L’affidabilità della sinistra
La Puglia di Vendola (dopo la rinuncia al parlamento) reintroduce i vitalizi che aveva cancellato a novembre
BARI – Avevano giurato: i vitalizi spariranno dal 1° gennaio. E avevano approvato una legge, il 30 novembre, proprio per eliminare quel privilegio, sulla base del sentimento anticasta che si respira ormai in Italia. Beh, dopo 4 mesi ci hanno ripensato: al vitalizio rinunceranno, eventualmente, i prossimi consiglieri regionali della Puglia. Perché quelli che ci sono oggi – e anche molti dei loro ex colleghi che hanno salutato e sono andati in Parlamento – si terranno stretti la pensioncina. Che poi non è nemmeno tanto «ina».
Il 3 aprile al Consiglio regionale sono bastati un minuto e 20 secondi per approvare – all’unanimità, ca va sans dire – una normetta di sette righe e mezzo, sapientemente infrattata in un innocuo disegno di legge sui referendum.
Sette righe e mezzo bipartisan (i firmatari dell’emendamento sono Maniglio, Decaro, Romano, Damone, Losappio, Zullo, Lanzilotta, Buccoliero e Brigante) che fanno rientrare dalla finestra ciò che a novembre era uscito dalla porta con tanto di dichiarazioni encomiastiche ed autocelebrative, quando promisero che mai più – mai più – sarebbero stati erogati i vitalizi. La legge 34 del 2012 aveva stabilito che dal 1° gennaio i vitalizi sono semplicemente «aboliti», e che i consiglieri regionali «non sono più assoggettati» alla relativa trattenuta del 15% mensile dell’indennità: insomma, fermo restando i diritti acquisiti fino a quel momento, ciò che non accantonano più per il vitalizio gli finisce dritto in tasca e, se vogliono, i consiglieri regionali possono stipulare un’assicurazione privata.
Ma nessuna assicurazione privata garantisce una rendita pari a quella prevista dal mitologico Alberto De Cristofaro, autore della legge 8 del 2003: un assegno che – a seconda del numero di anni trascorsi in via Capruzzi – varia dal 35 al 70% dell’indennità mensile lorda e peraltro viene indicizzato annualmente all’in – flazione. Con la legge 34 è stato tutto cancellato. Chi a quel giorno aveva già maturato il minimo di 5 anni previsti, poteva tenersi il vitalizio. Gli altri, ciccia.
E allora è scattato l’emendamento: «I consiglieri regionali eletti nella IX legislatura», cioè loro stessi, «hanno facoltà di versare le somme corrispondenti ai contributi previdenziali mensili di cui alla legge regionale 27 giugno 2003, n. 8 (Testo unico sulle norme in materia di trattamento economico e previdenziale dei Consiglieri regionali della Puglia), occorrenti per completare il quinquennio contributivo della legislatura in corso, purché abbiano maturato un’anzianità contributiva non inferiore a trenta mesi».
LA NOTA DI DECARO:
BARI – In merito all’articolo dal titolo «Sorpresa: hanno prorogato vitalizio», pubblicato sull’edizione odierna de La Gazzetta del Mezzogiorno cartacea e ripresa on line, l’onorevole pugliese del Partito democratico, Antonio Decaro, che all’epoca dei fatti riportati dal quotidiano era capogruppo del Pd in Consiglio regionale, precisa quanto segue: «Non ho firmato nessun emendamento e non ho votato la norma citata nell’articolo. Ho subito chiarito la vicenda tramite gli uffici regionali, i quali hanno appurato che la firma in calce all’emendamento non è la mia, e che al momento del voto della legge non ero nemmeno presente in Aula».
INTRONA CERTIFICA: DECARO NON ERA PRESENTE
Il presidente del Consiglio regionale Onofrio Introna comunica che: “in riferimento a quanto dichiarato dall’on. Antonio Decaro, già capogruppo del Pd in Consiglio regionale, agli atti della Presidenza il consigliere Decaro risulta assente al momento del voto in Aula sull’emendamento relativo al riscatto del trattamento previdenziale e non è annoverabile tra i firmatari dell’emendamento stesso. L’indicazione ‘Decaro’ in calce va considerata un mero errore materiale”.
LA NOTA DI DECARO:
BARI – In merito all’articolo dal titolo «Sorpresa: hanno prorogato vitalizio», pubblicato sull’edizione odierna de La Gazzetta del Mezzogiorno cartacea e ripresa on line, l’onorevole pugliese del Partito democratico, Antonio Decaro, che all’epoca dei fatti riportati dal quotidiano era capogruppo del Pd in Consiglio regionale, precisa quanto segue: «Non ho firmato nessun emendamento e non ho votato la norma citata nell’articolo. Ho subito chiarito la vicenda tramite gli uffici regionali, i quali hanno appurato che la firma in calce all’emendamento non è la mia, e che al momento del voto della legge non ero nemmeno presente in Aula».
Il presidente del Consiglio regionale Onofrio Introna comunica che: “in riferimento a quanto dichiarato dall’on. Antonio Decaro, già capogruppo del Pd in Consiglio regionale, agli atti della Presidenza il consigliere Decaro risulta assente al momento del voto in Aula sull’emendamento relativo al riscatto del trattamento previdenziale e non è annoverabile tra i firmatari dell’emendamento stesso. L’indicazione ‘Decaro’ in calce va considerata un mero errore materiale”.