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Pensioni ultime notizie: assegni più bassi dal 2019, arrivano i tagli. Cosa cambia con il nuovo Governo

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10/06/2018 – Rivisti i coefficienti che si applicano al “montante contributivo”, ovvero quanto versato durante la vita lavorativa. In attesa di capire dove porterà il cantiere della revisione della legge Fornero messo in agenda dal governo Lega-M5s, una cosa è certa: chi andrà in pensione nel 2019 avrà un assegno più basso. A partire dal prossimo anno, chi si ritirerà dal lavoro percepirà una pensione annua inferiore, mediamente, di oltre l’1% rispetto a chi ci è già andato o ci andrà quest’anno. Il decreto che lo stabilisce è il dm 15 maggio del ministero del lavoro, pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale, che fissa i coefficienti di trasformazione del montante contributivo validi dal 2019 al 2021 (i coefficienti che applicati al totale dei contributi versati durante la vita lavorativa, determinano l’importo annuo di pensione cui ha diritto il lavoratore).

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Si tratta appunto di coefficienti che variano in base all’età del lavoratore al momento di andare in pensione, tra i 57 e – per la prima volta quest’anno – i 71 anni. I coefficienti saranno tanto più alti quanto maggiore è l’età del lavoratore che va in pensione.

Pensioni ultime notizie: assegni più bassi dal 2019, arrivano i tagli
„Come ricorda Italia Oggi, da quando nel 2009 è stata introdotta la revisione dei coefficienti non ci sono mai state variazioni positive. Quella corrente è la numero quattro. Il quotidiano specializzato riporta anche un esempio: un lavoratore con 100mila euro di contributi versati e 65 anni d’età, ha visto calare in questi anni la propria pensione di circa 900 euro. Il prossimo anno sarà di 5.245 euro, nel 2009 è stata di 6.136 euro.


Il quotidiano calcola che se nel triennio 2013/2015, a parità di ogni altra condizione, gli assegni sono stati alleggeriti in media di circa il 3% rispetto al triennio precedente, 2010/2012, con il terzo taglio c’è stata una riduzione ulteriore di circa il 2%, sempre in media, portando a circa l’11% la riduzione, in media, di tutto il periodo che va dal 2009 al 2018. La riforma Fornero ha agevolato chi rimarrà al lavoro fino a 70 anni e 7 mesi ma dal prossimo anno, ricorda Italia Oggi, entrerà in vigore un nuovo coefficiente: quello legato all’età di 71 anni.

Ecco i coefficienti pubblicati in Gazzetta Ufficiale:

Addio Fornero: come cambiano le pensioni con il nuovo governo.

Come lasciare il lavoro con il nuovo governo Lega e 5 stelle? Guida alle principali novità in arrivo.

Pensioni, cosa cambia con il nuovo governo | Quota 100 | Quota 41 | Opzione donna

Come cambiano le pensioni con il nuovo governo? La promessa di Lega e 5 stelle è quella di abolire la legge Fornero ma dal punto di vista pratico il passaggio al nuovo regime previdenziale sarà graduale.

Il governo ha annunciato la riforma graduale delle pensioni con l’introduzione della quota 41, quota 100 e la riproposizione dell’opzione donna.

Pensioni, guida alle principali novità in arrivo

La novità più importante annunciata dal nuovo governo è la cosiddetta “quota 100” che permette di andare in pensione se la somma dell’età del lavoratore e degli anni di contributi versati è pari a 100.

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Una delle promesse più importanti fatte dal Governo “gialloblu” è l’abolizione graduale della legge Fornero:

  • le pensioni di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi
  • la pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi.

Si procederà però al loro adeguamento, visto che nel frattempo sono cambiate le speranze di vita. Si passerebbe infatti, per la pensione di vecchiaia a a 67 anni di età, mentre per quella anticipata si sposterebbe a 43 anni e 3 mesi di contributi il requisito contributivo necessario per la richiesta.

Come andare in pensione con la quota 100

Il calcolo della quota si ottiene sommando all’età dell’interessato gli anni di contributi versati. Nel caso in cui il risultato della somma non corrisponde a una cifra esatta, per calcolare la quota i mesi devono essere trasformati in decimi. La quota 100 prevede infatti la possibilità di andare in pensione se la somma tra età pensionabile e gli anni di contributi versasti restituisce il risultato di 100.

Pensione anticipata: cos’è la quota 41

La quota 41 invece permette di andare in pensione se il lavoratore ha versato 41 anni di contributi. L’introduzione della quota 41, che affianca il meccanismo della quota 100, vuole offrire la possibilità di andare in pensione dopo se il lavoratore ha provveduto a versare 41 anni di contributi, a prescindere dall’età del lavoratore.

Attulamente la possibilità di andare in pensione con un certo numero di anni di contributi è prevista limitatamente ai lavoratori che:

  • a 19 anni di età avevano già maturato 12 mesi di contributi;
  • risultano iscritti alla previdenza obbligatoria prima del 1996;
  • siano disoccupati e che da tre mesi non percepiscano il trattamento di disoccupazione;
  • come caregiver assistano da un minimo di 6 mesi un familiare convivente entro il 2°grado con un handicap grave;
  • siano invalidi dal 74%,
  • o che abbiano svolto lavori usuranti o gravosi.

Opzione donna, la proroga della pensione agevolata per le lavoratrici

Se la quota 41 tiene conto solo degli anni contributivi, il governo prevede la proroga di “opzione donna” la modalità che anticipa i tempi della pensione delle lavoratrici. Viene data la possibilità alle donne di uscire anticipatamente dal mondo del lavoro in cambio del ricalcolo contributivo della pensione.

Oggi, le donne che vogliono andare in pensione in anticipo possono farlo se:

  • come dipendenti hanno compiuto 57 anni;
  • come lavoratrici autonome hanno compiuto 58 anni e se possiedono 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2015

Attraverso questa misura l’obiettivo è rendere questo trattamento strutturale, per consentire alle lavoratrici di andare in pensione con un certo anticipo: con 35 anni di contributi e con 57 anni e 7 mesi o 58 anni e 7 mesi di età (da adeguare in futuro all’aspettativa di vita).
Fonte: http://www.today.it/economia/pensioni-quota-100-quota-41-opzione-donna.html

 


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Nuova legge elettorale, Pd, M5s, Lega e Forza Italia: come cambia il Parlamento

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31/05/2017 – L’accordo è chiuso, ora si tratta di vedere se tutti e tre i partiti che che hanno preso l’impegno di votare la nuova legge elettorale vi terranno fede. «Si va verso un sistema tedesco; per noi si può andare alle urne anche il 24 settembre», ha confermato Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia a Montecitorio, dopo che era terminato l’incontro che lui e Paolo Romani avevano avuto con gli omologhi del Pd, Ettore Rosato e Luigi Zanda. «L’incontro è andato bene, vedremo i testi dell’ emendamento che il relatore Emanuele Fiano presenterà, ma si va verso il modello che aveva proposto il presidente Silvio Berlusconi», ha aggiunto. I forzisti, in cambio, hanno fornito garanzie sulla tempistica, si sono detti dispobili ad accelerare al punto che si possa approvare definitivamente il nuovo sistema «entro luglio».

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Così, almeno sulla carta, il Pd di Matteo Renzi è riuscito a coinvolgere i maggiori partiti e a costruire una maggioranza larga a favore del nuovo sistema di voto e delle urne anticipate. Pure la Lega Nord, infatti, ha dato il suo assenso al testo, anche se Giancarlo Giorgetti, braccio destro di Matteo Salvini, al termine del summit con il Pd ha detto che loro avrebbero «preferito un sistema maggioritario, più, rispettoso della volontà popolare».

GODE LA LEGA – Il Carroccio, in realtà, è, insieme col M5S il maggiore favorito dal nuovo meccanismo per la distribuzione dei seggi. A dimostrarlo i primi studi del Cise, istituto di Roberto D’Alimonte, che già era stato consultato dai leader di Pd e di Fi ai tempi dell’Italicum, il quale ha immaginato come potrebbe essere il prossimo Parlamento se si votasse con la nuova legge elettorale.

I PARTITI – Il primo dato che balza all’occhio è che soltanto quattro partiti sarebbero rappresentati: i più grossi. Il Pd, oggi quotato mediamente al 29,3%, che alle ultime elezioni si era potuto avvantaggiare di un importante premio di maggioranza, passerebbe dai 282 seggi attuali ai 217. Un balzo in avanti lo farebbero invece il M5s e la Lega Nord. Il primo, che aumenta di qualche punto percentuale rispetto a qualche anno fa, è favorito da un sistema proporzionale: gli 88 deputati di oggi potrebbero diventare ben 212, cioè un terzo del totale. Il Carroccio ha aumentato di molto le sue percentuali di consenso. Stando ai sondaggi, oggi è quotato al 13%. Per questa ragione si appresta, con un sistema proporzionale, a quintuplicare la rappresentanza in Parlamento. I leghisti oggi a Montecitorio sono 19, ma potrebbero diventare 87.

Lo studio del Cise, in collaborazione con la Luiss e il Sole 24 Ore, fa ben sperare anche Silvio Berlusconi. Dopo più di una scissione (quelle di Angelino Alfano, Denis Verdini e Raffaele Fitto), nonostante la decadenza da senatore del suo leader, Forza Italia è quotata al 12,4%. Questa cifra – lontanissima dai risultati del Pdl, di un decennio fa – potrebbe comunque consentire agli azzurri di raddoppiare i seggi. Gli iscritti al gruppo di Brunetta sono oggi 50, ma, col nuovo sistema, diventerebbero 97. Oltretutto il Cavaliere ripete continuamente di essere «sicuro» di «riportare il partito sopra il 20%».

CHI RISCHIA – Andrebbero a sbattere – secondo i sondaggi – contro la soglia di sbarramento indicata al 5% tutti gli altri, a partire da Fratelli d’Italia. La presidente Giorgia Meloni, però, dice di essere ottimista rispetto alla possibilità che il suo partito la superi e sta valutando l’offerta – recapitata dal Carroccio – di mettere in piedi un listone “sovranista”. Oggi Fdi ha 11 deputati, ma nessun senatore. Senza seggi resterebbe anche Area Popolare. Il partito di Angelino Alfano oggi ha addirittura 27 deputati e, con quelli, si è guadagnata ben tre ministeri.



L’avvicinamento in corso con Stefano Parisi e la sua Energie per l’Italia potrebbe aiutare, ma chissà. Per i sondaggi, salvo colpi di scena o aggregazioni tra partiti, resterebbe a secco, così come Scelta Civica – Ala (che ha sedici deputati) e pure Sinistra Italiana, che ne ha 17.

IL VOTO – Ma come funziona il voto? Ci sarà una sola scheda, con indicati il nome del candidato di collegio (maggioritario) e, a destra del simbolo del partito, un listino corto di 4 nomi per i seggi distribuiti col sistema proporzionale. L’ Italia sarà divisa in 308 collegi e in 27 circoscrizioni che coincidono con le Regioni, tranne le più popolose, che saranno divise in più circoscrizioni (2 in Piemonte, Veneto, Lazio, Campania e Sicilia, 3 in Lombardia). Il primo ad essere eletto è il capolista del listino bloccato, seguito dai candidati che hanno vinto nei collegi maggioritari. – di Paolo Emilio Russo

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