18/08/2017 -Si chiama Rassoul Bissoultanov, nato nel 1993 in Cecenia, arrivato in Francia a 13 anni dove aveva chiesto asilo politico. L’assassino viveva assieme ai genitori nel quartiere malfamato di Hautepierre, periferia di Strasburgo, città dove vive una vasta diaspora di ceceni e guarda caso dove è molto forte la presenza di oppositori del presidente ceceno Kadyrov e di attivisti anti-Putin.
A Strasburgo è anche presente la Corte Internazionale per i Diritti Umani, dove molti ceceni hanno presentato denunce contro Mosca. Bissoultanov era già noto alle autorità francesi per alcuni piccoli precedenti tra cui un’aggressione ai danni di una escort, perpetrata assieme ad altri ceceni. Le foto di Bissoultanov e Movsar Magomadov (l’amico con la maglietta rossa che aiuta Bissoultanov nella rissa “controllando il perimetro”) mostrano delle corporature estremamente allenate che fanno presagire un lungo addestramento. In cosa spetta agli inquirenti scoprirlo, così come le motivazioni della richiesta di asilo politico.
Erano noti in Russia e in Cecenia? Che tipo di trascorso hanno nella loro terra d’origine? Quale storia familiare? Un dettaglio interessante è la barbetta in stile salafita di Magomedov, molto in voga tra i religiosi ceceni, con i baffi più corti e la barba lasciata crescere. Forse solo un caso, forse. Jean-Luc Beck, l’allenatore di Bissoultanov, lo descrive come un ragazzo tranquillo e corretto e non si dà pace affermando che la lotta libera ha una rigida disciplina e non è fatta per i violenti. Beck ha ragione, il problema non è la lotta libera (che non prevede nemmeno l’utilizzo di calci e pugni, come spiegato dall’allenatore stesso). La causa va dunque cercata altrove, non soltanto nel possibile utilizzo di alcohol e droga, visti i precedenti del ceceno. Va inoltre puntualizzato che Rassoul Bissoultanov non è il soggetto ritratto in foto con la felpa della Russia e la gigantografia di Kadyrov in sottofondo. Facendo un paragone tra le foto del killer e quello della foto in questione risulta palese come non si tratti della stessa persona. La foto è infatti stata ricavata dall’account di un omonimo che fa MMA ma classe 1995. Forse un po’ più di cautela sarebbe stata consigliabile prima di divulgare foto. – FONTE
Altro Particolare inquietante:
“La gente ha continuato a ballare sulla pozza di sangue dove 10 minuti prima si trovava Niccolò: è stato tremendo». Voce impastata dall’orrore e occhi sbarrati. G.A., fiorentino di 20 anni, la notte di sabato 12 agosto era distante una decina di metri dal punto dove Niccolò – che non conosceva – subiva il pestaggio mortale. Passava anche lui la serata al St.Trop’s di Lloret de Mar, dove era entrato pagando un biglietto da 25 euro con tre bevute incluse. “Prima di sferrargli quel colpo – ricorda – l’aggressore ha sollevato Niccolò e lo ha sbattuto a terra: è caduto battendo la testa. Perdeva sangue da bocca e orecchie”.Il giovane, che chiameremo Luca, ha scelto l’anonimato. Troppa la paura che il web e i social stilino il loro verdetto, bollandolo come “colpevole” per non essere intervenuto. Ma il peso di quello che ha visto al St. Trop’s è un’incudine d’angoscia che deve essere raccontata. Utile per chiarire, oltre al ruolo di Rassoul Bisultanov, il 24enne ceceno trattenuto in Spagna con l’accusa di omicidio volontario, il ruolo dei due compagni, Khabiboul Khabatov, 20 anni e Mosvar Magamadov di 26, scarcerati entrambi ma ancora indagati.
La certezza che emerge dal racconto: tutti e tre erano in cerca di rogne. “Mezz’ora prima dell’aggressione – racconta – uno di loro, alto con barba e polo rossa (Magamadov ndr), è salito al terzo piano del St.Trop’s dove si trova la terrazza e ha cacciato un urlo disumano facendoci girare tutti. Poi è sceso”. Il ceceno, 10 minuti dopo, ha rifilato una spinta a un amico di Luca. “Abbiamo visto la scena – spiega – ma il mio amico non si è girato per evitare discussioni”. L’escalation alcolica dei ceceni cresce fino alle 3 di notte e mezz’ora dopo arriva il contatto con Niccolò.
“La rissa – ricorda – era al piano terra, sulla pista. Si è creata una forte pressione verso l’esterno. Ero distante 10 metri ma la folla arretrava incollandomi alla parete”. Muoversi o tentare di fare qualcosa per chi si trovava nelle retrovie era impossibile. “I tre si muovevano in squadra – dice – uno picchiava e gli altri due tenevano lontani a cazzotti chiunque si avvicinasse”.
Una versione diversa rispetto a quella fornita dall’avvocato di Khabatov che vede come estraneo e anzi in ruolo di “paciere” il 20enne ceceno già scarcerato. Il resto della rissa è la sequenza choc mostrata nel video.
E i bodyguard? “Dentro c’e ne erano almeno tre ma erano lontano”. Gli aggressori usciranno poco dopo dal locale dandosi alla fuga sul lungomare. Ma quello che il 20enne non riesce a dimenticare è il dopo-aggressione. “È ripartita la musica e i dj incitavano la gente a ballare. Lo hanno fatto anche sul sangue di Niccolò”. FONTE
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