La germania, è lo stato più povero della zona euro. Il loro compito è negarlo!
Financial Times: Tedeschi più poveri di ciprioti e spagnoli, ma anche degli italiani. Ecco perchè
L’analisi monetaria dell’autorevole rivista
È un’analis di Wolfgan Munchau (nella photo) del Financial Times a scatenare i commentatori tedeschi sulla maggior ricchezza patrimoniale di spagnoli e ciprioti rispetto a quella dei tedeschi. Un analisi che potrebbe far sorridere, ma che sottolinea le profonde idiosincrasie della moneta unica europea. Nel sondaggio della BCE, commentato da Munchau, in base al quale le famiglie del Nord Europa hanno una ricchezza patrimoniale molto inferiore a quella delle famiglie dell’Europa meridionale. € 200.000 di ricchezza media per i tedeschi, mentre in Spagna 300.000 €, e a Cipro 670.000 €.
Naturalmente in Germania si è subito parlato sul perchè i poveri tedeschi dovessero salvare i ricchi stati del sud su questo Munchau è chiaro:
“Quel che l’indagine mostra in realtà non è il differenziale di ricchezza, ma i tassi di cambio de facto tra le economie della zona euro. Non sono misure della ricchezza netta, ma degli squilibri. E sono enormi.”
Mentre dall’inizio dell’euro i salari e i prezzi al consumo in Germania sono rimasti costanti, nell’Europa meridionale sono aumentati di anno in anno, con un notevole differenziale di inflazione che ha portato ad un forte differenziale nei prezzi degli asset. Ecco il motivo per cui un appartamento a Milano costa molto di più di un appartamento a Monaco di Baviera, che pure è la città con i più alti prezzi degli immobili della Germania. Un euro tedesco compra più beni immobili a Monaco di Baviera di quanti ne compri un euro italiano a Milano.”
“Nel frenetico dibattito tedesco riguardo a queste cifre, il focus è sulla ricchezza mediana – la statistica che individua il valore centrale se si dovessero classificare le famiglie in base alla ricchezza. Nei paesi con divari di ricchezza estremamente ampi, come la Germania, dove pochi super-ricchi possiedono un’ampia quota di terreni e beni immobili, la mediana è significativamente inferiore alla media. E guardando alla mediana, il divario è veramente estremo.
Misurate in termini di mediana, le famiglie tedesche occupano l’ultimo posto tra tutti i paesi della zona euro, con una ricchezza netta di soli 51.000 €, mentre la famiglia cipriota mediana ha una ricchezza netta di € 267.000. La spiegazione di questo divario è il basso tasso di proprietà immobiliare in Germania – ben al di sotto del 50 per cento. Ciò significa che il tedesco mediano non possiede una casa, mentre il mediano cipriota o quello spagnolo sì.
La mediana è la statistica da citare quando si vuol sostenere che il tedesco tipico è più povero dello spagnolo tipico. Ma questa è una affermazione priva di senso, perché si basa su diverse distribuzioni di ricchezza all’interno dei paesi. Se si desidera fare confronti tra paesi diversi, è meglio prendere la media. Il divario non è così drammatico, tuttavia resta ancora molto grande. La ricchezza media netta dei tedeschi è di € 200.000 a famiglia mentre la ricchezza media netta degli spagnoli è di € 300.000.”
Se non ci si ferma a questi dati, perché si ritiene che nella realtà i tedeschi siano davvero più ricchi come paese, allora questo divario, dice Munchau, rappresenta “la misura minima dell’adeguamento dei tassi di cambio reali di cui Germania e Spagna avrebbero bisogno.”
Ma in verità, il divario è anche più grande. Se la famiglia media tedesca è in realtà più ricca della famiglia media spagnola, allora lo squilibrio tra Germania e Spagna deve essere ancora più alto. Per Munchau, questo è il vero problema e i dati sulla ricchezza non sono altro che una rappresentazione di questo.
“Per dirla in un altro modo: se la stessa unità di conto ci dà una ricchezza che sembra maggiore per la Spagna che per la Germania, e invece si sa bene che questo non può essere vero, allora ci deve essere qualcosa di sbagliato nell’unità di conto. L’altra possibile soluzione è che ci potrebbe essere un problema con i dati, ma non vedo errori nella tecnica statistica utilizzata dalla BCE. Può essere che abbiano rilevato male i prezzi delle case. Gli statistici hanno difficoltà a registrare i cali dei prezzi delle case dopo le bolle. Ma questo tipo di discrepanza non potrebbe spiegare un divario così ampio.
…Questo mi porta a concludere che l’unità di conto in realtà non è la stessa in tutta la zona euro – che la Spagna e la Germania hanno un euro diverso.
Certo, non mi aspetto che la BCE o qualsiasi altra istituzione europea giunga alla conclusione che l’euro non è la stesso in Germania o in Spagna. Il loro compito è di negarlo. Ma l’imposizione di controlli sui capitali a Cipro ha creato un precedente. Ora Cipro ha una nuova moneta. Io lo chiamo l’euro cipriota. Secondo lo studio della BCE, anche la Germania ha una propria moneta – l’euro tedesco – ed è massicciamente sottovalutato.”
“In un’unione monetaria, l’aggiustamento può avvenire solo attraverso i movimenti dei salari reali e dei prezzi. Poiché la Germania non ha inflazione, e non è probabile che avrà inflazione in futuro, dato che non vedo alcuna possibilità che questo accada, nemmeno nel lungo periodo, la mia conclusione è che, a lungo andare, questo aggiustamento finirà per realizzarsi attraverso una modifica dei tassi di cambio nominali – il che significa che qualcuno dovrà uscire dall’eurozona – o ricorrere a una moneta parallela.
Mentre dall’inizio dell’euro i salari e i prezzi al consumo in Germania sono rimasti costanti, nell’Europa meridionale sono aumentati di anno in anno, con un notevole differenziale di inflazione che ha portato ad un forte differenziale nei prezzi degli asset. Ecco il motivo per cui un appartamento a Milano costa molto di più di un appartamento a Monaco di Baviera, che pure è la città con i più alti prezzi degli immobili della Germania. Un euro tedesco compra più beni immobili a Monaco di Baviera di quanti ne compri un euro italiano a Milano.”
“Nel frenetico dibattito tedesco riguardo a queste cifre, il focus è sulla ricchezza mediana – la statistica che individua il valore centrale se si dovessero classificare le famiglie in base alla ricchezza. Nei paesi con divari di ricchezza estremamente ampi, come la Germania, dove pochi super-ricchi possiedono un’ampia quota di terreni e beni immobili, la mediana è significativamente inferiore alla media. E guardando alla mediana, il divario è veramente estremo.
Misurate in termini di mediana, le famiglie tedesche occupano l’ultimo posto tra tutti i paesi della zona euro, con una ricchezza netta di soli 51.000 €, mentre la famiglia cipriota mediana ha una ricchezza netta di € 267.000. La spiegazione di questo divario è il basso tasso di proprietà immobiliare in Germania – ben al di sotto del 50 per cento. Ciò significa che il tedesco mediano non possiede una casa, mentre il mediano cipriota o quello spagnolo sì.
La mediana è la statistica da citare quando si vuol sostenere che il tedesco tipico è più povero dello spagnolo tipico. Ma questa è una affermazione priva di senso, perché si basa su diverse distribuzioni di ricchezza all’interno dei paesi. Se si desidera fare confronti tra paesi diversi, è meglio prendere la media. Il divario non è così drammatico, tuttavia resta ancora molto grande. La ricchezza media netta dei tedeschi è di € 200.000 a famiglia mentre la ricchezza media netta degli spagnoli è di € 300.000.”
Se non ci si ferma a questi dati, perché si ritiene che nella realtà i tedeschi siano davvero più ricchi come paese, allora questo divario, dice Munchau, rappresenta “la misura minima dell’adeguamento dei tassi di cambio reali di cui Germania e Spagna avrebbero bisogno.”
Ma in verità, il divario è anche più grande. Se la famiglia media tedesca è in realtà più ricca della famiglia media spagnola, allora lo squilibrio tra Germania e Spagna deve essere ancora più alto. Per Munchau, questo è il vero problema e i dati sulla ricchezza non sono altro che una rappresentazione di questo.
“Per dirla in un altro modo: se la stessa unità di conto ci dà una ricchezza che sembra maggiore per la Spagna che per la Germania, e invece si sa bene che questo non può essere vero, allora ci deve essere qualcosa di sbagliato nell’unità di conto. L’altra possibile soluzione è che ci potrebbe essere un problema con i dati, ma non vedo errori nella tecnica statistica utilizzata dalla BCE. Può essere che abbiano rilevato male i prezzi delle case. Gli statistici hanno difficoltà a registrare i cali dei prezzi delle case dopo le bolle. Ma questo tipo di discrepanza non potrebbe spiegare un divario così ampio.
…Questo mi porta a concludere che l’unità di conto in realtà non è la stessa in tutta la zona euro – che la Spagna e la Germania hanno un euro diverso.
Certo, non mi aspetto che la BCE o qualsiasi altra istituzione europea giunga alla conclusione che l’euro non è la stesso in Germania o in Spagna. Il loro compito è di negarlo. Ma l’imposizione di controlli sui capitali a Cipro ha creato un precedente. Ora Cipro ha una nuova moneta. Io lo chiamo l’euro cipriota. Secondo lo studio della BCE, anche la Germania ha una propria moneta – l’euro tedesco – ed è massicciamente sottovalutato.”
“In un’unione monetaria, l’aggiustamento può avvenire solo attraverso i movimenti dei salari reali e dei prezzi. Poiché la Germania non ha inflazione, e non è probabile che avrà inflazione in futuro, dato che non vedo alcuna possibilità che questo accada, nemmeno nel lungo periodo, la mia conclusione è che, a lungo andare, questo aggiustamento finirà per realizzarsi attraverso una modifica dei tassi di cambio nominali – il che significa che qualcuno dovrà uscire dall’eurozona – o ricorrere a una moneta parallela.
Un successone. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha chiuso in anticipo la quarta tranche del Btp Italia dopo che lunedì, prima giornata di offerta, la raccolta è stata di quasi 9 miliardi. Insomma, sul mercato obbligazionario c’è fiducia nell’Italia. O, almeno, in un’Italia stragarantita e blindata. Sotto l’aspetto puramente pratico, infatti, il Btp Italia in emissione conserva le caratteristiche dei precedenti: durata quadriennale, indicizzazione all’inflazione italiana (l’indice Foi senza tabacco rilevato dall’Istat che a marzo ha registrato una crescita tendenziale annua del’1,6%), premio di fedeltà dello 0,4% per le persone fisiche che lo acquisteranno in collocamento e lo manterranno fino a scadenza (22 aprile 2017). Il livello minimo di rendimento reale (al quale andrà aggiunta l’inflazione per determinare via via il valore delle cedole semestrali che si incasseranno ) è stato fissato venerdì scorso al 2,25% ed è probabile a questo punto che venga confermato al termine del collocamento, vista la domanda da parte degli investitori.
Sarà per questo che i due principali fondi obbligazionari al mondo, Blackrock e Pimco, hanno gentilmente declinato l’offerta? Il problema, poi, al netto dell’entusiasmo del Tesoro, è che l’Italia ha bisogno di emettere debito a lungo termine, dieci e magari quindici anni, spalmare le scadenze che fino ad oggi non hanno proprio infiammato l’entusiasmo degli investitori, soprattutto l’emissione 2028. Direte voi, meglio guardare il bicchiere mezzo pieno: e avete ragione. Peccato che a volte questa logica, permetta a chi vuole risparmiare sulle bevande di farla franca. A chi mi riferisco è presto detto, le banche, motori immobili del miracoloso spread inchiodato a quota 300-310, nonostante la paradossale e senza precedenti impasse politica italiana. «Se le banche in alcuni Paesi non prestano a tassi ragionevoli, le conseguenze per l’Eurozona sono gravi», ha tuonato lunedì da Amsterdam, il governatore della Bce, Mario Draghi, sempre più giustamente ossessionato dalle distorsioni nella trasmissione del credito tra le varie aree dell’eurozona, ovvero Paesi core inondati di liquidità a costo zero e Spagna e Italia in piena restrizione del credito e con le Pmi ormai alla canna del gas. Per Draghi «è particolarmente sconcertante che le piccole e medie imprese soffrano più delle grandi aziende, dato che fanno i tre quarti dell’occupazione. La Bce non può e non vuole sovvenzionare banche insolventi», ha proseguito Draghi, spiegando che il sostegno in liquidità accordato alle controparti bancarie «non è e non dovrebbe essere un sostegno di capitale». Allo stesso modo, ha detto, nel contrastare i rischi di ridenominazione sui titoli di Stato «non possiamo e non vogliamo sovvenzionare i governi dell’Eurozona».