La “cultura” Rom nei programmi scolastici: L’ultima trovata del governo
08/04/2015 – Poveri studenti! Non bastavano le innumerevoli “educazioni (alla corretta alimentazione, alla sicurezza stradale, alla legalità, alla solidarietà, alla sessualità – etero, omo, gender – e via elencando)” loro imposte da una malintesa modernità della scuola. No, non bastavano perché alla fine ce n’è sempre un inventore più alla moda capace di scovare l’ultima tendenza del politically correct e di elevarla immediatamente al rango di materia di studio. E così ora è il turno di «uno spazio dedicato alle minoranze, per allontanare l’idea che gli “zingari” sono solo quelli che rubano, che portano via i bambini e che fanno accattonaggio».
La responsabile Pari opportunità di Renzi: «Non tutti i Rom rubano»
Un’idea a dir poco luminosa, per altro non partorita da un docente o ad un dirigente ministeriale qualsiasi ma nientepopodimeno che dalla consigliera di Renzi in materia di Pari opportunità, Giovanna Martelli, che l’ha snocciolata in occasione della Giornata internazionale dei Rom. Vista la fonte, si può star tranquilli che la “luminosa idea” passerà col risultato di assottigliare ulteriormente quel che resta dei programmi tradizionali a vantaggio di quelli “moderni”. Basterà tagliare un altro “pezzo” della Gerusalemme liberata o eliminare dai programmi di storia la Rivoluzione francese e sostituirli con nozioni sugli usi e consumi dei Rom per incassare l’orgogliosa certezza di aver innaffiato a dovere la democratica coscienza dei cittadini di domani. Che, poi, tutto questo, nella competizione ormai globale fra saperi, servirà a poco o a niente, è solo un trascurabile dettaglio. Vuoi mettere l’impatto formativo di un moderno flash mob pro-ambiente con la vecchia Festa degli Alberi? Oppure vogliamo confrontare una dotta lezione sul rispetto delle minoranze (etniche, sessuali, religiose) con il solito canto della Divina Commedia o della triste poesia di un Leopardi? Suvvia, sarebbe come voler far gareggiare in velocità una biga romana con una Ferrari. FONTE
La scuola italiana affossata dalla demagogia del “politically correct”
Ironie a parte, le parole della Martelli confermano quel che già si dice e si scrive da tempo: la scuola italiana non è più nulla. Non è più una fabbrica di saperi, non è più un’agenzia educativa e/o formativa e – alla luce della nostra stasi demografica – neppure è più un ufficio di collocamento per docenti. Di essa sopravvive solo una traballante organizzazione, basata su una malintesa autonomia che voleva trasformare i presidi in manager e alla fine li ha ridotti a burocrati di quart’ordine. All’interno di questa scuola prosperano sindacalisti in distacco permanente effettivo e docenti rimasti tali solo di nome ma non nella funzione, attratti come sono dalle risorse dei cosiddetti “progetti incentivanti”, cioè altri soldi dispersi per finalità diverse se non addirittura opposte a quelle per cui si mandano i figli a scuola. Persino scontato, dunque, che a far da perno in una scuola siffatta non siano più le terzine dantesche o gli endecasillabi del Tasso o dell’Alfieri bensì astruserie come pari opportunità, educazione alla diversità o alla tolleranza. Poi, però, non lamentiamoci se la società si deprime culturalmente fino a perdere del tutto gli anticorpi e la capacità di reazione. Ce ne accorgeremo, forse, quando ci sorprenderemo a scandalizzarci e a spaventarci solo per il fatto che qualcuno abbia chiamato un rom “zingaro”, anche se quel rom o “zingaro” avrà rubato. Ma, a quel punto, sarà troppo tardi.
200 Famiglie messe alla fame: cartella Equitalia sbagliata costringe Azienda a fallire
UDINE 31/03/2015 – «Ci potevamo salvare e invece il Gruppo Bernardi è finito per colpa di una multa sbagliata». Ecco la verità di Diego Di Tommaso che insieme alla sorella Silvia aveva ereditato le redini dell’impero Bernardi dopo la morte improvvisa del padre Riccardo Di Tommaso.
La sentenza della Tributaria di Napoli ha infatti annullato la cartella di Equitalia da 200 milioni che ha fatto saltare la fornitura di Coin e il piano di salvataggio che avrebbe garantito il lavoro agli oltre 200 dipendenti di Bernardi. «Sono esterrefatto – continua – e non capisco come è potuta accadere una cosa del genere. Quando abbiamo ceduto a Coin cento negozi avevamo un accordo molto vantaggioso per la fornitura che ci avrebbe permesso di ripartire. E invece tutto è saltato all’improvviso».
Ma la cosa incredibile è che prima di chiudere quell’accordo Coin aveva ottenuto dal Fisco un certificato che garantiva la mancanza di pendenze pregresse del Gruppo Bernardi. Di quella multa insomma non c’era traccia. «È quella la cosa più incomprensibile – sottolinea Di Tommaso -, ci siamo trovati all’improvviso con un buco in bilancio che ci messo in ginocchio portandoci all’amministrazione straordinaria.
Una multa cresciuta in modo esponenziale tra sanzioni e interessi senza che ci sia mai stata data l’opportunità di pagare per il semplice fatto che noi di quella multa non sapevamo niente. Equitalia ha detto che la colpa era nostra perché la società “incriminata” si era trasferita in Spagna senza lasciare traccia? All’epoca dei fatti (la contestazione è scattata nel 2008, ndr) non mi occupavo dell’azienda ma se fosse stata quella l’intenzione non ci sarebbe stata nemmeno la fideiussione che poi è stata escussa a garanzia della società per un totale di oltre 16 milioni di euro».
Pagamento che non è bastato a salvare l’impero Bernardi dal crollo. Il colpo di grazia è stato il pignoramento presso terzi per 199 milioni di euro eseguito a Coin. «A quel punto Coin ha smesso di consegnarci la merce e anche le banche ovviamente si sono tirate indietro – conclude amaro Di Tommaso -. Forse se ci fosse stata un minimo di tutela le cose sarebbero andate diversamente e invece il futuro dell’azienda è stato cancellato insieme a oltre 200 posti di lavoro. Tutto per una multa milionaria che è stata poi annullata».
In relazione al caso Bernardi, Equitalia ha diffuso una nota in cui precisa “che nessun errore è da ricondurre all’operato di Equitalia. La cartella e le relative azioni di riscossione sono state eseguite su incarico dell’Agenzia delle Entrate che ha perseguito una cessione in frode di crediti erariali e proporrà quanto prima ricorso in Cassazione”. FONTE
Dalle carte di Ischia spunta un’intercettazione di Renzi: intercettato sul cellulare pagato dall’amico
L’inchiesta di Ischia rischia di far saltare in aria il Partito democratico. Anche Matteo Renzi è finito invischiato nella rete di Henry John Woodcock.
31/03/2015 – Il presidente del Consiglio non è assolutamente indagato, eppure è stato intercettato mentre parla con un generale della Guardia di Finanza.
Come riporta Il Fatto Quotidiano, il fascicolo nato dall’inchiesta della procura di Napoli sulla metanizzazione dell’Isola di Ischia è stato già stralciato. Tuttavia da quelle carte è venuto fuori che il cellulare usato da Renzi era ed è pagato dalla Fondazione Big Bang fondata da Marco Carrai nel 2012. La fondazione, che dal novembre 2013 si è trasformata in Fondazione Open, è “finanziata da donazioni di parivati”. I nomi sono resi pubblici a meno che questi non chiedano l’anonimato.
Lo scrive Il Fatto Quotidiano che aggiunge anche un altro dettaglio che emerge sempre da quel fascicolo che è stato trasmesso dal Noe dei carabinieri a Roma (senza indagati e destinato all’archivio senza neanche un’ipotesi di reato contro ignoti).
Il cellulare usato dal premier era ed è pagato dalla Fondazione Big Bang fondata da Marco Carrai nel 2012 e che dal novembre 2013 si è trasformata in Fondazione Open. Una fondazione – sottolinea il Fatto – “finanziata da donazioni di privati” i cui nomi sono sempre resi pubblici a meno che gli stessi non chiedano l’anonimato.
Intervistato dal giornalista de Il Fatto, il presidente della Fondazione Open Alberto Bianchi, spiega che “al momento in cui iniziò l’attività connessa alle primarie e alle Leopolda, in cui la Fondazione è stata coinvolta”. La notizia non ha alcun valore giudiziario, ripetiamo, il premier non è indagato. Ma è interessate perché da questa intercettazione si scopre che Renzi usa il cellulare pagato dal suo amico Carrai (quello della casa) – FONTE
Incidente nella zona industriale di Spilimbergo (PN): Scoppio in termovalorizzatore, un morto e un ferito
PORDENONE 30/03/2015 – Un operaio è morto e un altro è rimasto miracolosamente illeso – sotto choc è stato comunque ricoverato in ospedale – nell’esplosione di una cisterna all’interno del termovalorizzatore «Mistral Fvg» di Spilimbergo. L’incidente è avvenuto attorno alle 15.
La vittima, Giuseppe Toneatti, 50 anni, dipendente della società e residente non lontano dal luogo della tragedia, pare fosse impegnato in un’operazione di straordinaria manutenzione consistente nella bonifica di un serbatoio. Sospeso su una piattaforma aerea, doveva completare la pulizia preliminare alla rimozione del contenitore, destinato alla dismissione.
Ad un tratto, per cause ancora in corso di accertamento, si è verificata una deflagrazione che non gli ha dato scampo: l’uomo è morto all’ istante. Poco distante, un collega è stato soltanto sfiorato dall’onda d’urto e dai detriti ed è riuscito a salvarsi. Immediato l’allarme lanciato dagli altri operai del reparto. Sul posto sono giunte sei squadre dei vigili del fuoco, dal locale distaccamento e dal Comando provinciale di Pordenone, che hanno immediatamente domato un principio di incendio che era divampato e messo in sicurezza il reparto, per consentire l’intervento dei sanitari. Per Toneatti non c’era tuttavia più nulla da fare. Continua su FONTE
Banda ROM, fermata a un controllo, picchia carabinieri e scappa in A23
Due uomini e due donne pluripregiudicati hanno preso a calci e pugni i militari, fuggendo sulla Pontebbana fino in Austria.
06/03/2015 PONTEBBA – I carabinieri li fermano per un controllo su strada a Pontebba (Udine) e loro prendono a calci e pugni i militari dell’Arma, riuscendo a guadagnare la fuga a bordo della loro Mercedes con targa tedesca.
Per dileguarsi rapidamente non si fanno scrupoli, imboccano la A23 in contromano all’altezza di Ugovizza dopo aver guidato come dei folli lungo la statale Pontebbana, rischiando di causare gravi incidenti. Alla finefanno perdere le loro tracce in Austria, nonostante le massicce ricerche operate dai carabinieri della Compagnia di Tarvisio e della polizia austriaca, con l’impiego dell’elicottero.
È successo questa mattina alle 11, e a finire in ospedale sono stati due militari dell’Arma, per distorsioni e lesioni agli arti superiori giudicate guaribili in 30 giorni. La banda, invece, composta da due uomini e da due donne, romeni di etnia rom, tutti pluripregiudicati per reati contro il patrimonio, erano stati colpiti da un’ordinanza di custodia cautelare dal Gip del Tribunale di Gorizia; sarebbero i responsabili di una serie di rapine perpetrate nelle ultime settimane tra San Daniele e Cividale del Friuli.Fermata a un controllo, banda Rom picchia carabinieri e scappa in A23. Due uomini e due donne pluri-pregiudicati hanno preso a calci e pugni i militari, fuggendo sulla Pontebbana fino in AustriaFONTE
Serracchiani alle prese con la riforma sanitaria, mentre un uomo muore d’infarto a 47 anni: arriva ambulanza senza personale
04/03/2015 Cividale del Friuli (Udine) – Manca il personale del 118 e l’ambulanza arriva quando ormai è troppo tardi. Un altro caso di sospetta malasanità come quello di Catania. Ma in Friuli c’è l’intoccabile Serracchiani e il governo tace. Un uomo ha perso la vita per un infarto, a soli 47 anni.
A distanza di pochi giorni dalla tragedia della piccola Nicole, la neonata morta a Catania per l’assenza di posti letto nelle terapie intensive di ben quattro ospedali, un’altra vittima squarcia il velo sulla malasanità che dilaga da nord a sud. Questa volta accade in Friuli Venezia Giulia, dove il comparto è appannaggio della specialità regionale.
Un malore improvviso aveva colpito Erik Tuan poco dopo le 20 dello scorso 25 febbraio nella sua casa di San Pietro al Natisone, in provincia di Udine: immediato l’allarme della moglie al pronto soccorso. Da qui, 40 minuti di vuoto, fatali. Il tempo passa e l’ambulanza non arriva: è parcheggiata a motori spenti nel piazzale dell’ospedale più vicino, quello di Cividale. Non ci sono operatori che possano intervenire, perché quel giorno in molti sono a casa per malattia, e l’altro mezzo di soccorso in servizio è impegnato in un’altra urgenza. Quando finalmente si sentono le sirene in lontananza la situazione è compromessa e i tentativi di rianimazione si rivelano inutili.
La vicenda è un fulmine a ciel sereno in un momento in cui la giunta regionale guidata da Debora Serracchiani è alle prese con l’attuazione della riforma sanitaria. Si infiammano le polemiche e rimpalli di responsabilità. Il dito è puntato sull’inadeguatezza del sistema di emergenza territoriale, sulle lacune organizzative, ma anche sui futuri tagli stabiliti dalla rivoluzione sanitaria, impressa dall’esecutivo regionale non senza diversi mal di pancia all’interno della stessa maggioranza targata Pd.
Intanto sulla questione la magistratura ha aperto un’inchiesta per verificare presunte inefficienze nei soccorsi. Le responsabilità andranno accertate, ma Giulio Trillò, direttore della centrale operativa del 118 fa notare che il problema «è di sistema, e mostra come la coperta sia davvero troppo corta e si viva sempre ai limiti – spiega -. Non abbiamo infermieri e non c’erano risorse da attivare; in nessuna maniera si è riusciti a coprire il servizio neppure richiamando personale dalle ferie». L’affondo diretto alla giunta arriva della deputata triestina di Forza Italia, Sandra Savino: secondo l’azzurra, infatti, la situazione rischia di peggiorare con l’avvio di una riforma che «viola le norme e, nonostante le risorse ci siano, opera con tagli indiscriminati che stanno spezzando l’equilibrio del servizio sanitario del Friuli Venezia Giulia.
Nel caso di Cividale il soccorso in ambulanza pare non aver rispettato i tempi e le procedure, e le dichiarazioni del responsabile del 118 confermano che c’è un problema».
La stoccata finale, poi, è politica: «Anche qui, come è successo con la neonata di Catania, ci è andata di mezzo una vita umana, ma in Friuli, pur di non criticare l’intoccabile Serracchiani, il governo si è guardato bene dal far sentire la propria voce». Fonte
Possibile svolta, dialogo su reddito di cittadinanza e Rai: dal Pd sì a proposta Grillo
04/03/2015 – “Se le parole di #Grillo non sono mera propaganda, pronti a confrontarci nel merito delle questioni. Senza pregiudizi”. Così in un tweet, Roberto Speranza, capogruppo del Pd alla Camera, risponde all’apertura di Beppe Grillo al Pd sulla Rai e sul reddito di cittadinanza, lanciata questa mattina dal leader Cinque Stelle. “Su Rai e reddito di cittadinanza dialoghiamo con tutti, anche con il Pd. Ma ci deve essere onestà intellettuale”, aveva detto Grillo in un’intervista al “Corriere della Sera”.
Ok da Civati e Vendola – “Se questa è la partenza, questa è una buona giornata per la democrazia”. Pippo Civati commenta positivamente l’apertura di Beppe Grillo. “Se Grillo fosse stato sempre così, sarebbe stata tutta un’altra storia -dice il deputato dem-. Finalmente si concentra su argomenti importanti senza ‘tirarli’ addosso a nessuno e cambiando anche un pò su alcune cose, come sul reddito di cittadinanza”. Civati, che ha presentato una Pdl di riforma della Rai con Sel e altri deputati Pd, parla poi in dettaglio della questione della Tv pubblica: “La nostra Pdl è un messaggio al M5S e a tutti quelli che vogliono discutere e anche un invito a prendere le distanze da altre pratiche politiche, magari al grido di fuori la politica dalla Rai. Ma anche fuori il governo dalla Rai, dico io. Discutiamo, facciamo bene più che facciamo presto, partendo dal Parlamento e puntando su un percorso comune di forze diverse.
”Vogliamo la Rai dei cittadini e non dei partiti o del governo? Vogliamo come in tutta Europa il reddito minimo che puo’ essere una delle risposte contro la poverta’ e contro i ricatti? In Parlamento c’e’ una maggioranza possibile. Facciamolo. Ora. #Grillo #Sel”, scrive su twitter Nichi Vendola, presidente di Sinistra ecologia liberta’, rilanciando un suo blog dopo l’approvazione un anno fa a Montecitorio di una mozione di Sel per il reddito minimo. ADNKRONOS
Eredita 900 milioni di vecchie lire ma rischia di non incassarli mai
TRIESTE 11/02/2015 – La vicenda ha dell’incredibile. Un triestino di 43 anni, Francesco Cantarutti, sordomuto dalla nascita ed invalido al 100% ha ricevuto in eredità da uno zio defunto 900 milioni di vecchie lire e vari titoli di Stato.
Nulla di strano se non fosse che Bankitalia, come è già accaduto ad altre persone che si sono ritrovate in situazioni analoghe, si rifiuta di convertire le valute ormai scadute in euro giudicando l’eredità in questione non esigibile per la scadenza dei termini di conversione lira-euro in base all’applicazione del decreto “Salva Italia” dell’ex premier Mario Monti.
Ed è così che questi 900milioni di vecchie lire rappresenterebbero una eredità inaccessibile per il signor Francesco che però non intende demordere. E’ già in corso una battaglia legale e la vicenda finirà davanti alla Corte Costituzionale. Fonte
Spara e uccide due rapinatori, condannato a 11 anni e 4 mesi: La Cassazione conferma.
19/01/2015 ROVIGO – Mauro Pelella, guardia giurata, fece fuoco e uccise i banditi: esclusa la legittima difesa. ROVIGO – La sentenza della Corte di Cassazione non ha portato con sè quello sconto di pena che la difesa si auspicava. I giudici di Roma hanno in sostanza confermato la sentenza di appello: 11 anni e 4 mesi per duplice omicidio volontario.
A processo si trovava Mauro Pelella, accusato di avere ucciso, il 4 aprile 2011 a Quinzano d’Oglio, nel Bresciano, due rapinatori che avevano colpito una banca. Uno di questi era polesano: Otello Astolfi, di Rovigo, 62 anni. In quella circostanza trovò la morte anche Ivan Alpignano, 38enne di Castel Torinese.
Secondo la ricostruzione degli investigatori, i due avrebbero fatto parte di un gruppo di quattro persone che aveva appena colpito alla Cassa rurale e artigiana del paese, portando via un bottino di circa 10mila euro.
Pelella, guardia giurata, quel giorno era in servizio, impegnato in un servizio di scorta a un furgone portavalori fermo di fronte a un istituto di credito differente da quello oggetto del colpo. Avrebbe esploso ben 15 colpi di pistola all’indirizzo dell’auto in fuga. Spegnendo due vite.
Nel corso dei processi di primo e secondo grado, si è sempre difeso sostenendo di avere agito per legittima difesa. Aveva avuto la netta impressione che la vettura stesse per investirlo e aveva reagito convinto che la sua vita fosse in pericolo.
In parole povere, i giudici di primo e secondo grado hanno ritenuto che il vigilante non avrebbe dovuto fare fuoco. Questo perché, non essendo un pubblico ufficiale, avrebbe potuto sparare o per salvare la propria vita o per reagire a un atto criminoso nei confronti del portavalori che in quel momento stava scortando. Fonte