L’Italia in vendita
L’Italia in vendita
Le nostre infrastrutture agli stranieri .
Alitalia in discussione: no ad Air France ma si agli arabi di Etihad. Telecom è già Telefonica (Spagna) mentre Fiat si è fusa ufficialmente con Chrysler (Usa). Enel, una volta un servizio così determinante per la nazione, è ora privato e deve affrontare la concorrenza di altri player stranieri giunti in Italia grazie al libero mercato (come ed esempio Edison.) L’acqua, altro bene primario come l’energia, è nelle mani di privati, come la multinazionale francese Veolia. Le nostre importanti industrie metallurgiche, come le acciaierie di Piombino, strutture portanti di una nazione, fanno ormai parte dal 2005 del gruppo russo Severstal.
Settori nevralgici come acciaio, comunicazione, trasporto ed energia, dovrebbero essere garantiti da uno Stato capace di governare. Invece l’elenco di servizi primari ed industrie portanti del nostro paese che sono nelle mani di privati, perlopiù stranieri, si fa sempre più lungo e preoccupante.
La bufala del libero mercato. Gli Italiani sono un popolo strano: si lamentano dei servizi che non funzionano e soprattutto dei poveri immigrati accusati di portare via il lavoro, senza accorgersi che gli unici stranieri di cui dovrebbero veramente aver paura sono quelli che si stanno comprando i pezzi più importanti del paese, con il benestare del Governo che loro stessi hanno votato, L’esperienza dovrebbe ormai averci insegnato che la formula “privato=migliori servizi ad un prezzo più basso” è chiaramente una bufala. I risultati del libero mercato applicato in maniera così selvaggia sono visibili agli occhi di tutti: prezzi esorbitanti e servizi fatiscenti.
“Vendesi Made in Italy”. E il problema è che spesso non si tratta di normali acquisizioni di capitali o di aziende, ma di vere e proprie svendite di infrastrutture di una nazione a società straniere. Senza dimenticare il fenomeno della continua cessione di aziende italiane conosciute in tutto il mondo a multinazionali straniere: ormai un’emorragia. Alcuni esempi ? Perugina alla svizzera Nestlè, Parmalat controllata per 80,30% dalla francese Lactalis, Bulgari acquisita dalla holding transalpina del lusso Lvmh. Coin controllata dal fondo inglese di private equity Bc Partner, e ancora la Ducati comprata dalla tedesca Audi del gruppo Volkswagen. Il gruppo Valentino ora di proprietà di Mayhoola for Investment, società riconducibile allo sceicco Hamad bin Kahlifa al Thani, emiro del Qatar. Si potrebbe continuare per decine di pagine perché l’elenco del nostro Made Italy in possesso agli stranieri è di centinaia e centinaia di aziende. In questo caso non svendute, ma proficuamente vendute, in una transazione dove a guadagnare è solo il proprietario dell’azienda, e non certo chi ci lavorava o il cittadino consumatore.
Oltre al danno, la beffa. E se pensiamo alle infrastrutture, il dato è ancora più allarmante: servizi come Acqua, Luce, Gas e Trasporto Pubblico dovrebbero essere di proprietà dello Stato e di pubblica gestione, e non di privati che le gestiscono spesso in maniera pessima, con l’unico fine di lucrare il più possibile.
Il classico esempio è quelle delle Aziende a Partecipazione Statale, dove quando c’è profitto ad incassare è l’Azienda (quindi il Privato) mentre quando c’è perdita, a rimetterci è solo lo Stato ( e quindi Noi ).
Se poi queste Aziende sono anche straniere, forse è arrivato il momento di prendere consapevolezza del fatto che se non si mettono in atto delle contromisure ad un fenomeno così dilagante, le nuove generazione si troveranno a vivere in un Paese di proprietà di multinazionali estere.
Maurizio Timitilli
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