28/05/2017 – Si chiamano«prestiti sociali». Le cooperative li hanno utilizzati per trasformarsi in banche senza averne i requisiti. Bankitalia ha taciuto ma ora i nodi vengono al pettine: rovinati in migliaia. E il peggio deve arrivare. A Varese, per esempio, sono in 800. Rischiano di perdere tutti i loro risparmi: 7 milioni di euro. A Fidenza sono in 650 e rischiano di perdere 12,5 milioni di euro. A Milano Bollate sono in 700 e rischiano di perdere 16 milioni di euro. A Reggio Emilia sono in 2.250 e hanno già perso tutti i loro risparmi: 33 milioni di euro. E ora altri 1.730 rischiano di perderne ancora 22,5. Il motivo? Semplice: hanno affidato i loro risparmi a una cooperativa, come se fosse una banca. È possibile farlo? Sì, è possibile. Anzi, è stato per anni fin troppo facile. E così le cooperative hanno raccolto dai loro soci, in tutta Italia, oltre 11 miliardi di euro. Avete capito bene: 11 miliardi. Da 1 milione e 200 mila persone circa. Tutta gente semplice: pensionati, lavoratori, famiglie umili. Che, all’improvviso, potrebbero vedere saltare per aria il loro deposito. Puff, via, volatilizzato. Proprio come è successo a Varese, a Fidenza, a Bollate, a Reggio Emilia…
La coop sei tu, ma i soldi non ti ritornano più. Qualcuno ora ci scherza su, ma la notizia è sconvolgente. Così sconvolgente che tutti fanno a gara per tenerla nascosta. Sottotraccia. L’altra settimana i comitati delle diverse cooperative, che stanno cercando di coordinarsi a livello nazionale, hanno fatto una manifestazione a Roma, davanti a Montecitorio. Quasi nessuno se n’è accorto, nessuno ne ha parlato. Eppure il bubbone dei «prestiti sociali» (questo il nome ufficiale) delle cooperative rischia di essere assai più devastante di quello di Banca Etruria, Banca Marche, etc. Anche in questo caso, del resto, abbiamo semplici risparmiatori che si sono fidati e che sono stati traditi. Ma, soprattutto, che nessuno ha protetto e che nessuno sa più come proteggere.
L’unico caso che ha avuto gli onori delle cronache nazionali, per il momento, è quello del Friuli. Molti lo ricorderanno: la CoopCa, che gestiva una quarantina di supermercati in Carnia, e le Coop Operaie di Trieste avevano trascinato nel fallimento i risparmi di circa 20.000 soci, per un totale di quasi 130 milioni di euro . Nell’occasione il sistema delle cooperative era intervenuto per restituire una parte dei soldi e cercare di fermare l’ondata di panico presso gli altri prestatori sociali, cioè gli altri soci che hanno affidato i risparmi alle coop. Per lo stesso motivo Lega coop ha rimborsato anche ìl 40 percento delle somme depositate nelle prime due cooperative saltate a Reggio Emilia: la Coop Muratori di Reggiolo (su 49 milioni di prestiti ne sono stati rimborsati 19, gli altri 30 sono andati in fumo) e la Orion (su 5 milioni di prestiti ne sono stati rimborsati 2, gli altri 3 sono andati in fumo). Ma durante l’ultima riunione, pochi giorni fa, alla presenza della Federconsumatori che sta seguendo tutta la pratica nazionale, Legacoop è stata esplicita: i soldi sono finiti. Rien ne va plus.
Così ora si apre la pagina più amara. Alla cooperativa di costruzioni Di Vittorio di Fidenza si sono visti proporre un rimborso del 25 per cento. Troppo poco. Alla Coopsette e alla Unieco di Reggio Emilia stanno ancora aspettando,ma con sempre meno speranze. Le hanno già perdute tutte, invece, a Varese, dove gli 800 soci della Cooperativa Nuova (che ha realizzato oltre 3.500 immobili in tutta la provincia) da settembre è in mano a un liquidatore. «I 7 milioni di euro che abbiamo depositato lì non sono più disponibili per noi», dice Franca Centofanti, del comitato soci. E non lo saranno mai. I soci prestatori, infatti, sono creditori chirografari, gli ultimi a essere rimborsati’ dopo le banche, dopo i fornitori, dopo tutti gli altri. «È ovvio che per noi non resterà nulla», chiude sconsolato Franco Montali, della coop Di Vittorio di Fidenza, che sta cercando di organizzare il comitato nazionale dei risparmiatori beffati.
Ma come è stato possibile arrivare a questo punto? «Il sistema è degenerato. Forse le coop si sentivano troppo forti, c’è stato delirio di onnipotenza», spiega Giovanni Trisolini, della Federconsumatori di Reggio Emilia. In effetti, è stato così: le coop si sono trasformate in banche, senza poterlo essere. Ma non essendo formalmente banche hanno potuto ignorare tutti quei parametri di bilancio che invece le banche devono avere. Per esempio: vi pare possibile avere 11 miliardi di raccolta credito su un fatturato complessivo di 12 miliardi di euro? Voi direte: qualcuno dovrebbe pur vigilare. Infatti, dovrebbe. Ma Bankitalia nel frattempo che faceva? Ovviamente, dormiva. L’unico sussulto dell’istituto di via Nazionale si registra il 9 novembre 2016, quando vengono pubblicate le «disposizioni in materia di raccolta del risparmio da parte dei soggetti diversi dalle banche» , in cui si chiedono alle coop garanzie patrimoniali e si introducono obblighi di trasparenza. Un po’troppo poco, un po’troppo tardi. E il classico socchiudere la stalla quando i buoi stanno già facendo disastri ovunque. E adesso che cosa succede? L’impressione è che siamo soltanto all’inizio della catastrofe. L’impressione (ovviamente sussurrata sottovoce) è che, di quegli 11 miliardi depositati alle coop, pochi siano al sicuro. Le prime a crollare sono state le cooperative di costruzioni e quelle abitative. perché la crisi ha colpito duro innanzitutto lì. Ma ora sono a rischio anche le coop di consumo. Anzi, sono ancora più a rischio perché, come notava Il Sole 24 Ore qualche mese fa, esse «hanno scelto la strada della finanza spesse volte arrischiata o meglio indotta da intrecci politico-corporativi come proprio modus vìvendi». Più che supermercati, insomma, holding finanziarie: come documenta R&S Mediobanca il margine operativo dalle vendite alla cassa è pari allo zero e quel 2 per cento di utili netti sul fatturato che il sistema produce arrivano proprio dalla finanza. Ma sono al sicuro i soldi dei soci prestatori nelle mani dei gestori di supermercati che sono diventati all’improvviso banchieri per necessità, furbizia, senso di onnipotenza o «intrecci politico-corporativi»?
Fra l’altro la crisi, dopo le coop abitative e di costruzioni, rischia di colpire duramente anche le coop di vendita: il fatturato è in discesa. E alcuni colossi come Unicoop Tirreno (109 negozi) sono andati in crisi con un buco di 100 milioni. E la Banca d’Italia (s’è svegliata! S’è svegliata!) ha fatto notare come quei 930 milioni (930 milioni) depositati dai soci prestatori di Unicoop Tirreno non potevano considerarsi per nulla al sicuro. In questo caso è intervenuto il soccorso ross , la Legacoop ha cercato di dare una boccata d’ossigeno. Ma ora se i soldi di Legacoop sono finiti che succederà al prossimo caso? E quante altre situazioni del genere ci sono in giro per l’Italia? Quante rischiano di esplodere come è successo a Varese, a Fidenza, a Bollate e a Reggio Emilia? E il governo che farà? I comitati dei soci, ovviamente, chiedono di essere tutelati. «Come i risparmiatori delle banche», dicono. Ma i risparmiatori delle banche non sono stati affatto tutelati. E poi: quanti soldi pubblici si potranno versare alle coop senza suscitare l’ira degli italiani? La bomba sta per esplodere. E i danni saranno devastanti. di Mario Giordano (La Verità)
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