UE, autorizzazione tre mais: Italia per la prima volta pro Ogm.
05/02/2017 – Il governo italiano ha votato a favore degli Ogm in sede europea. Era da molto tempo che non succedeva. Dobbiamo ringraziare di questo la ministra della salute Lorenzin, da sempre schierata a favore di Ogm e glifosato. Allo stesso tempo dobbiamo anche capire che in Europa, con l’acquisizione tedesca della Monsanto, si apre probabilmente una nuova fase sulla quale è bene cominciare a tener alta la guardia.
Ma prima i fatti. Nei giorni scorsi – e per la prima volta da molti anni – l’Italia a Bruxelles ha votato a favore dell’autorizzazione ex novo e del rinnovo di autorizzazioni in scadenza per la coltivazione di alcuni mais Ogm della Monsanto. Questo clamoroso “scivolone”, come lo ha definito Greenpeace, può almeno in parte essere considerato un ennesimo “danno collaterale” della catastrofe del terremoto e delle nevicate in Centro Italia.
Pomodori mais, senz’acqua ne pesticidi questo metodo affascina i biologi
Mentre i ministri dell’Agricoltura e dell’Ambiente Martina e Galletti sono impegnati con queste emergenze e il dramma di un tessuto economico e sociale devastato e da ricostruire, la ministra Lorenzin ha avuto modo con un blitz di spostare a favore degli Ogm un equilibrio fra componenti del governo già messo a dura prova all’epoca del voto sull’autorizzazione per il glifosato.
Anche in quel caso fu la responsabile della Salute a cercare di schierare l’Italia per il rinnovo, ottenendo come mediazione un’astensione tattica. Di fatto una vittoria per la Coalizione italiana Stop Glifosato che aveva chiesto al governo italiano di non votare a favore.
Com’è noto glifosato e mais Ogm della Monsanto vanno a braccetto da sempre: le piante sono selezionate in modo tale che si possa usare una grande quantità del principio chimico che l’agenzia di ricerca sul cancro (Iarc) ha definito come probabilmente cancerogeno per gli esseri umani.
Ora che la multinazionale americana è stata acquisita dalla tedesca Bayer, ci ritroviamo in casa enormi interessi economici e soprattutto enormi conflitti di interesse. Il fatto è che anche sulla questione degli Ogm l’Europa non riesce a prendere una posizione univoca e chiara. Del resto, quando la politica balbetta è tempo favorevole di scorribande per i sempre più potenti e solitari padroni della chimica e della genetica, non solo in campo agricolo. – fonte
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Roma, Ordinanza ANTI BOTTI Virginia Raggi INVALIDATA
26/12/2016 – Con Circolare del Ministero dell’Interno (in allegato) – Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali – Direzione Centrale per gli Uffici Territoriali del Governo e per le Autonomie Locali, l’ordinanza “ANTI BOTTI” emanata dalla Sindaca di Roma, Virginia Raggi, si rende di fatto NULLA.
Dal documento in questione si evince che l’organo di sorveglianza è il Prefetto, dal quale il Sindaco dipende.
I Prefetti hanno l’obbligo di far sì che il libero mercato dei prodotti pirotecnici (avente marcatura CE ) non venga in alcun modo ostacolato anche in merito al regime sanzionatorio che la Comunità Europea applica per chiunque viola tali principi di libero mercato.
Le Prefetture di tutta Italia hanno già richiamato e ammonito numerosi Sindaci per il caos generato dalle ordinanze emesse in passato perché non conformi alla normativa vigente e al di fuori dei loro ambiti di competenze.
Nella circolare ministeriale viene chiarita l’impossibilità di appellarsi all’art. 54 Tuel “Ordinanze Contingibili e Urgenti”, considerando il Capodanno come una tradizione centenaria e non un evento improvviso capace di creare seri pericoli e problemi di ordine pubblico.
L’ordinanza, nel modo in cui è stata formulata, crea un’enorme confusione sulle tipologie di artifici pirotecnici e un danno economico e d’immagine solo al settore legale, favorendo immancabilmente la vendita abusiva di prodotti illegali (privi di ogni requisito di sicurezza, i soli che provocano danni a persone, animali e cose), anziché incrementare un’azione mirata al controllo e alla soppressione di fenomeni di abusivismo.
Travaglio difende la Raggi e sbugiarda Orfini in modo epico
Le paventate problematiche segnalate dalle associazioni animaliste sono prive di alcun fondamento e soprattutto nulla hanno a che vedere con il settore legalizzato della pirotecnica, l’unico colpito e messo in ginocchio dalle suddette ordinanze.
I veri botti protagonisti delle proteste sono già illegali e nulla hanno a che fare con i giochi pirici commercializzati dalle rivendite autorizzate, sicuri, impiegabili da maggiori di anni 18 (e in determinati casi anni 14, come stelline, cipolline, bottigliette lanciacoriandoli, etc.) i quali rispondono ad elevati standard di sicurezza, ambientali e di rumorosità (massimo 120 decibel, ben al di sotto del suono prodotto da una sirena di un’ambulanza) imposti dalla Comunità Europea.
BECHIS. TROPPE BALLE SULLA RAGGI DALLA STAMPA
Si sta diffondendo in queste ore la bufala che la normativa vigente imporrebbe un massimo di 85 decibel di rumore prodotto dallo scoppio degli artifici legali…l’abbaiare di un cane ne produce già 90!
La vendita negli esercizi autorizzati (con o senza licenza di Polizia) e il conseguente utilizzo nelle modalità e nel rispetto di quanto riportato in etichetta di giochi pirici e fuochi d’artificio cat. F1 e F2 CE, non possono essere in alcun modo vietati dai Sindaci, non rientrando negli artifizi a uso professionale (accensioni pericolose, art. 57 t.u.l.p.s.). Ovviamente la suddetta circolare annulla anche tutte le altre ordinanze anti botti emesse nel territorio italiano. Fonte: agenziedistampa.it
Gran Bretagna, a due mesi dall’uscita dall’Europa, è Boom Economico
19/08/2016 – Uk, la Brexit è una festa, vendite al dettaglio +5,9%. A luglio vendite al dettaglio nettamente superiori alle attese. Merito del bel tempo e dell’aumento dei turisti stranieri. Sterlina ai massimi da due settimane sul dollaro. Mentre Renzi è pronto a giocare la carta Brexit morbida
Depressione post Brexit? Niente affatto, i consumatori britannici hanno invece festeggiato: le vendite al dettaglio a luglio sono cresciute dell’1,4% rispetto al mese precedente e del 5,9% su base annua. Entrambi i dati hanno nettamente battuto le attese (+0,2% m/m, +4,2% a/a). La sterlina si è subito rafforzata, salendo ai massimi da quasi due settimane sul dollaro a 1,3159. Al sorprendente risultato hanno contribuito il tempo particolarmente caldo e soleggiato e l’arrivo massiccio dei turisti dall’estero, favorito ovviamente dall’indebolimento della sterlina.
Secondo l’agenzia di rating Moody’s, d’altronde, non ci sarà nessuna recessione post Brexit, come aveva invece previsto la grande maggioranza degli analisti, e il Regno Unito quest’anno crescerà dell’1,5% e il prossimo dell’1,2%. Chi addossa alla Brexit la colpa del rallentamento dell’economia di altri Paesi sembra quindi avere sbagliato bersaglio.
Intanto, secondo il quotidiano britannico The Times, Matteo Renzi vuole concretizzare al vertice di Ventotene uno scambio con Angela Merkel: il presidente del Consiglio sarebbe pronto ad appoggiare la linea morbida della cancelliera tedesca sulla Brexit per ottenere il sostegno tedesco a un allentamento delle regole di austerity. Il Times arriva a questa conclusione, in vista dell’incontro di lunedì prossimo tra Renzi, Merkel e il presidente francese François Hollande a Ventotene, analizzando il cambio della posizione del premier italiano sui tempi dell’uscita della Gran Bretagna dall’Ue dopo il referendum del 23 giugno.
All’esortazione a “non perdere neppure un minuto”, il capo dell’esecutivo italiano, argomenta il quotidiano britannico in un articolo intitolato “Renzi si salva la pelle con un accordo sulla Brexit”, ha optato per una linea più cauta, concordando in particolare con la neo-premier Theresa May sulla possibilità di un’uscita dall’Ue più lenta, anche per evitare una sovrapposizione con le elezioni tedesche dell’anno prossimo.
“Accettando di sostenere la leader tedesca, Renzi ora spera che la Merkel l’aiuterà a sbloccare i fondi che potrebbero salvare la sua carriera politica. A Renzi servirà il superamento dei livelli di deficit concordati con Bruxelles per realizzare una serie di tagli fiscali promessi e aumenti retributivi, nel momento in cui i dati mostrano che l’economia italiana è di nuovo sull’orlo di una recessione”. Secondo il Times, in particolare, “Renzi spera che rilanciare la spesa possa contribuire a conquistare il favore dell’elettorato prima del referendum di novembre con cui ha messo in gioco il suo futuro” politico. Fonte
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Unione Europea: approvata direttiva bavaglio per i giornalisti che indagano sulle multinazionali
24/04/2016 – Approvata la direttiva UE sul “Segreto d’affari”. Mentre la classe politica e gli ambienti d’affari sono colpiti dallo scandalo di ‘Panama Papers’, i deputati del Parlamento europeo hanno approvato il 14 aprile scorso, a maggioranza relativa, (503 a favore, 131 contrari, 18 astensioni) il molto controverso rapporto sulla direttiva intitolata “Protezione delle conoscenze e delle informazioni commerciali non divulgate (segreto d’affari) contro il conseguimento, l’utilizzazione e la divulgazione illecita” più comunemente chiamata direttiva «segreto d’affari».
Oggetto della direttiva è la definizione di un quadro europeo al fine di meglio proteggere in Europa le conoscenze che raggruppano tutti i procedimenti di fabbricazione, d’organizzazione, e le tecniche acquisite attraverso l’esperienza, per produrre un bene o fornire un servizio, che oggi sono regolarmente oggetto di pratiche sleali, in particolare da parte di paesi terzi, in primo luogo della Cina. E ciò a causa di una frammentazione troppo importante delle legislazioni europee. Secondo numerosi parlamentari europei – i Verdi in prima fila – la direttiva, nella sua forma attuale, potrebbe esporre chi suona l’allarme, e i giornalisti, a dei procedimenti giudiziari quando rivelassero delle informazioni assimilabili a dei segreti d’affari, come nel caso di ‘Panama papers’ o di ‘Luxleaks’. Questi parlamentari che criticano il progetto legislativo ci tengono a far sapere che non sono contrari ad una armonizzazione delle legislazioni europee, ma che si oppongono solo alla definizione dell’art. 2, che secondo loro è chiaramente a favore delle imprese. Le imprese, infatti, con questa direttiva, disporranno di un flou giuridico che permetterà loro di invocare i segreti d’ufficio ogni qualvolta saranno in gioco i loro interessi. Toccherà allora ai giornalisti e a chi suona l’allarme di provare che agiscono in favore dell’interesse pubblico.
Questa opinione, naturalmente, non è condivisa dal relatore del PPE che a nome del suo gruppo si è battuto – ha dichiarato – affinché le garanzie per il lavoro dei giornalisti e la protezione di chi suona l’allarme introdotte nel testo siano reali e senza ambiguità e che era assolutamente necessario dotarsi di un quadro giuridico europeo, mettendo fine al mosaico di leggi nazionali differenti per lottare contro lo spionaggio economico e industriale, cioè contro il saccheggio di cui sono vittime le nostre imprese europee.
Sono numerose le ONG che hanno denunciato il progetto di direttiva. Sono circolate tre petizioni contro il voto della direttiva, che hanno raccolto più di 800 mila firme. Le imprese, invece, sembrano soddisfatte del testo adottato. La direttiva permetterà di evitare – secondo loro – l’appropriazione fraudolenta da parte di Paesi terzi. Questo atto legislativo sarà benefico anche nel quadro dei negoziati del Partenariato transatlantico commerciale e d’investimento (TTIP), l’Unione europea essendosi dotata di una base legislativa comune. Un punto, questo, molto importante nel momento in cui la questione dei segreti d’affari è pure dibattuta negli Usa.
Il Consiglio approverà la direttiva in una delle sue prossime sessioni. Poi gli Stati membri avranno due anni per recepirla. Ora che la direttiva è stata adottata tocca ai giornalisti a livello nazionale assicurarsi che i governi la realizzino rafforzando il suo campo d’applicazione. Lo zoccolo giuridico essendo minimo, gli Stati potrebbero rafforzarlo e “indurirlo”. FONTE
LE MONDE – Racconta il giornale parigino che il testo adottato la scorsa settimana ha lo scopo di proteggere le aziende contro lo spionaggio economico e industriale. Uno dei casi che ha provocato l’intervento del legislatore europeo, su pressione delle lobbies interessate, è avvenuto nel 2005: nel Rally del Giappone un individuo approfitta del passaggio di consegne tra due turni di guardia per entrare in un capannone nel parco di servizio del circuito e rubare il pneumatico ‘magia’ che ha contribuito al successo di Citroën nel Campionato del Mondo.
DIRETTIVA – La direttiva adesso stabilisce che in caso di furto o di uso illegale di informazioni riservate (innovazioni tecnologiche, ma anche i dati economici o di qualsiasi altro documento), le vittime possono rivolgersi ai tribunali in Europa. Probabilmente questa possibilità, che sembrerebbe normale a nostro modo di vedere, non era concessa da qualche Stato europeo. Dunque la direttiva dispone che: «Gli Stati membri garantiscono che i titolari di segreti commerciali hanno il diritto di applicare le misure, procedure e mezzi di ricorso previsti dalla presente direttiva per evitare l’acquisizione, uso o divulgazione illecita di un segreto affari o per ottenere il risarcimento di tale fatto. »
Secondo i presentatori del testo e in base a quanto si legge nella dichiarazione a sostegno della direttiva: «La tutela dei segreti commerciali non dovrebbe estendersi ai casi in cui la divulgazione di un segreto commerciale di interesse pubblico, nella misura in cui può rivelare cattiva condotta o altri illeciti o direttamente pertinenti attività illegali. »INTERPRETAZIONE – Resta però un problema fondamentale che verrà risolto probabilmente in futuro dalla giurisprudenza nazionale e da quella comunitaria. Che cosa si intende per rilevanza della rivelazione e interesse pubblico? Ad esempio, afferma il giornale parigino, nel caso di «Panama Papers», molte società offshore (che non hanno realizzato attività illegali) sarebbero state in grado di utilizzare la direttiva per mettere a tacere i media (ma non la magistratura, aggiungiamo noi).
STATI – I 28 Stati europei hanno ora due anni di tempo per trasporre la direttiva nella loro legislazione nazionale. Gli oppositori del nuovo provvedimento segnalano che alcuni governi potrebbero essere però tentati di utilizzare il testo per ostacolare le indagini in tema di politica economica: mi sembra un processo alle intenzioni, ma sarà la magistratura a decidere successivamente (o a influire preventivamente) sul comportamento della politica, come di solito avviene in Italia. Tratto da FIRENZEPOST
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“L’Italia non può stare nell’UE”: Il Financial Times boccia Renzi
01/02/2016 – La permanenza del’Italia nell’Eurozona non è più sostenibile o, per lo meno, non lo è a lungo termine. Dopo le turbolenze della Grecia, secondo l’analista tedesco Wolfgang Munchau, il sistema europeo potrebbe essere messo a rischio anche dall’Italia di Matteo Renzi. Che, incapace di realizzare riforme che rilancino il sistema Italia, cerca di invertire la rotta alzando la voce nei confronti di Bruxelles e Berlino. “La Grecia può essere l’esempio più brutale, ma non è l’unico paese esposto a crisi sovrapposte – spiega Munchau sul Financial Times – non è nemmeno il più importante davanti a questo dilemma. Questo sarebbe l’Italia”.
“Mentre i problemi di Roma sono diversi da quelli della Grecia – spiega l’analista tedesco – la sostenibilità a lungo termine del paese nella zona euro è allo stesso modo incerta, a meno che non si creda che la sua performance economica possa miracolosamente migliorare quando non c’è nessun motivo per farlo”. Il Financial Times accusa apertamente Renzi di non essere in grado di affrontare l’ermergenza immigrazione e la crisi del sistema bancario. “L’Italia è stata sopraffatta dalla crescita di profughi provenienti dal Nord Africa lo scorso anno – spiega Manchau – qltre a questo, l’Italia si trova ad affrontare problemi economici irrisolti: la crescita della produttività ferma per 15 anni; un grande debito pubblico che lascia il governo praticamente senza margine di manovra; e un sistema bancario con 200 miliardi di crediti deteriorati, più altri 150 miliardi di debito classificato come problematico”. E non si ferma qui: “Bisogna poi prendere in considerazione che i tre principali partiti di opposizione hanno, in vari momenti, messo in discussione l’appartenenza del paese all’Eurozona. Anche se nessuna di queste forze politiche sembra avere possibilità di arrivare al futuro nel prossimo futuro, è chiaro che l’Italia ha un tempo limitato per risolvere i suoi molteplici problemi”.
A preoccupare maggiormente il Financial Times sono le questioni economiche che Renzi non riesce a risolvere efficacemente. “Ci sono segnali che ci dicono che la pazienza dell’Italia con la Ue e la Germania, in particolare, si sta esaurendo – spiega Manchau – il primo ministro Matteo Renzi ha attaccato apertamente le politiche della Ue in materia di energia, sulla Russia, sul deficit di bilancio e sul dominio tedesco dell’intero apparato. Non è solo la crisi dell’euro che ha portato l’Italia sull’orlo di mettere in discussione la sua posizione nell’Eurozona. Si tratta di una combinazione di più crisi ed è probabile che crescerà dal dibattito sulla Brexit”. – FONTE
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L’Italia alla fame e Renzi regala 281 milioni alla Turchia per portarci in guerra
28/11/2015 – L’Italia dovrà contribuire con oltre 281 milioni di euro ai 2,5 miliardi di aiuti che l’Ue si è impegnata a dare per i rifugiati in Turchia attraverso gli stanziamenti dei Paesi membri. Lo si legge in un documento della Commissione europea. L’Italia è il quarto contributore con una quota dell’11,25% alle spalle di Germania, Gb e Francia.
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Il contributo è stato calcolato in base alla formula del Reddito nazionale lordo. Il contributo più alto spetta alla Germania con oltre 534 milioni, il 21,38%; segue il Regno Unito con 409,5 milioni, il 16,38%; la Francia con 386,5 milioni, il 15,46%; l’Italia 281,1 milioni, 11,25%. Consistenti anche i contributi di Spagna 191 milioni, 7,64% e Olanda 117,3 milioni. Le cifre sono contenute nell’annesso alla decisione adottata dal collegio dei commissari Ue.
Oltre ai 2,5 miliardi che dovranno essere stanziati dagli Stati membri, la Commissione europea aggiungerà 500 milioni dal budget europeo per il 2016 e 2017, per arrivare alla cifra totale di tre miliardi. – fonte
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BERNIE ECCLESTONE: PUTIN DOVREBBE DIRIGERE L’INTERA EUROPA
25 ottobre 2015 – Il presidente russo Vladimir Putin dovrebbe dirigere l’intera Europa, ha dichiarato sabato scorso il direttore esecutivo della Formula 1, Bernie Ecclestone, in un’intervista concessa per il sito Formula1.com alla vigilia del suo 85° compleanno.
Durante la conversazione, l’intervistatore ha chiesto ad Ecclestone sui ritratti dei vari personaggi famosi appesi alle pareti del suo ufficio, tra cui quello di Vladimir Putin, e ha domandato circa le persone che lo abbiano colpito di più. Rispondendo alla domanda, Ecclestone si è riferito a persone come Enzo Ferrari e Colin Chapman, sostenendo come non ci siano leader in Europa paragonabili a Vladimir Putin per quanto riguarda le doti di leadership, suggerendo che il presidente russo debba governare l’intero continente per realizzare il proprio potenziale.
“Putin sta perdendo il suo tempo in Russia. Dovrebbe dirigere l’intera Europa. È l’unico in grado di farlo!”, ha dichiarato Ecclestone.
Il patron della Formula 1 aveva già pubblicamente elogiato in passato le qualità del Presidente Putin, definendolo in particolare una “persona di prima classe”.
La Russia ha ottenuto una tappa del campionato mondiale di Formula 1 nel 2010, quando l’allora primo ministro russo Vladimir Putin partecipò alla cerimonia della firma del contratto tra Ecclestone e il centro russo Omega per l’organizzazione in Russia di una tappa del campionato di F1 a Sochi dal 2014 al 2020. Mosca stava conducendo delle trattative con gli organizzatori del campionato mondiale di Formula 1 dai tempi di Leonid Brezhnev. Ecclestone ha sostenuto che finché sarà vivo, il Gran Premio di F1 si terrà a Sochi.
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Evento storico, il M5S applica la democrazia diretta in UE: Votato unanimità rapporto sulla sanità
15/04/2015 – RAPPORTO M5S SULLA SANITA’ VOTATO ALL’UNANIMITA’ IN COMMISSIONE AMBIENTE AL PARLAMENTO EUROPEO.
La democrazia diretta è arrivata al Parlamento europeo. Per la prima volta nella sua storia semplici cittadini si sono trasformati in legislatori: gli emendamenti da loro proposti attraverso un portale, il sistema operativo LEX, sono stati discussi, votati e poi approvati all’unanimità dalla Commissione Ambiente.
Piernicola Pedicini del MoVimento 5 Stelle al Parlamento europeo vi spiega tutto in questo video di questo rapporto d’iniziativa.
È un successo politico e di metodo. La democrazia può essere rifondata su basi di trasparenza e merito. Il Movimento 5 Stelle lo ha dimostrato. Prima di entrare in vigore il rapporto d’iniziativa deve essere votato a Maggio in plenaria a Strasburgo. Il rapporto Pedicini nasce dall’esigenza di tutelare i diritti dei pazienti di tutta Europa. Diritti negati da politiche economiche sbagliate (austerity) e dalla gestione politico/clientelare dei sistemi sanitari.
Secondo gli ultimi dati disponibili, il 5-10% dei pazienti ricoverati negli ospedali europei (oltre 3 milioni di persone) subisce danni o addirittura eventi avversi che potrebbero essere evitati. Molti di questi (il 20-30% circa) sono considerati come prevenibili. Questo avviene perché i governi pensano solo a tagliare i posti letto degli ospedali, le spese per le pulizie, risparmiano su disinfettanti, guanti e quei presidi sanitari che possono ridurre al minimi il rischio di insorgenza di infezioni. Con questo rapporto l’Europa impegna gli Stati membri ad assicurare qualità del personale sanitario con l’aggiornamento professionale continuo, l’esclusione di ogni forma di conflitto di interessi e con la identificazione di sistemi di avvertimento preventivi e di sorveglianza attiva. Con l’approvazione di questo rapporto si inverte rotta.” i portavoce M5S in Europa
138 Miliardi e rotti di euro. Ecco quanto ci costa tutta la baracca a Bruxelles, tra personale, amministrazione, affitti, sicurezza interna ecc…
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Per pagare il personale vengono spesi quasi due miliardi di euro e un altro miliardo se ne va in spese amministrative, con 210 milioni impiegati per acquisto o affitto di sedi a Bruxelles. Il programma Erasmus, con il suo miliardo e 420 milioni di euro, vale il doppio di quanto stanziato per la sicurezza interna o per la politica estera…
Aveva già fatto la bocca agli applausi, Matteo Renzi. Certo che l’ennesimo annuncio sull’operazione «Open data», ovvero la pubblicazione on line di tutte le spese dell’Unione europea, lo avrebbe gratificato del titolo di paladino della trasparenza. Pensava di aver estratto il classico coniglio dal cilindro, il premier, alla disperata ricerca del colpo di scena in grado di dare un senso al semestre di presidenza italiana del Consiglio dell’Ue. «Pubblicheremo i dati delle spese, sarà divertente», aveva aggiunto con tono di sfida Renzi, aggiungendo: «L’Open data da parte dell’Italia sarà totale».
E invece era tutta una bufala. Perché le spese di Bruxelles sono già pubbliche. Alla portata di tutti. Basta collegarsi al sito dedicato al diritto dell’Unione europea e scaricare le 921 pagine con il bilancio 2014 della Commissione. In quel documento, voce per voce, ci sono tutte le spese dei Palazzi comunitari. E che spese. Il sito eunews.it è riuscito a estrapolare, spulciando tra i vari costi sostenuti da Bruxelles, i totali.
Nel 2014, tanto per cominciare, la Commissione e gli enti collegati spenderanno oltre 138 miliardi di euro. Per l’esattezza 138.757.199.012 euro. Di questi, poco meno di due miliardi – 1.883.929.000 – se ne andranno per sostenere i costi per il personale. Solo quello interno, però. E questo perché Bruxelles per assolvere ai suoi compiti si avvale anche di funzionari esterni, a partire dai delegati dei governi nazionali distaccati presso i vari uffici comunitari. E per il personale esterno alla fine dell’anno usciranno altri 127.846.000 euro.
BUROCRAZIA PADRONA
Il titolo 26 del bilancio è dedicato all’«amministrazione della Commissione». Totale uscite: oltre un miliardo di euro (1.013. 608.150). All’interno a farla da padrone sono, naturalmente, le «spese amministrative», che assorbono quasi tutto il capitolo. La voce maggiore di uscita è rappresentata dai 209.265.000 euro per l’acquisto o l’affitto annuale delle sedi a Bruxelles.
Ma per gli immobili le spese non finiscono qui: oltre settanta milioni di euro escono per pagare le relative polizze assicurative e le utenze, nonché per far fronte alle spese di manutenzione e lo smaltimento dei rifiuti. Poi escono 32 milioni di euro per pagare i servizi di custodia, sorveglianza e controllo degli accessi, e poco meno di otto milioni per le apparecchiature tecniche in dotazione agli edifici. E anche Lussemburgo non è da meno: per gli immobili della sede distaccata, complessivamente il bilancio ha stanziato altri circa 65 milioni di euro.
ERASMUS PER TUTTI
Scorrendo le 921 pagine con il resoconto contabile della Commissione, balza agli occhi la sproporzione tra alcuni capitoli di spesa rispetto ad altri. Ad esempio tra istruzione e cultura da una parte, e sicurezza e giustizia dall’altra. Il titolo 15, appunto «Istruzione e cultura», pesa sul bilancio per 2.570.366.455 euro.
A fare la parte del leone c’è il programma Erasmus per tutti, per il quale l’Europa spende la bellezza di 1.419.417.292 euro. Obiettivo: «Promuovere l’eccellenza e la cooperazione nei settori dell’istruzione, della formazione e della gioventù in Europa, migliorarne l’adeguatezza alle esigenze del mercato del lavoro e rafforzare la partecipazione dei giovani alla vita democratica in Europa».
Dall’altra parte, nonostante la minaccia del terrorismo islamico in agguato (a causa dell’Isis) e l’ondata migratoria dalle coste africane che non si placa, ci sono gli «appena» 741.987.040 euro stanziati per il titolo «Sicurezza interna». Praticamente la metà di quanto l’Ue destina all’Erasmus. Per l’ufficio europeo di polizia – Europol – lo stanziamento non arriva a 80 milioni di euro (79.930.000), gli stessi soldi destinati a Frontex, l’Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne tante volte evocata dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano.
Per la «prevenzione e la lotta contro la criminalità organizzata transfrontaliera e il miglioramento della gestione dei rischi», il bilancio europeo non ha messo da parte neanche 150 milioni di euro (148.955.846). Non va meglio alla «giustizia», destinataria di appena 200 milioni di euro nel titolo 33 e, al tempo della minaccia rappresentata dal virus Ebola, ai fondi per «migliorare la salute dei cittadini dell’Unione e proteggerli dalle minacce sanitarie transfrontaliere», che ammontano ad appena 53 milioni di euro (52.870.000).
Più o meno la stessa cifra che esce per la sicurezza, la Commissione accantona per sostenere gli «Strumenti di politica estera» (723.537.553 euro). Per la politica estera e di sicurezza comune – la Pesc che avrà nell’attuale ministro degli Esteri italiano, Federica Mogherini, il suo Alto rappresentante – sono stati impegnati 314.119.000 euro. Non una grande cifra se paragonata, ad esempio, agli oltre 940 milioni di euro stanziati per gli «Affari marittimi e di pesca», all’interno dei quali Bruxelles ha in animo di istituire i «guardiani del mare», da ricercare tra i «membri di equipaggi che non possono più vivere dei proventi della pesca» e che tuttavia «sono in possesso di esperienze e di competenze marittime».
AIUTI A PIOGGIA
I fondi per la politica estera e la sicurezza sono lontani anche e soprattutto dal quasi miliardo di euro che l’Ue destina al titolo 23, ossia agli «Aiuti umanitari e protezione civile». Di questo miliardo, ben 859.529.000 euro servono per «coprire l’assistenza umanitaria e le operazioni di aiuto alimentare di tipo umanitario a favore delle popolazioni di paesi esterni all’Unione vittime di conflitti o catastrofi, sia naturali che di origine umana, o di situazioni critiche analoghe, per tutto il tempo necessario». Un potenziale pozzo senza fondo, visto che quei soldi servono anche per finanziare «studi di fattibilità concernenti operazioni umanitarie» nonché «la supervisione dei progetti di aiuti umanitari, la promozione e lo sviluppo delle iniziative volte a migliorare il coordinamento e la cooperazione». Fonte: Libero, martedì 28 ottobre 2014
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