Minacce di morte a tutti gli esponenti del M5S nessuno escluso
A riportare la notizia è Alessandro DI BATTISTA, con un post su facebook che riportiamo integralmente, siamo in guerra e non vogliono mollare l’osso, il M5S ha ragione da vendere e questi segni di protesta lo dimostrano, ecco il Post di Di Battista sul suo profilo Facebook:
“Ci è arrivata questa letterina. Un proiettile e qualche minaccia. Ne dovrebbero parlare tutti i giornali d’Italia, ma siaimo il M5S e fa poco notizia. Pensate se avessero mandato (speriamo che mai nessuno lo farà) un proiettile a Renzi. Un proiettile e qualche minaccia. Ne dovrebbero parlare tutti i giornali d’Italia, ma sia, Brunetta, alla Santanchè o alla Boschi cosa sarebbe successo.
Che la mafia ci detesti è un fatto noto (e anche un motivo d’orgoglio). Ricordo le parole che Buzzi disse a Carminati (i due boss di #MafiaCapitale): “Grillo ha distrutto il PD, noi non ci stiamo più”. Ora questi “ominicchi” cercano di intimorirci con lettere e proiettili. E fanno bene a provarci. Noi siamo loro nemici e se dovessimo andare al governo a Bronte o in Sicilia iniziassero a scappare. #NoMafiaBronte
P.S. Ci vediamo tra poco (alle 16) a Seregno (Monza-Brianza) in Piazza Segni. Stasera sarò a Genova, alle 20.00 in Largo Pertini. Domani (domenica) alle 11 a Sanremo in Piazza Muccioli, alle 14.30 a Savona in Piazza Rebagliati e alle ore 18 a La Spezia, Anfiteatro Parco della Maggiolina. Vanno amate le piazze e disprezzati i divani!”
Terremoto in Nepal: si temono 10 mila vittime, 22 italiani ancora irreperibili
ANSA ULTIMA ORA – Emergenza sfollati: nessun soccorso, ora è rischio epidemie. Il numero delle vittime del terremoto in Nepal potrebbe arrivare a 10.000: lo ha detto il premier del Nepal Sushil Koirala. Finora i morti accertati sono oltre 4.300. Quattro le vittime italiane. La Farnesina ha comunicato che tra ieri notte e stamattina sono stati rintracciati altri 18 italiani. Quindi sono 22 quelli ancora irrintracciabili.
Un milione i senzatetto – Secondo il Centro nazionale delle operazioni di emergenza (Neoc), circa 6,6 milioni di persone sono state colpite in varia misura dal sisma in 34 distretti, un milione di persone sono rimaste senza un tetto. Diverse localita’, nelle vallate piu’ remote, sono ancora isolate e non sono state raggiunte dai soccorsi. Il governo stima inoltre che ci siano 400 mila edifici distrutti. Per i soccorsi sono a disposizione 13 elicotteri, tra cui tre inviati dall’India, che sono impegnati a trasportare i feriti negli ospedali di Kathmandu.
Ancora scosse – Quattro scosse di magnitudo fra 3,9 e 4,8 gradi Richter sono state registrate in Nepal nelle ultime otto ore. Lo ha reso noto oggi il Centro sismologico europeo mediterraneo. La piu’ forte (4,8) e’ stata alle 00,54 locali, mentre l’ultima (4,3) alle 05,05 locali.
Le vittime italiane – Renzo Benedetti e Marco Pojer sono stati travolti da una frana mentre stavano facendo trekking a 3500 metri di quota nella Rolwaling Valley. Lo raccontano due compagni di spedizione, Iolanda Mattevi, ferita, e Attilio D’Antoni, illeso, ricoverati entrambi all’ospedale di Kathmandu.
Sono morti anche Oskar Piazza, del Soccorso alpino del Trentino Alto Adige, e Gigliola Mancinelli, 51 anni, di Ancona, due dei 4 speleologi dispersi. “Vado a prendermelo – dice all’ANSA la compagna di Piazza -. Sembra impossibile a tutti”. Salvi gli altri due compagni: Giuseppe ‘Pino’ Antonini, 53 anni, di Ancona, e Giovanni ‘Nanni’ Pizzorni, 52 anni, genovese, esperto torrentista. Gigliola Mancinelli aveva chiesto un cambio turno a lavoro per andare in Nepal. ”Ho ancora qui sul telefonino gli Sms che Gigliola mi ha mandato prima di partire: mi aveva chiesto un cambio di turno, ci teneva tanto ad andare…”. Il dottor Germano Rocchi è il responsabile del servizio di elisoccorso delle Marche. Gigliola Mancinelli, medico anestesista, era anche volontaria presso la base dell’elisoccorso di Fabriano. ”Era una bravissima anestesista e una carissima collega”, dice. Continua…
Secondo voi è possibile rubare 200 MILIARDI senza andare in galera? In Italia SI! E’ bastata una legge e due parole in inglese.
15/04/2015 – Grandi opere, nei conti pubblici dell’Italia c’è un buco segreto da 200 miliardi. Non solo gli appalti di Ischia. E’ diffusa in tutti i Comuni italiani la pratica di fare investimenti attraverso il project financing: il privato ci mette il capitale e viene ripagato con un sontuoso affitto della struttura più vari contratti per servizi accessori. I casi dell’ospedale di Padova, del tribunale di Rovigo e della nuova sede del Comune di Bologna.
La prima impressione è che il gas di Ischia costi più del vino di D’Alema. Dando un’occhiata ai bilanci della Cpl Concordia, sotto inchiesta per presunte pratiche di corruzione, si intuisce un chiaro movente. Nel 2013 la cooperativa ha fatturato 415 milioni di euro e ha conseguito un utile netto consolidato di 4,5 milioni di euro. La sua controllata Ischia Gas, microscopica società di distribuzione dell’isola, ha conseguito un utile netto di 1,6 milioni (un terzo di tutto il gruppo) dando il gas a 1800 utenti e vettoriandone 1,9 milioni di metri cubi. In pratica un utile netto di circa 80 centesimi a metro cubo, che è all’incirca il prezzo di mercato del metano.
I magistrati napoletani ci spiegheranno, se riusciranno a provarli, i meccanismi della corruzione, ma sarebbe anche utile che si addentrassero nella ricetta della vera pozione miracolosa di casi come Ischia: il project financing. Questo sistema è il vero cancro nascosto della finanza pubblica. Con o senza corruzione sta scavando una voragine nelle casse dello Stato. Pochi giorni fa l’Autorità Anticorruzione di Raffaele Cantone ha chiesto alla Asl 3 di Nuoro i documenti sul contratto di project financing per la costruzione del nuovo ospedale, dove multinazionali dai nomi altisonanti (accompagnate dall’immancabile cooperativa rossa) si sono presentate a catturare il lucroso affare.
Il Fatto ha già raccontato la storia due anni fa. A Nuoro, per investire 45 milionisull’ospedale, non potendo accedere a mutui perché i conti della Asl non lo consentivano, hanno fatto il mitico project: il privato ci mette il capitale e viene ripagato con un sontuoso affitto della nuova struttura, più vari contratti per servizi ospedalieri non sanitari (pulizia, guardiania etc.). Il tutto per la durata di 28 anni. Non avendo potuto fare un mutuo da 45 milioni la Asl si è impegnata a dare ai privati circa 800 milioni in tutto, violando non solo il buon senso ma anche le norme europee secondo cui gli appalti dei servizi non possono durare più di 3-5 anni. L’Italia è ormai piena di operazioni del genere, il vero bengodi di costruttori e società di servizi. È un calcolo complicato da fare, perché ormai ciascuna Asl e ciascuno dei quasi novemila comuni, hanno scoperto il giochetto ed è difficile raccogliere tutti i dati.
Un solo esempio. L’ospedale Sant’Orsola di Bologna ha bandito nel 2010 una gara per la costruzione della cosiddetta centrale tecnologica. Ha vinto la Manutencoop, gigante delle coop rosse, guidata da trent’anni dal pluriindagato Claudio Levorato. Ma un altro manager rosso, Roberto Casari della Cpl Concordia, oggi agli arresti per la vicenda Ischia, si è talmente arrabbiato per essere arrivato secondo da presentare un esposto alla procura di Bologna. La pm Rossella Poggioli ha così scoperto che la centrale tecnologica ha un costo di 30 milioni, che il bando di gara indicava un valore dell’appalto di circa 6 milioni (perché il resto del costo è coperto da capitali privati), ma che alla fine il contratto vinto da Levorato vale circa 400 milioni, perché comprende forniture di servizi vari per 25 anni. Trattandosi di contratti per la fornitura dei servizi non risultano né tra gli investimenti né tra i debiti. Praticamente non lasciano traccia nei bilanci pubblici. Ma la stima prudente degli addetti ai lavori indica un indebitamento implicito, sotterraneo o nascosto di circa 200 miliardi di euro. Si tratterebbe del 10 per cento in più rispetto al dato ufficiale del debito italiano.
Una coltre di silenzio copre il fenomeno, e si capisce perché: i ras politici hanno trovato il modo di tagliare nastri alla faccia delle ristrettezze finanziarie degli enti locali. Ogni tanto si scopre quasi per caso un brandello di verità. Quando nel Veneto fu arrestato Piergiorgio Baita, capo della Mantovani e quindi dominus del Mose di Venezia, e noto come “mago del project”, tutta la regione andò nel panico, temendo uno stop traumatico ai numerosi project financing in corso. A parte una serie di strade e autostrade modello “classico” Brebemi (i privati anticipano il capitale poi se il traffico è inferiore alle attese lo Stato paga la differenza), si scoprì che inproject financing si stavano costruendo anche l’ospedale di Padova e il tribunale di Rovigo.
Ora sarà lecito chiedersi che senso ha il modello dell’investimento privato su un tribunale: qual è il rischio di mercato? L’opera viene ripagata da appositi pedaggi o multe comminate ai condannati? O anche l’innocente deve pagare qualcosa per il disturbo? Niente di tutto ciò ovviamente: sarà la pubblica amministrazione a pagare un canone di affitto a lungo termine al costruttore. Così l’edificio costerà ai contribuenti molto più che chiedere un mutuo in banca. Solo che con il project nessuno vede niente. La nuova sede del comune di Bologna è stata fatta in project financing: qualcuno l’ha costruita e il Comune si è impegnato a pagargli un affitto di 9,5 milioni l’anno per 28 anni. L’opera è costata 70 milioni, il Comune apparentemente non ha investito un euro, il patto di stabilità è rispettato, ma di fatto al contribuente è stato accollato un debito di oltre 250 milioni che sarà pagato dai figli del geniale sindaco che ha fatto il contratto.
L’allora governatore del Veneto, Giancarlo Galan, poi arrestato per il Mose, teorizzava nel 2010: “L’alternativa non è fare un ospedale con i soldi pubblici o farlo con i soldi dei privati. Perché la prima possibilità non è data. Se non ci fossero stati i capitali privati, a Mestre non ci sarebbe un nuovo ospedale”. Invece Mestre ha il nuovo ospedale. Che bello. I conti andò a farli Mariano Maugeridel Sole 24 Ore, scoprendo che è costato 140 milioni di euro a chi l’ha costruito, che ha messo 20 milioni suoi e 120 presi in banca, e ha avuto indietro dalla regione dell’astuto Galan il capitale più280 milioni di interessi più contratti di forniture per 1,2 miliardi in 24 anni. I conti sono presto fatti: grazie al project financing un ospedale può costare fino a dieci e anche venti volte il valore dell’opera edificata. – FONTE
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Ricostruzione Terremoto L’Aquila: a Boschetti condannato, l’incarico per l’appalto più importante
14/04/2015 Aquila – Quattro anni in primo grado per la Sanitopoli abruzzese del 2008. Rifondazione all’attacco del Pd: “A capo dell’ufficio legale di una società costruttrice l’ex assessore della giunta Del Turco”. Caduta dopo lo scandalo. Ma l’interessato replica: “Non devo più lavorare? Devo rubare?”
E’ la più grande opera pubblica post terremoto. Quella per il rifacimento dei sottoservizi (acquedotto, fognature, reti elettriche e telefoniche) del centro storico de L’Aquila dilaniato dal sisma del 6 aprile 2009. Ma il primo lotto da 30 milioni di euro è già al centro di un caso. Perché la società che dovrà eseguire i lavori ha scelto di affidare l’ufficio legale all’avvocato Antonio Boschetti. “E’ lo stesso Antonio Boschetti – spiegano Maurizio Acerbo e Francesco Marola di Rifondazione comunista, i primi a collegare l’appalto al nome di Boschetti – già consigliere regionale della Margherita, presidente della commissione Sanità regionale e poi assessore della giunta di Del Turco, condannato a 4 anni nel processo Sanitopoli”, lo scandalo che nel luglio 2008 provocò un’ondata di arresti e la caduta del governo regionale abruzzese.
OMBRE DEMOCRATICHE Insomma, una scelta duramente contestata quella di Boschetti, eletto nel 2005 nel consiglio regionale in quota Margherita, poi approdato nel Pd e successivamente nominato assessore regionale alle Attività produttive. Un incarico che l’allora governatore Ottaviano Del Turco gli aveva conferito poco prima dell’arresto nell’ambito dell’inchiesta cui è seguita la sentenza di condanna in primo grado emessa il 22 luglio 2013 dal tribunale di Pescara: quattro anni per associazione a delinquere e concussione. «Non possiamo che denunciare con fortissima indignazione che sulla ricostruzione continuano ad affollarsi ombre come del resto accade nella vita politica regionale – aggiunge il tandem di Rc allargando la polemica –. Possibile che per seguire un appalto a L’Aquila si debba chiamare un avvocato di San Salvo per giunta condannato in primo grado?».
FUORI SERVIZIO L’appalto in questione riguarda appunto il primo lotto di 30 milioni per la realizzazione di uno Smart Tunnel sotterraneo percorribile a piedi e all’interno del quale passeranno i principali servizi della città. Ad aggiudicarselo è stata una «associazione temporanea d’impresa (Ati) composta da tre aziende: Acmar, Edilfrair e Taddei». L’Ati, a sua volta, ha costituito la «società operativa Asse Centrale scrl» per l’esecuzione dei lavori. La stazione appaltante è, invece, una società pubblica: la Gran Sasso Acqua Spa, che gestisce il servizio idrico integrato.
SPAZI PERICOLOSI Un particolare non secondario per Acerbo e Marola, che li spinge a chiamare in causa direttamente anche il Partito democratico: «Da quel che sappiamo il Pd non ha mai messo fuori dalla porta il condannato Boschetti. La Gran Sasso Acqua è una società pubblica di cui è azionista il Comune dell’Aquila che è guidato da un sindaco Pd, Massimo Cialente, in una Regione amministrata da un presidente del Pd». E anche il presidente della Gran Sasso Acqua, fanno notare i rappresentanti di Rc, Americo Di Benedetto, è un «esponente renziano» del Partito democratico. Circostanze che spingono i due dirigenti comunisti a rincarare la dose: «E’ forte la sensazione», affermano, «che il sistema di potere del Pd abruzzese non solo non sia in grado di allontanare i condannati, ma che questi si ricavino uno spazio nel rapporto tra politica e imprese o comunque vengano tutelati e ricollocati magari in attesa della solita prescrizione».
BOSCHETTI ALL’ATTACCO Accuse che lo stesso Boschetti respinge: «Non faccio più politica, ma l’avvocato. Non devo più lavorare? Devo rubare?», dice il legale, consulente delle imprese che devono realizzare i lavori a L’Aquila. «Qual è il problema?», aggiunge, «ho uno studio con quattro avvocati e centinaia di clienti e tante aziende di cui curo gli aspetti legali. E’ stato vinto un appalto pubblico da società che hanno scelto me come legale perché sono il loro avvocato: non capisco le polemiche». Quanto agli aspetti economici dell’incarico, Boschetti fa sapere ai giornali che percepirà 850 euro al mese per tutta la durata dei lavori. FONTE
Polizia e Guardia di Finanza, confiscano beni per oltr 1.3 mln a famiglia rom
PESCARA 10/04/2015 – Sono di un valore complessivo di un milione e 316mila euro i beni mobili ed immobili confiscati a una famiglia di etnia rom dalla Polizia in collaborazione con la Guardia di Finanza di Pescara.
Si tratta di due fabbricati a Pescara, un compendio a Civitella del Tronto (Teramo) – tre unità immobiliari con annesse pertinenze – e sette auto. L’operazione è il risultato di un articolato lavoro investigativo della Divisione Anticrimine della Questura con la Polizia Tributaria della Finanza, nell’ambito di misure di prevenzione del codice delle leggi antimafia, per arrivare alla successiva confisca.
SORVEGLIANZA SPECIALE Per cinque persone della famiglia rom – gravate da precedenti penali e segnalazioni di polizia per reati quali traffico di droga e truffa ad anziani – è stata disposta la misura della Sorveglianza Speciale con obbligo di soggiorno nel comune di Pescara per tre anni. In diverse operazioni effettuate dal 2007 sono stati sequestrati e confiscati beni per oltre 37 milioni e applicata la sorveglianza speciale per 127 persone. Ulteriori dettagli dell’operazione saranno forniti in conferenza stampa presso la Questura di Pescara alle ore 11. Fonte
Pescara, il Papà della “Baby assessora” chiede risarcimento per 250mila euro alla Consigliera del M5S che denuncia la candidatura di meritocrazia
PESCARA 31/03/2015 – Veronica Teodoro (nella foto) venne proposta direttamente dal padre per “equilibri di coalizione”. Per questo a luglio Enrica Sabatini (M5S) parlò di candidatura “per meriti di famiglia e senza competizione elettorale”. Adesso Gianni Teodoro l’ha citata in giudizio chiedendole 250mila euro “per aver esposto la sua immagine al pubblico ludibrio”
Duecentocinquantamila euro come risarcimento danni per aver criticato, durante un Consiglio comunale, la nomina ad assessore di Veronica Teodoro, che al momento del suo insediamento aveva 19 anni. È questa la richiesta fatta alla consigliera comunale pescarese del Movimento 5 Stelle Enrica Sabatini, da Gianni Teodoro (padre di Veronica), politico pescarese dall’intramontabile forza elettorale. Enrica Sabatini è stata citata in giudizio “per aver esposto il cavaliere Teodoro al pubblico ludibrio della sua immagine e per le sofferenze morali patite dal danneggiato, nonché al grado di sensibilità del danneggiato stesso” ha detto Enrica Sabatini durante l’ultimo Consiglio comunale.
La consigliera grillina sostenne che la figlia di Gianni Teodoro fu nominata assessore “per meriti di famiglia e senza competizione elettorale”. Un “salto generazionale della Dinasty nostrana che lei, caro sindaco, ha avallato prostrandosi alle logiche di partito – ha poi affermato la consigliera Sabatini rivolgendosi al primo cittadino di Pescara, Marco Alessandrini – La signorina Teodoro, per sua pubblica ammissione, non la conosceva e anche lei, caro sindaco, non conosceva la rampolla, per sua stessa pubblica ammissione”.
Il caso Teodoro nel luglio scorso fece il giro d’Italia, e non solo. Veronica si ritrovò assessore “a sua insaputa”: il suo nome venne proposto direttamente da papà Gianni per “equilibri di coalizione”, e il neo-sindaco Alessandrini non fece obiezioni. A vent’anni non ancora compiuti, la studentessa Veronica Teodoro divenne l’assessore più giovane d’Italia nei Comuni sopra i centomila abitanti. “L’assessore Veronica Teodoro ha la maturità classica ed è iscritta a Giurisprudenza a Bologna: è una figura perfettamente in linea con il rinnovamento che il Paese ci chiede, un po’ sull’esempio del ministro Maria Elena Boschi, giovane, bella, e anche lei avvocato” spiegò a ilfattoquotidiano.it Gianni Teodoro, suo padre.
“All’epoca parlai di ‘familismo amorale’ – ha aggiunto Enrica Sabatini – contestando le sue scelte politiche, e queste due parole hanno profondamente turbato il cavaliere Teodoro, che si è prontamente sostituito alla figlia (non sarebbe la prima volta), e pur non essendo protagonista del gioco politico di questo consiglio comunale mi ha chiesto, a nome sempre della famiglia, il risarcimento record di 250 mila euro”. La consigliera pentastellata ha concluso così il suo intervento: “Esiste ancora il diritto di critica politica? Un confronto politico e dialettico, oppure bisognerà piegarsi alle rappresaglie, alle minacce, alle intimidazioni più o meno velate? Quale domani politico ci aspetta?”.
Questa la replica del consigliere comunale Piernicola Teodoro, fratello di Gianni, zio di Veronica: “Quello che ha affermato sarà tenuto in buona considerazione. La invito a riflettere prima di dare fiato ai denti. Da oggi in avanti non le permetterò di dire più nulla fuori le righe”. FONTE
Dalle carte di Ischia spunta un’intercettazione di Renzi: intercettato sul cellulare pagato dall’amico
L’inchiesta di Ischia rischia di far saltare in aria il Partito democratico. Anche Matteo Renzi è finito invischiato nella rete di Henry John Woodcock.
31/03/2015 – Il presidente del Consiglio non è assolutamente indagato, eppure è stato intercettato mentre parla con un generale della Guardia di Finanza.
Come riporta Il Fatto Quotidiano, il fascicolo nato dall’inchiesta della procura di Napoli sulla metanizzazione dell’Isola di Ischia è stato già stralciato. Tuttavia da quelle carte è venuto fuori che il cellulare usato da Renzi era ed è pagato dalla Fondazione Big Bang fondata da Marco Carrai nel 2012. La fondazione, che dal novembre 2013 si è trasformata in Fondazione Open, è “finanziata da donazioni di parivati”. I nomi sono resi pubblici a meno che questi non chiedano l’anonimato.
Lo scrive Il Fatto Quotidiano che aggiunge anche un altro dettaglio che emerge sempre da quel fascicolo che è stato trasmesso dal Noe dei carabinieri a Roma (senza indagati e destinato all’archivio senza neanche un’ipotesi di reato contro ignoti).
Il cellulare usato dal premier era ed è pagato dalla Fondazione Big Bang fondata da Marco Carrai nel 2012 e che dal novembre 2013 si è trasformata in Fondazione Open. Una fondazione – sottolinea il Fatto – “finanziata da donazioni di privati” i cui nomi sono sempre resi pubblici a meno che gli stessi non chiedano l’anonimato.
Intervistato dal giornalista de Il Fatto, il presidente della Fondazione Open Alberto Bianchi, spiega che “al momento in cui iniziò l’attività connessa alle primarie e alle Leopolda, in cui la Fondazione è stata coinvolta”. La notizia non ha alcun valore giudiziario, ripetiamo, il premier non è indagato. Ma è interessate perché da questa intercettazione si scopre che Renzi usa il cellulare pagato dal suo amico Carrai (quello della casa) – FONTE
Alaska Cane salva il suo padrone, dall’incendio di casa
Una storia incredibile accaduta in Alaska dove un cane è riuscito a salvare il suo padrone rimasto intrappolato nell’incendio che ha coinvolto la sua casa. L’animale è andato a cercare aiuto incrociando una volante della polizia che era in cerca dell’abitazione in fiamme. Il gelo aveva fatto perdere il segnale Gps dei poliziotti che così hanno deciso di seguire il cane, sicuri che li avrebbe portati nel luogo giusto. Grazie all’azione del cane, il suo padrone ha riportato solo qualche ustione. VIDEO:
Terremoto L’Aquila: lo Stato rivuole 7,8 milioni di euro, i terremotati dovranno ridare i soldi alla Protezione Civile
Gabrielli chiede la restituzione della provvisionale versata alle famiglie delle vittime dopo la condanna di primo grado
L’AQUILA 28/03/2015 – Sembra una beffa. Tra nove giorni L’Aquila ricorderà le vittime del terremoto, che il 6 aprile 2009 ha distrutto la città e devastato le famiglie, segnate indelebilmente da lutti. Proprio in questo periodo, il capo della Protezione civile, Franco Gabrielli, invia un vero e proprio «atto di messa in mora e intimazione di pagamento» ai familiari delle vittime, due pagine in cui viene chiesta la restituzione dei soldi delle provvisionali, decise dal giudice dopo la condanna in primo grado dei sette membri della commissione Grandi Rischi per aver rassicurato la popolazione nella riunione all’Aquila del 31 marzo 2009, una settimana prima del sisma, e che, adesso, alla luce della sentenza di assoluzione della Corte d’Appello, i terremotati sono chiamati a dare indietro «senza indugio» allo Stato, con l’aggiunta delle spese di giustizia e degli interessi legali maturati al 28 febbraio 2015.
Una beffa per le parti civili del processo, il cui primo severo verdetto è stato ribaltato in Appello con l’assoluzione di sei esperti e la sola condanna, rideterminata, di Bernardo De Bernardinis, all’epoca numero due della Protezione civile. La sentenza della Corte d’Appello, accolta dai familiari delle vittime, al grido di «vergogna, li avete ammazzati un’altra volta», è il fondamento della richiesta inviata alle parti civili, che avevano incassato complessivamente 7,8 milioni di euro, disposti dal giudice Marco Billi come risarcimento immediatamente esecutivo.
LA DIFFIDA
La famiglia Fioravanti, rappresentata dall’avvocato Fabio Alessandroni, è tra le prime ad avere ricevuto la «richiesta restituzione somme». «Si invita e si diffida – si legge nell’atto – alla restituzione delle somme percepite e a corrispondere senza indugio e, comunque entro 30 giorni dal ricevimento della presente, alla presidenza del Consiglio dei Ministri, dipartimento della Protezione civile, l’importo di 203 mila euro, oltre le spese legali 1.573 euro e 2 mila euro di interessi» calcolati dal momento della sentenza di primo grado fino al 28 febbraio 2015.
LE ISTRUZIONI
L’atto chiude con le istruzioni di pagamento e con le indicazioni della causale: «Restituzione della provvisionale liquidata» e con il numero di fax «al fine di comprovare l’avvenuto pagamento» da «trasmettere immediatamente allo scrivente» utilizzando in caso anche la posta certificata. Sul fronte del risarcimento del danno, le parti civili si sono mosse in modo differente dopo la sentenza del tribunale dell’Aquila. C’è chi non ha atteso per avviare l’istanza in sede civile e c’è chi ha deciso di aspettare la conclusione dell’iter giudiziario penale. La sentenza di primo grado aveva previsto provvisionali per i familiari delle vittime, da liquidare entro 90 giorni, suddivisi in due liste distinte di parti civili. Lo Stato non ha voluto attendere la decisione della Cassazione, alla quale è stato presentato il ricorso contro il verdetto della Corte d’Appello, preferendo “battere cassa” da subito e a pochi giorni dalla commemorazione delle 309 vittime. FONTE