. I sette bambini rimasti ora devono prendere l’autobus per studiare nella città più vicina, che dista circa 20 minuti.
Per questo, un gruppo di giovani del paese ha suggerito al sindaco di ‘aprire’ agli stranieri, e la proposta ha avuto una prima approvazione con 94 firme a favore (la metà della popolazione).
Il paese svizzero non è l’unico ad affrontare un problema di abbandono. Molti villaggi stanno cercando una soluzione con espedienti diversi: c’è quello che offre sconti nei negozi per i residenti, quello che garantisce il trasporto pubblico gratuito e infine quello che ha avviato la rete internet libera per tutti.
Dall’iniziativa sono esclusi i gruppi di investitori: Albinen non ha bisogno di complessi immobiliari, ma solo di famiglie disposte ad apprezzare la bellezza del luogo e la sua natura quasi incontaminata. Milletrecento metri di altitudine e, per rilassarsi, le terme di Leukerbab a solo sei chilometri di distanza. Il sindaco di Albinen ha dichiarato di essere entusiasta e di sperare che il progetto vada in porto. “È un investimento per il futuro del villaggio – assicura – e forse potremo riaprire anche la scuola”. FONTE
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Aemilia, il pentito Muto: “Nel 1994 in Calabria la ‘ndrangheta votò Forza Italia”
22/11/2017 – La deposizione del neo collaboratore di giustizia Salvatore Muto inizia col botto nell’aula bunker del tribunale di Reggio Emilia. “La ‘ndrangheta”, dice nel pomeriggio di lunedì 19 novembre in videoconferenza, “si impegnò a raccogliere voti alle elezioni politiche del 1994 tra Cutro e Isola Capo Rizzuto per Silvio Berlusconi”. Promotore dell’iniziativa fu nientemeno che Antonio Ciampà detto Coniglio, membro della omonima potente famiglia allora alleata con i Dragone/Grande Aracri, di recente indagato in “Aemilia 1992” per gli omicidi che segnarono 25 anni fa la guerra di mafia a Reggio Emilia.
Chi lo sostiene ha quarant’anni e fa parte del più affollato gruppo di famiglia finito alla sbarra: di Muto nel rito ordinario se ne contano sei e altri due sono a giudizio nell’abbreviato di Bologna. Lui è il personaggio più autorevole della famiglia, operativo tra Cremona e Piacenza prima dell’arresto, braccio destro di uno dei sei capi che secondo la Direzione Antimafia guidavano l’organizzazione: Francesco Lamanna.
Muto ha raccontato oggi i propri trascorsi giovanili in Calabria, quando ancora non apparteneva alla cosca ma il suo destino era segnato dall’essere nato nella famiglia dei “Pipini”, che nel 1994 già vantava un Salvino Muto arrestato per sequestro di persona e un Tommaso Muto che gestiva gli affari sporchi tra Cutro e Vibo Valentia. Entrambi erano zii di un giovane Salvatore che a 17 anni girava per il paese a distribuire volantini e ad attaccare manifesti con sopra scritto “Vota Forza Italia”.
Dice testualmente il collaboratore rispondendo alle prime domande dei pubblici ministeri Mescolini e Ronchi: “Ho partecipato a Cutro alla campagna elettorale del primo governo Berlusconi. Si fece una sottoscrizione nel paese e tra quelli che si diedero da fare c’erano tutti i nomi della ‘ndrangheta”. Salvatore ricorda che lo stesso Tonino Coniglio, ma anche Colacino e Paolini (imputati in Aemilia), si impegnarono personalmente per sostenere due imprenditori di spicco candidati al parlamento nella liste di Forza Italia: Floriano Noto alla Camera e Gerardo Sacco al Senato. Il primo è titolare della catena di supermercati AZ diffusa in tutta la Calabria.
Vanta circa 300 milioni di euro di fatturato l’anno e da febbraio di quest’anno ha stretto un accordo strategico con il colosso emiliano della grande distribuzione Coop Alleanza 3.0 per l’utilizzo del marchio Coop in Calabria. Noto è anche dal luglio scorso il presidente del Catanzaro Calcio attualmente in Lega Pro.
L’altro imprenditore non è da meno: Gerardo Sacco è orafo, titolare di un’impresa famosa oltre i confini nazionali che ha creato gioielli di grande valore sia per il teatro che per il cinema e la televisione. Nessuno dei due fu eletto in quelle elezioni. Floriano Noto, candidato alla Camera nel collegio di Isola Capo Rizzuto, prese il 33,2% dei voti ma fu battuto dal Progressista Rosario Olivo. Stessa sorte anche per Gerardo Sacco nel collegio di Crotone per il Senato: vinse Giuseppe Pugliese del centro sinistra.
Con voce lenta, con maggiore precisione nella narrazione del precedente collaboratore di giustizia Antonio Valerio, il pentito Salvatore Muto fa i loro nomi e li accosta ad un personaggi scomodo come Topino Ciampà: “Noi dovevamo sostenere quei due candidati. Se ne discuteva proprio quando io ero ancora là prima di salire in Emilia Romagna. Era uno scambio di voti e io diedi una mano perché c’erano anche i miei zii che si davano da fare. E Tonino Ciampà comandava a Cutro, era stato messo lì dai Dragone, e mandava a dire a tutti che dovevamo votare Forza Italia”. Siamo solo all’inizio. – FONTE
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Bari, madre fa arrestare il figlio latitante. Poi in una lettera spiega: “Odiami pure, volevo salvarti la vita”
22/11/2017 Corato (BARI)- Con una soffiata aiuta i carabinieri ad arrestare il figlio, evaso dagli arresti domiciliari. «Andatelo a prendere, è all’ospedale. Ha accompagnato la fidanzata a fare un’ecografia, la ragazza è incinta». Chissà quanto è costato a Daniela Manzitti, origini piemontesi e una passione per la Lega di Salvini, raccontare al maresciallo della stazione di Corato dove avrebbe potuto trovare il figlio ricercato dalle forze dell’ordine. Il ragazzo, arrestato per spaccio e furto aggravato, si era dato alla macchia tre mesi fa, lasciando i domiciliari.
Da allora, Daniela, diploma di ragioniera conseguito trenta anni fa in un paesino della cintura metropolitana di Torino e lavoro di controller a Corato, si consumava nell’angoscia che quella latitanza potesse finire in tragedia.
«Ho fatto un gesto necessario e inevitabile», dice la mamma dopo l’imbeccata che ha messo fine alla latitanza del figlio Michael. In una lettera aperta, pubblicata sul suo profilo Facebook e dal sito locale Coratolive, spiega al «carissimo figlio», un po’ scapestrato, che «ho fatto qualcosa che una madre non vorrebbe e non dovrebbe mai fare: ho tradito la cieca fiducia che tu da 24 anni riponevi IN me, consegnandoti nelle mani di qualcuno che di te non sa nulla, se non il tuo nome le tue bravate». Una scelta per salvarlo da conseguenze più gravi, proprio ora che sta per diventare papà. Lei confida che il giovane capisca e lunedì ha scritto: «C’è un legame potente tra una madre e i suoi figli… un filo sottilissimo, invisibile ma, non c’è lama così tagliente che possa scalfirlo: si chiama Amore vero». Ma ecco la lettera della madre al figlio.
«Carissimo figlio mio, l’altra mattina ho fatto qualcosa che una madre non vorrebbe e non dovrebbe mai fare: ho tradito la cieca fiducia che tu da 24 anni riponevi in me, consegnandoti nelle mani di qualcuno che di te non sa nulla, se non il tuo nome le tue ‘bravate’. È stato un gesto necessario e inevitabile. Le notizie frammentarie e confuse che mi giungevano durante la tua assurda latitanza mi trafiggevano il cuore e, purtroppo, non avevo modo di poterti raggiungere, aiutarti a ragionare e a trasmetterti il malessere che stavo vivendo.
Ciò che tanto mi opprimeva era il continuare la solita vita quotidiana che iniziava la mattina indossando quella ‘maschera’ di normalità e finiva la sera quando, rientrata a casa, la riponevo sul comodino… Sempre attenta al telefonino, accertandomi che fosse carico, acceso e che non fossero arrivati sms che non avessi letto; ansiosa di ricevere un tuo cenno, una tua notizia. Nel contempo, terrorizzata quando sul display compariva un numero a me sconosciuto che potesse annunciarmi una disgrazia, un fatale incidente, un tragico epilogo della tua vicenda.
Il susseguirsi dei controlli durante il giorno, durante la notte a casa nostra, a casa di amici e conoscenti, non facevano altro che accentuare l’angoscia di saperti in pericolo, braccato da ogni forza di polizia in ogni luogo. Spesso leggevo negli occhi di qualcuno di loro la rabbia e l’accanimento nei tuoi con confronti, il loro desiderio morboso di volerti prendere quasi come per aggiudicarsi un ‘trofeo’ da collezionare. Quando se ne andavano, temevo che, se ti avessero trovato, anche un solo tuo innocente movimento, una innocua mossa falsa che avresti potuto commettere, avrebbe potuto scatenare una loro reazione tragica e sproporzionata, decretando un drammatico finale.
Anni fa morì un tuo carissimo amico, un fratello per te. Ricordo chiaramente le parole che sua madre mi sussurrò quando mi avvicinai a porgerle le condoglianze: ‘Daniela, avrei preferito andare in carcere a fargli visita per tutta la vita, almeno avrei potuto vederlo, abbracciarlo e parlargli ancora… Tu sei fortunata!’.
Il non sapere dove stavi, come sopravvivevi, dove dormivi, chi potevi incontrare durante il tuo ‘oscuro’ cammino, mi logorava da mesi. Non c’era più pace nel mio cuore e nella mia testa… Ero una candela la cui fiamma si stava spegnendo giorno dopo giorno, ora dopo ora…
Quella mattina ti eri accorto che qualcosa non andava. Forse leggevi nei miei movimenti l’ansia e l’angoscia che mi rendevano incerta e timorosa. Mentre mi avvicinavo a te, i nostri occhi sono immersi gli uni negli altri, quasi a fondersi in un unico sguardo e io mi sentivo come ‘Giuda’ che tradì suo fratello… Ho abbassato il capo ti ho consegnato a chi ti stava cercando da troppo tempo…
Volevo morire, ma mi convincevo sempre più di aver fatto la cosa giusta. E poi, il comandante mi aveva dato la sua parola: niente violenza. Massima discrezione e rispetto dei tuoi e dei miei diritti di madre. Parola mantenuta!
Anche tu, d’altronde, hai dimostrato maturità, saggezza e rispetto del momento così difficile e inaspettato. Mentre ti circondavano e ti inducevano a mantenere la calma, io ti chiedevo perdono per quello che avevo fatto. Tu cercavi miei occhi e io, con la morte nel cuore, cercavo i tuoi… Più volte hai ripetuto che mi avresti odiata per il resto della tua vita.
Odiami ragazzo mio, odiami finché vorrai… Io, al contrario, continuerò ad amarti con la stessa intensità di sempre e anche di più. Un giorno ammetterai che, in cuor tuo, era ciò che volevi anche tu: porre fine a questo supplizio. Forse mi vorrai incontrare e io avrò la conferma di essere una madre ‘fortunata’ perché potrò ancora vederti, abbracciarti e parlarti…»
Tua madre
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Uber, rubati dati a 57 milioni di utenti: pagato il riscatto
22/11/2017 – Uber ha nascosto un furto di dati relativi a 57 milioni di clienti e conducenti. La conferma arriva dalla compagnia stessa, che non solo ha taciuto su quanto accaduto nel 2016 – come riferisce Bloomberg – ma ha anche pagato 100mila dollari di riscatto agli hacker perché eliminasse i dati rubati.
Oltre a nomi, indirizzi email e numeri di cellulare, sono stati piratati anche i numeri della patente di 600.000 americani.
“Non ci sono scuse – ha detto l’amministratore delegato di Uber, Dara Khosrowshahi – non sarebbe dovuto accadere”. “Stiamo monitorando gli account interessati – ha poi aggiunto – e li abbiamo segnalati per una ulteriore protezione. In ogni caso fino a ora non ci sono state violazioni e non è stato fatto un uso improprio dei dati trafugati”. “Anche se non posso cancellare il passato, posso dire a nome di ogni dipendente Uber che impareremo dai nostri errori”, ha sottolineato Khosrowshahi.
In seguito alla diffusione della notizia il capo della sicurezza di Uber, Joe Sullivan, ha lasciato la compagnia. La compagnia, che non ha reso noti i nomi degli hacker e avrebbe dovuto rivelare una violazione così significativa, lo scorso gennaio è stata multata per 20mila dollari per non aver rivelato una violazione molto meno grave nel 2014. (ADNOKRONOS)
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“Totò e Fassino divisi a Berlino”: editoriale di Marco Travaglio
22/11/2017 – La notizia non è ancora ufficiale, ma le nostre fonti – che comprensibilmente chiedono l’anonimato – ce la danno per certa: la crisi di governo in Germania è risolta. L’impresa, che solo due giorni fa pareva proibitiva dopo la rottura fra la Merkel e i possibili alleati Liberali e Verdi nella coalizione “Giamaica”, è stata propiziata dall’arrivo di un mediatore d’eccezione, chiamato d’urgenza dal presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier per scongiurare le elezioni anticipate. Il suo nome – lo diciamo gonfi di orgoglio patrio – è Piero Fassino. Steinmeier aveva sondato Henry Kissinger e Ban Ki-moon, che hanno declinato ritenendo disperata l’impresa. A quel punto, ammirato dalle prodigiose virtù diplomatiche mostrate dall’ex segretario Ds nella jungla della sinistra italiana, Steinmeier ha chiamato Fassino. Dopo vari tentativi a vuoto (lo smartphone del nostro negoziatore era sempre occupato, nel tentativo di raggiungere Bersani, a sua volta impegnato a capire dalla viva voce di Pisapia dove cazzo voglia andare), finalmente è riuscito a parlarci. Già nervosetto di suo, Fassino era reduce da una notte insonne in Questura a difendersi da una denuncia per stalking di Speranza, che se lo ritrova ovunque: sul pianerottolo, nell’androne, nel bagagliaio, nella pochette, nella vasca da bagno come Brizzi, però vestito.
Sulle prime il brillante mediatore subalpino ha pensato a uno dei tanti scherzi telefonici che gli fanno da quando non conta più una mazza. “Sono il presidente della Repubblica Federale di Germania”. “Sì, buona questa, e io sono il sindaco di Torino!”. Poi, chiarito l’equivoco, Fassino è volato a Berlino e ha subito visto la Merkel, che gli ha illustrato il pomo della discordia con i Liberali: il dissidio insanabile sulle politiche migratorie. Fassino l’ha rassicurata: “Dia retta, signora, avere una politica migratoria per governare non serve. Noi, per dire, stiamo con un certo Alfano che non ha mai avuto idea di cosa sia una politica migratoria, anzi non ha mai avuto idea punto; eppure è stato ministro dell’Interno quattro anni. Una specie di ficus messo lì al Viminale: non disturba, non sporca, dove lo metti sta. Magari lei l’ha pure visto, perché ora è parcheggiato agli Esteri: ogni tanto lo mandiamo in giro per l’Europa a prendere aria”. La Merkel non capiva e Fassino non capiva il suo non capire: “Gliene dico un’altra: ora, al posto della pianta grassa, abbiamo un ministro dell’Interno vero, Minniti, che una politica migratoria ce l’ha. Ma non piace per nulla a Bonino e Pisapia. E noi sa che facciamo? Candidiamo Minniti e ci alleiamo con Bonino e Pisapia. Furbi, neh?”.
La Merkel obiettava: “E poi al governo fate come dice Minniti o come vogliono questi Bonino e Pisapia?”. “Ah, non lo chieda a me: intanto ci pappiamo i voti, poi qualcosa ci inventiamo. La politica è improvvisazione, sennò sa che palle, signora mia”. Avendo da fare, Angelona spingeva fuori dalla porta con un colpo d’anca il brillante mediatore. Che si fiondava dal liberale Christian Lindner: “Sono Fassino, mi manda il presidente” ed esibiva il passaporto. L’altro faticava a riconoscerlo in foto perché, in nome della pace nel “Giamaica”, indossava delle graziose treccine rasta e fumava un cannone.
Chiarito che lo strano soggetto era proprio Fassino, Lindner lo invitava a mangiare di più e fumare meno. Risposta: “Ho appena convinto Angela a soprassedere sui migranti: so che la pensate all’opposto, ma mica vorrete rinunciare alle poltrone per così poco”. Lindner: “Così poco lo dice lei: se non c’è intesa sui migranti, che governo vuole che facciamo? Siamo persone serie, noi”. “Ma il ritorno al voto è un regalo ai populisti”. “Lo è molto di più un governo che litiga su tutto e non fa nulla”. “Mah, noi è dal 2011 che mettiamo insieme le pere con le banane e i cavolfiori pur di tener lontani i populisti”. “Infatti voi crollate e quelli crescono”. “E noi ci ammucchiamo tutti insieme con programmi opposti e facciamo leggi per moltiplicare i nostri voti e dimezzare i populisti, così li fottiamo”.
“Non ce l’avete una Costituzione?”. “Sì, ma trattabile: poi la Consulta può pure dichiarare la legge incostituzionale, tanto ormai le poltrone le abbiamo prese e tiriamo a campare cinque anni, poi il giorno prima delle nuove elezioni ne facciamo un’altra illegittima. Funziona”. “E il vostro presidente ve lo lascia fare?”. “Si figuri, quello manco parla”. “Qui non funzionerà mai, mica siamo in Italia. Ma lo sa che qui trattiamo sui dettagli di ogni legge, prima di fare la Grosse Koalition?”. “Non mi parli di Grasso a colazione, quello non mi risponde manco a pranzo e a cena!”. “Tempo scaduto, se ne vada”. “Ragioni: se io e Renzi che vogliamo più libertà di licenziare offriamo l’alleanza alla sinistra che rivuole l’articolo 18, lei e la Merkel potete governare sereni”. “Lei è matto, fuori di qui”. “Non prima di averle detto che Pisapia è per il dialogo”. “E che è Pisapia? Una cosa che si mangia?”. “Se le dicessi che mi ha incoraggiato personalmente Prodi?”. “Quando lui diventava presidente dell’Iri, io avevo 3 anni. Ma lo sa che siamo nel 2017?”. “Lei mi costringe a estrarre l’asso dalla manica: il vostro accordo ha la benedizione di Veltroni”. “Ma lei non ce l’ha una casa, una famiglia?”.“E il viatico di Arturo Parisi, dove lo mette?”. “Si levi dai coglioni”. “Scalfari scriverà bene di voi su Repubblica ”. “Raus!”. “Aspetti: la faccio parlare con Santagata”. A quelle parole, il gelido Lindner si scioglie come neve al sole: “Giulio Santagata? Ma poteva dirlo subito! Se abbiamo Santagata, l’accordo è un gioco da ragazzi. Pronto Angela? Son qui con Fassino: dice che Santagata è per l’accordo. Come? Questo cambia tutto? Ma è quel che dico anch’io! Perfetto, allora siamo intesi: è fatta”. FONTE
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Gratteri: “La ‘ndrangheta costa alla Calabria il 9% del Pil” (VIDEO)
22/11/2017 – Riuscire a fare informazione libera in una terra che vede imperare le leggi della ‘ndrangheta avallate dalla massoneria deviata che, tramite la zona grigia, le consente di penetrare gli assetti della società civile e talvolta delle istituzioni. Su questo tema, il procuratore distrettuale antimafia di Catanzaro Nicola Gratteri è stato intervistato ieri sera dal presidente dell’ordine dei giornalisti calabresi Giuseppe Soluri,……
…… al convegno organizzato nell’Auditorium della Chiesa Nuova di Vibo Marina, per il secondo anniversario dalla nascita di Zoom24.it, il quotidiano online regionale di informazione. Sala stracolma con quasi cinquecento persone presenti e molti giovani ad ascoltare le parole di Nicola Gratteri, salutato nel finale con una vera e propria standing-ovation da parte del pubblico presente.
La ‘ndrangheta e il Pil. Una lunga analisi sull’origine della ‘ndrangheta, sulla sua affermazione nel corso della storia e sulla sua influenza sulle attività finanziarie. “La presenza della criminalità organizzata – ha detto Nicola Gratteri – costa il 9% del prodotto interno lordo alla Calabria. Bisogna sfatare il mito che la ‘ndrangheta crea ricchezza”.
‘Ndrangheta e massoneria. Quanto alle aree di influenza del crimine organizzato, Gratteri ha evidenziato che la Provincia di Vibo e di Crotone “hanno lo stesso spessore criminale di quella di Reggio Calabria, mentre Catanzaro e Cosenza hanno delle specializzazioni differenti”. E sulla massoneria ha puntualizzato: “Le logge deviate e le ‘ndrine sono la stessa cosa, non c’è preminenza dell’una sull’altra”.
Non è mancata una frecciata alla società cosiddetta civile e a quei ceti abbienti che talora contribuiscono a “rivalutare socialmente le famiglie di mafia. Gli ‘ndranghetisti – ha chiarito Gratteri – i soldi li hanno fatti da tempo. Da qualche anno quello che vogliono è l’inserimento sociale per loro stessi e per i propri figli”. Quanto alla legge sulle intercettazioni, bocciata da magistrati, avvocati e giornalisti, ha ammesso: “E’ una porcheria”. FONTE
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L’ESPERTA DEL MINISTERO (CONSIGLIERA DI PADOAN) CHE VENDEVA I SEGRETI DEL GOVERNO
22/11/2017 – Un’esperta del ministero dell’Economia, consigliera fiscale del ministro Pier Carlo Padoan, è stata corrotta con 220mila euro per vendere i segreti del governo. È l’ipotesi che emerge da un’inchiesta della procura di Milano, di cui parla oggi il Corriere della Sera in un articolo a firma di Luigi Ferrarella.
I pm accusano la nota società di consulenza tributaria Ernst & Young di aver corrotto nel periodo tra il 2013 e il 2015 una ex professionista del gruppo, Susanna Masi, entrata a fine 2012, quando a Palazzo Chigi c’era Mario Monti, nella segreteria tecnica del sottosegretario Vieri Ceriani e poi diventata consigliera dei ministri Fabrizio Saccomanni, durante il governo guidato da Enrico Letta, e più tardi di Padoan.
INCHIESTA: CONSIGLIERA DI PADOAN CORROTTA PER VENDERE SEGRETI DEL GOVERNO
Stando a quanto riporta ancora Ferrarella sul Corriere della Sera sarebbero stati rivelate informazioni in alcuni casi destinate a rimanere riservate su normative fiscali in seno all’esecutivo e al Consiglio dei ministri. I magistrati accusano Ernst & Young come società e il suo senior partner e rappresentante italiano Marco Ragusa di «corruzione» e Masi di «rivelazione di segreto d’ufficio» e di «false atestazioni sulle qualità personali» per non aver dichiarato il proprio conflitto di interessi.
L’esperta secondo i pm da una parte avrebbe «fornito le notizie riservate», dall’altra si sarebbe «resa disponibile a proporre modifiche, a vantaggio di Ernst % Young e dei suoi clienti, alla normativa fiscale interna in corso di predisposizione, nella materia di transazioni finanziarie». I magistrati legano il flusso di informazioni a soldi che la consigliera del ministero avrebbe ricevuto dalla società tramite bonifici quasi fossero la prosecuzione dei compensi di quando lavorava nel gruppo. Masi nel giugno 2015 è stata nominata tra i 5 consiglieri di amministrazione di Equitalia spa. FONTE
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