Blitz della finanza sul gruppo Biasotti, presunta maxi evasione per 9 milioni
Sono due le persone indagate nell’inchiesta. Si tratta del legale rappresentante del gruppo Antonio Barba (cognato di Sandro Biasotti) e Enrico Manfredi, titolare delle società fittizie a cui venivano vendute le auto. Secondo la guardia di finanza, coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Pinto, il gruppo Biasotti avrebbe fatto numerose vendite di auto a presunti esportatori, in realtà missing traders (evasori professionali), che erano privi di qualsivoglia operatività commerciale nel settore, in pratica vere e proprie teste di legno, che rilasciavano false lettere di intento nelle quali rappresentavano il diritto a concludere operazioni di acquisto esenti Iva per poi trasferire le auto ad altri acquirenti a prezzi estremamente vantaggiosi.
Biasotti è un gruppo di concessionarie Mercedes, Smart, Volkswagen, Bmw e Mini su Genova, Asti e Alessandria, creato dall’omonimo imprenditore a partire dalla fine degli anni Novanta. A novembre del 2018 ha annunciato un’alleanza con la famiglia piemontese di Marco Utili, attiva a sua volta con una rete di concessionarie in Piemonte, per dar vita a un gruppo con oltre oltre 400 milioni di euro di fatturato, 500 dipendenti tra Piemonte e Liguria. Biasotti sarebbe rimasto con il 60% del gruppo, era stato annunciato in quell’occasione, affidando però la gestione al gruppo di Utili.
Quanto a Sandro Biasotti, 71 anni a luglio, è stato presidente della Regione Liguria tra il 2000 e il 2005, e prima dell’elezione nel 2018 a senatore con Forza Italia era stato era stato deputato per due legislature con il centro-destra.
Sandro Biasotti ha affermato in una nota di non essere indagato nell’ambito dell’indagine che ha portato la guardia di finanza di Genova a perquisire le sedi del gruppo Biasotti: “Non sono indagato in quanto – dichiara -, da quando faccio politica non ho mai più ricoperto incarichi operativi o dirigenziali nelle aziende di famiglia”.
“Comunque mi riferiscono – aggiunge – che l’accusa è totalmente infondata in quanto si tratta di vendite di auto assolutamente residuali ai volumi delle aziende (9 milioni di fatturato in 2 anni, su altre 600) vendute e fatturate a commercianti che hanno presentato documentazione idonea per l’esportazione senza pagare l’Iva. Prima di procedere alla vendita le società della mia famiglia hanno verificato tale documentazione presso gli uffici delle Agenzia delle entrate – conclude -. Le aziende della mia famiglia negli anni scorsi hanno avuto altre verifiche su identiche operazioni sempre dimostrando tale correttezza ed estraneità alle eventuali accuse”. – [FONTE]
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