Napoli, la caserma dei carabinieri in un palazzone dei Cesaro: presidente commissione antimafia furioso

14/06/2020 – “Vi sembra normale? Ma questo abbiamo ricevuto in eredità. Immaginate che si debba ricontrollare tutto, e quando dico tutto dico anche contratti di forniture per beni e servizi, contratti di locazione, insomma tutto”. Così il senatore del Movimento 5 Stelle e presidente della commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, commenta furioso l’ultima scoperta fatta nell’ambito dell’inchiesta sui clan camorristici Puca, Verde e Ranucci che ha portato all’arresto di A., A. e R., i tre fratelli del senatore di Forza Italia Luigi Cesaro: i locali dell’Arma dei Carabinieri di Sant’Antimo si trovano in un palazzo fittato proprio dalla famiglia Cesaro.

“Migliaia, decine, centinaia, non si sa, di atti delle pubbliche amministrazioni – aggiunge Morra – dovrebbero essere sottoposti a puntuale revisione, controllo, perché i soldi dello Stato non possono finire in mani sbagliate. E per evitare problemi, si dovrebbe tornare al vecchio insegnamento ‘al minimo dubbio, nessun dubbio’, perché non è necessaria una sentenza di condanna”.

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Quattro piani, uffici, parcheggio e abitazioni per militari, in via Avellino. Dove anche oggi campeggia l’ordine e la grande scritta in ottone: «Tenenza». Una circostanza urticante. Ma che, per essere chiari, mai compare negli atti e mai ha esercitato un peso sulle impietose offensive giudiziarie eseguite proprio dagli investigatori dell’Arma sul patto tra cosche e signori del voto. Solo di sei giorni fa, sono i pubblici ringraziamenti della Procura di Napoli al generale del comando provinciale Canio La Gala e al vertice dei Ros, Pasquale Angelosanto, per le complesse investigazioni e il blitz che ha portato agli arresti di 59 persone. Ma in quella tenenza, nei locali di proprietà formale della madre del senatore Luigi Cesaro e dei suoi fratelli imprenditori (l’anziana donna è scomparsa pochi anni fa), lavoravano e vivevano anche alcuni militari ritenuti infedeli. Come il maresciallo Vincenzo Di Marino, ora mandato in carcere per rivelazione di segreto e favoreggiamento.

L’Arma era “in affitto” di quei proprietari, addirittura c’è chi sostiene che da tempo nessun ufficio dello Stato versi più un canone per la palazzina, forse dopo la morte della titolare non sono stati formalizzati i passaggi necessari. Ma in ogni caso: quanto denaro pubblico è stato versato nelle casse di una famiglia sospettata già da anni di collusioni gravi e oggi travolta da nuove contestazioni di concorso esterno in associazione mafiosa?
Un “dettaglio” che sembrerebbe finto, se non fosse emblematico di una generale miopia e distrazioni tra uffici ubblici, soprattutto al livello centrale. Lo Stato, d’altro canto, non può disporre di un altro immobile in cui ospitare un servizio di così cruciale importanza? Non è escluso che prefettura di Napoli e commissari, ora al lavoro sulle vicende di Sant’Antimo, riescano a superare intoppi burocratici e ad organizzare un trasloco. Già in paese sono scattate a raffica molte interdittive antimafia. E in pochi giorni tutto sembra cambiato. Il Comune è in mano a tre rigorosi funzionari prefettizi, Maura Nicoletta Perrotta, Simona Calcaterra e Salvatore Carli (quest’ultimo già prezioso consulente, nelle vicende che hanno portato ai processi contro l’allora sottosegretario Nicola Cosentino). – [Continua su Repubblica]
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