Reddito di cittadinanza approvato? il Pd copia (male). M5S: ecco Le differenze sostanziali con quello “vero”
15/07/2016 – Cos’è il “reddito di cittadinanza” (o “di inclusione”) appena approvato dalla Camera dei deputati? Come funziona? E perché M5S (MoVimento 5 Stelle) si è astenuto? Non erano proprio loro a volerlo così fortemente?
Vediamo di fare un po’ di ordine. Il ddl Povertà, disegno di legge delega del governo Renzi (Giuliano Poletti in primis), contiene “norme relative al contrasto della povertà, al riordino delle prestazioni e al sistema degli interventi e dei servizi sociali (collegato alla legge di Stabilità 2016)”.
Attenzione: ora il testo passa al Senato per il sì definitivo e la successiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Fino a quel momento, il reddito di cittadinanza (o di inclusione) non è ancora una realtà. I destinatari sono gli individui e le famiglie in situazioni di difficoltà economica particolarmente grave.
I relatori parlano di misura universale di contrasto alla povertà. In realtà, a ben vedere, ci troviamo di fronte a una riedizione della social card, quella che secondo il Pd (quando al governo c’era Silvio Berlusconi) era soltanto un’umiliante elemosina.
E qui partono le differenze con il reddito di cittadinanza come lo intendono i pentastellati. Intanto si parla di una somma decisamente inferiore ai circa 17 miliardi previsti per il vero reddito di cittadinanza:
“Si partirà con un miliardo stanziato nell’ultima legge di stabilità – ha infatti detto Poletti – che, per la prima volta nel nostro paese, ha istituito un Fondo nazionale per la lotta alla povertà e all’esclusione sociale; risorse che vogliamo aumentare, in modo da raggiungere un numero maggiore di persone in condizione di povertà. Confidiamo che la delega possa essere approvata definitivamente in tempi rapidi, in modo da rendere operativi gli strumenti in essa previsti; in ogni caso, da settembre partiremo con l’attivazione del Sia su tutto il territorio nazionale, avviando così l’impostazione che troverà pieno compimento con l’attuazione della legge delega”.
Seconda differenza, non è previsto alcun percorso di reinserimento sociale e lavorativo. Si tratta di una misura puramente assistenziale.
Ed ecco infatti perché il M5S ha deciso di non votare favorevolmente al ddl Povertà: “Ci asteniamo dal voto sul ddl povertà perché si tratta comunque di una misura che va incontro alle necessità di fasce di cittadini nullatenenti o estremamente deboli. Al contempo, quello approvato è un provvedimento dall’impronta assistenziale, che non aggredisce in modo strutturale il problema della povertà nel nostro paese e che sostiene, in misura insufficiente, solo una parte minoritaria delle persone bisognose. L’Italia invece avrebbe bisogno di un intervento che aiuti tutti i cittadini a uscire dalla condizione di povertà e che li sostenga nel reinserimento nella società. Quel tipo di intervento già esiste: è il nostro reddito di cittadinanza e quando saremo al governo finalmente lo realizzeremo”.
Proprio nelle ultime ore sono stati diffusi i dati Istat sulla povertà assoluta in Italia: numeri spaventosi ai quali non si può credere di dare una soluzione offrendo qualche obolo a quelli messi peggio fra quelli messi peggio.
E pensare che proprio Matteo Renzi, da sempre contrario al reddito di cittadinanza, a marzo 2016 diceva: “Qualche forza politica vorrebbe dare uno stipendio a tutti i cittadini, per il solo fatto di essere cittadini. Io penso che compito della politica sia creare le condizioni perché ciascun cittadino possa avere un lavoro, non un’elemosina dello Stato: questo è il valore profondo dell’articolo 1 della Costituzione”.
Poi i consensi per lui colano a picco nei sondaggi e se ne esce con una social card 2.0? Avvilente.
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