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Nuova legge elettorale, Pd, M5s, Lega e Forza Italia: come cambia il Parlamento

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31/05/2017 – L’accordo è chiuso, ora si tratta di vedere se tutti e tre i partiti che che hanno preso l’impegno di votare la nuova legge elettorale vi terranno fede. «Si va verso un sistema tedesco; per noi si può andare alle urne anche il 24 settembre», ha confermato Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia a Montecitorio, dopo che era terminato l’incontro che lui e Paolo Romani avevano avuto con gli omologhi del Pd, Ettore Rosato e Luigi Zanda. «L’incontro è andato bene, vedremo i testi dell’ emendamento che il relatore Emanuele Fiano presenterà, ma si va verso il modello che aveva proposto il presidente Silvio Berlusconi», ha aggiunto. I forzisti, in cambio, hanno fornito garanzie sulla tempistica, si sono detti dispobili ad accelerare al punto che si possa approvare definitivamente il nuovo sistema «entro luglio».

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Così, almeno sulla carta, il Pd di Matteo Renzi è riuscito a coinvolgere i maggiori partiti e a costruire una maggioranza larga a favore del nuovo sistema di voto e delle urne anticipate. Pure la Lega Nord, infatti, ha dato il suo assenso al testo, anche se Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Matteo Salvini, al termine del summit con il Pd ha detto che loro avrebbero «preferito un sistema maggioritario, più, rispettoso della volontà popolare».

GODE LA LEGA – Il Carroccio, in realtà, è, insieme col M5S il maggiore favorito dal nuovo meccanismo per la distribuzione dei seggi. A dimostrarlo i primi studi del Cise, istituto di Roberto D’Alimonte, che già era stato consultato dai leader di Pd e di Fi ai tempi dell’Italicum, il quale ha immaginato come potrebbe essere il prossimo Parlamento se si votasse con la nuova legge elettorale.

I PARTITI – Il primo dato che balza all’occhio è che soltanto quattro partiti sarebbero rappresentati: i più grossi. Il Pd, oggi quotato mediamente al 29,3%, che alle ultime elezioni si era potuto avvantaggiare di un importante premio di maggioranza, passerebbe dai 282 seggi attuali ai 217. Un balzo in avanti lo farebbero invece il M5s e la Lega Nord. Il primo, che aumenta di qualche punto percentuale rispetto a qualche anno fa, è favorito da un sistema proporzionale: gli 88 deputati di oggi potrebbero diventare ben 212, cioè un terzo del totale. Il Carroccio ha aumentato di molto le sue percentuali di consenso. Stando ai sondaggi, oggi è quotato al 13%. Per questa ragione si appresta, con un sistema proporzionale, a quintuplicare la rappresentanza in Parlamento. I leghisti oggi a Montecitorio sono 19, ma potrebbero diventare 87.

Lo studio del Cise, in collaborazione con la Luiss e il Sole 24 Ore, fa ben sperare anche Silvio Berlusconi. Dopo più di una scissione (quelle di Angelino Alfano, Denis Verdini e Raffaele Fitto), nonostante la decadenza da senatore del suo leader, Forza Italia è quotata al 12,4%. Questa cifra – lontanissima dai risultati del Pdl, di un decennio fa – potrebbe comunque consentire agli azzurri di raddoppiare i seggi. Gli iscritti al gruppo di Brunetta sono oggi 50, ma, col nuovo sistema, diventerebbero 97. Oltretutto il Cavaliere ripete continuamente di essere «sicuro» di «riportare il partito sopra il 20%».

CHI RISCHIA – Andrebbero a sbattere – secondo i sondaggi – contro la soglia di sbarramento indicata al 5% tutti gli altri, a partire da Fratelli d’Italia. La presidente Giorgia Meloni, però, dice di essere ottimista rispetto alla possibilità che il suo partito la superi e sta valutando l’offerta – recapitata dal Carroccio – di mettere in piedi un listone “sovranista”. Oggi Fdi ha 11 deputati, ma nessun senatore. Senza seggi resterebbe anche Area Popolare. Il partito di Angelino Alfano oggi ha addirittura 27 deputati e, con quelli, si è guadagnata ben tre ministeri.



L’avvicinamento in corso con Stefano Parisi e la sua Energie per l’Italia potrebbe aiutare, ma chissà. Per i sondaggi, salvo colpi di scena o aggregazioni tra partiti, resterebbe a secco, così come Scelta Civica – Ala (che ha sedici deputati) e pure Sinistra Italiana, che ne ha 17.

IL VOTO – Ma come funziona il voto? Ci sarà una sola scheda, con indicati il nome del candidato di collegio (maggioritario) e, a destra del simbolo del partito, un listino corto di 4 nomi per i seggi distribuiti col sistema proporzionale. L’ Italia sarà divisa in 308 collegi e in 27 circoscrizioni che coincidono con le Regioni, tranne le più popolose, che saranno divise in più circoscrizioni (2 in Piemonte, Veneto, Lazio, Campania e Sicilia, 3 in Lombardia). Il primo ad essere eletto è il capolista del listino bloccato, seguito dai candidati che hanno vinto nei collegi maggioritari. – di Paolo Emilio Russo

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Polizia, manca il 15% per cento degli agenti. Sono tutti sotto casa dei ministri

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polizia29/01/2017 – In un momento di grande allerta per la sicurezza nazionale l’organico della polizia è sotto del 15%, manca poco meno di un poliziotto su cinque. Ma non è sempre così. Ad Agrigento, Bologna, Lecce, Modena e Varese, per esempio, le Questure hanno più agenti di quelli previsti. Maggiori pericoli? Obiettivi sensibili? Macché, solo una legge non scritta. A illustrarla è il capo della polizia, Franco Gabrielli: “Il nostro Paese ha situazioni particolari. Per esempio, Varese è sopra organico. Come mai? Forse perché c’è stato un ministro dell’Interno”. Il riferimento è a Roberto Maroni, Lega Nord, oggi governatore lombardo, al Viminale con Berlusconi nel ‘94-‘95 e tra il 2008 e il 2011. “A Lecce – prosegue Gabrielli in audizione – sono sopra forse perché c’è stato un sottosegretario all’interno”. Alfredo Mantovano, ex An, tra il 2001 e il 2006 e tra il 2008 e il 2009. “Modena – dice ancora il capo della polizia – è sopra organico perché c’è il segretario generale del Siulp (Felice Romano, ndr). Sono cose che in questo Paese sono facilmente intellegibili”. Di Agrigento il capo della polizia non parla ma nella città di Angelino Alfano, leader Udc e ministro dell’Interno dal 2013 al dicembre 2016, ci sono 290 agenti contro i 260 previsti: più 12 %, esattamente come a Varese (229 contro 205), un po’ più di Lecce (351 contro 319, più 10%) e di Modena (254 contro 251, più 5%).

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Non sono frasi carpite al bar o confidate da Gabrielli a un cronista. Il capo della polizia le ha pronunciate alla Camera dei Deputati, il 10 gennaio scorso, davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sulla sicurezza e il degrado delle città. Gabrielli è lì per fare il punto e spiega che nel 1989 la polizia aveva un organico di 117.200 unità, mentre oggi “siamo 99.630 con un decremento medio del 15%”. Aggiunge che la legge Madia ci ha messo del suo, abbassando l’organico a 106 mila. Tanto che “quando ci sono realtà con una scopertura del 5, del 4 o del 3 per cento è grasso che cola”. Essenziale capire dove sia finito, tanto più che oltre alle carenze d’organico incombe il problema dell’età degli agenti in servizio che mediamente hanno 48-51 anni: con il blocco del turnover – secondo stime che circolano al Viminale – nel 2030 si avrà il 40% di forze in meno. E allora addio, cara sicurezza.

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Ad ascoltarlo ci sono venti deputati, di ogni colore politico, che non si scompongono. Neppure nel sentire perché alcune città fanno eccezione alla regola generale dei vuoti di organico e che, di fatto, politici e sindacalisti in Italia riescono a convogliare gli agenti nei propri feudi elettorali o sindacali. A scapito del diritto alla sicurezza di tutti i cittadini, specie di chi vive in realtà dove la cronica insufficienza di uomini e mezzi fa dilagare reati e criminalità. Come succede a Reggio Calabria (2.017 unità effettive a fronte delle 2.137 previste: meno 5,6%), Bari (1.117 unità effettive contro 1.298 previste: meno 13%), Catania (1.979 unità effettive contro 2.028 previste: meno 2%), Messina (921 unità a fronte delle 1.129 previste: meno 18%), Cagliari (904 unità effettive contro 1.245 previste: meno 27%). Ma le situazioni ritenute più gravi sono Caserta e Foggia, dove gli stessi organici del 1989 affrontano una criminalità che da allora è fortemente cambiata.

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L’unica reazione, alla Camera, è del deputato Andrea De Maria (Pd) che chiede perché Bologna, la sua città, possa contare su un organico di 2.350 unità sulle 2.320 previste. Quando capisce si risponde da solo: “Noi abbiamo il ministro dell’Ambiente!”. È il bolognese Gian Luca Galletti (Udc), che poi tutto questo potere sul Viminale non l’ha mai avuto. Ma a intanto a Bologna, con tutti gli agenti al loro posto (e anche di più), i reati sono calati del 10%.

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Facile individuare altri potenti in grado di spostare gli agenti. Maroni da ministro degli Interni nel 2008 elesse la sua Varese a laboratorio dei “patti per la sicurezza” del governo Berlusconi. I titoli della Prealpina e della Padania celebravano un calo del 9% dei reati. Per Lecce il nome è quello dell’ex sottosegretario del Viminale, Mantovano. Non è più in servizio dal 2013 e il trend dei reati ha ripreso a salire quell’anno (+5,9%).

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Infine Modena. Ricorda Gabrielli che lì presta servizio dall’82 il segretario generale del Siulp, il potente sindacato di polizia che conta 26mila iscritti, circa il 30%. Cade dalla sedia Felice Romano: “Il capo della polizia ha detto davvero una cosa del genere? Non ci credo neanche se lo vedo”. Lo può leggere a pagina 56 dello stenografico di seduta. “Ma non siamo in soprannumero, siamo sotto di 300 unità”. Al Viminale hanno altri numeri. – FONTE

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