Milano, profitti illeciti di Onlus sui migranti: 11 arresti | Organizzazioni collegate a pregiudicati di ʼndrangheta
02/07/2019 – La guardia di finanza ha eseguito tra Lodi e Milano 11 ordinanze cautelari nell’ambito di un’inchiesta su presunti profitti illeciti per 7,5 milioni di euro da parte di quattro Onlus che si occupano di migranti. Le organizzazioni, legate ad esponenti delle ‘ndrangheta, avrebbero utilizzato falsi documenti per partecipare ai bandi pubblici per gestire l’accoglienza. Le accuse sono di associazione per delinquere, truffa allo Stato e autoriciclaggio.
Le onlus coinvolte – Le quattro organizzazioni coinvolte nell’inchiesta “Fake Onlus” si chiamano “Volontari senza frontiere”, “Milano solidale”, “Amici di Madre Teresa” e “Area solidale”. Avrebbero utilizzato falsi documenti per partecipare ai bandi pubblici, indetti tra il 2014 e il 2018 dalle prefetture di Lodi, Parma e Pavia, per gestire l’accoglienza di centinaia di migranti. I rappresentanti legali delle Onlus avrebbero utilizzato per “scopi personali” oltre 4,5 milioni di euro dei circa 7,5 milioni ottenuti illecitamente.
Le Onlus risultano collegate “a noti pluripregiudicati appartenenti alla ‘ndrangheta” e sarebbero state utilizzate per consentire a persone recluse di “accedere ai benefici di legge attraverso l’assunzione presso le predette cooperative”. Le Onlus sarebbero state “sfruttate per fare ottenere a persone recluse, attraverso il rilascio di documentazione falsa, la concessione della misura alternativa alla detenzione da parte del magistrato di sorveglianza”.
L’indagine nasce dall’analisi delle movimentazioni bancarie sui conti correnti intestati al consorzio di Onlus. L’inchiesta dei pm di Milano ha portato in tutto ad 11 ordinanze cautelari: una in carcere, 5 ai domiciliari e 5 obblighi di dimora. Inoltre sono state eseguite numerose perquisizioni e anche il sequestro di un immobile.
Pm: “Le onlus coinvolte sono l’eccezione” – Secondo il pm di Milano Gianluca Prisco, si tratta di “eccezioni” su cui comunque occorre fare valere il “principio di non colpevolezza”. “Non bisogna sottovalutare che ci
sono altre onlus che invece hanno ben gestito la accoglienza di migranti”, ha spiegato Prisco.
Salvini: “La pacchia è finita” – Sulla vicenda è intervenuto anche il ministro dell’Interno, Matteo Salvini. “Undici arresti con l’accusa di truffa aggravata, autoriciclaggio e associazione a delinquere. Il business dell’immigrazione ha fatto gola ad alcune Onlus di Lodi: è scattata l’operazione con l’impiego di più di cento finanzieri. Meno sbarchi e meno soldi per i professionisti dell’accoglienza: così risparmiamo, difendiamo l’Italia e investiamo per assumere più forze dell’ordine. La pacchia è finita”, ha detto. – [FONTE]
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Val d’Enza, la terra dei bambini in affido: aumento vertiginoso, oltre cento in due anni e mezzo
02/07/2019 – Oltre cento minori dati improvvisamente in affidamento, dal 2016 fino a metà 2018, dai servizi sociali della Val d’Enza, mentre nel 2015 gli affidi erano zero. E’ quanto si evince da un documento contabile dell’Unione val d’Enza. I minori in struttura erano 18 nel 2015, 33 nel 2016, 40 nel 2017 e 34 nei primi sei mesi del 2018, mentre quelli dati in affidamento sono stati 0 nel 2015, 104 nel 2016, 110 nel 2017 e 92 nei primi sei mesi del 2018.
Un aumento vertiginoso di casi e di affidi che è stato scoperto dal consigliere comunale dell’Unione val d’Enza, Natascia Cersosimo (recente candidato sindaco, non eletto, del M5S a Cavriago) che un anno fa, quando venne chiesto di varare una maggiore spesa di 200mila euro per i centri accoglienza, chiese i documenti e si trovò di fronte a questi numeri.
Sempre dallo stesso documento si vede che la spesa per affidi di minori si impenna conseguentemente passando dai 245mila euro del 2015, ai 305mila euro del 2016, fino ai 327mila euro del 2017 e infine a una proiezione di spesa di 342mila euro nel 2018. I soldi necessari per le psicoterapie dei minori in affido passano, invece, dai 6mila euro del 2015 ai 31mila del 2017, fino ai quasi 27mila del primo semestre 2018.
Le prese in carico per violenza sono state invece 136 nel 2015, poi 183 nel 2016, fino alle 235 del 2017 e le 178 del primo semestre 2018. In sostanza, se si fosse arrivati fino a fine anno, si potrebbe dire che nel 2018 sarebbero state praticamente triplicate rispetto a tre anni prima.
Per minimizzare la cosa, nella relazione di fine mandato l’Unione scrive: “Preme sottolineare come i dati di grave maltrattamento e abuso della Val d’Enza, superiori alla media regionale, non sono ascrivibili a un fenomeno locale, ma sono in linea con i dati dell’Oms e di organizzazioni internazionali come Save the Children e Terre des Hommes”. Un paragone che non sta in piedi, tuttavia, perché quelle organizzazioni lavorano in zone che spesso sono teatri di guerra o piuttosto disagiate, cosa che non si può certo dire del Consorzio della val d’Enza che conta 60mila abitanti e otto Comuni.
Natascia Cersosismo, il consigliere pentastellato dell’Unione, dice a Reggio Sera: “Sono dati che riguardano una variazione di bilancio del 2018 in cui i servizi sociali della val d’Enza chiedevano un aumento di 200mila euro. Avevano bisogno di questi soldi, perché sostenevano che si era creata una sorta di emergenza minori dovuta al crescere degli abusi. Quando a fine aprile siamo andati in consiglio per la variazione di bilancio ci hanno detto che erano in aumento il numero di casi di abusi e di violenze sessuali. Io avevo due segnalazioni di genitori, ma non se la sono sentita di darmi il permesso per l’accesso agli atti, perché avevano paura che, se mi avessero dato la delega, gli avrebbero impedito poi di vedere i bambini”. – [REGGIO SERA]
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Sea Watch, Carola Rackete oggi sarà scarcerata. Il pm: «Ma lasci Lampedusa»
01/07/2019 – L’udienza di convalida davanti al gip è stata fissata per questo pomeriggio. E subito dopo l’interrogatorio, la comandante Carola Rackete lascerà gli uffici giudiziari di Agrigento in stato di libertà, ma potrebbe dovere abbandonare al più presto l’isola di Lampedusa. Perché la procura ha chiesto la convalida dell’arresto operato dalla Guardia di finanza, ipotizzando la resistenza e la violenza contro una nave da guerra – reato punito con la reclusione da tre a dieci anni – e la resistenza a pubblico ufficiale.
Ma non ha chiesto la misura cautelare degli arresti domiciliari. Per la giovane comandante tedesca, la pm Gloria Andreoli, sotto il coordinamento del procuratore Luigi Patronaggio e dell’aggiunto Salvatore Vella, ha sollecitato il divieto di dimora in provincia di Agrigento. E visto che il gip, per legge, non può disporre misure più severe rispetto a quelle chieste dalla procura, la giovane comandante tedesca tornerà liberà, in attesa della conclusione delle indagini.
Carola Rackete dal gip. I pm: «Impatto con motovedetta voluto, non c’era necessità»
«Ho agito per stato di necessità, i migranti minacciavano il suicidio, non potevo attendere oltre. Per giorni ho chiesto alle autorità un porto sicuro, ma non ho mai avuto risposta». Davanti al Gip di Agrigento, la capitana Carola Rackete ha rivendicato ogni scelta fatta dal 12 giugno, il giorno che a 47 miglia dalla Libia ha soccorso una sessantina di migranti, fino alla notte del suo arresto, 17 giorni dopo, quando per l’ennesima volta ha violato i divieti della Guardia di Finanza ed ha attraccato di forza al molo di Lampedusa.
E, come aveva già fatto rivolgendosi direttamente ai finanzieri, ha confermato che non aveva intenzione di far male a nessuno: «mi ero resa conto dell’ormeggio in banchina della motovedetta ma credevo sinceramente che i finanzieri si spostassero mentre io mi avvicinavo. Ho commesso un errore, non volevo colpirli». L’interrogatorio della capitana della Sea Watch è durato poco meno di 3 ore: Carola è arrivata in tribunale ad Agrigento direttamente da Lampedusa, dove era ai domiciliari, con una motovedetta della Gdf che l’ha sbarcata sul molo di Porto Empedocle. E ha risposto al giudice, dicono gli stessi pm al termine, in maniera «collaborativa, serena ed estremamente lucida».
Il procuratore Luigi Patronaggio e l’aggiunto Salvatore Vella hanno chiesto la convalida dell’arresto sia per la violazione dell’articolo 1100 del codice della navigazione, atti di resistenza con violenza nei confronti di una nave da guerra, sia per resistenza a pubblico ufficiale. La procura ritiene che la manovra che ha provocato lo «schiacciamento» sulla banchina della motovedetta sia stata fatta «con coscienza e volontà». «Non c’era uno stato di necessità poiché la Sea Watch aveva ricevuto, nei giorni precedenti, assistenza medica ed era in continuo contatto con le autorità militari per ogni tipo di assistenza» ha spiegato Patronaggio. Il procuratore ha anche precisato che lo stato di necessità invocato per il salvataggio dei migranti sarà invece al centro dell’altro fascicolo sulla vicenda, quello in cui la comandante è indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e per il quale sarà sentita nei prossimi giorni. In questo caso i pm verificheranno se i porti libici possono ritenersi sicuri, se la zona sar libica sia efficacemente presidiata e, soprattutto, se vi siano stati contatti tra i trafficanti di esseri umani e la Sea Watch.
Al momento, aggiunge ancora Patronaggio, è sufficiente per Carola il divieto di dimora in provincia di Agrigento, in particolare nei porti di Lampedusa, Licata e Porto Empedocle. «Abbiamo ritenuto, in relazione alle circostanze di questo caso e alla personalità del soggetto, che tale misura sia idonea a salvaguardare eventuali ulteriori esigenze cautelari». Carola tornerà dunque in libertà già forse domani. Ma non resterà in Italia. «Siamo pronti ad espellere la ricca fuorilegge tedesca» ha ribadito Matteo Salvini che, subito dopo la decisione del Gip, firmerà il decreto di espulsione per motivi di sicurezza con l’accompagnamento in Germania della giovane capitana della Sea Watch. Per il ministro, comunque, le parole di Patronaggio «sono chiarissime: la fuorilegge tedesca merita il carcere». Intanto l’inasprirsi del botta e risposta tra Italia e Germania sulla sorte di Carola ha spinto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ad intervenire.
«La questione è nelle mani della magistratura. La Costituzione prevede una assoluta divisione dei poteri, la nostra magistratura è di assoluta indipendenza e io ho in essa molto fiducia» ha detto invitando tutti ad un «abbassamento dei toni» in modo da affrontare «con maggiore serenità e concretezza» l’intera questione delle migrazioni. Parole che il premier Conte aveva già rivolto alla cancelliera tedesca Angela Merkel in mattinata dopo che il ministro degli esteri di Berlino Heiko Mass aveva chiesto nuovamente la liberazione della capitana e la portavoce dell’esecutivo Martina Fietz aveva ribadito come il governo fosse «contro la criminalizzare dei soccorritori in mare». «Le ho detto – ha sottolineato Conte – che, come in Germania, l’esecutivo è distinto dal potere giudiziario» e, dunque, la sorte di Carola non dipende dal governo ma «dalla magistratura». A sperare che tutto finisca presto è il padre di Carola, Ekkehart Rackete: «penso – dice – che la pressione internazionale sul governo italiano farà la differenza». – [IlMessaggero.it]
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Ponte Morandi, le immagini inedite della tragedia: il crollo ripreso dalla videosorveglianza
01/07/2019 – Dopo molti mesi di attesa nella giornata di oggi il video che riprende il momento esatto del crollo di ponte Morandi sarà diffuso. Si tratta del filmato registrato dalle telecamere di sorveglianza della Ferrometal, una delle aziende che si trovavano vicino al viadotto. Fino a oggi era stato mantenuto nella massima riservatezza perché oggetto di indagini da parte della procura. Inoltre gli inquirenti temevano che avrebbe potuto influenza i testimoni oculari del disastro.
Cosa è cambiato? Perché proprio oggi quel video? Il gip ha dato l’ok per la visione a tutte le parti, sia accusa sia difesa. In base a quelle immagini infatti si svilupperanno le risposte ai quesiti sul crollo legati al secondo incidente probatorio.
Entrambe le parti, accusa e difesa, oggi saranno al Campasso in sopralluogo sui detriti del moncone est del Morandi. Alcune parti del viadotto erano state colorate prima dell’esplosione per poter studiare la dinamica del crollo e lo stato di salute della struttura.
Dopo il sopralluogo nell’ambito dell’inchiesta i demolitori potranno entrare davvero in azione per valutare come rimuovere quell’immensità di macerie. Per la prima volta da quella mattina del 14 agosto, tutto il mondo può vedere il crollo del ponte Morandi di Genova. Questa mattina la Procura ha autorizzato la diffusione del video ripreso dalle telecamere private dell”azienda “Ferrometal”, che si trovava a pochi passi dal viadotto Polcevera. Il video era stato sequestrato dai militari della Guardia di Finanza, su ordine dei pubblici ministeri Massimo Terrile e Walter Cotugno, subito dopo la tragedia. Ed è rimasto segreto fino ad oggi, perché secondo l”accusa la sua visione avrebbe potuto influenzare le tantissime testimonianze raccolte durante le indagini dai magistrati. Ora che l’atto è stato depositato nell’ambito del secondo incidente probatorio, la Procura ha dato l’ok alla diffusione.
Il video è considerato la “prova regina” della Procura sulle cause e sulla dinamica del cedimento della pila 9: nelle immagini si vede chiaramente lo “strallo”, il tirante lato sud, cedere: una frazione di secondo dopo cede l’impalcato, inghiottendo auto e camion che stavano attraversando il ponte. La società Autostrade ha subito risposto con un comunicato: “Ad oggi, sulla base del video e dei parziali risultati del primo incidente probatorio non è possibile “” ad opinione degli esperti di Autostrade per l”Italia – affermare che il crollo sia stato determinato dal cedimento dell”attacco degli stralli. I consulenti di Aspi continueranno a collaborare affinché le cause del crollo vengano accertate, comparando anche le risultanze dei diversi filmati messi a disposizione, che hanno diversi livelli di elaborazione delle immagini rispetto all”originale”. Quel giorno a Genova morirono 43 persone.
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Casoria (NA). Voragine impressionante in strada, camion dei rifiuti risucchiato [VIDEO]
01/07/2019 – Una grossa voragine si è spalancata questa mattina nella zona antistante la Basilica di San Mauro in largo San Mauro, nel cuore di Casoria (Napoli). Nell’impressionante cratere, larga circa 8 metri e profonda 12, è precipitato un camion, un compattatore di rifiuti: l’autista, un 57enne di Afragola, soccorso ed estratto dai colleghi, è al momento in ospedale per accertamenti.
La strada è stata chiusa al traffico e transennata: sette i palazzi sgomberati (una cinquantina le famiglie fuori casa) e interrotta l’erogazione di acqua ed energia elettrica nella zona.
Sul posto sono intervenuti i Carabinieri e i Vigili del fuoco di Napoli e Afragola. Il cedimento, a quanto è stato appurato, ha danneggiato una condotta del gas: un forte odore di quest’ultimo era stato effettivamente segnalato dai residenti. Si sta ora lavorando per riparare la conduttura.
Al momento, secondo quanto confermato dai Vigili del Fuoco, non è possibile ancora stabilire se sia stata la voragine a determinare la rottura della tubazione o se sia stata la
fuoriuscita del gas a determinare la voragine. Quel che è certo è che l’area a nord di Napoli è piena di cavità.
A poche ore da un altro fatto di cronaca simile, un altro episodio si è verificato nell’altra cittadina vesuviana di PORTICI, nel tardo pomeriggio di oggi. A farne le spese è ancora una volta una vettura, che è sprofondata in una voragine che si è aperta all’interno di un cortile privato di un edificio che si trova al numero 37 di via Bellucci Sessa, non distante dal locale mercato cittadino.
Sul posto sono subito giunti gli agenti di polizia e la protezione civile, per procedere alla messa in sicurezza del posto. Da vagliare la possibilità di evacuare le famiglie che vivono nello stabile: si tratta di otto nuclei familiari, per un totale di 27 persone. Essendo un edificio privato, non è chiaro se fosse interessato da lavori di manutenzione oppure se ci fossero stati “segni” di rischi del genere che magari possano essere stati ignorati. Sul posto, oltre agli agenti ed alla protezione civile, è giunto anche l’assessore alla sicurezza del comune di Portici, Maurizio Capozzo. Tanta paura tra i presenti, ma nessun ferito. I danni più consistenti, oltre al cortile dell’edificio stesso, li ha riportati l’automobile, che è sprofondata con la parte anteriore all’interno della voragine apertasi all’interno del piazzale del condominio.
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Mafia e corruzione, maxi sequestro da 63 milioni: sette arresti, indagato anche un funzionario di polizia
01/07/2019 – Beni e imprese per 63 milioni di euro nei confronti di imprenditori di Gela attivi nei settori della vendita di auto di lusso e immobiliare sono stati sequestrati da militari del Gico della Guardia di Finanza, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta. Contestualmente, i militari stanno eseguendo un decreto di sequestro preventivo, a Gela e Ragusa, di aziende, disponibilità finanziarie, immobili e beni riconducibili agli indagati. Nell’ambito dell’operazione sono state eseguite 7 ordinanze cautelari, di cui 3 in carcere e 4 applicative della misura del divieto di dimora.
I destinatari della misura cautelare in carcere sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa, riciclaggio e concorso in corruzione, per avere, negli anni, riciclato capitali illeciti del clan Rinzivillo. Nell’indagine è coinvolto anche un funzionario di polizia che ha agevolato gli indagati.
Sono state inoltre sequestrate, tra Gela e Ragusa, sette aziende, nonché disponibilità finanziarie e beni immobili riconducibili all’impero economico e finanziario della famiglia Luca, per un totale complessivo stimato in 63 milioni di euro.
Le aziende sottoposte a sequestro sono le seguenti: Lucauto s.r.l., Car Luca s.r.l., Terranova Immobiliare s.r.l., Immobilluca s.r.l., Luca Immobiliare S.r.l, Luca Costruzioni s.r.l., Mirto S.r.l. I provvedimenti sono stati emessi dal gip. – [FONTE]
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Corruzione, altri 2 arresti nell’inchiesta su Arata e Nicastri
01/07/2019 – Il re dell’eolico collabora, 2 nuovi arresti per corruzione. Oggi la Dia di Trapani ha arrestato Giacomo Causarano, ex funzionario dell’assessorato regionale siciliano all’Energia, e l’imprenditore milanese Antonello Barbieri.
Il re dell’eolico Vito Nicastri, finito in carcere 2 mesi fa ha iniziato a collaborare con i magistrati. Le sue dichiarazioni hanno causato il blitz di stamane all’alba che ha portato all’arresto dell’ex burocrate della regione, Giacomo Causarano e dell’imprenditore milanese Antonello Barbieri. Il primo è accusato di corruzione mentre per il secondo le accuse sono di intestazione fittizia di beni, autoriciclaggio e corruzione.
Causarano avrebbe fatto da tramite fra il dirigente dell’assessorato regionale all’Energia Alberto Tinnirello, già ai domiciliari e i due imprenditori Arata e lo stesso Nicastri considerato “vicino” al boss superlatitante Matteo Messina Denaro. In cambio di questo “favore” avrebbe ricevuto una mazzetta da 500 mila euro di cui 100 mila già consegnati. Il resto doveva essere versato alla firma dell’autorizzazione. Barbieri è stato socio di Vito Nicastri fino al 2015 anno in cui vendette le sue quote a Paolo Arata per 300 mila euro che subentrò a lui.
Determinanti per le indagini le intercettazioni. “Questi qua sono stati tutti pagati”, diceva Arata al figlio Francesco, anch’esso nei guai, mentre stava per entrare negli uffici dell’assesorato regionale all’Energia. “Quanto gli abbiamo dato a Tinnarelli?”, sussurrava a proposito del dirigente che si occupava delle autorizzazioni per i parchi eolici, Alberto Tinnirello e di Giacomo Causarano, diceva: “Quello è un corrotto”. [FONTE]
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Bimbo di 6 anni incatenato come un cane per giorni. Il padre: “Volevo educarlo”
01/07/2019 – Orrore in Ucraina. Un bambino di 6 anni è stato legato e incatenato come un cane dal padre per diversi giorni. È stata la polizia a liberare il piccolo dopo aver ricevuto alcune segnalazioni sugli abusi che stava subendo. Gli agenti sono entrati nell’abitazione, che si trova nel villaggio di Aidar-Mykolaivka, nella regione di Luhansk. Quello che hanno visto li ha lasciati sgomenti: il bambino era incatenato a un palo con evidenti segni di percosse. Gli agenti lo hanno liberato e portato in ospedale. Il padre, un uomo di 36 anni, è stato arrestato. Fermata anche la matrigna, una donna di 27 anni. L’uomo si è giustificato così davanti alla polizia: “Lo legavo come un cane e lo picchiavo perché volevo educarlo”.
Il 36enne è stato immediatamente privato della potestà genitoriale. Dovrà rispondere delle accuse di tortura e pedofilia. Dalle indagini è infatti emerso che il piccolo è stato vittima anche di abusi sessuali. L’uomo rischia una pena fino a cinque anni di carcere. La denuncia sarebbe scattata dopo che il bambino ha raccontato ad alcuni suoi amici gli abusi subiti. Uno degli amichetti avrebbe allertato i suoi genitori, che si sono rivolti alla polizia. Da lì l’abitazione nel villaggio di Aidar-Mykolaivka è stata attenzionata e gli agenti, dopo alcune verifiche, hanno deciso di fare un blitz per verificare la situazione.
Una volta dentro casa, si sono visti davanti quella terribile scena del bambino incatenato. Il piccolo, che attualmente è ricoverato nell’ospedale di Novoaidarsky, dovrebbe essere presto trasferito in un orfanotrofio. La procura ha precisato che, in ogni caso, non verrà più restituito alla famiglia. Il bambino sta ricevendo assistenza psicologica dai medici e dagli infermieri dell’ospedale, nella speranza che possa riprendersi al più presto da traumi che potrebbero segnarlo a vita. Il piccolo, secondo quanto riferiscono i media locali, era già stato tolto al padre in passato. Dopo il divorzio e la convivenza con una nuova compagna, però, l’uomo era riuscito ad ottenere nuovamente l’affidamento del bambino.
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Napoli, Inferno-Poggioreale: terzo suicidio di un detenuto in tre giorni
01/07/2019 – Ancora un morto nel carcere di Napoli-Poggioreale: un 50enne, detenuto nel reparto Firenze, si e’ tolto la vita. Lo rende noto l’Osapp. Si tratta del terzo caso di morte nella casa circodariale “G.Salvia” in tre giorni: il primo decesso risale alle 3 di sabato scorso, anche questo e’ un caso di suicidio. Ieri pomeriggio, alle 16, invece, è morto un altro detenuto, per cause naturali. Stamattina, infine, il decesso del 50enne, da un anno in cella, per la prima volta. “Purtroppo la realtà del ‘G. Salvia’ – dicono i segretari dell’Osapp regionale e provinciale di Napoli Palmieri-Castaldo – non fa sconti a nessuno, l’istituto penitenziario più grande d’Italia e più affollato, con circa 2300 detenuti in conta e diversi reparti in ristrutturazione per gravi carenze sulla sicurezza, con personale di Polizia Penitenziaria in sottorganico di circa 200 unità”. Purtroppo continua la scia delle morti a Poggioreale, in tre giorni tre morti.Il primo detenuto sabato alle 3.00 di notte suicida, il secondo ieri pomeriggio h16.00 circa per cause naturali e il terzo ristretto stamane alle 7.00 circa reparto Firenze 50enne nuovo suicidio.
Quest’ultimo da un anno in galera per la prima volta,ma purtroppo la realtà del “G.Salvia” Poggioreale non fa sconti a nessuno, l’istituto penitenziario più grande d’Italia e più affollato,con circa 2300 detenuti in conta e diversi reparti in ristrutturazione per gravi carenze sulla sicurezza, con personale di Polizia Penitenziaria in sottorganico di circa 200 unità .
Una realtà molto difficile e complessa così come denunciato più volte dai segretari Osapp regionale e provinciale di Napoli Palmieri-Castaldo che allertano il Governo evidenziando un’ estate calda e preoccupante nel penitenziario partenopeo. Molti suicidi sono frutto di sconforto e gravi realtà esterne familiari(tradimenti,difficoltà economiche,perdite di parenti,etc.) che si amplificano con la realtà carceraria, caldo e assembramento di uomini in pochi metri quadrati intensificano la disperazione amplificando il disagio.
L’Osapp da sempre vicina ai poliziotti penitenziari rappresentati dal regionale campano Palmieri Vincenzo e dal segretario provinciale di Napoli Castaldo Luigi non può esimersi a lanciare un grido di allarme al Governo attuale, affinché intervenga con celerità con un massiccio e congruo sfollamento detenuti e in un rimpiazzo delle unità di Polizia Penitenziaria mancanti,nonché in un incremento di psicologi,di educatori, di medici,di infermieri e altre figure professionali utili, in maniera tale d’avere un controllo capillare e coscienzioso della situazione.Questa triste realtà non ha poca influenza sugli stati d’animo dei poliziotti penitenziari che da sempre con i pochi mezzi disponibili hanno sempre salvato vite umane e sono stati sempre i primi interlocutori e laddove possibile risolutori dei disagi rappresentati dai ristretti. Al tutto andrebbe aggiunto una diversa disciplina ed organizzazione del regime penitenziario abbinate ad una struttura a norma! Noi tutti non possiamo restare inermi a questa realtà in una Società che si voglia rispettare e che pretenda e meriti rispetto.
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Lavoro, Istat: a maggio l’occupazione al 59%, è il valore più alto dal 1977. La disoccupazione scende sotto il 10%
01/07/2019 – Il tasso di occupazione a maggio sale al 59%, il valore più alto da quando sono disponibili le serie storiche, ovvero dal 1977. Lo rileva l’Istat, spiegando che il numero degli occupati ha così raggiunto 23 milioni e 387 mila unità registrando un aumento di 67 mila unità (+0,3%) rispetto ad aprile. L’aumento, spiega l’Istituto, si concentra tra gli uomini (+66 mila) e tra gli ultracinquantenni (+88 mila). L’Istituto segna un rialzo degli occupati anche su base annua (+92 mila unità), soprattutto tra gli ultracinquantenni (+300 mila).
A maggio cala anche il tasso di disoccupazione, attestandosi al 9,9%. In discesa di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente. Si tratta del valore più basso dal febbraio del 2012. Per la prima volta da oltre sette anni il tasso di disoccupazione perde così la doppia cifra. Migliora anche il tasso di disoccupazione giovanile (15-24enni) che scende al 30,5%, in calo di 0,7 punti rispetto ad aprile.
Nell’ultimo mese la crescita degli occupati coinvolge tutte le posizioni professionali. I dipendenti stabili sono aumentano più di quelli a termine in valore assoluto (+27 mila contro +13 mila), seguendo una tendenza ormai in atto da diversi mesi dopo l’entrata in vigore del decreto dignità. Salgono anche gli indipendenti (+28 mila). Anche nel confronto sui dodici mesi crescono più di tutti i dipendenti permanenti (+0,4%, +63 mila), poi i lavoratori a termine (+0,6%, pari a +18 mila unità) e gli indipendenti (+0,2%, +12 mila).
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