La sfanculata atomica di Donald Trump al mentecatto Renzi: “Renzi chi? Ma che roba è?”
10/03/2017 – Sembrava impossibile, ora invece la vittoria di Donald Trump pare più di una possibilità. Un boccone amarissimo, per l’establishment degli Stati Uniti e per l’Europa. E anche per l’Italia. Già, perché Matteo Renzi aveva clamorosamente “endorsato” Hillary Clinton.
Ed ora, nel cuore della notte, riecheggiano le parole pronunciate dal quasi-presidente degli Stati Uniti lo scorso giugno in un’intervista a La Stampa. “Renzi appoggia Hillary? Lui non lo conosco neppure, non mi importa, è irrilevante”. Tanti auguri al premier e alla sua politica estera… – Fonte
Serracchiani, la n.2 del Pd ha anche uno studio legale. Che difende il colosso delle pulizie nel licenziamento di 18 lavoratori
10/03/2017 – Debora Serracchiani, numero due del Pd e presidente di Regione è anche socia di uno studio legale che tra le altre cose ha scelto di difendere non gli operai ma il “padrone”, cioé la megacooperativa che alla fine di una lunga vertenza li ha licenziati. Scelta singolare, politicamente parlando, per chi è alla testa di un partito che già viene accusato di essersi dimenticato della difesa dei lavoratori. Qualcuno per quello studio adombra però anche il sospetto di un conflitto d’interesse su di lei. E allora tocca capire, perché lei è “la” Serracchiani, vicesegretario del Pd e governatore del Friuli Venezia Giulia.
Il fatto che sta attirando una certa attenzione è che a Udine da tempo se ne aggira un’altra, che di nome fa sempre Debora Serracchiani, è avvocato e ha lo studio al civico 57 di via Francesco Crispi, proprio di fronte al Tribunale. In realtà sono la stessa persona perché la prima Debora, quella che conosciamo come ligia osservante delle leggi qual è, all’inizio del mandato si è correttamente autosospesa dall’esercizio della pratica forense per non incorrere nell’incompatibilità di legge, ma ecco che quattro mesi dopo quell’altra le ha fatto il dispetto (o il favore) di aprire uno studio legale in pieno centro con targa dorata: è lo studio legale associato Lorenzo Gennari & Debora Serracchiani.
targa-serracchianiUna scritta che può confondere il cittadino ma soprattutto lo sprovveduto cliente che si rivolgesse allo studio sperando mai di avere maggior tutela esibendo mandati, diffide, lettere di citazione e parcelle su carta intestata dell’altra Debora, incidentalmente presidente della Regione. E viceversa, in caso vicende legali nelle quali la Regione tocca palla finissero mai per essere trattate dallo studio della presidente. E ancora, se alcune scelte che in Regione si fanno avessero a che fare con quell’altra Debora, l’avvocato formalmente sospeso.
Il caso della doppia veste di “Debby”, va detto, non è nuovo. E’ stato anche oggetto di un’interrogazione in consiglio regionale e il fatto che non riceva risposta da oltre 500 giorni contribuisce a tener vivo il sospetto, soprattutto se il potenziale conflitto di interessi in capo alle due Serracchiani lascia sul terreno semi che germogliano. E’ successo, ad esempio, nel novembre 2015 con la nomina nel cda di Autovie Venete di Amedeo De Toma, classe 1966, avvocato con una riconosciuta esperienza nel settore giuslavoristico ma nessuna in quello dei trasporti. De Toma però, finché lei non si è sospesa dall’albo, è stato il socio di studio della Serrachiani. L’imbeccata arriva dal sito ilperbenista.it e il vicecapogruppo del Pdl in consiglio regionale deposita la sua interrogazione inevasa. Ma c’è di più.
Nello stesso studio Serracchiani-De Toma ha lavorato anche il socio attuale di Debora e consigliere comunale PD a Pagnacco, Lorenzo Gennari. Come lei è specializzato in diritto del lavoro, che esercita anche a difesa delle grandi cooperative contro le pretese dei lavoratori. “Certamente la informo delle attività dello studio che è anche suo – dice il socio della Serracchiani- ma da quando si è sospesa me ne occupo solo ed esclusivamente io: lei fa il governatore di questa regione e io l’avvocato”. Ed è vero che nella dichiarazione dei redditi della Serracchiani-presidente non figurano utili da attività libero professionali della Serracchiani-avvocato. Lo conferma il socio Gennari: “Dal notaio sono stati ben divisi oneri e onori dell’attività”. Il punto non sono i profitti, insistono i detrattori, ma l’opportunità stessa di tenere in piedi uno studio che grazie al suo nome può aumentare il portfolio clienti e a causa di quel nome creare situazioni opache. “Lo dico chiaramente”, puntualizza Gennari: “non spendo il suo nome in nessun ambito e se un cliente cerca qui un aggancio politico con l’onorevole sbaglia indirizzo”.
Ma non è escluso che possa capitare che le due Serracchiani finiscano per incontrarsi, anche involontariamente. Ed è puntualmente successo. A Udine ha sede una megacooperativa da 120 milioni di fatturato attiva nei servizi di pulizia per enti e ospedali di tutta Italia. Si chiama Euro&promos, ha circa 6mila dipendenti e molti appalti pubblici. Facile che capiti qualche grana sindacale. Nel 2014 si apre una crisi perché alcuni appalti vengono meno e l’azienda mette in cassa 140 lavoratori. Il 14 ottobre di quell’anno i delegati di Cgil, Cisl e Uil incontrano presso la sede nazionale di Legacoop il direttore del personale per tentare un accordo tra le parti. C’è anche l’avvocato che difende la cooperativa e – sorpresa – è proprio Lorenzo Gennari, il socio della Serracchiani.
Ora, il mondo degli avvocati del lavoro a Udine è davvero piccolo ma la città può contare su 580 civilisti. Perché Euro&promos sceglie proprio il socio di studio della Serracchiani? Tocca domandarlo all’imprenditore Sergio Bini, fondatore e presidente della cooperativa con un occhio sempre attento alla politica, in un tempo ormai lontanissimo come coordinatore dei giovani della DC, un domani non molto lontano come candidato indipendente alla poltrona della Serracchiani, alle regionali 2018. Bini è un tipo loquace ma sul fatto specifico gli si scuce ben poco, se non che: “Abbiamo affidato diversi mandati a quello studio e siamo molto soddisfatti perché lavorano bene e costano anche poco: con loro, di solito, vinciamo i contenziosi”. E in effetti la crisi – si apprende da fonti sindacali – viene risolta dopo tre anni, ma con il licenziamento di 18 lavoratori che non avevano accettano la proposta di trasferimento fatta balenare dalla cooperativa. Fine.
In ogni caso la discesa in campo dell’imprenditore apre uno scenario competitivo singolare in Friuli Venezia Giulia, perché la rivale cui domani vuol far le scarpe è la presidente della Regione in cui fa le gare (e vince: Arpa, Autovie Venete, Assl…) nonché il suo legale in caso di grane sindacali, seppur tramite il socio di studio. Che nelle vertenze, altro dato non proprio di colore per la numero due del Pd, non difende mica i lavoratori bensì il “padrone”, e con buona soddisfazione di quest’ultimo. Proprio così. Alla fine, grazie al terzo incomodo, le due Serracchiani hanno finito per ritrovarsi.
La versione di Debora
Alla Serracchiani, in Argentina in questi giorni, abbiamo rivolto alcune domande sulla vicenda ma è giunta solo una dichiarazione tramite il portavoce: “La costituzione di un’associazione professionale è stata valutata da Debora Serracchiani con l’avvallo del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Udine. Serracchiani, da quando si è autosospesa ad aprile 2013, non ha più firmato un atto e non ha più percepito alcunché dall’attività professionale, senza mai interfacciarsi con la clientela. L’attività professionale viene svolta solo e soltanto dall’avvocato Lorenzo Gennari il quale è l’unico interlocutore con i clienti e l’unico che gestisce lo studio, firma i mandati e tutti gli atti relativi allo studio. Serracchiani non segue alcuna pratica dello studio, né direttamente né indirettamente. Autosospendersi significa non avere la possibilità di esercitare e di trarre profitto dall’attività professionale, ma permette di conservare il titolo di avvocato, professione alla quale Serracchiani vuole poter tornare una volta esaurito il suo ciclo in politica”. FONTE
Sole 24 Ore, perquisizioni della Finanza: 10 indagati per false comunicazioni sociali e appropriazione indebita
10/03/2017 – Il nucleo speciale di Polizia valutaria della Gdf sta eseguendo 4 decreti di perquisizione nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Milano sui conti del gruppo Sole 24 Ore. Inchiesta che al momento vede 10 persone indagate per false comunicazioni sociali e appropriazione indebita da circa 3 milioni di euro. Al centro dell’indagine una presunta fittizia sottoscrizione di decine di migliaia di abbonamenti digitali.
Nell’inchiesta sono indagati per false comunicazioni sociali, tra gli altri, anche l’ex presidente del Gruppo Benito Benedini, l’ex Ad Donatella Treu e il direttore del quotidiano Roberto Napoletano. Nel decreto di perquisizione firmato dal Procuratore Fabio De Pasquale e dal Pm Gaetano Ruta, si legge che le vendite delle copie digitali del Sole 24 Ore sono state “enfatizzate” e sono “false”. Secondo la Procura, ci sarebbe stato “uno scostamento tra la rappresentazione della realta’ economica della societa’ e la situazione effettiva” e “si e’ veicolato un messaggio largamente positivo sull’andamento economico (vendite crescenti e ricavi correlativi in aumento), laddove le vendite sul digitale tanto enfatizzate erano false e una percentuale significativa delle quote cartacee andava dritta al macero”. – FONTE
Consip, Tiziano RENZI, querela Marco Travaglio: “Gli ho chiesto 300mila euro”
10/03/2017 – “Venite il 16 marzo al tribunale di Firenze. C’è la prima udienza contro Travaglio e il Fatto Quotidiano. Credo sia pubblica”. Di cosa si tratta? “Una richiesta di risarcimento danni di 300mila euro”. Così Tiziano Renzi, padre dell’ex premier Matteo, in un’intervista al Giorno parla della sua richiesta di risarcimento indirizzata al direttore del Fatto Quotidiano, giornale che per primo ha raccontato l’indagine della procura di Napoli, poi in parte trasferita a Roma per competenza, sulla vicenda dell’appalto più grande d’Europa della Consip.
Tiziano Renzi è indagato per traffico di influenze illecite perché accusato di aver lavorato per indirizzare l’assegnazione degli appalti. Il padre dell’ex premier è in procinto di partire per Medjugorje, dove già in passato si è recato anche in compagnia di Carlo Russo, imprenditore di Scandicci considerato dai magistrati napoletani un “faccendiere” e anche lui indagato nell’inchiesta Consip. – fonte
“Non ho nessuna intenzione di dire cosa farò”, dice Tiziano Renzi. “Non parlo con nessuno, tanto qualsiasi cosa dica viene travisata, o peggio inventata. Parlerò. Il 16 marzo, ormai manca poco”.
Tribunali nella bufera: indagati 3 magistrati e due avvocati
Olbia, 10/03/2017 – Due magistrati di Cagliari e un giudice di Tempio Pausania sono stati indagati dalla Procura di Roma per il reato di turbativa d’asta. Indagati per la stessa ipotesi di reato anche due avvocati galluresi, il cui studio legale è stato perquisito dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia di Stato.
L’indagine si riferisce all’aggiudicazione di una villa a Baia Sardinia, appartenuta a un imprenditore arzachenese deceduto nel 2015. L’indagine è alle battute iniziali. Secondo l’ipotesi investigativa, l’immobile sarebbe stato venduto partendo da una base d’asta inferiore rispetto a quella che avrebbe dovuto essere.
Nuova clamorosa inchiesta della Procura di Roma sul Tribunale di Tempio. A distanza di pochi mesi dall’arresto del giudice della sezione penale Vincenzo Cristiano (accusato di corruzione in atti giudiziari e che sarà processato con giudizio immediato a Roma il 4 maggio) ) il pm Stefano Rocco Fava ha ordinato una serie di perquisizioni in uffici legali e abitazioni di Olbia e Arzachena. Due magistrati, Chiara Mazzaroppi della sezioen civile del tribunale di Cagliari e Andrea Schirra della Procura generale cagliaritana oltre al giudice dell’esecuzione di Tempio , Alessandro Di Giacomo, risultano indagati dalla Procura di Roma con l’accusa di turbativa d’asta.
Indagati anche due avvocati, i coniugi Giuliano Frau e Tomasina Amadori.
La loro abitazione e il loro studio sono stati perquisiti dalla guardia di Finanza e polizia.
L’inchiesta della magistratura romana ruota attorno all’asta giudiziaria conclusa con la vendita per mezzo milione di euro della villa dell’imprenditore arzachenese Sebastiano Ragnedda, noto per avere fatto nascere le cantine Capichera, scomparso alla fine del 2015. Il bene risulta ora intestato a due magistrati che non fanno parte dell’organico del Tribunale di Tempio FONTE
Il governo regala davvero 480 euro agli italiani? Occhio alla truffa: cosa c’è dietro
10/03/2017 – I soldi per tutti non ci sono. E anche quelli a disposizione dovranno aspettare un decreto legislativo, che potrebbe arrivare tra un mese come tra due anni, per essere spesi. Ma il quadro politico è turbolento e il governo aveva bisogno di un tema forte con cui rispondere all’ offensiva politica e a quella giudiziaria. Di qui l’ idea di cavalcare con decisione il nuovo Reddito di inclusione sociale, una misura dall’ evidente «suono» grillino (il M5S si batte da anni per il reddito di cittadinanza) e in grado, per la platea a cui si rivolge, di riscuotere ampi consensi anche nel mare in tempesta alla sinistra del Pd, che potrebbe rendere complicata la sopravvivenza di Paolo Gentiloni.
Poco importa che la partita sia iniziata più di anno e mezzo fa, con il Piano nazionale contro la povertà previsto dalla legge di stabilità 2015, e che lo scorso settembre il governo abbia già ampiamente celebrato l’ avvio del Sostegno per l’ inclusione attiva, misura sperimentale prodromica al Reddito.
Oggi il Senato ha dato il via libera finale alla legge delega. E tanto basta. Sul piatto ci sono 1,6 miliardi di euro. Un plafond che in realtà vede solo 600 milioni di fondi nuovi. E un altro miliardo recuperato attraverso l’ accorpamento di diversi stanziamenti già predisposti negli anni scorsi: la Carta acquisti, in vigore dal 2008 (200 milioni), il Sostegno per l’ inclusione attiva, finanziato dal 2013 (370 milioni), l’ Assegno di disoccupazione, finanziato dal 2015 (380 milioni), l’ indennità per i Co.co.pro, introdotta nel 2008 (54 milioni). Aggiungendo una quota proveniente dai fondi europei, secondo quanto spiegato dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, si arriverà ad una dota complessiva di 2 miliardi di euro.
I quattrini saranno destinati alle famiglie povere con almeno un minore a carico. I criteri definitivi dovranno essere individuati dal successivo decreto legislativo, ma l’ idea di fondo è quella di muoversi sulla falsariga del Sostegno per l’ inclusione già sperimentato in alcune città italiane.
Quindi famiglie con almeno un componente minorenne, un figlio disabile o una donna in stato di gravidanza con un Isee annuo inferiore a 3mila euro e trattamenti assistenziali o previdenziali complessivi non superiori a 600 euro mensili. Nessun componente della famiglia potrà poi possedere auto immatricolate negli ultimi 12 mesi oppure di cilindrata superiore a 1.300 cc (o 250 cc in caso di motocicli) acquistati nei tre anni antecedenti la domanda.
Oggi per ottenere il Sia è inoltre necessaria una «valutazione multidimensionale del bisogno», che dovrà avere un punteggio uguale o superiore a 45 punti. Chi usufruirà del bonus dovrà poi comportarsi da «bravo cittadino», pena la revoca.
In altre parole, ha spiegato Poletti, dovrà avere «un comportamento responsabile, accompagnare i figli a scuola, seguire corsi di formazione ed accettare eventuali proposte di lavoro».
Considerando un assegno mensile (o una carta prepagata) di 480 euro (dai 400 già previsti dal Sia), cifra peraltro ancora da definire, i tecnici del Welfare hanno calcolato che il beneficio potrebbe riguardare circa 400mila nuclei familiari, vale a dire circa un milione e 770mila individui. E qui sorge il problema principale. Secondo l’ Istat infatti in Italia ci sono circa un milione e 582mila famiglie in condizione di povertà assoluta, che equivale a 4 milioni e 598mila invidui. Poletti ottimisticamente ha ammesso che la misura per ora raggiungerà un po’ meno del 50% della platea complessiva. In realtà è poco più del 38%. Del resto, come ha più volte spiegato l’ Alleanza per la povertà, per garantire un reddito d’ inclusione a tutti i poveri del nostro Paese servirebbero almeno 7,5 miliardi. Mancano dunque all’ appello oltre 5 miliardi. Soldi che difficilmente il governo, schiacciato tra manovra correttiva e clausole di salvaguardia, riuscirà a recuperare. di Sandro Iacometti
Lavoro in cambio di aiuti elettorali: arrestati il sindaco di Palau e la sua vice
10/03/2017 – Il sindaco e il vicesindaco di Palau – Francesco Pala e Maria Piera Pes – sono stati arrestati questa mattina dalla Guardia di Finanza in esecuzione di un provvedimento del Gip di Tempio Elisabetta Carta.
Sono accusati di aver promesso posti di lavoro all’ufficio turistico in cambio di propaganda elettorale durante le ultime elezioni amministrative. Sono entrambi ai domiciliari.
Le fiamme gialle stanno perquisendo gli uffici del Comune alla ricerca di documenti e riscontri all’inchiesta, in particolare atti legati ad assunzioni e a gare d’appalto nel settore dei servizi sociali. L’ipotesi di reato contestata è l’induzione indebita a dare o promettere utilità.
L’inchiesta è nata dalla segnalazione di una dipendente e “i fatti – spiegano le fiamme gialle in una nota – sono emersi nel corso delle intercettazioni telefoniche e ambientali condotte dai militari del Gruppo di Olbia in relazione a episodi della stessa specie e irregolarità nella gestione degli appalti pubblici da parte del Comune gallurese per i quali, come confermato dalle perquisizioni odierne, sono tuttora in corso articolate indagini di polizia giudiziaria”. L’indagine viene coordinata personalmente dal Procuratore Capo Domenico Fiordalisi. – FONTE
Oltre 1.200 bancomat clonati a Trento, prelievi effettuati tra Nepal e Indonesia
TRENTO 10/03/2017 – Una cinquantina di prelievi tra i 60 e i mille euro localizzati in Nepal e Indonesia hanno portato a bloccare oltre 1.200 bancomat. La ‘banda delle clonazioni’ ha alleggerito il conto in banca di tanti trentini (ora la cifra accertata avrebbe superato i 30 mila euro, ma sono ancora in corso segnalazioni e approfondimenti), ma l’illecito non è passato inosservato grazie al messaggio del sistema di allerta attivato per i prelievi sospetti oppure che vengono eseguiti all’estero. L’sms ha spinto i titolari dei bancomat a bloccare la carta e denunciare il tutto, dando così il via all’inizio delle indagini e delle verifiche.
La ricostruzione indica che la banda ha preso di mira lo sportello della Cassa Rurale di Trento tra via Travai e piazza Fiera e quello della Sparkasse di Bolzano in via Manci tra il 24 dicembre e il 1 gennaio, un periodo di prelievi tra Mercatini e festività: un momento propizio per la possibilità di avere accesso a diversi dati. La Cassa Rurale di Trento avrebbe già individuato i 750 bancomat dei propri clienti e le circa 300 card degli altri istituti.
I malviventi sono riusciti ad eludere gli accorgimenti delle banche per evitare le clonazioni, riuscendo a duplicare i codici utilizzando una finta tastiera, posizionata sopra quella esistente, e uno skimmer per la lettura dei dati delle tessere, inserito al posto della bocchetta verde sulla fessura. – FONTE
Un piano studiato nei minimi dettagli, in quanto la banda ha atteso circa due mesi e non ha effettuato subito dei prelievi per evitare di essere scoperti attraverso i filmati delle telecamere, che dopo un determinato lasso di tempo vengono cancellati, e svelare così il loro modus operandi per recuperare i dati necessari per l’illecito prelievo di denaro.