13/04/2015 – Un preoccupante aumento delle spese militari si sta registrando in Russia e nelle repubbliche baltiche (Lettonia Estonia e Lituania), a cui si affianca la Polonia. Questi ultimi paesi, membri della
Nato, rispondono con un accentuato riarmo alla crisi ucraina, causa principale del maggiore impegno di budget nel settore della difesa.
I dati sono forniti dal Sipri, Stockholm International Peace Research Institute, uno dei più autorevoli thinktank in campo geopolitico. Le spese in armi per la difesa e l’attacco, infatti, cresceranno quest’anno del 60 per cento in Russia, del 50 in Lituania, di circa il 20 in Polonia e di quasi il 15 in Lettonia, riferisce un report diffuso dal Sipri. L’Ucraina, paese al centro di una sanguinosa guerra civile e teatro di una delle più gravi crisi internazionali degli ultimi anni, ha aumentato anch’essa le spese militari di più del 20 per cento durante lo scorso anno e prevede di raddoppiare nel 2015 i fondi destinati all’esercito regolare, che combatte contro i ribelli filo-russi nell’est del paese.
Anche la neutrale Svezia ha messo in conto una crescita del proprio impegno militare di circa il 15 per cento in cinque anni; ha inoltre firmato una unilaterale “dichiarazione di solidarietà” ai paesi del nord Europa, membri dell’Ue, per fornire loro supporto in caso di attacco militare. Tuttavia, nel report si fa notare che quei paesi dove c’è stato l’incremento più significativo nel budget destinato alla difesa sono, allo stesso tempo, quelli maggiormente esposti ai rovesci economici; la loro base di partenza, infatti, è molto bassa.
Sebbene la Russia aumenterà del 60 per cento i finanziamenti nel settore della difesa, l’aumento complessivo sarà solo del 15 per cento, considerando le spese per il personale e le infrastrutture. Si sottolinea, inoltre, come gran parte delle spese siano state previste prima dello scoppio della crisi ucraina e del crollo economico registrato lo scorso dicembre.
“La modernizzazione delle forze armate russe” si legge nel documento redatto dal Sipri, “è una priorità fin dal 2011, con due obiettivi principali: un riarmo del 70 per cento e un nuovo equipaggiamento per il 2020”. Le ultime armi progettate includono i caccia da combattimento SU-34 a lunga gittata e il sistema di missili terra-aria S-400.
Mosca è però in buona compagnia: anche la Cina e l’Arabia Saudita hanno preventivato un aumento del loro impegno militare, pur essendo gli Stati Uniti la potenza mondiale che spende di più in armamenti (e, questo, nonostante il taglio del 20 per cento nel suo budget di difesa, deciso fin dal 2010). Nel 2014 l’ammontare delle spese militari statunitensi raggiungeva la cifra da capogiro di 610 miliardi di dollari; in Cina si arrivava a 216 miliardi e in Russia le previsioni erano di 84 miliardi.
La Nato ci costa 70 milioni di euro al giorno di Manlio Dinucci del 27/03/2014
Rapporto Sipri. Ogni ora si spendono tre milioni di euro per difesa, armi e Alleanza atlantica. Ecco quanto paga l’Italia. Senza contare F35 e missioni militari all’estero
La situazione in Ucraina ci ricorda che la nostra libertà non è gratuita e dobbiamo essere disposti a pagare»: lo ha ribadito il presidente Obama, a Roma come a Bruxelles, dicendosi preoccupato che alcuni paesi Nato vogliano diminuire la propria spesa militare.
La prossima settimana, ha annunciato, si riuniranno a Bruxelles i ministri degli esteri per rafforzare la presenza Nato nell’Europa orientale e aiutare l’Ucraina a modernizzare le sue forze militari. Ciò richiederà stanziamenti aggiuntivi. Siamo dunque avvertiti: altro che tagli alla spesa militare!A quanto ammonta quella italiana? Secondo i dati del Sipri, l’autorevole istituto internazionale con sede a Stoccolma, l’Italia è salita nel 2012 al decimo posto tra i paesi con le più alte spese militari del mondo, con circa 34 miliardi di dollari, pari a 26 miliardi di euro annui.
Il che equivale a 70 milioni di euro al giorno, spesi con denaro pubblico in forze armate, armi e missioni militari all’estero.
Secondo i dati relativi allo stesso anno, pubblicati dalla Nato un mese fa, la spesa italiana per la difesa ammonta a 20,6 miliardi di euro, equivalenti a oltre 56 milioni di euro al giorno. Tale cifra, si precisa nel budget, non comprende però la spesa per altre forze non permanentemente sotto comando Nato, ma assegnabili a seconda delle circostanze. Né comprende le spese per le missioni militari all’estero, che non gravano sul bilancio del ministero della difesa. Ci sono inoltre altri stanziamenti extra-budget per il finanziamento di programmi militari a lungo termine, tipo quello per il caccia F-35.Il budget ufficiale conferma che la spesa militare Nato ammonta a oltre 1000 miliardi di dollari annui, equivalenti al 57% del totale mondiale. In realtà è più alta, in quanto alla spesa statunitense, quantificata dalla Nato in 735 miliardi di dollari annui, vanno aggiunte altre voci di carattere militare non comprese nel budget del Pentagono – tra cui 140 miliardi annui per i militari a riposo, 53 per il «programma nazionale di intelligence», 60 per la «sicurezza della patria» – che portano la spesa reale Usa a oltre 900 miliardi, ossia a più della metà di quella mondiale.
Scopo degli Stati uniti è che gli alleati europei assumano una quota maggiore nella spesa militare della Nato, destinata ad aumentare con l’allargamento e il potenziamento del fronte orientale.
Oggi, sottolinea Obama, «aerei dell’Alleanza atlantica pattugliano i cieli del Baltico, abbiamo rafforzato la nostra presenza in Polonia e siamo pronti a fare di più». Andando avanti in questa direzione, avverte, «ogni stato membro della Nato deve accrescere il proprio impegno e assumersi il proprio carico, mostrando la volontà politica di investire nella nostra difesa collettiva». Tale volontà è stata sicuramente confermata al presidente statunitense Barack Obama dal presidente delle repubblica Napolitano e dal capo del governo Renzi. Il carico, come al solito, se lo addosseranno i lavoratori italiani.
I tagli decisi dalle economie di Stati Uniti ed Europa occidentale sono stati compensati dagli incrementi in Asia, Medio Oriente e Africa (in Algeria e Angola gli aumenti più significativi, finanziati con i ricavi della vendita del petrolio). Questo spiega il sostanziale allineamento tra la spesa complessiva del 2014 rispetto a quella dell’anno precedente, a dispetto di un leggero calo generale. Un ultimo dato: è improbabile che molti paesi membri della Nato si mantengano sul 2 per cento di prodotto interno lordo per la spesa militare, cosa che – tra l’altro – si registrerebbe per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale. – Fonte