CONVEGNO ALLA CAMERA: “DIAMOLA A BERE AI PETROLIERI”
Roma, 26 giu – Il Movimento 5 stelle è al lavoro su una legge speciale contro le trivellazioni per la tutela di acqua, aria e terra e “per fermare le lobby petrolifere”. L’iniziativa è stata presentata oggi alla Camera, nella Sala Tatarella dal senatore e dalla deputata M5s Vito Petrocelli e Mirella Liuzzi, durante il convegno “Diamola a bere ai petrolieri”.
Il Movimento 5 Stelle ha iniziato un percorso di approfondimento sul tema con esperti internazionali come la professoressa Maria Rita D’Orsogna (docente di fisica California State University Northridge), Massimo Civita (Professor of Applied Hydrogeology Politecnico di Torino), professor Franco Ortolani (Professore ordinario di geologia, Università di Napoli) che porterà a formulare una proposta di legge ad hoc. “È tempo di una legge speciale sul petrolio – dice Petrocelli – I petrolieri e i loro amici politici perforano in ogni direzione nel nostro sottosuolo, anche fino a 7 km di profondità. Usano molte sostanze chimiche, spappolano la roccia di scisto e con essa la serenità di intere comunità che dal suolo e dal sottosuolo ricavano la loro sussistenza quotidiana”. Durante il convegno odierno è stato messo in luce come l’acqua inquinata abbia tempi lunghissimi per ricostituirsi e “depurarsi” nuovamente. D’ORSOGNA: ITALIA ELDORADO PER PETROLIERI. FERMIAMOLI La professoressa Maria Rita D’Orsogna, in particolare, ha sottolineato come studi internazionali abbiamo “accertato che le estrazioni di idrocarburi creano inquinamento e sono causa di tumori, problemi alla fertilità, danni al Dna”. “Negli Usa – ha sottolineato – c’è una legge da anni che obbliga chiunque inquina, come le compagnie petrolifere, a darne pubblica informazione. Sarebbe il caso di fare una legge simile anche qui in Italia”.
Dopo aver mostrato le conseguenze di vari incidenti a impianti di trivellazione, dall’Italia al Golfo del Messico, D’Orsogna ha sottolineato come “ci vogliono anni perché l’ecosistema si ricostituisca”. E ha portato in particolare l’esempio di Ravenna dove, “a causa delle estrazioni di metano si è abbassato il livello del terreno e c’è stato una moria di peschi”. “Se non facciamo niente – ha incalzato la professoressa – andranno avanti con le trivellazioni. Ci sono ad esempio progetti di shale gas in Puglia, Toscana, Sardegna e non c’è mai scritto nulla in italiano. Da noi ci sono inoltre i limiti di legge da rivedere, ben inferiori a quelli degli altri Paesi. A tal punto che i petrolieri dicono di noi che in Italia c’è grande possibilità di investimenti, bassi costi, basso contrasto politico e pochi limiti legislativi”.
“Per questo – ha insistito D’Orsogna – noi abbiamo il doppio della mortalità dei bambini per tumori rispetto al resto d’Europa e non solo per il petrolio ma anche per la scarsa tutela dell’ambiente”. CIVITA: PETROLIERI CI DICANO DATI PERFORAZIONE Alle parole di D’Orsogna hanno fatto eco quelle di Massimo Civita, professore del Politecnico di Torino, che ha illustrato i danni già esistenti e quelli possibili sulle risorse idriche italiane. “In futuro – ha detto – avremo sicuramente dei problemi con le risorse idriche. Si stima che ci sarà una crisi idrica mondiale tra il 2015 e il 2050. Significa che le nostre acque sotterranee sono un bene prezioso il cui valore aumenterà se ci sarà una crisi. E potremmo utilizzarle anche a fini commerciali”. “Solo la Turchia – ha aggiunto – ha più risorse idriche di noi, risorse inoltre che sopportano cambiamenti climatici anche potenti”.
Ma “le società petrolifere in Italia non rendono pubblici i dati di sottosuolo o di perforazione e se questa storia continuerà noi tecnici non possiamo fare delle previsioni” su eventuali danni. Ad esempio, ha sottolineato il professore, a “Vallo di diano e Val d’Agri se ci fossero perdite dai pozzi di petrolio, e sappiamo che ce ne sono state da altre parti, si andrebbe a inquinare tutta la risorsa idrica della zona”. Per questo, ha incalzato, “dobbiamo sapere cosa mettono nei pozzi per vedere cosa mettono nelle risorse idriche: ci sono dei fanghi che non inquinano ma se ci mettono la barite sappiamo che per recuperare l’acquitrino ci vogliono 20 anni e la spesa come per 20 campi di calcio”.
Intervento della Senatrice: Vilma Moronese:
In Italia abbiamo ben 30 mila kmq di aree ad alta criticita idrogeologica per oltre 6 mila comuni. Un problema enorme come enormi sono i problemi di sismicita diffusa influenzata dallo scorrimento delle zolle causa della deriva dei continenti. A questo si somma ed e connessa la necessita di salvaguardare le risorse idriche, i suoli ed i mari dai rischi di inquinamento. Vogliamo sapere dal Ministro se concorda con noi sulla necessita di provvedere con un percorso legislativo alla tutela dei danni ambienti derivanti dalle trivellazioni, che, è provato da studi autorevoli ed indipendenti, sono connessi ad alto rischio di sismicita indotta, d’inquinamento di terra aria ed acqua. L’acqua è piu preziosa del petrolio e non sostituibile a differenza di questo. Quando abbiamo compromesso una falda acquifera abbiamo perso una ricchezza di tutti per sempre. Il petrolio non convenzionale, quello che stiamo cercando “grattando il fondo del barile”, non piu nelle aree desertiche, ma vicino ai centri abitati su aree di ricarica degli acquiferi, in Basillicata se ne contano ben 8 piattaforme; in zone a noto rischio sismico e ad alto rischio di energia tettonica accumulata; a poche centinaia di metri dagli ospedali.
Il petrolio amaro e pesante ha costi crescenti ed energia netta decrescente. Costi ambientali incalcolabili. Il danno evidentemente non deriva solo dall’eventuale incidente, che causerebbe un disastro ambientale certo, ma dall’attivita stessa; si provocano danni sin dalle attivita ispettive che si attuano con micro esplosioni controllate cui devono seguire segnali riflessi, dannosi alla fauna marina; con i fanghi e fluidi peeforanti, che per appesantire, per andare piu a fondo a cercare, vengono caricati con sostanze anche molto pericolose, di cui le compagnie non sono tenute a dichiarare la composizione, e attenzione, si legge dalla relazione dell’ENI testualmente che ” le perdite sono frequenti”, ordinarie; e con lo smaltimento, per un barile si contano ben 10 barili di scarto, con componenti anche nucleari. Non ci è dato di sapere come vengono smaltiti e dove questi rifiuti, certo è che a Ragusa è stato acertato che per un barile di greggio 300t. di scarto sono finiti in mare.
Certo è che dai rapporti dei petrolieri emerge che “l’Italia è un buon posto dove fare business”, e che in Europa registriamo un tasso doppio di mortalita infantile per tumori, Basillicata in testa. Esistono decine di modi di produrre energia, il punto sta a valutare, su un piano anche squisitamente economico, qual’è il sistema sicuramente piu vantaggioso per la collettivita.