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Morto da ore al pronto soccorso, nessuno si era accorto

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04/05/2019 – Un uomo è morto nella sala d’attesa del pronto soccorso dell’ospedale di Moncalieri senza che nessuno si accorgesse, riporta Repubblica online nell’edizione di Torino. L’uomo, solo, era seduto su una sedia da ore. A dare l’allarme è stato il familiare di un paziente.

L’uomo deceduto, di cui non si conoscono le generalità, era un senza tetto e non aveva documenti di identità con sé. Era arrivato al pronto soccorso di Moncalieri con un’ambulanza, martedì scorso, dopo che alcune persone avevano chiamato i soccorsi, vedendolo debole e spaesato tra alcuni cartoni in strada. Il clochard era stato dimesso dall’ospedale il giorno prima della morte. L’uomo, infatti, seduto nella sala d’attesa del pronto soccorso, aveva con sé il foglio di dimissioni. Forse si chiamava Beppe.

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Il direttore sanitario dell’ospedale di Moncalieri ha spiegato che il clochard non presentava alcuna patologia, i medici gli avevano offerto la colazione e poi lui aveva firmato i fogli per poter lasciare la struttura, senza sottoporsi ad altri controlli. Secondo le prime ricostruzioni, l’uomo potrebbe essere tornato in ospedale per ripararsi dalla pioggia. Si è seduto nella sala d’aspetto del pronto soccorso e poi è morto. “In molti non si sentono sicuri nei dormitori e preferiscono cercare riparo nelle corsie degli ospedali. Accade qui come in altri nosocomi della zona”, hanno spiegato dall’ospedale di Moncalieri.

Quando il familiare del paziente si è accorto della morte del clochard, sul posto sono arrivati i carabinieri. Ora sul caso, rubricato come “Ignoto1”, indaga la procura. – [Notizie.Virgilio.it]
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Il vicesindaco leghista di Trieste butta nel cassonetto le coperte di un senzatetto e si vanta sui social. Poi cancella il post

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05/01/2019 – Polemica ‘social’ dopo un post, ora rimosso, del vicesindaco leghista di Trieste, Paolo Polidori, che in mattinata annunciava di aver gettato in un cassonetto delle coperte e delle giacche secondo lui abbandonate nella centrale via Carducci, appartenenti ad un senzatetto della zona.

In un post su Facebook, Polidori, spiegava di avere “visto un ammasso di stracci buttati a terra” aggiungendo che: “Non c’era nessuno, quindi presumo fossero abbandonati: da normale cittadino che ha a cuore il decoro della sua città, li ho raccolti e li ho buttati, devo dire con soddisfazione, nel cassonetto: ora il posto è decente! Durerà? Vedremo. Il segnale è: tolleranza zero!! Trieste la voglio pulita!!. P.s. sono andato subito a lavarmi le mani! Adesso si scatenino i benpensanti, non me frega nulla!!”.

Ad attaccare il vicesindaco è intervenuta la segretaria provinciale del Partito democratico, Laura Famulari, che ha ricordato le parole del sindaco, Roberto Dipiazza, che in un consiglio comunale aveva parlato di un senzatetto in via Carducci con probabili problemi di salute. Famulari nel suo post ha attaccato proprio per questo motivo Polidori che “con un gesto che non stento a definire ‘malvagio'”, “nelle prime gelide giornate dell’anno, getta direttamente coperte e piumini nelle immondizie!” Vicesindaco di Trieste Paolo Polidori butta nella spazzatura le coperte di un senzatetto: “Con soddisfazione”

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La replica di Paolo Polidori, vicesindaco di Trieste
“Vorrei trovare questo clochard e dirgli che se si farà ospitare in una struttura protetta gli acquisterò abiti nuovi. Potrebbe tuttavia non averne bisogno, poiché da quanto mi è stato riferito ogni giorno cambia circa 100 euro di monete nei negozi del centro di Trieste, il che significa che guadagna circa quasi tremila euro al mese. Inoltre, verosimilmente potrebbe rifiutare l’ospitalità in un ricovero pubblico perché, come ha dimostrato in passato, ad un tetto preferisce il bivacco per strada”, replica all’Adnkronos il vicesindaco leghista Polidori.

Il ‘clochard della discordia’ è “un romeno piantonato dalla Questura per tre procedimenti penali a carico ed uno di allontanamento da Trieste che potrebbe tra l’altro essere già stato eseguito, dato che il barbone – racconta il vicesindaco – secondo quanto riferitomi dall’assessore ai Servizi sociali, al momento non risulta essere stato preso in carico da nessuna struttura di accoglienza. E’ un ‘barbone attivo’, cioè che ha scelto di vivere per strada perché a Trieste tutti i clochard hanno un letto al caldo in un ricovero. E lui invece si è sempre rifiutato di essere ospitato in strutture pubbliche protette. Io non faccio la battaglia contro di lui, ma i cittadini di Trieste devono avere il diritto di camminare in strade decorose. Io non posso tollerare che siano privati della loro libertà – esclama Polidori -. La solidarietà al clochard non gliela toglie nessuno. Ma quale è la ragione per cui quest’uomo preferisce vivere senza un tetto?”

Sul caso è intervenuto Andrea Marcucci, capogruppo del Pd al Senato. Questo il suo messaggio su Facebook: “Stanotte a Trieste la temperatura era di 0 gradi. Chissà se il vicesindaco della Lega Paolo Polidori ci avrà pensato? Il ‘valoroso’ amministratore il giorno prima si è vantato pubblicamente di aver buttato nel cassonetto gli indumenti e le coperte di una persona che dorme in strada. Ha detto di averlo fatto con “soddisfazione”, per salvaguardare il decoro della città. Che cosa pensa stamani il sindaco di Trieste del suo vice? Non si vergogna neanche un po’ di un amministratore che compie tali gratuite cattiverie? Un vice sindaco dovrebbe preoccuparsi di trovare un rifugio caldo per tutti quelli che non hanno un tetto, non di gettare le coperte nella spazzatura. Mi auguro che questa bruttissima storia finisca con le dimissioni di Polidori”. – [Today.it]
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Omicidio clochard Aldo. “L’ho colpito per rubare i soldi”: Confessa il sedicenne rumeno [VIDEO]

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22/12/2018 – “Ho rubato i soldi, per questo l’ho colpito”. Ha ammesso le sue responsabilità il sedicenne rumeno fermato ieri dai carabinieri del nucleo operativo della compagnia di piazza Verdi per l’omicidio del clochard Aldo: interrogato fino a tarda sera, è stato trasferito al centro di prima accoglienza Malaspina. Ad incastrarlo sono state le immagini delle telecamere della zona, che hanno immortalato il giovane insieme ad un minorenne.

Il sedicenne avrebbe ricostruito le fasi dell’aggressione che per Aid Abdellah si è rivelata fatale: davanti al pm della Procura dei Minori, Paoletta Caltabellotta, ha detto di essere fuggito con i pochi soldi che il clochard aveva in tasca, una ventina di euro guadagnati facendo i ritratti per strada e donati dai residenti.

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In effetti, Aldo – lo chiamavano tutti così – è stato trovato ferito alla testa, sanguinante. Le tasche dei pantaloni erano risvoltate, il suo giaciglio a soqquadro. Nessuna traccia del telefonino, mentre nel suo portafoglio c’erano soltanto i tre dollari “portafortuna”. i pochi spiccioli erano stati dunque rubati.

Importante la testimonianza del serbo sentito dai carabinieri: l’uomo, un altro senzatetto, è stato ripreso dalle telecamere e avrebbe fornito fondamentali elementi per rintracciare il giovane rumeno, che abita col fratello e la compagna di quest’ultimo nella zona di Ballarò.

Nell’abitazione sono anche stati trovati gli abiti indossati la notte dell’aggressione, compreso un paio di scarpe sporche di sangue. Tutti gli indumenti saranno analizzati dai Ris di Messina. Il clochard di origini francesi sarebbe stato colpito con una spranga, altri uomini che non hanno una casa avevano raccontato di aver notato una persona armata, quella notte. “Ma non volevo ucciderlo”, avrebbe detto il giovane, precisando che non voleva provocare il tragico epilogo.

“La nostra attività investigativa ci ha permesso di ottenere le risposte che attendevamo – dice il colonnello Antonio Caterino, comandante del gruppo carabinieri Palermo -. Le indagini sono state frutto di un controllo del territorio molto serrato anche in questa zona della città, in cui si trovano vari senzatetto. I circuiti della videosorveglianza che si trovano in quell’area si sono rivelati fondamentali e ci hanno indirizzato sulla strada giusta”. Il sedicenne fermato è stato immortalato insieme ad un minorenne”. Quest’ultimo, un dodicenne, sarà trasferito in una comunità alloggio per minori. – FONTE
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A ROMA MUORE UN UOMO INVISIBILE IN UN MONDO CHE NON HA PIETA’

11/11/2018 – È morto un uomo. È morto un uomo di 52 anni. È morto di sfratto. Di povertà, di solitudine, di paure e di sofferenza. Così si legge in un post su Facebook pubblicato da Fabrizio Ragucci, segretario dell’Unione Inquilini della capitale. È morto un uomo, un uomo depresso che nella sua vita deve aver portato su una schiena ricurva e dolente, un bagaglio di luci e bagliori, e di bui pesti dove brancolava danzando con la follia. Stefano Pesce è morto solo, nel letto di una clinica psichiatrica in cui era stato trasferito giorni fa dalla ASL e dai servizi sociali. È morto un uomo, senza soldi, sfrattato dalla sua bella casa dove era cresciuto, e accompagnato mano nella mano dalla cecità della gente è finito a dormire sulle panchine.

Continua così Fabrizio Ragucci:” «Per la città, Stefano non era un uomo. Era pratica inevasa, una delle tante e delle migliaia e delle decine di migliaia che riempiono i cassetti di impiegati ed assessori. Un nome-cognome-data-di nascita nella lista d’attesa delle case popolari, un utente X che chiede appuntamento ai servizi sociali. Relitti-umani, Roma ne è piena. Li notiamo solo raramente, uno su mille e comunque mentre affondano». La storia di Stefano, ci spiega Fabrizio, è una storia «normale», una storia che potrebbe toccare tutti noi. E tutti, aggiunge «dobbiamo sentirci un po’ responsabili». 

«Ragazzone depresso, senza una lira in tasca, solo. Era finito sotto sfratto: dalla casa bella in cui era nato e cresciuto, alle pendici del Gianicolo, al freddo di febbraio sulle panchine di Villa Pamphili. Ho provato ad aiutarlo. Siamo riusciti a fargli avere una piccola pensione di invalidità e ad ottenere per lui il “privilegio” d’un posto letto in un centro di accoglienza. Prendete nota, perché è ciò che vi sarebbe concesso nelle sue condizioni: un punteggio nella graduatoria case popolari, elevato ma praticamente inutile (perché case non se ne costruiscono da decenni), una promessa di contributo economico a sostegno dell’affitto (ma qual è il proprietario privato che affitterebbe casa a uno sfrattato matto e povero?).E poi basta, punto e cavatela da te». «La morte di Stefano – conclude Fabrizio – è importante perché è esemplare. Abbiamo reso omaggio al milite ignoto. Oggi vi scrivo di un povero ignoto, che potrei essere io come chiunque altro. Morto perché povero, solo e malato».

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È morto un uomo e il suo bagaglio di cose regalate e trovate. Forse sorprese nei cassonetti. La borsetta di plastica con dentro le sue coperte e le scarpe grosse, per quando non senti più i piedi, un pezzo di pane per quando non trovi niente e forse poi, non hai neanche voglia di quello. La gente passava, lo guardava con uno sguardo che nega ogni possibilità di esistere e di far rumore. È morto un uomo che si faceva guardare, ma la gente non lo voleva vedere. Un uomo che non rientrava nelle nostre vite, nelle nostre famiglie apparentemente felici e nella stupidità che fa sì che un uomo quando dimostra le sue fragilità e debolezze lo si debba emarginare, lo si debba far morire ancor prima che la lama fredda della morte sia l’unica sensazione di calore che gli attraversa la vita.
Stefano non ha mai chiesto nessuna elemosina, nessun commento, nulla usciva dalla sua bocca sempre serrata come una maschera di dolore, muta nel modellarsi dei suoi sentimenti. Le imprecazioni, i commenti e i rifiuti per lui erano forse necessari per sentirsi sicuro, per potersi rifugiare nella ragione degli ebbri. Perché essere un “barbone” è l’accettazione e forse la speranza, di non essere riconosciuti, di passare inosservati, di mimetizzarsi tra le mille maschere della gente. Vivendo di fianco e mai con gli occhi che guardavano un orizzonte lontano. Non poteva rincorrerlo, ma sempre portato dentro la sua grande anima. E’ morto un uomo che trascinava lentamente la sua follia con ordinata intelligenza senza disturbare nessuno, con le sue poesie e i suoi occhi che quando ti guardavano, sentivi un brivido lungo la schiena e avevi solo la forza di voltare il viso. Per non voler trovare nulla di te stesso dentro le sue nocche gelate. Stefano ricorda quelle persone di cui narrano i vangeli, quelle che portano la croce conoscendo la buona novella, quelle persone di cui tutti raccontano ma pochi conoscono.

Quelle persone che della loro vita non vogliono delegare nessuno, preda delle loro visioni deformate, narrate ad un sacco a pelo. Stefano non voleva che nessuno entrasse nel suo labirinto infinito costruito da chissà quali emozioni, quali malattie, quali sofferenze. I suoi occhi tracciati così nitidamente dalle sopracciglia scure ti guardavano e ti raccontavano il suo rumore silenzioso. Vorrei aver avuto un suo abbraccio. Lo scambio della pace che non conosce differenze, ma solo occasioni per appoggiare la tua testa accanto alla sua. E ti fa ritrovare finalmente vera. Stefano, ora, è libero di guardare le sue stelle. Quelle che ha scelto lui di fissare, seguendole nel loro ininterrotto cammino verso un’altra alba che lo bacerà come i bambini più innocenti, raccontandogli le favole che piacciono a lui. Anche lui ha avuto i suoi momenti di sofferenza e di pubblico massacro, ma nessuno gli ha dedicato mai la vita nel suo nome. Non faceva rumore Stefano, anche quando avrebbe dovuto urlare. Eppure nelle sue mani potremo ritrovare tutta l’essenza dell’umanità, quella di cui abbiamo bisogno. Un’emozione che ti fa conoscere un mondo diverso, privo di tutto e pieno di passioni. Di un profumo antico nelle pieghe della memoria. Stefano era musica. Era una musica mesta ma fiera che suona con una corda sola, capace di racchiudere tutte le armonie che ci aprono all’universo. Ora Stefano è riuscito a raddrizzare la sua schiena schiacciata dai venti del mondo. E forse, noi troveremo una fine e lui finalmente il suo inizio. È morto un uomo di 52 anni, non era nessuno, non aveva niente, non voleva niente. E’ morto un uomo simbolo di questo mondo che vive nascondendosi perché non sa più guardare un’aurora. – FONTE
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“I poveri sono la nostra speranza” Biagio Conte, terza notte per strada Il suo nuovo appello per gli ultimi


15/03/2018 – “I poveri sono la nostra speranza”. Biagio Conte lancia un nuovo messaggio alla città di Palermo. Quella appena passata è la terza notte che il missionario laico trascorre per strada e in digiuno per stare al fianco di chi non ha una casa né un lavoro.

Un nuovo appello, scritto sotto i portici delle Poste centrali di via Roma, un luogo in cui la notte trovano riparo i clochard ed è proprio qui che fratel Biagio ha deciso di portare avanti la sua protesta per fare sentire forte il “grido” dei poveri. “L’umanità deve essere solidale verso chi è privo di beni essenziali e muore di fame – scrive Biagio Conte -, verso chi profugo della Patria cerca un rifugio per se e per i suoi, i bambini che saranno gli uomini e le donne del futuro. Ogni essere vivente deve avere la sua identità, un riconoscimento, un documento, una residenza, una integrazione per poter ricominciare una nuova vita. E’ nostro dovere ascoltare il grido di chi rimasto senza occupazione vede pericolosamente minacciato il proprio domani, la perdita della casa, della propria famiglia e della sua dignità”.

Chiama in causa le istituzioni religiose e politiche: “Fratel Biagio pieno di speranza invita il nostro Papa, il nostro Vescovo, le varie religioni, il nostro sindaco, il nostro presidente della Regione il nostro presidente dello Stato e tutti i cittadini a rispondere al male con la preghiera, il digiuno e le opere prima che sia troppo tardi.

Si firma “Piccolo servo inutile”, ma in poche ore fratel Biagio ancora una volta è sceso in strada per risvegliare le coscienze di tutti e anche stavolta la città sembra rispondere al suo grido di aiuto. Politici, giornalisti, ma soprattutto volontari e cittadini.


Tanta gente in queste ore si reca sotto i portici delle Poste centrali per fargli visita e sostenerlo. Dall’assessore comunale alle Attività sociali, Giuseppe Mattina, al deputato regionale Vincenzo Figuccia. Ora dopo ora, il flusso di persone è stato continuo e costante. Nel pomeriggio, il porticato si trasforma in un polo musicale: persone con la chitarra si siedono e intonano Halleluja di Coen, Let it be dei Beatles, Laudato si’. – FONTE


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Esce di notte e regala piatti caldi ai senzatetto: ecco chi è il napoletano che ha commosso il web VIDEO


01/03/2018 – Napoli, il gesto del salumiere napoletano ha commosso il web. La neve e il freddo ha creato diversi disagi alla città di napoli, ma il Comune ha cercato di andare in contro alle difficoltà, soprattutto dei senza fissa dimora, aprendo dei ripari di fortuna, anche all’interno delle metropolitane. E’ stato bello svegliarsi con il Vesuvio innevato, e con la neve che ricopriva i tetti delle case e l’asfalto, ma un pensiero è andato anche ai meno fortunati.

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A quanto pare, a loro ha pensato Ciro, un salumiere napoletano, che si è reso protagonista di un gesto che ha commosso il web. Di propria iniziativa l’uomo ha deciso di preparare chili e chili di pasta e patate da consegnare ai senza tetto in giro per la città. Il video è stato pubblicato su facebook e ha fatto il giro del weeb, diventando virale e superando in poche ore 300mila visualizzazioni, con conseguenti condivisioni e commenti; centinaia se ne contano. Un gesto che è a dimostrazione del gran cuore dei napoletani. Ma la reazione dei senza fissa dimora, di fronte a questo atto di rara gentilezza, è stato impagabile.

In un video diffuso sui social network, diventato virale in poco tempo, si vede il ragazzo all’interno del suo negozio preparare e confezionare in tante mono-porzioni della caldissima pasta e patate, uno dei piatti tipici della tradizione gastronomica partenopea. È lo stesso Ciro poi, come mostrano le immagini, a caricare tutto nel suo furgone e a distribuire personalmente i pasti caldi – accompagnati da un pezzo di pane – ai senzatetto che dormono all’aperto, in giacigli di fortuna. – FONTE






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Napoli, così le baby gang pestano i clochard nella galleria Umberto (VIDEO)

17/01/2018 – Napoli: violenza e ferocia nella Galleria Umberto dove le gang di giovanissimi si accaniscono contro i senzatetto. Nel video due aggressioni avvenute tra novembre e dicembre scorsi. Nella prima, un gruppo ragazzi si scaglia contro un clochard che dorme all’interno di un giaciglio di fortuna realizzato con alcuni scatoloni. Sono armati di spranghe con le quali picchiano violentemente contro il giaciglio.

Poi fuggono mentre da un balcone della galleria un residente, che ha assistito e ripreso la scena con un telefonino, urla contro i violenti. Nel secondo video si vede un altro clochard aggredito violentemente da una gang. Un giovane con un calcio alla schiena scaraventa la vittima contro una saracinesca. Il giovane si avvicina al senzatetto seduto a terra e prova a colpirlo di nuovo (Repubblica.it – a cura di Antonio Di Costanzo)

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Il sindaco di Como: “A Natale vietato dare latte caldo ai senza dimora”. La rabbia dei volontari

19/12/2017 – Vietato offrire la colazione ai poveri. Disturba il Natale e lo shopping. A Como, ogni mattina un gruppo informale di volontari porta un po’ di latte e pane ai senza dimora, che vivono sotto i portici dell’ex chiesa di San Francesco. Un gesto di solidarietà che compiono da sette anni. Ma ora non possono più farlo, dopo che il sindaco di Centrodestra, Mario Landriscina, ha emesso un’ordinanza per la “tutela della vivibilità e del decoro del centro urbano”.

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E così ieri mattina la polizia locale ha proibito ai volontari del “Gruppo colazione” (come amano chiamarsi) di distribuire bevande calde, pane o qualche dolcetto. In una lettera aperta postata su Facebook, “Nuovi erodi ma sempre uguali”, i volontari raccontano che “ci è stato detto che fino al 10 gennaio non ci è possibile portare un piccolo simbolo d’amore a queste persone, non ci è possibile perché in vista del Natale non è decoroso”. A Como ci sono strutture per l’accoglienza dei senza dimora, alcune sono state allestite proprio in questo periodo nell’ambito del piano antifreddo. “Ma il problema è che sono aperte solo di notte e al mattino i senza dimora devono comunque lasciare la struttura -racconta una volontaria-. E quindi già verso le 8 del mattino sono in giro”.

L’ordinanza vieta il bivacco sotto “i portici dell’ex chiesa di San Francesco in largo Spallino, presso la basilica del “Crocefisso” in viale Varese, nonché in piazza San Fedele e in via Boldoni e più ampiamente sotto tutti i portici della città murata” e vieta di mendicare nel centro città. Non è quindi vietato, almeno stando alla lettera dell’ordinanza, di dare assistenza a chi è senza dimora. La polizia locale e il Comune evidentemente interpretano qualsiasi gesto di solidarietà come una forma di incoraggiamento a bivaccare. L’ordinanza è stata emanata il 15 dicembre, proprio in vista del Natale e delle festività perché durante questo periodo c’è un “rilevante afflusso di persone che giungono in città per turismo, per fare shopping o partecipare ai numerosi eventi connessi alla manifestazione denominata ‘Città dei Balocchi”, si legge nell’ordinanza, e, di conseguenza, c’è anche un “incremento della presenza di suddetti soggetti dediti all’accattonaggio”. Secondo una relazione della Polizia Locale, inoltre, i senza dimora dell’ ex Chiesa di San Francesco “a volte risultano ubriachi ed espletano i propri bisogni fisiologici nelle aree limitrofe”. Tanto basta dunque per far decidere al sindaco (che ha diretto anche il 118 nella sua vita di medico), di cercare di allontanarli dal centro e vietare a chiunque di offrire loro assistenza.



Un approccio alla povertà, quello del sindaco di Como, che i volontari del “Gruppo della colazione” non condividono. Di fronte al divieto di offrire del latte caldo, “la rabbia prende l’anima – scrivono nella loro lettera aperta – , una rabbia scatenata dall’ipocrisia di chi sputa sui valori più importanti, sulle persone più importanti. Vorresti urlare e dire che questa non è la città che vuoi, che così si aggiunge solo odio in animi già troppo feriti dalla vita, e perché? Con che scopo? Ci chiediamo di che cosa abbia paura il sindaco della nostra città, che cosa gli fa chiudere, sempre chiudere, solo chiudere? Umiliare, allontanare, emarginare, ci chiediamo cosa possa suscitare in questa persone.


Ma ci chiediamo anche in quale specchio si guardino e cosa vedano le persone che continuano ad insultare così i poveri, non comprendendo che il problema non sono i poveri ma la povertà! A continuare ad allontanare i poveri non si elimina la povertà, la si amplifica, la si fa diventare un nemico, un nemico da combattere. Se provassimo a guardare in faccia la povertà senza timore, ma solo con il desiderio di sconfiggere lei, non i poveri, allora forse si potrebbero trovare soluzioni e pensieri che possano essere dalla parte dell’essere umano e di un essere umano più dignitoso. Questo ci sembra allora il Natale: la ricerca di una possibilità, di un’umanità più dignitosa. Dignità non decoro ci aspettiamo dal nostro sindaco soprattutto a Natale, altrimenti non chiamiamolo Natale!”. (dp) FONTE
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Un senzatetto le regala gli ultimi 17 euro che ha per fare benzina, una ragazza ne raccoglie per lui 97mila in 12 giorni

30/11/2017 – Rimanere senza benzina mentre si percorre l’autostrada e non si hanno spiccioli in tasca è un’esperienza che nessuno vorrebbe provare, ma Kate McClure, una ragazza di 27 anni, ha dovuto fronteggiare la situazione su l’interstatale 95, a Philadelphia. In suo aiuto, però, è accorso un veterano della marina americana caduto in disgrazia e costretto a vivere da barbone per strada: l’uomo le ha regalato gli ultimi 20 dollari che aveva, senza pretendere nulla in cambio, ma lei non ha dimenticato il gesto di solidarietà e ha raccolto per lui 114 mila dollari in soli 12 giorni.

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“Quando la mia macchina si è fermata, poco prima di mezzanotte, non sapevo cosa fare” ha raccontato Kate. “Il cuore mi batteva all’impazzata”. La ragazza, allora, ha telefonato al fidanzato, Mark D’Amico, chiedendogli di raggiungerla. E stato proprio in quel momento che Johnny Bobbitt Jr. è intervenuto, comparendo praticamente dal nulla.

Il senzatetto ha consigliato alla donna di chiudersi all’interno della sua auto, mentre lui si sarebbe recato a comprare del carburante. L’uomo l’ha quindi aiutata a ripartire, ma Kate non aveva soldi per rimborsarlo. Un paio di giorni dopo, allora, la 27enne e il fidanzato sono tornati nel medesimo punto dell’interstatale 95, per portare vestiti, cibo e contanti al benefattore.



Johnny si è aperto con loro e ha raccontato il suo passato nella marina statunitense. Nella vita precedente del 34enne c’è anche il lavoro come pilota di elicotteri per le emergenze, una relazione d’amore finita nel 2014, l’affetto di un cane. È negli ultimi 18 mesi che la sua storia ha preso una brutta piega, tra problemi di soldi e con la droga.

“Sono in mezzo a una strada per mia stessa volontà” ha voluto comunque precisare Johnny. “Non ho nessuno da incolpare, se non me stesso”. La coppia è tornata più volte, nei giorni seguenti, a trovare l’uomo, portandogli ogni volta qualcosa di nuovo, alimenti o vestiario che poi Johnny amava condividere con i suoi amici senzatetto.


A quel punto, in Mark e Kate è sorta la voglia di cambiare la vita di quell’uomo e l’idea è stata quella crowfunding tramite la piattaforma GoFundMe. Nel giro di una dozzina di giorni, la coppia è riuscita a racimolare più di 114 mila dollari, e la campagna di finanziamento non è ancora terminata. I soldi verranno utilizzati per dare a Johnny una casa, un cellulare, dei vestiti, il cibo e un mezzo di trasporto. Come ha sperimentato Johhny, quindi, vale sempre la pena aiutare gli altri. FONTE
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Clochard bruciato vivo a Palermo: immagini choc

palermo-67511/03/2017 – Choc a Palermo dove un clochard, Marcello Cimino, di 45 anni, sarebbe stato bruciato vivo. I vigili del fuoco sono intervenuti all’interno di una struttura di accoglienza, nel cui porticato l’uomo trascorreva la notte, dove era stato segnalato un incendio, trovando il corpo carbonizzato del senzatetto. La polizia, coordinata dal Pm Maria Forti che ha disposto l’autopsia, al momento ipotizza l’omicidio. Gli investigatori stanno interrogando anche alcune persone con le quali ieri pomeriggio il clochard avrebbe avuto un diverbio.


L’uomo, senza fissa dimora, dormiva all’interno della missione San Francesco, in piazza Cappuccini, sotto un portico. Nei pressi del refettorio della struttura dove è stato trovato carbonizzato, c’è una sola telecamera di sorveglianza che non era puntata sul giaciglio di fortuna del senzatetto. Dalle immagini si intravede qualcuno che si avvicina alla zona dove dormiva Cimino. Questo, secondo le prime Indagini della Squadra Mobile di Palermo, potrebbe fare propendere per l’omicidio. Qualcuno sarebbe entrato all’interno della Missione e avrebbe dato fuoco al clochard.

L’incendio, secondo i vigili del fuoco, è certamente di origine dolosa; sul luogo della tragedia, infatti, sono state infatti trovate tracce di liquido infiammabile. I poliziotti hanno setacciato la zona per cercare un bidone abbandonato in qualche cassonetto o in alcune aree della zona attorno al convento dei cappuccini. ANSA.IT

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